Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

Messaggi del 27/03/2013

L'occhio del coniglio 23. La pizza

Post n°722 pubblicato il 27 Marzo 2013 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

"La pizza?”
"Sì, la pizza. L'ho già impastata, devo aspettare che lieviti. Ma non stare lì impalata. Vieni su.”
Anita indugiava tenendosi alla battagliola.  Gabriella, sulla barca a fianco, si stava asciugando le mani con uno strofinaccio. Lo buttò in cabina e si sedette sulla panca.
"Ma dove sono tutti?” disse Anita poggiando il piede sul bordo. Le due barche si muovevano una rispetto all'altra e i parabordi che avevano legato in mezzo si spostavano a ogni movimento della risacca. Le catene delle ancore si tendevano con piccoli strappi anche se non c'era vento. Il passaggio dei motoscafi che tornavano in porto riverberava sugli scogli le onde che entravano disordinate. Cala Francese era quasi vuota, c'erano solo due cabinati a motore, distanti.
"Elisabetta e Pietro sono andati a far la spesa col gommone, Felice è là su quello scoglio che pesca, lo passano a prendere al ritorno.” Disse guardando verso la punta, una mano a coppa a ripararsi gli occhi dal sole, ancora potente, dall’altra parte del canale.
“E i tuoi?”
"Arrivano. Sono andati a fare il bagno” Scavalcò del tutto e si sedette in coperta a gambe incrociate.
“Ma la pizza? Come ti è venuto in mente?”
"Così. Fa allegria, no? Uh, ma lo sai chi ho incontrato ieri alla Maddalena?” Si era sciolta la treccia e si ravviava i capelli con le dita. Anita la guardava aspettando la rivelazione.
“Il bel tenebroso, il meglio fico del bigoncio.”
“Chi?”
“Eddai, non dirmi che anche a te non piace Ignazio.”
"Se ne fai una questione estetica,” rise Anita, “mi adeguo al parere della maggioranza silenziosa. Cosa fa adesso? È sempre col Velamare?”
"Ma non solo. È una puttana. Quello va con chi lo chiama. E ho fatto anche la rima.” Sghignazzò.
“Gli ho detto se ci raggiungono.” Frugò in una nicchia sotto il tavolo e tirò fuori un pacchetto di sigarette.
"Stasera?” Anita era scivolata in pozzetto e si era seduta sulla panca. Cuscini bianchi in finta pelle ricoprivano le sedute intorno al tavolo e dietro al timone. Guardò verso la sua barca. I gatti erano usciti e camminavano sul bordo cercando un punto buono per saltare.
"Sì, dopo cena,” disse dopo aver buttato fuori il fumo dal naso. “Dice che ha un equipaggio carino. Tutte donne. Tanto per cambiare.”
Anita guardò il pacchetto rosso e bianco sul piano di legno.
“Posso?” senza aspettare la risposta prese una sigaretta e l'accendino.
"Ma fumi?”
"No.” Anita sorrise, se la portò alle labbra e l'accese. “Ma fumavo. Tanti anni fa.” Alzò le spalle.
Gabriella la guardò con curiosità. Aveva smesso di toccarsi i capelli, aspettava una spiegazione o una confidenza.
“Ho comprato il Martini e il Campari,” disse invece Anita, “Carlo ha detto che stasera vuol fare il Negroni.” Aspirò dalla sigaretta e si appoggiò allo schienale, stendendo la gambe sotto al tavolo.  “Che bei capelli che hai sempre.”
Gabriella scosse la testa e li fece saltare sulle spalle.
"Ci ho messo l'olio” disse, portandosi una ciocca davanti agli occhi. “Ma non serve a niente. Sono pieni di doppie punte.” Risero. I gatti erano saliti a bordo e annusavano le cime arrotolate ad asciugare
"Ma la pizza?”
"Eh sì. È ora. Dai, vieni giù. Aiutami a stenderla.”
Anita si alzò. Buttò in acqua quel che rimaneva della sigaretta, si stirò la schiena appoggiandosi le mani sulle reni e la seguì in cabina.
Gabriella stese l'impasto su una teglia di alluminio usa e getta. Anita si guardava intorno. Le tendine sugli oblò richiamavano il celeste degli imbottiti e sulla paratia che divideva la dinette dalle cabine di prua  erano avvitati due bassorilievi di ottone. Il tavolo in mogano  era tirato a lucido e avrebbe potuto accogliere una dozzina di commensali, seduti intorno al grande divano a u.
"Va tutto bene?” disse Gabriella dopo un lungo silenzio.
"Direi di sì. Forse puoi fare dei buchi con uno stecchino?”
"Ehi. Tu non me la conti giusta.”
Anita sorrise.
"Fa niente, ho capito. Non hai voglia di parlarne.” Si voltò e prese da uno stipetto una scatola di pomodori spezzettati. Anita guardò fuori dal tambucio aperto. Si sentiva il ronzio di un motore.
"Sono loro?” chiese subito.
"Vai a vedere” disse Gabriella spargendo la conserva sulla pasta.
Anita uscì e vide il gommone che si avvicinava piano allo scoglio bianco, arrotondato dal vento, dove Felice aspettava in piedi con la canna in mano e la cesta a tracolla. Piero guidava e Viola, seduta sulla prua, si sporgeva per passargli una cima.
Infilò la testa nel tambucio.
“Torno da me, i bambini stanno arrivando.”
"Ma dai, stai qui. Che vai a fare?”
"Eh, così Giulio approfitta per non farsi la doccia.”
"E allora?” rise Gabriella “Lasciali fiatare, per una volta.”
"Per una volta” rise anche Anita, “ma non questa volta.”
Andò a poppa ad aspettarli. Sul gommone c’erano solo Pietro, Felice e i bambini.
“Papà?” chiese a Viola mentre lo legavano alla barca.
“Ha detto che torna a nuoto con Elisabetta.”
Anita guardò verso il largo. Il cielo era striato di nuvole rosse. Sul mare, in controluce, non si vedeva nessuno.
(continua)

 

Questo è L'occhio del coniglio, un romanzetto che ho scritto io e che mi piace offrire ai miei blogamici e agli sfaccendati che passano di qui.

Già che faccio l'editore di me stessa, ho prodotto anche una versione digitale, mobi, epub e pdf. Se ti stanchi di leggere a schermo e la vuoi mettere nel tuo lettore eBook oppure se hai occasione di stampare a ufo e vuoi il pdf, scrivi a ladonnacamel@gmail.com e te la mando. Gratis e senza DRM!
(Però poi non venire qui a spoilerare il finale eh, t'ammazzo! Che, se non si era capito, le puntate qui continuerò a metterle, al ritmo di due a settimana, più o meno.)

 

Licenza Creative Commons
Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 3.0 Italia.

Le foto, dove non specificato, son prese in internet.

 

 
 
 
 

Ciat

Post n°721 pubblicato il 27 Marzo 2013 da LaDonnaCamel
 
Tag: EDS, sensi, tatto
Foto di LaDonnaCamel

- Dai, apri la touchcam
- No, non mi va
- Ti prego, son già tre settimane che sto qui, non ne posso più.
- Ma se l'abbiamo fatto ieri sera, e l'altro ieri, e tutti i giorni da quando sei partito.
- E allora? Intanto non è la stessa cosa che a casa. E poi, a casa lo facciamo anche due volte al giorno, quindi... dai apri.
- L'hai detto, non è la stessa cosa.
- Uffa. All'inizio non dicevi così. All'inizio ti piaceva.
- Sarà stata la novità. Le prime volte anche solo l'idea...
- Mi basterebbe una carezza. Stasera sono triste. Mi sento solo. Mi sento come un pulcino bagnato, lontano da casa, lontano da te e dal mondo civile, lontano da tutto. Sob.
- Vabbè, una carezza. Poi basta.
- Ohh, brava.
- Ma non farmi lo scherzone di quella volta che ci hai messo subito il cazzo.
- No, solo una carezza sulle mani, magari sulla faccia. Dai apri.
- Dove sei?
- Sono nella camerata. Da solo, stai tranquilla. Quelli che non sono in libera uscita sono andati in sala mensa, il capitano ha sfidato Romoletti a ping pong. E tu dove sei?
- In camera nostra, accendi la webcam.
- No dai, facciamolo al buio, che mi dia l'impressione di essere lì.
- Non funziona bene al buio, lascia stare. Fatti vedere. Voglio essere sicura che sei tu.
- Ma chi dovrebbe essere scusa?
- Comincia a farmi sentire la voce. Che ne so di chi potrebbe essere. Chiunque. Un collega, un amico. Un nemico.
- Un nemico?
- Eh. Perché no.
- Non c'è abbastanza banda per far andare tutto, video, voce e touch. Fammi una carezza intanto. Poi mi faccio sentire e vedere. Ho tanta voglia delle tue mani morbide. Ma più ancora del tuo collo, del tuo seno. Fammi sentire le tette.
- Il tuo seno? Ma chi cazzo sei? Scordatelo che mi faccio toccare. Se non ti fai vedere chiudo la comunicazione e poi faccio denuncia al comando.
- Ti supplico, sto per morire, accendi la touchcam e fatti sentire a questo povero soldato lontano
- La smetta immediatamente. La avviso che questa sessione è registrata. Chiunque lei sia farò rapporto ai suoi superiori.
- Dai, scherzavo, accendo.
- Che scemo. Credevo che era qualcuno che ti aveva rubato il tablet.
- Lo so, l'avevo fatto apposta per farti spaventare, magari eccitare un po'. Adesso toccami, dai.





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* Revel è una tecnologia già esistente in grado di simulare una vasta gamma di sensazioni tattili leggi qui e qui e ancora qui


Questo racconto partecipa all'EDS Toccami o del tatto lontano come pure

Dario

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MaiMaturo

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Chiedo scusa per la magrezza del testo ma questa volta va così.

 
 
 

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