Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

Messaggi di Novembre 2011

Pago pegno

Post n°513 pubblicato il 12 Novembre 2011 da LaDonnaCamel
 

Devo scrivere un post del cazzo per rispondere a viva la figa  di Kisciotte. Ho fatto la sborona nei commenti, sfidando Orsa Bipolare, lei ha raccolto il guanto  e adesso mi tocca.
Ci sto pensando da giorni e non ne vengo a capo. Il fatto è che avevo già scritto diffusamente dell'argomento, molto tempo fa, e non mi viene in mente niente che possa anche solo paragonarsi a quel pezzo. Mi imbrodo ma lo dico, mi fa ridere ancora dopo tanti anni. Ah, che bei ricordi. Che bei tempi. E invece oggi. Come faccio a scrivere di qualcosa che appartiene alla memoria: è passato così tanto tempo che non so più mica.
Potrei ben ricopiarlo qui, quel pezzo, chi vuoi che se ne ricordi.
Ma c'è l'antologia. Quella lì sopra a sinistra, Ritorna ancora e prendimi. Il pezzo che vorrei copiare è stato messo là dentro.
E però abbiamo tolto i diritti d'autore, il pdf è scaricabile gratis sul sito di Lulu, non tolgo niente a nessuno, anzi magari qualcuno se lo piglia e tutti sono contenti.

Dovrei scriverne uno nuovo, lo so.
Ma se non ho fatto mai quel che dovevo
non vedo perché adesso.


Lui e me
 
Quando lo vidi per la prima volta eravamo al cinema e devo ammettere che mi lasciò sbalordita, non tanto perché non avessi previsto di imbattermi in lui - anche se non era continuamente nei miei pensieri sapevo che prima o poi sarebbe successo. Il fatto è che ero una ragazzina ignara e me lo immaginavo del tutto diverso: non mi aspettavo il pelo. Certo, a posteriori posso considerare che si trattò di vera e propria ignoranza: avevo ben quindici anni e sarebbe bastata una semplice comparazione di reciprocità per intuire l’evidente. Ma, come dicevo, non ci avevo mai pensato e i miei modelli di riferimento si basavano su osservazioni sperimentali piuttosto datate, per questo, ora lo so, completamente inattendibili.
E così, nel buio del cinema, quando sullo schermo Franco Citti (o forse era Ninetto Davoli?) si alzò in piedi lasciando scivolare il lenzuolo che gli cingeva i fianchi sentii un tuffo al cuore. Al ragazzetto che mi sedeva accanto e mi massaggiava delicatamente la mano non feci trapelare nulla dell’emozione che mi aveva presa: era la prima volta che uscivamo insieme, non avevo ancora confidenza e poi non mi sembrava il caso.
C’era di che meditare. Davvero non avrei mai detto che sarebbe stato così peloso tutto intorno.
 
Questo primo approccio mi pose di fronte a un fenomeno di proporzioni inattese e sentivo mio dovere tentare in ogni modo di approfondirne la conoscenza: era necessario scoprire la verità, lo dovevo fare il più presto possibile ma soprattutto era opportuno toccare con mano: non mi sarei certamente accontentata di un orientamento teoretico, essendo la mia indole più portata alla sperimentazione che all’accettazione di postulati  non accuratamente dimostrati o almeno vissuti in prima persona.
Non mi fu difficile reperire ottimo materiale di ricerca nel ragazzetto massaggiatore di mani, ed ecco che mi imbattevo nella seconda inimmaginabile sorpresa: lui era enorme. No, mi correggo, nella fattispecie era probabilmente nella norma - ma, sempre a causa delle mie osservazioni sperimentali troppo antiche e lacunose, nelle mie proiezioni mentali me l’ero figurato come quello di un bambino di tre anni: dopo, mio fratello non s’era più lasciato guardare.
Ma allora sei de coccio, avrei dovuto dirmi da sola se all’epoca avessi conosciuto tale locuzione romanesca. In effetti non avevo tenuto conto della crescita proporzionata e armonica di tutte le componenti di un organismo sano.
Questa volta nemmeno la reciprocità avrebbe potuto venirmi in aiuto: anzi, il secondo pensiero che fece seguito immediatamente al primo sovrapponendovisi per urgenza e orrore e che mi indusse a lasciarmi sfuggire un gemito mentre la mia mano si ritraeva con grande spavento fu: ma questo non ci entrerà mai!
 
La prima visione, ancorché vietata ai minori di quattordici anni, me lo aveva mostrato in situazione di quiete, mentre nell’osservazione sperimentale – forse a causa delle pur superficiali perlustrazioni che avevo trafficato per tutto il pomeriggio con il ragazzetto massaggiatore di mani e a questo punto di più estese regioni epiteliali di me medesima – lui era battagliero e pronto alla pugna, nel senso latino di guerra e non altro che, allo stato dei fatti, mi era ancora vago e indistinto.
Inutili furono le rassicurazioni del ragazzetto, lusingato peraltro dall’esclamazione che non ero riuscita a trattenere: come poteva sostenere che quella cosa abnorme avrebbe potuto occupare il luogo ristrettissimo e buio che il mio dito medio riempiva completamente senza lasciar spazio per altro?
Eppure...
 
Dopo parecchie settimane di assiduo allenamento con applicazione costante e rigorosa dei principi suggeriti dall’istinto più che dalla ragione, dovetti arrendermi all’evidenza: la compenetrazione dei solidi era possibile, anzi: auspicabile.
Ben presto però mi resi conto che uno studio scientifico non può avere fondamento di verità universale se applicato a un singolo soggetto. Avevo sì appurato che il fenomeno era ripetibile a piacere e questo era pur sempre una prova. Ma occorreva osservare, se non la totalità degli individui, almeno un campione rappresentativo.
Non mi fu difficile trovare esemplari che si prestassero ad assecondare i miei esperimenti, anche perché, per non inquinare il valore probatorio delle mie indagini, li tenevo all’oscuro dei miei piani di ricerca: avevo ben presto compreso che lui, se si sentiva oggetto di misurazione e soprattutto comparazione, perdeva una parte delle sue potenzialità - a volte proprio tutte.
Il mio unico problema erano i miei genitori che osteggiavano il mio ardore scientifico con restrizioni moralistiche e bigotte, dettate dall’apparenza e dai luoghi comuni dell’epoca. Così ero costretta a portare avanti le mie indagini nella clandestinità o nell’aperta ribellione, a seconda delle circostanze. Questo non mi impediva di allargare la rappresentatività del mio campione. Analizzavo, confrontavo, misuravo dimensioni e forme, temperature, umidità relative e gradi di acidità, diametri e lunghezze. Il tutto piuttosto empiricamente, non potendo, per via del divieto di comparazione, utilizzare altri strumenti che le mie mani, la mia bocca, il luogo buio e tutte le altre superfici concave o convesse che la fantasia e la mia anatomia mi mettevano a disposizione.
 
Cominciai a tenere un diario. A questo scopo m’ero comprata un grande quaderno ad anelli con una serie di divisori colorati, a ciascun soggetto avrei dedicato una sezione: avrei applicato alla missione tutta l’efficienza e la precisione analitica di cui ero capace: il liceo scientifico queste cose le insegna, non per niente il titolo del mio manuale di biologia era “Osserva, sperimenta, impara”.

Ho pensato di mettere solo la prima parte. Del resto il pezzo in origine finiva qui, il resto è stato scritto dopo. Orsa, può bastare?

 
 
 

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Post n°512 pubblicato il 11 Novembre 2011 da LaDonnaCamel
 

 

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Giorno binario palindromo uninominale in base uno che tuttintero sarebbe uguale a 63, oppure 3.3.3 contando i puntini. E' uno di quei giorni che capitano una volta sola nell'universo mondo (perché, gli altri capitano due volte?) e comunque si tratta di convenzioni e di unità di misura, dipende da come si calcola il calendario. (In Italia si calcola molto, difatti se vuoi sfondare in qualsiasi settore, se hai fatto un calendario vieni calcolata molto di più).
Ecco, ho fatto questo inutile post per fermare il giorno, come se i giorni andassero da qualche parte. Vanno nel cestino della carta, se hai uno di quei calendari a foglietti, quelli che usavano una volta nei film in bianco e nero per far capire che erano passati nove mesi dalla dissolvenza: l'inquadratura passava direttamente alla culla e così si capiva cosa stavano facendo quei due intanto che i foglietti volavano via. Una specie di proto-educazione sessuale: attenzione a strappare i foglietti dal calendario, potrebbero nascere dei bambini.

Su questo blog la data viene scritta in parola quindi non si vede. Volevo postarlo alle 11 e 11 minuti, ma anche questo non si vede. Questo post è perfettamente inutile. Ma i commenti no.

Vedi anche:

 

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Libri

Post n°511 pubblicato il 08 Novembre 2011 da LaDonnaCamel
 

Avevo già parlato tempo fa del blog Cronache dalla libreria che seguo fedelmente da quando l'ho conosciuto per caso. Racconta spesso situazioni divertenti sulla flora e la fauna dei clienti (sì, anche flora, delle volte).

Ma il post di oggi vale la pena di essere condiviso per intero:

Fra le tante “furbate” che si stanno diffondendo in libreria vi segnalo un libro che strappa un sorriso, se non una risata. È successo anche a me ma poi, dopo la risata, il mio cervello ha alzato una barriera ed è scesa una strana tristezza. Ha esordito Newton e Compton (casa editrice sulla quale tornerò fra qualche post) con un libretto da 1,90€ dal titolo Tutto quello che gli uomini sanno delle donne. Tu apri il libretto e trovi delle pagine bianche. Attimo di stupore e poi grassa, grossa risata. C'è persino un giochetto legato a questo libro. Tu mandi una e mail alla Newton, a un apposito indirizzo internet, con una frasetta inferiore ai 144 caratteri riguardante l'argomento. Le migliori verranno pubblicate sul sito e sulla pagina facebook e i “prescelti” riceveranno libri della Newton in regalo (o, almeno, questo è quello che ho trovato scritto in rete).
Il giochetto funziona, in libreria ne avevo una trentina di copie, le abbiamo vendute tutte. È una simpatica idea regalo, si dirà, è un bel modo per ridere, al massimo lo si può usare come quaderno degli appunti.
In realtà è una furbata e passo al punto successivo.
Mi arrivano tre libri della casa editrice Liberamente.
Uno è simile a quello della Newton (o viceversa non so quale sia uscito per primo) Tutto quello che le donne sanno degli uomini (3,90 €), l'altro titolo è: Tutto quello che Berlusconi ha fatto in 20 anni di politica ( 4,90€) e Tutto quello che la sinistra ha fatto negli ultimi 20 anni (4,90€).
Tu li apri e trovi solo pagine vuote.
Il libro è annullato, signori e signore, ha vinto il marketing. Un titolo accattivante, la sorpresa, le pagine bianche. Il NON libro ha avuto la meglio, le letteratura è diventata qualcosa di superfluo, l'importante è l'oggetto.
Mi arrabbio, scusate, non riesco a farne a meno.
Ma poi, in libreria, mi dicono che sono esagerato che non capisco l'evoluzione del mercato.
È un'evoluzione che ha portato a libri con le pagine vuote.
Ripensandoci è tutto normale. L'evoluzione umana ha portato a esseri umani con il cervello vuoto!
Mi rimangio tutto, w i non libri...

Il mio primo pensiero è stato: chissà quanto costeranno questi libri nella versone e-book?
 
 
 

Sciacalli

Post n°510 pubblicato il 06 Novembre 2011 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Qualche giorno fa ho dovuto chiamare il servizio di smaltimento rifiuti ingombranti del mio comune perché volevo buttare via alcuni mobili vecchi. Non ho più la macchina da qualche anno, abito in una zona molto ben servita dai mezzi pubblici, non ho bambini piccoli da scarrozzare alle feste o alle proficue attività extrascolastiche, i negozi e i supermercati sono a portata di sputo. Insomma, mi sono tolta una rogna: un bel po' di multe per divieto di sosta in meno, il lavaggio notturno della strada non mi fa più sussultare e poi interrogare nel cuore della notte, piena di dubbi su dove l'ho lasciata. Posso dormire innocente come una bambina buona.
La seccatura di contrappasso è che mi devo affidare a servizi esterni per quei piccoli trasporti verso la discarica di cui dicevo all'inizio del post. Però Milano è una città efficiente e io sono una persona informata, so come si fa: vado sul comodo sito  dell'ente comunale e compilo con diligenza la lista. Già sulla pignoleria di come questa lista è presentata agli utenti si potrebbero scrivere pagine e pagine, ma non lo farò. Ti dico solo che niente è lasciato al caso, prima ancora di sapere se l'armadietto che vuoi smaltire è compreso o meno nel servizio gratuito, devi inserire la via, il numero civico e il piano, scegliendoli da una tendina con tutti i campi precompilati. Ci sono tutte le vie di Milano e tutti i numeri e i piani, giuro. Lo stesso va fatto per i mobili, indicati in ordine alfabetico: anta a specchio, anta grande, anta media, anta piccola... Eh, non ci sono le misure, è lasciata  all'utente la massima discrezionalità nel decidere se l'anta che vuole buttare via è grande o media o piccola. Le ante piccolissime non sono previste, meno male che, per ora, non ne ho.
Ma attenzione, se vuoi usufruire del servizio gratuito devi stare entro gli otto pezzi e devi anche sapere che non tutti i pezzi valgono uguale, in certi casi cinque pezzi valgono uno e in altri devi pagare perché non sono compresi nel servizio gratuito. Io sono una persona paziente, oltre che informata, e anche indulgente, diciamocelo. Combino e ricombino la lista, ingrandendo o rimpicciolendo le ante fino a far quadrare il conto. Alla fine mi mandano una stringa di conferma via mail che attiva l'appuntamento, data e ora del ritiro. Stampo la mail di istruzioni che mi consiglia di portare  le cose stabilite  nel luogo stabilito la sera prima del giorno stabilito. Durante la notte, come la fatina dei denti, verranno gli angeli dei rifiuti ingombranti e la mattina dopo sarà tutto sparito.
E così facciamo. Metto insieme una squadra di figli, figlie, morosi e morose e la sera prima del giorno stabilito portiamo giù le cose e le mettiamo in fila nel luogo stabilito.
Essendo "sera" un orario non troppo precisamente stabilito, facciamo un po' prima di cena, così ho il tempo di andare a lavarmi le mani e uscire di nuovo un momento, che ho dimenticato di comprare le sigarette.
Passo davanti al mucchio ordinato e non posso fare a meno di notare un tavolino verde che, son sicura, non faceva parte della nostra collezione. Strano, chissà da dove arriva sto coso.
Al ritorno dal tabaccaio un mobiletto rosso, piccolo? medio? grande? di certo non mio, è appoggiato davanti al tavolino verde.
Dopo cena mi affaccio alla finestra. Per curiosità, si intende. Vedo una riloga, un secchio, una seda a dondolo sfondata che, lo giuro, non abbiamo messo lì noi. E se adesso mi contestano il numero di pezzi, come faccio a dimostrare quali sono i miei? ma soprattutto che quelli non miei non sono miei?
Mi verrebbe voglia di montare la guardia per sorprendere in flagrante quello sciacallo che aggiunge la roba alla mia spazzatura.

 
 
 

Un ricercatore fantasma

Post n°509 pubblicato il 04 Novembre 2011 da LaDonnaCamel
 

Simone è un amico oltre che il fratello di un amico. Il fratello del mio amico è mio fratello. Sapevo per sommi capi del concorso, seguivo la sua carriera a distanza, conosco i successi, la rivista, sua figlia. Ma vederlo e ascoltarlo spiegare dettagliatamente cosa vuole dire essere un ricercatore fantasma mi ha colpita al cuore per l'ingiustizia e l'assurdità. Mi avrebbe fatto male anche se fosse stato una persona qualsiasi e non il fratello del mio amico, mio fratello.
Chi non l'ha visto ieri sera lo guardi ora, per piacere. Anche se non serve a niente. Forse non serve a niente e forse serve, non so. Sapere le cose è sempre meglio di non saperle e se non serve a Simone di certo serve a te.

Simone Guagnelli il ricercatore fantasma


(Clicca sulla foto e scusa la pubblicità, su Libero non posso inserire video che non siano di YouTube, devo mandarti alla pagina ufficiale di La7)

 

Aggiornamento: Simone mi ha scritto: "Спасибо, che poi sarebbe grazie..."

 
 
 

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