Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

Messaggi di Marzo 2010

Altro pezzetto

Post n°402 pubblicato il 31 Marzo 2010 da LaDonnaCamel
 

Antonio ha infilato la chiave nella serratura della porta blindata ma dopo un giro gli si blocca e con tutta la forza che ci mette non riesce a completare la mandata. E’ polveroso, stanco e sudato, ha lavorato anche oggi che è domenica e non vede l’ora di farsi una doccia e di buttarsi sul letto. Fa un passo indietro, prende un respiro e si appoggia con la spalla, scuote la maniglia e intanto prova a girare di nuovo la chiave. Al terzo tentativo finalmente la ferraglia si mette in movimento con stridore meccanico e Antonio può entrare. Toglie le scarpe, attraversa il corridoio e va direttamente in bagno.
La sua casa è silenziosa e vuota. Non ci sono mobili e suppellettili, solo il letto matrimoniale e l’armadio in camera. Le stanze rispondono ai suoi movimenti con il riverbero di un’eco leggera, frutto della suggestione più che della nudità effettiva delle pareti. Il legno meraviglioso dei pavimenti dovrebbe assorbire i rumori. Ha scelto per sé il teak più pregiato e l’ha posato con la precisione e la cura dell’esperienza: è il suo lavoro, una forma d’arte oggi svilita dalla massificazione della produzione industriale. Ormai non se ne preoccupa nemmeno più, fa come gli chiedono, presto e bene. Lavora fino a tardi, anche il sabato e la domenica se capita. Non gli importa molto del tempo e dei soldi: dell’uno ne ha fin troppo e gli altri non li vede quasi passare. Ha messo la testa a posto. Gli è rimasto solo qualche vecchio debito che risale a un tempo in cui si divertiva a trascorrere le nottate con un mazzetto di carte in mano. Adesso le nottate le trascorre in attesa di una telefonata, dormire non ha mai dormito molto.
Questa sera però gli ha promesso che verrà e la aspetta mentre si insapona le ascelle, mentre sceglie la camicia da indossare, mentre inserisce Rimmel nello stereo appoggiato per terra vicino al letto. Questa sera non le farà la solita richiesta che sfocia sempre in una discussione, vuole provare a godersi il momento così come viene, sperando che prima o poi si decida spontaneamente. La casa è pronta, lui è pronto e per quanto non riesca a capire quali problemi la trattengano, questa sera si sente che qualcosa sta per succedere. E’ un nodo nel petto all’altezza dello sterno. E’ il battito del cuore che si fa materiale, quasi visibile nella gola. E’ quella vibrazione che viene da una mano vincente.

 
 
 

Una finestra senza tende

Post n°401 pubblicato il 18 Marzo 2010 da LaDonnaCamel
 

Questa volta te lo dico prima, così se ti va magari un salto ce lo fai anche tu. Si tratta del nuovo libro di Paolo Cognetti, New York è una finestra senza tende, Laterza. Esce oggi e domenica 21 marzo verrà presentato alla Scighera.

Dal (bel) blog di Davide Musso rubo questa cosa che Paolo dice del suo libro. (Io ancora non l'ho letto)

"(...) Poi non è stato tutto così semplice. Per un certo periodo mi sono sentito inadeguato al compito. Basta entrare in una libreria di New York e cercare la sezione "guide locali", per rendersi conto che esistono centinaia, forse migliaia di libri su quella città. C'è una guida per ciclisti, una per proprietari di cani, una per genitori di bambini, una per allevatori di api. C'è una guida alle serie televisive ambientate a New York, e una bellissima guida sul cinema newyorkese. Ci sono autobiografie e libri fotografici e innumerevoli chiavi di lettura sull'urbanistica, l'architettura, la storia sociale della città. Credo sia il luogo più raccontato al mondo, e io chi ero per prendere la parola? Ma alla fine ho scoperto che, per qualche mistero, il libro che avevo in mente io mancava. Nessuno ha mai raccontato il viaggio di un lettore a New York. Non esiste nemmeno una storia della letteratura newyorkese. Così ho cominciato a pensare a un diario, o un racconto, o una strana guida che contenesse allo stesso tempo la città e le sue storie: le strade, i palazzi, gli otto milioni di abitanti, i ponti e i grattacieli, più tutti i personaggi e le infinite pagine di carta, il luogo reale e quello immaginario che si fondevano in uno solo quando stavo lì.

Nel libro c'è un capitolo sulle due città gemelle dell'Ottocento, Brooklyn e New York, prima che si unissero con la costruzione del ponte, e sulle vite parallele dei due scrittori che le cantarono: Herman Melville e Walt Whitman. C'è un capitolo sul Lower East Side, il quartiere degli emigranti, e sull'epopea della letteratura ebraico-americana. C'è un capitolo sul Greenwich Village e la Beat Generation, e un altro in cui me ne vado in giro per Manhattan a Natale pensando a Salinger e al giovane Holden. E poi Paul Auster, Grace Paley, Chaim Potok, Hubert Selby Junior.

Insieme al libro c'è anche un documentario ricavato dalla serie che realizzammo nel 2004. Si intitola "Il lato sbagliato del ponte" ed è un viaggio attraverso Brooklyn al seguito di quattro scrittori: Jonathan Lethem, Rick Moody, Colson Whitehead e Shelley Jackson. Parla dell'anima segreta di New York, o come cantava Lou Reed della scelta di camminare sul lato selvaggio. Il film è all'origine del libro e sono orgoglioso che ne faccia parte.

E poi che dire, sono davvero contento di averlo scritto. Spero che almeno un pezzetto di quello che ci ho messo dentro arrivi a qualcuno. Io posso solo ringraziare le persone che mi hanno portato laggiù, Marco e Anna, e Giorgio che è venuto con me, Bob e Jimmy che mi hanno sempre fatto sentire a casa, Valeria che ha letto e scritto, Nadia che ha condiviso questo amore."

New York è una finestra senza tende

(Se non lo sai, Paolo ha cambiato blog: adesso lo trovi qui)

 

 
 
 

Domenica sera

Post n°400 pubblicato il 09 Marzo 2010 da LaDonnaCamel
 

Nel post numero 400 ci voglio mettere un pezzetto di una cosa che sto scrivendo: meglio cambiare argomento, và.

 

In via San Gregorio, a un passo dalla stazione centrale di Milano, c'è l'Osteria del treno con sala da ballo: colonnine tornite in ghisa reggono una balconata di ferro battuto decorato a motivi liberty e, sotto, una trentina di tavoli rotondi disposti a ferro di cavallo intorno alla pista, su ogni tavolo una doppia tovaglia lunga fino a terra, una candela, un fiore. In fondo il palco rialzato con l'orchestra e un grande pianoforte a coda. Ogni domenica sera alle ventuno e trenta Gianluigi Radice scosta il tendone di velluto rosso, paga il biglietto, dieci euro consumazione inclusa, e occupa il terzo tavolino a sinistra. Poco più tardi andrà verso lo spogliatoio a mettersi le scarpe di vernice che ha portato nella borsa della piscina e rientrerà nella sala con le mani in tasca. A quel punto la serata avrà inizio.
Il bello del tango è il ballo. Non importa l'avvenenza, l'età o la parlantina. Gianluigi è portato di natura e ha cominciato nel dopoguerra, poi con anni e anni di esperienza si è conquistato l'ammirazione di tutti. Potrebbe fare il maestro, se lo volesse. Ma non vuole. Non gli importa. Ogni domenica sera va al Treno perché ci è andato sempre e sempre ci andrà. Ci andava con sua moglie fino all’ultimo, una ballerina eccezionale, la sua Enza. Gli è morta una sera all’improvviso, in silenzio come era il suo solito, senza dare disturbo. La domenica pomeriggio la va a trovare a Bruzzano con un mazzo di fiori e un lumino di cera.
Non va mai a ballare in nessun altro posto e non riceve nessuno a casa sua, non va in visita. Una volta al mese arriva fino alla posta di via Stefini e ritira la pensione, al mercoledì ha il mercato sotto casa, compra mezzo pollo arrosto e le verdure per la settimana. Non si annoia a fare sempre le stesse cose. Una volta l’edicolante di viale Lunigiana gliel’aveva chiesto, lo vede arrivare sempre alla stessa ora a prendere il corriere. A parte che ci è abituato, gli aveva risposto, visto che faceva il tranviere e non sgarrava mai un turno, la mattinata gli passa via a fare la polvere a casa, verso le undici esce e si prende un cappuccio decaffeinato al bar pasticceria, poi compra il giornale e il pane e già è ora di pranzo. Nel pomeriggio, dopo i piatti e il pisolino se lo legge tutto dall’ultima pagina alla prima, compresi i necrologi, d’inverno fa buio ancora prima che abbia finito. Non gli manca mai qualcosa da fare. Questo vale sempre tranne la domenica che è un giorno del tutto diverso. La domenica mattina fa il bagno e si cambia i vestiti, la canottiera di lana in inverno e di cotone in estate, le mutande, i calzini. Alle undici va a messa in Sant’Agostino e infatti il giornale lo compra al ritorno che è mezzogiorno passato. Nel pomeriggio c’è il cimitero e alla sera va a ballare.
Questa sera al Treno c’è poca gente. Danno una partita in televisione e i tavolini sono mezzi vuoti. L’orchestra suona come niente fosse anche se nessuno balla. Aspettano un segnale, qualcuno che cominci. Gianluigi scorre gli occhi sulle persone sedute per scegliere la prima donna che guiderà con dolce decisione per i prossimi quattro balli. E’ un incontro di sguardi quello che cerca, inutile avvicinarsi al tavolo di compagnie di amici venuti qui per curiosità o per scherzo. Non è nemmeno il caso di invitare una signora che sta frugando nella borsa o guardando altrove. Meglio individuare una vera ballerina, che aspetta concentrata il breve inchino e saprà rispondere alla lieve pressione della sua mano sulla schiena.
C’è una ragazza mai vista prima seduta a un tavolino della seconda fila. E’ molto giovane ma decisa. Gianluigi attraversa lo spazio che ora sembra immenso ma poi non è mai abbastanza e la guarda dritto negli occhi. Senza una parola lei si alza e gli porge la mano. Parte A media luz.

 
 
 

Non c'è più niente da ridere

Post n°399 pubblicato il 06 Marzo 2010 da LaDonnaCamel

Bersani: “È un trucco”. Fosse stato un po’ più giovane, l’avrebbe stracciato con la fantasia.

da: http://www.spinoza.it/

 

(Un mio amico concludeva sempre le sue mail con il tag: "Una risata vi seppellirà". Ma da ieri ha cambiato firma, da ieri scrive "non c'è più niente da ridere".
Io continuo a leggere Spinoza.it perché qualcuno continua a scriverci. Fino a che c'è il fiato per uno sberleffo vuol dire che siamo ancora vivi.)

 
 
 

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