Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

Messaggi di Febbraio 2011

Ma chi l'avrebbe detto che a Sanremo

Post n°434 pubblicato il 18 Febbraio 2011 da LaDonnaCamel
 

Questo è un blog di parole scritte e quindi ecco il testo scritto che ieri sera (e stamattina ancora da youtube) mi ha fatto venire i brividi. La risposta alla domanda che mi facevo nel post precedente, che dà conto anche della scelta del tag.

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. (Da La città futura, Antonio Gramsci)

Questo è il primo anno da non so quando che guardo Sanremo. Vabbè, magari non tutto tutto: un po' di zapping e un po' di fare altro, mai meno di due cose insieme, è il difetto tipico delle donne questo: con una mano mescolare la minestra e con l'altra reggere il libro, o svuotare la lavapiatti, o tagliare l'insalata o fate voi a piacere. E' da qui che, dicono, sia nata la maggior abilità della mano destra: dalle donne che con la sinistra tenevano un bambino, lo tenevano vicino al cuore per farlo stare più tranquillo, cullato dal battito. E con la destra fare le cose che ferme non si può stare, e a furia di fare tutto con una mano questa si allena e, se serve, si tramanda. Non so se sia vero, di certo è suggestivo.

Ma dicevamo di vedere la televisione con un occhio solo o anche meno: non è più nenessario essere lì al momento, adesso c'è il web dove puoi recuperare tutto quello che ti eri perso, dove puoi sapere quello che non sapevi.
Io lo benedico questo modo di poter sapere le cose.

 
 
 

Se non ora quando

Post n°433 pubblicato il 13 Febbraio 2011 da LaDonnaCamel
 

Ci sono andata anche io, insieme a un po' di persone per bene. Pioveva e in certi momenti eravamo così fitti che non si riusciva a respirare: piazza Castello, largo Cairoli, tutta la via Dante piena fino a piazza Duomo. Poche radical scic eh? Saremo anche radical scic se volete, poche non direi. C'erano tanti uomini, e ragazzi e ragazze. Ma la maggior parte eravano noi stagionatelle, sciure col cappello, professoresse, impiegate, tutte con la sciarpetta bianca, l'ombrellino ripiegabile.

Magari non serve a niente. Non so. Servisse a me per sapere di non essere da sola, sarebbe già molto.

 

 

cairoli

 

 

cordusio

 

E comunque, non finisce qui.

 

 
 
 

Della vulnerabilità e delle parole

Post n°432 pubblicato il 11 Febbraio 2011 da LaDonnaCamel
 

Mantenersi vulnerabili è uno dei requisiti essenziali affinché le proprie parole siano in grado di sfiorare il nucleo delle cose.
Uno scrittore completamente arreso al cinismo è uno scrittore in qualche modo salvo: la sua pelle non avrà ferite profonde, le sue parole andranno via lisce e sarà al riparo da ogni forma di retorica. Ma anche di grandezza e di autentica bellezza.

Mantenersi vulnerabili richiede tuttavia un prezzo da pagare, come del resto ogni altra forma di devozione. Il punto vero non è questo. Il punto è se si è realmente disposti a pagare questo prezzo.

Perché, statene certi, a un certo punto qualcuno verrà a riscuoterlo.

(Giorgio Fontana scrive spesso cose che mi sembrano giuste.)

 
 
 

La fiducia è una cosa seria

Post n°431 pubblicato il 06 Febbraio 2011 da LaDonnaCamel
 

Qualche giorno fa sono andata in biblioteca per ordinare un paio di libri, uno era una raccolta di Mozzi di cui è appena uscita la nuova edizione riveduta e ampliata. Si tratta di Il male naturale e se ne parla parecchio in giro per via di qualche polemica che si era sviluppata ai tempi della prima uscita, nel 98. L'altro era Centuria di Manganelli, di cui aveva accennato ancora Mozzi nelle lezioni qui sotto citate. Insomma, Mozzi sta diventando un mio portolano per la navigazione nella lettura perché si esprime molto, dice cose sensate e spesso sono d'accordo con le sue tesi.
E così sono andata nella mia piccola biblioteca di quartiere, che sta a pianterreno di una vecchia scuola elementare a circa dieci minuti a piedi da casa mia. Purtroppo le risorse che la pubblica amministrazione concede a questa miserella istituzione sono al di sotto del minimo sindacale: i vecchi pc con cui si collegano alla banca dati sono quasi sempre inchiodati, sui pochi scaffali i pochi libri risalgono ai tempi in cui qualcuno aveva voglia di spendere per diffondere la cultura, sia pure bassa, quindi quasi mai mi capita di trovare lì il libro che mi serve. L'interprestito con le altre biblioteche della provincia per fortuna funziona, peccato che per richiedere un'opera sia necessario presentarsi di persona sul posto, non essendo possibile nessun tipo di prenotazione telefonica o telematica (l'efficienza del servizio bibliotecario di altre province non sanno nemmeno cosa sia quei poveri impiegati messi lì a ticchettare davanti ai monitor del secolo scorso, e del resto, pure se dico Adelphi mi chiedono se è un libro o un dvd...)

E così, come dicevo all'inizio della divagazione, qualche giorno fa sono andata a ordinare i due libri, numero massimo concesso, e già che c'ero ho curiosato un po' tra gli scaffali. Ho trovato un'altra raccolta di Mozzi, Fiction, che mi sono subito accaparrata e poi ho guardato se c'era qualcosa di Vargas Llosa, pensando che magari il nobel avesse scosso un po' di polvere dalla lista ammuffita dei nuovi acquisti che, pur raramente, dovevano ben pianificare. Illusa. C'era solo un volume con la copertina arancione un po' sbertucciata, Il caporale Lituma sulle Ande. Lo prendo, meichegnent, pensando di sfogliarlo nell'attesa dell'arrivo degli altri due tomi: tre quattro giorni, han detto. Di Vargas Llosa avrei voluto leggere le avventure della ragazza cattiva, un po' più moderno come uscita e più curioso come titolo, che mi era anche stato consigliato da un'amica, ma non c'era. Pazienza. Invece del caporale Lituma non avevo mai sentito niente, non lo nominavano nemmeno nelle solite bibliografie giornalistiche.
Nei giorni seguenti ho sbocconcellato Fiction, che mi è sembrato niente male, e poi finalmente gli altri due che erano arrivati. Lituma stava sotto la pigna sul comodino, non so nemmeno io cosa mi abbia spinta a prenderlo in mano, forse la frana causata dal passaggio di Strillo gatto maldestro.
Già dalle prime pagine mi sono ricordata i motivi per cui avevo tanto amato questo autore. Copio quel che ho scritto su anobii durante e dopo la lettura:

Vargas Llosa"Sanguigno e pieno di sensi, tutti e cinque i sensi, una storia robusta anzi molte, personaggi così belli che non servono le didascalie ai dialoghi, per dire. E una scrittura coraggiosa come pochi (me ne viene in mente uno solo che non è nemmeno ancora stato pubblicato se non su oscure riviste letterarie, come se questo non valesse). Coraggiosa non vuole dire scandalosa, sia chiaro. Per me una scrittura coraggiosa sottintende la fiducia nel lettore, quel che non dice, o dice in maniera sbrigativa, senza preziosismi o inutili dettagli a specificare, a chiarire, lo omette perché stima il lettore, il suo lettore è intelligente, il lettore è suo amico e tra amici molte cose si sanno senza bisogno di continuare a ripetercele. Non si tratta del non detto misterioso o allusivo, bada bene, quanto piuttosto di quel linguaggio familiare dove tutta una serie di ovvietà non vengono nominate perché sono quelle e non ci sono dubbi.
Lo stile poi merita un discorso apposta. Riesce a essere originale pure nella forma più classica del romanzo. Per esempio, quando un personaggio racconta una storia a un altro personaggio, ha un modo così spregiudicato di alternare i piani dei due racconti, il narratore e il narrato che narra, che mi fa venire dei brividi di piacere lungo la schiena mentre lo leggo.
E non sono che a metà.
(Perdono il traduttore che ha messo una serie di note a piè pagina ridicolmente didascaliche: questa edizione è del 1995. E comunque io non le guardo:-)
[aggiornamento]
L'ho finito stanotte alle due, non riuscivo a metterlo giù.
Orco cane che finale. "


E allora lo voglio, voglio che sia mio, che abbia un posto fisso nello scaffale dietro le mie spalle. Faccio un salto da Feltrinelli e già che ci sono mi procuro anche la ragazza cattiva, approfittando degli sconti, e appena possibile gli salto addosso.
Però, Mario, (posso darti del tu, visto che ci conosciamo da tanti anni?) mi dispiace dirtelo ma questa è tutta un'altra cosa. La prosa è normale, non so spiegarti come e non voglio dire che le cose tue più vecchie fossero anormali, ma insomma qui manca qualcosa. Manca l'invenzione, manca la temerarietà, manca, forse, la passione. Una storia passabile, anche ricca di informazioni storiche ma scritta come chiunque saprebbe fare (per chiunque non intendo me o te amico di blog che mi stai leggendo, sia chiaro. Chiunque è un qualsiasi dignitoso scrittore che porta a casa la sua pagnotta senza imbrogliare, e già non è poco).
Evabbè. Non è uno di quelli da tirare contro il muro, sono a pagina 148 e vado avanti, però Mario, se tu fossi qui davvero e se dessi ascolto a una tua vecchia affezionata e fedele estimatrice, ti direi ma cosa ti hanno fatto dal '93 al 2006 per ridurti così? Ti è passata la voglia? Ti annoi? Hai finito i soldi? Sei diventato vecchio e stanco e non ti diverti più?

Hai perso la fiducia in me?

 

---

Per Camillo, altrimenti me ne chiederà conto:

Fiction

Il male naturale (nuova edizione)

Centuria

Il caporale Lituma sulle Ande (nuova edizione)

Avventure della ragazza cattiva

 
 
 

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