A Room of One's Own
This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!
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Persone
Post n°227 pubblicato il 08 Agosto 2007 da lilith_0404
“Ora ci penso, e vedo cosa riesco a tirar fuori dal cassetto della memoria” , ho scritto in risposta all’invito di thefairyround di ricordare persone ‘speciali’ incontrate nell’infanzia. . Per la verità ero un po’ dubbiosa di riuscire a trovare qualcosa che meritasse di essere raccontato, ma avevo promesso, e ci ho pensato, ed ecco levarsi uno dopo l’altro e ripresentarsi alla mente scuotendosi di dosso la polvere dell’oblio con cui il tempo trascorso li aveva coperti, tutta una galleria di personaggi , alcuni con cui ho avuto a che fare direttamente, altre semplici comparse, e ricompongono nella memoria la scena del paese come era intorno a me bambina, che lo accettavo come scontato e che solo ora, nel ricordo, mi appare come singolare. . Tra i ricordi più remoti della mia infanzia spiccano le suore dell’asilo. Simili apparentemente una all’altra, ma diversissime in realtà: suor Giovannina, una figura morbida e il sorriso dolce, e un fare materno e gentile; suor Santina, lunga e magra e un’aria un po’ acida e un aspetto un po’avvizzito nonostante l’età ancora giovane; e suor Vincenza, la severa maestra dei ‘grandi’ che ci faceva ritagliare le figure praticando meticolosamente con un punteruolo lungo il contorno una fitta fila di buchini, finché alla fine con una leggera pressione la sagoma punteggiata si staccava dal foglio; e infine la suora di cucina, di cui non ricordo il nome, pingue e gioviale, e con un’aria sempre un po' trafelata e accaldata, che di tanto in tanto emergeva dalla sua cucina indossando al posto della lunga veste nera con il velo fissato con gli spilli, una veste bianca e una cuffia di tela bianca, la cui foggia aderente metteva in evidenza la rotondità della sua testa e faceva ancora più risaltare il colorito rubizzo delle sue guance. . E poi c’era la signora Gina, che non era una suora ma l’inserviente che si occupava delle pulizie, e la vedevi andare in giro con quelle palette con il manico lungo, con cui raccoglieva la spazzatura senza doversi chinare, e che a me sembrava una sua prerogativa speciale, perché a nessun altro l’avevo mai vista usare. . E c’era la signora Maria, che aveva la bottega all’angolo della strada in cui si trovava l’asilo. Era un negozietto angusto e sempre un po’ in penombra, ma con i vasi delle caramelle allineati ai bordi del bancone, e la signora Maria, una figura vagamente allampanata, il viso lungo e grigio dietro gli occhiali dalle lenti bifocali, grigio il vestito e grigi i capelli raccolti in una sottile treccia avvolta a spirale e fermata con le forcine sulla nuca, da dietro il bancone distribuiva i suoi cartoccetti con dieci lire di caramelle ai bambini che in processione facevano tappa da lei prima di entrare dalle suore. Cerano diversi tipi di caramelle: gli zuccherini colorati, o quelle con il cuore di liquirizia erano le mie preferite. Le facevamo scivolare nella tasca del grembiulino e avrebbero consolato il leggero dispiacere di vedere la mamma allontanarsi dopo averci affidato a una delle suore. . La regola del gioco vorrebbe come di consueto che indicassi alcuni blogger a cui passare il testimone, ma in questa vigilia di ferragosto e il fuggi fuggi verso le mete di vacanza ho perso un po' il filo di chi c'é e chi non c'é, perciò lascio libertà a chi vuole di raccogliere l'invito a continuare il gioco. . .
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