Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

Messaggi di Luglio 2010

Non è un blog per vecchi

Post n°416 pubblicato il 31 Luglio 2010 da LaDonnaCamel
 
Tag: Auguri
Foto di LaDonnaCamel

Ma il tempo passa, che ci pozzo fa'?

Oggi è il mio compleanno, per cui...

si accettano auguri!

(e grazie:)

 
 
 

Mutandine di chiffon 2/2

Post n°415 pubblicato il 10 Luglio 2010 da LaDonnaCamel
 

Come promesso, la seconda parte. (La prima parte è qui)

 

Quanto al sesso, vale come non mai l’immagine borgesiana del giardino dei sentieri che si biforcano all’infinito. Qualsiasi cosa uno dica o faccia sa che sta sbagliando strada. Fai finta di niente? Troppo comodo. La metti sul “naturale” e giri nudo per casa? Il peggio assoluto. Proibisci col dito levato? Ridicolo. Spieghi didatticamente ogni cosa da uomo a uomo, da donna a donna? La reazione sarà un disastroso sbadiglio. Speri che ci pensino i compagni o le compagne più grandi? Ne possono derivare equivoci funesti. Nel labirintico giardino enormi statue grigie, orribili come mostri di Bomarzo, si ergono a ogni svolta: sono i complessi, i tuoi e quelli che volente o nolente rifilerai ai figli. D’inferiorità, di superiorità, di Edipo, di Achille, di Euridice, di Cleopatra, di Barman e via elencando attraverso i millenni.

I quali millenni, ahimé, forniscono inoppugnabili pezze d’appoggio a Ugone di Certoit, a partire da Caino e dai fratelli di Giuseppe, o a scelta dalla famiglia degli Atridi a quella dei Borgia, da Niobe al conte Ugolino a Beatrice Cenci. Ma anche tralasciando i casi più clamorosamente spaventevoli (mitici, ingigantiti dalla leggenda quanto si vuole, ma che pure affiorano da qualche oscura, carsica realtà), non si può negare che buona parte della letteratura moderna presenti la famiglia in una luce pessima. Angherie e umiliazioni come se piovesse, castighi crudelissimi, sadiche imposizioni disciplinari, silenzio e distacco sprezzante, coccole zero se non di straforo da una vecchia servente. E oltre l’infanzia, avidità e avarizia sordide, testamenti truccati e iniqui, lasciti rubacchiati, zecchini e argenteria spariti. Perfino le famiglie con tanta grazia messe in scena da Goldoni sono per tre atti un orrore, e solo alla fine del quarto si riconciliano convenzionalmente, senza convincere nessuno.

La casistica di cronaca nera – stupri, incatenamenti, avvelenamenti, violenze sistematiche, massacri per un motorino eccetera – diciamo che riguarda dopotutto una minoranza e teniamoci la famiglia in C1.

Non c’è pace, d’accordo, né autonomia, indipendenza, spontanea fioritura. Ma c’è forse di più in un collegio? Non sembrerebbe, a leggere le molte, autorevoli testimonianze in merito. In convento, allora? Senza la fede, e parecchia, non si dura molto. Dalle comunità carcerarie tutti gli ospiti pensano esclusivamente a fuggire. Le fluide comunità dei fiori e delle marmellate macrobiotiche? Il ricordo della famiglia Manson non è incoraggiante… Il frastornato genitore in C1 non sa più dove sbattere la testa. Non può rimpiangere il passato, quando esistevano teorie e tradizioni educative spietatissime o cretine, cui però i genitori si conformavano in buona coscienza. A sei anni in miniera e poche storie. A dieci, dritto in seminario, o mozzo su una fregata S.M., o dietro il banco a mescere birra o accecarsi sui merletti. Se poi uno si mette a guardare nostalgicamente dalla parte dei popoli cosiddetti primitivi, non è che gli usi e i costumi riguardanti l’infanzia appaiano invidiabili. Tarpavano, tarpavano anche lì, tutte quelle belle cerimonie care a Hollywood, quelle danze, quei riti d’iniziazione altro non erano che feroci tarpature in vista di guerre, scorrerie, cacce al leone, e tanto peggio per chi ci restava.

“La famiglia è la principale fonte d’infelicità di ciascuno” sciabola implacabile Ugone di Certoit. Impossibile dargli torto, se sta sotto sotto mettendo in dubbio l’attendibilità della canzone “Mamma, solo per te la mia canzone vola”, riportata in auge da Pavarotti. Singulti dolciastri, abbracci dolciastri, melensaggine che cola. Ma si può definire dolciastra una mamma (Madonna) di Giovanni bellini? Una scena familiare incisa da Rembrandt? Quei grandi furono pur toccati, ispirati dai sorrisi, dalle tenerezze, dai giochi, dai rimboccamenti di coperte, dalle infinite, meticolosissime, amorosissime cure con cui milioni, miliardi di bambini sono stati cresciuti e continuano a essere cresciuti nella valle di lacrime. Una volta che si trovano lì, ben poco si può fare per loro oltre a soffiargli il naso e correggerli (ma non proprio subito) quando dicono “cocciolato” invece di “cioccolato”. Ma quel poco, pochissimo, è però anche il massimo.

Forse Ugone di Certoit ha nel cuore un sogno segreto, un modello utopistico dove nessuno tarpa le ali a nessuno, non ci sono maltrattamenti e l’infelicità non arriva né dalla famiglia né da qualsiasi altra fonte. Se è così, ha una visione un po’ ottimistica della faccenda e gli suggerisco amichevolmente di andarsi a leggere l’Ecclesiaste nella bella traduzione di Guido Ceronetti.

(Tratto da "Apologia della famiglia" - Mutandine di chiffon, di Carlo Fruttero, Mondadori. Gli svarioni sono sempre miei e del correttore automatico di word. )

 

Ah, un consiglio: se non lo sai, googla un po' Ugone di Certoit ;)

 
 
 

Il corsivo è mio

Post n°414 pubblicato il 09 Luglio 2010 da LaDonnaCamel
 

Sì, però mi sembra che a furia di discutere su cosa voglia dire esser giovani, ci siamo dimenticati di chiarire cosa voglie dire essere scrittori. Ed è questo il punto più importante. Lo “scrittore giovane” infatti comincia ad essere davvero uno scrittore solo quando capisce che è impossibile sapere se si è o non scrittori. Ma a quel punto si è già vecchi.

[Giorgio Manganelli, La penombra mentale, cit., p. 167] tramite Paolo Nori

 
 
 

Mutandine di chiffon 1/2

Post n°413 pubblicato il 06 Luglio 2010 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Ingenuità disincantata. E gioioso sarcasmo. Lo so, sono contraddizioni in termini. Eppure ci sono questi e altri conflitti in qualche modo sanati da una pazienza conquistata, da un modo indulgente di prendersi poco sul serio ma senza sminuirsi, da una scrittura semplice ma colta e mai banale.
Le storielle di questa raccolta non sono tutte straordinarie, ci sono anche tiepidi resoconti di viaggio o coccodrilli dovuti e dettati a bassa voce.
Ma che voce! Ah, saper scrivere così.

Mi è tanto piaciuto che ho pensato di copiarne un pezzo. E' un piccolo gesto d'amore e anche un tentativo di penetrarne più a fondo il segreto, parola per parola, segni di interpunzione e corsivi compresi. Per ora ho imparato dove mettere le virgole con le parentesi, che per me era un impaccio come quando esci con qualcuno che ti interessa la prima volta e non sai mai dove mettere le mani.

Apologia della famiglia

Da Mutandine di chiffon
Di Carlo Fruttero
(Mondadori)

 

“Tutti i maltrattamenti dell’infanzia” ha scritto una volta Ugone di Certoit, “hanno un luogo soltanto e una fonte sola: la famiglia.” Già, uno pensa, ma anche l’orfanatrofio non dev’essere precisamente il festival della carezza e del bacino. I genitori, afferma il Certoit, soprattutto se ottimi genitori, tarpano le ali ai figli, li deformano come i piedi delle cinesine di un tempo, li riducono a bonsai. In qualità di genitore certo non da champion league ma iscrivibile perlomeno alla categoria C1 tenterò qui una modesta autodifesa.

Circa il postulato implicito in quel drastico giudizio sono sempre stato pienamente d’accordo col giudice: era meglio non nascere, e una volta sbattuto nella valle di lacrime era meglio non sposarsi, non procreare, non perpetrare l’infelicissima specie. Mi riconosco dunque colpevole di tradimento verso i grandi pessimisti che ho ammirato per tutta la vita, Leopardi, Schopenhauer, Beckett, Cioran, Ceronetti, il biblico Predicatore e pochi altri. Ma una volta che uno è lì, nella valle maledetta, come può fare dopo il disperato ingresso? Se la valle si trova, poniamo, in Bosnia o in Ruanda, c’è appena il tempo per chiederselo, omaccioni armati di mitra o machete provvederanno a stroncare sul nascere ogni futuro maltrattamento. Tanto di guadagnato per quegli scheletrini? Mah.

Ovvero, la valle si apre su un cassonetto per l’immondizia in periferia: vagiti per un’ora, due, poi il silenzio. Niente più maltrattamenti, carabinieri che indagano sulla mamma snaturata.

Ma ci sono anche mamme non snaturate (la maggioranza, parrebbe) che al primo urlaccio porgono il seno o il biberon. Puro istinto e fin qui tutto bene. Ma già coi pannolini, sia pure dell’ultimissimo, perfezionatissimo modello, siamo alla costrizione e alla pubblicità. Seguono gli omogeneizzati, pappe artificiali che chissà cosa c’era veramente dentro, con le quali si condiziona per sempre la sensibilità di quelle papilline gustative. Meglio morire di fame in Somalia? Mah. Comunque, a forza di spot sui biscotti energetici e i succhi vitaminizzati la creatura cresce e piange, piange e cresce. Nel cuore della notte o anche in pieno giorno tentazioni infanticide lampeggiano nella mente di genitori esasperati, di fratellini gelosi. Perché non la pianta, il minuscolo torturatore? Alcuni non ci resistono, lo scaraventano dalla finestra, lo soffocano col cuscino, lo ammazzano di botte, e la polizia indaga. Altri (la maggioranza, direi) si torcono le mani: non saranno mica i sintomi di un male che non perdona? Pressanti telefonate a nonne, sorelle, portinaie, pediatri di due o tre generazioni. No, non è niente. Ma ormai tutta quella carica d’ansia è passata per osmosi nel sistema del povero infante che se la porterà dietro forever.

Anche qui è all’opera l’istinto, il comando genetico a proteggere la prole. Ma, come ognuno sa, nell’uomo l’istinto protettivo può essere micidiale. Hai davanti quell’animaletto che guizza liberamente a quattro zampe sul tappeto. Grazioso, niente da dire, ma è pur sempre un bipede che dovrà muoversi in un mondo di bipedi. Bisogna insegnargli a reggersi in piedi, a camminare. E quello via di corsa a sbattere contro lo spigolo della lavastoviglie. Che fai? Lo tarpi o non lo tarpi, lasciando che la Natura decida lei mediante caduta assassina in fondo alle scale? Lo tarpi eccome, gli rovesci addosso divieti, raccomandazioni, sgridate, sberle, minacce, e se ti vedo ancora saltare in tuffo nella vasca da bagno (asciutta) io ti strozzo, hai capito?

Da quel momento è tutto un tarpare, in effetti. Nessuna fiducia nelle capacità del piccolo suicida di cavarsela da sé. Già il triciclo è un rischio, per non parlare della bicicletta. Ma i pericoli sono ovunque, si moltiplicano mentre si diversificano. Come la mettiamo con le parolacce? Con gli amichetti truculenti? Con l’aggressività? Konrad Lorenz è affascinante sulle oche, ma non spende una parola per dirti come prendere un caro pulcino che sfoga su di te a pugni e calci la sua sana, incontenibile energia (alle 19,40, quando sei appena rientrato da una dura giornata di cacciatore di yogurt e formaggini). Né Lorenz né il più infimo consigliere ebdomadario ti sa illuminare sul serio quanto a settimana bianca o no (e se si sfracella la spina dorsale?), lezioni di nuoto o no (e se si becca il fungo delle piscine?), scuola di danza o no (e se si monta la testa e pretende di diventare Isadora Duncan?). In realtà si va avanti nel buio, dialettalmente a truc e branca, tarpando e non tarpando secondo pigrizia, stanchezza, debolezza, malumore, nervi, soldi, chiacchiere sentite dal parrucchiere. Il pianoforte è un supplizio o non invece un’esaltante consolazione lungo l’intera vita? O magari la chitarra, la pittura. E l’inglese? E il canto corale? Le virtualità s’infittiscono a ragnatela: si vorrebbe che non ne perdesse una, il moscerino. Ma se lo si iscrive a tutto, con tutte quelle scadenze, quegli orari di ferro, se ne fa uno schiavo e poi dunque un ribelle, un disadattato, uno che come minimo si darà alla droga, allo scippo, alla prostituzione. Meglio lasciar perdere. Ah, ma allora potrà diventare un tristo mollaccione, un vinto in partenza, un fallito senza orizzonti, ambizioni.

 

(Gli svarioni, in caso, sono miei e del correttore automatico di word. Continua tra qualche giorno ma se non resisti, compralo.)

 

 

 
 
 

Il perfetto epilogo di una giornata di far niente

Post n°412 pubblicato il 03 Luglio 2010 da LaDonnaCamel
 

assolutamente, goduriosamente, ostinatamente niente

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