Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

 

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LA MIA TESI

Post n°118 pubblicato il 18 Luglio 2006 da nef29
Foto di lilith_0404

Sto leggendo un libro bellissimo sulla capacità di ascoltare, di apprendere ad apprendere e di uscire dalle proprie cornici... uno di quei libri che t'insegna una cosa parlandoti di qualcos'altro. E lo fa in modo chiarissimo.

Devo intervistare dei ragazzini e improvvisamente ho un po' paura.
ho paure dei loro racconti, anche se non vedo l'ora di cominciare.
e poi ho paura della mia inadeguatezza.

"ricostruire storie di vita in termini di comprensione"
mi pare che abbia detto così, il professore.
un suggerimento che non avevo capito e che oggi, a causa di questo libro assurdo che sto leggendo, mi pare chiarissimo.

semplicemente è una cosa da cui io devo stare fuori, pur rimanendoci dentro...
è più facile di quello che sembra: basta essere leggeri e non pesanti e seri, come verrebbe spontaneo, viste le circostanze...
è una questione di flessibilità...
non mi spiego, lo so.

anyway.
sarò microfono e registratore.
lascerò che parlino... concentrandomi sui particolari, per tentare di cambiare davvero il mio punto di vista.

quello che a me sembra un particolare per lui o per lei potrebbero essere fondamentali.
non sapendolo posso solo improvvisare, rischiare e rendermi ridicola.
devo usare l'imbarazzo e la goffagine come un'opportunità.

è l'unico modo.
è un po' come quando impari a parlare in inglese e devi uscirtene con quella pronuncia marcata che fa tanto macchietta televisiva.
eppure è così che si parla bene in inglese: spingendo sulle consonanti.

uscire dalla mia cornice.

uno di loro è sbarcato a lampedusa, ho spiato tra i documenti.
c'ho lavorato per anni e non lo sapevo.
avevo davanti la disperazione piena di speranza e non lo sapevo.
avevo davanti un viaggiatore che non aveva scelto di essere tale, sbattuto dai genitori su di una barchetta e lanciato verso un futuro ignoto e carico di aspettative...
avevo davanti la paura di morire annegato e i campi di accoglienza.
e non lo sapevo.

quante volte incrociamo occhi che celano storie enormi, storie di infinita sofferenza?

io non c'ero.
io non so niente.

io non so da che parte cominciare.


per questo penso sia una buona idea cominciare dall'inizio.

che ne dite?

P.S.: come ho scritto a Vega di là, le parole non dette sono più importanti di quelle pronunciate... di cosa non vi ho parlato?

non vi ho parlato della mia felicità.

ma davvero non ci riesco... a parlarne ho paura di perderla o di falsarla, boh.

"il vero segreto è il tuo respiro mentre dormi"


 
 
 
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