Tra_Donne

PENSIERI...

Ieri pomeriggio sono stata al funerale del mio amico e collega  E.  Ho viaggiato con altre persone per un'ora di macchina, dovevamo raggiungere un paesino di montagna perché lì E. ha concluso i suoi giorni, a soli 55 anni,  accudito fino alla fine da una sorella. Siamo arrivati che pioveva, tristissimo tempo umido e nebbioso che rendeva la situazione ancora più malinconica. La  S. Messa era già cominciata, la chiesa era piena. Tanta gente del paese che lo conosceva da bambino, perché lì E. era nato. Alcuni colleghi venuti da Roma:  E. era persona che si faceva voler bene, soprattutto da chi è semplice nell'animo come lo era lui. Ad un tratto mi volto verso il fondo della Chiesa e vedo un gruppetto di ragazzi, con i visi tristi. Li guardo attentamente e li riconosco, quasi tutti, anche se sono passati dieci anni dall'ultima volta che li ho visti. E mi è venuto un nodo in gola....Sono gli ex alunni di E. Già, perché E. era un maestro, come me. Uno che ha dedicato tutta la sua vita alla scuola. Non si era costruito una famiglia sua, e quindi era rimasto molto attaccato alla sua famiglia di origine, che aveva sostenuto con amore in tante traversie e lunghe malattie. E. curava i suoi alunni, nel senso che era fermo nell'educarli ma anche amorevole e attento con loro. Ricordo quante volte lo osservavo, durante le nostre ricreazioni in giardino, mentre trattava con i bambini. Era molto tenero con loro, e loro lo adoravano.  E. si prendeva cura in modo particolare dei bambini difficili, quelli che ci "tolgono la vita" per cinque anni. Lui li prendeva spesso in disparte, parlava con loro, cercava di ragionare insieme a loro. Voleva loro molto bene.

Perché vi sto raccontando tutto questo? Primo, perché mi fa piacere condividere con voi l'emozione che ho provato ieri. Secondo, mi sento di farlo per E.  Terzo, perché quando sento parlare male della scuola, dei docenti, del nostro lavoro non posso non indignarmi, dal momento che lavoro nella scuola statale da ventisette anni e vivo sulla mia pelle, ogni giorno, le contraddizioni, gli inutili sprechi, i tagli di personale, l'acqua che piove dai soffitti, la mancanza di fondi per mandare avanti la scuola persino nelle situazioni più normali. Non dico che non ci sia gente che non sa lavorare. Dico però che, per la maggior parte di noi, questo lavoro è una missione, così come lo è quella del medico, del pompiere o del carabiniere. Lo fai perché ci credi, e non solo perché a fine mese ti danno lo stipendio. E se un gruppo di ragazzi, di domenica pomeriggio, invece di andare a spasso, prende il pullman per venire a darti l'ultimo saluto, vuol dire che qualcosa, a questi ragazzi, hai lasciato. E sapete che cosa mi ha emozionato di più? Tra quei ragazzi, ieri, c'era G., uno di quei ragazzini difficili che ci dava parecchie preoccupazioni. E' cresciuto, l'ho visto calmo, con lo sguardo sereno e fiero dei suoi vent'anni...