Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
« La montagna non mi è mai... | La letterina non l'ho scritta » |
Forse eravamo poveri, forse invece benestanti: questo oggi non lo saprei dire perché le metriche sono cambiate. Quella casa con le stufe mi sembrerebbe da poveri, perfino lo scaldabagno andava a legna! Era un grande cilindro bianco con sotto uno spazio dove mettere i ciocchi da bruciare, uno sportello curvo con dentro il fuoco e ora che ci penso mi domando se fosse davvero così o se invece si tratta di una mia elaborazione fantastica perché mi sembra davvero improbabile, mi vien da pensare che per avere l’acqua calda si dovessero usare i pentoloni. Gli scaldabagni a legna sono mai esistiti? Non è che quella cosa che mi sembra di ricordare era il robot della pubblicità, or che bravo sono stato posso fare anche il bucato?
Eppure mi sembra di vedere la stanza a colori, il pavimento di legno grezzo, lo scaldabagno a sinistra della porta e poi il lavandino, di fronte la finestra con i vetri divisi a riquadri di legno scrostato, le tendine di pizzo che lasciavano entrare la luce abbagliante della neve, a destra il water e la vasca stretta, di quelle da stare seduti. Il bidet no, forse non c’era.
Se eravamo così poveri da dover stare in tre in un letto, in cambio avevamo la donna di servizio fissa giorno e notte e la portavamo anche in montagna, un lusso che oggi solo le famiglie più agiate si possono permettere. Ma forse allora già avere la casa in montagna era un lusso e io non me so rendere conto.
Questa signora un po’ sovrappeso che si chiamava Dora e faceva tutto, da svegliarmi alla mattina con la colazione, alla spesa fino alle pulizie e rispondeva anche al telefono, non aveva nemmeno un paio di pantaloni. Del resto io, mia mamma e mia sorella ne avevamo giusto un paio a testa perché era un capo di abbigliamento che normalmente non si usava, le donne portavano la gonna e lo stesso le bambine. Anche in montagna le donne del posto portavano la gonna, ma noi villeggianti invece portavamo i pantaloni da sci e dunque una sera siamo andati al bazar perché la Dora li doveva comprare.
Il cugino di Corvi Battista detto il mort aveva sciorinato sul bancone due o tre paia di pantaloni neri e marroni, da uomo perché da donna non ne aveva della misura giusta. Già solo a dire la parola sciorinare mi torna in mente quell’odore pizzicante che non sapevo definire, l’appretto delle stoffe nuove, le pigne e i rami che bruciavano nella stufa, gli zoccoli di legno resinoso allineati sullo scaffale, lo sai tu che cosa profumava l'aria di montagna?
Vicino agli zoccoli, che sembravano quelli dell'olandesina della pubblicità del detersivo, c’erano barattoli di latta, teste di vecchi con la pipa scolpite nel legno che facevano da portacandele, candele dette bugie, boccali intagliati col coperchio, falcetti di metallo col manico di legno, paioli di rame e di ferro e bottiglie di liquore alle erbe fatto lì. C’erano sicuramente tante altre cose di cui ignoravo l’uso e l'esistenza, casalinghi e giocattoli, scarponi e ciabatte e maglioni pesanti, la mia perlustrazione si limitava ai ripiani più bassi di quelle scaffalature a vista che arrivavano fino al soffitto, chi lo sa in alto cosa c’era.
L’uomo del bazar e la Dora discutevano e prima ridevano, poi lei si arrabbiava e poi facevano la pace e lei comprava i pantaloni. Una volta a casa passava tutta la sera a cucire perché andavano in qualche modo adattati, doveva togliere la patta e spostare la chiusura sul fianco e poi altre modifiche inutili perché non usciva di casa, faceva freddo, non aveva gli scarponi e non sciava.
(continua)
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