Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

 

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A lezione di felicità

Post n°273 pubblicato il 08 Dicembre 2007 da lilith_0404

Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s' incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

Così cantava Montale, sottolineando la fragilità di una condizione che tutti cercano ma che difficilmente si lascia raggiungere. Già la stessa definizione risulta difficile. Se mi chiedono ‘sei felice’ io rispondo ‘sono serena’, anche per l’incapacità di mettere a fuoco in cosa far consistere per me oggi come oggi la felicità .

Ci pensavo leggendo un articolo nei giorni scorsi, in cui si affermava che la felicità viene dall’accettare i propri limiti, riconoscendo che non si può essere perfetti. Sembra infatti che i perfezionisti abbiano una elevata probabilità di accumulare frustrazioni che inevitabilmente li faranno sentire molto infelici. Chiaramente cercare l’eccellenza non è un disvalore in sé stesso, anzi in alcuni campi è addirittura una presupposto necessario: nel lavoro,  tanto per dirne una,  chi si affiderebbe ad un medico che non cercasse di dare il meglio nella propria professione? 

È  quindi una questione di misura, un saper distinguere quando e dove conviene essere rigorosi e dove invece è bene saper essere indulgenti. Un equilibrio che non è così facile da ottenere, tanto che si sta cominciando a pensare di istituire dei corsi ad hoc, per insegnare questa tecnica nelle scuole.

Al Wellington College  di Crowthorne , in Inghilterra, sono convinti che questa sia la via da percorrere e le lezioni di 'felicità'  saranno complementari a quelle di religione per  insegnare ai ragazzi i segreti dello ‘star bene con se stessi e con gli altri.’, mentre istituzioni prestigiose del calibro della Harvard University istituiscono corsi di Psicologia Positiva, dove vengono insegnate teorie e tecniche del ‘well- being’’. 

La felicità, dunque, dopo essere stata indagata da filosofi e poeti, viene ora affidata alle cure degli psicologi, che lungi dall’incoraggiare sentimenti di esaltazione emotiva, con i quali fino ad oggi avevo romanticamente identificato la felicità,  fanno della felicità una questione di autostima, empatia, creatività e ottimismo.

Ma perché, più la guardo, più questa felicità mi sembra che somigli  alla ‘serenità’ ?

 

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Commenti al Post:
lakonikos
lakonikos il 08/12/07 alle 10:46 via WEB
Conosco un sacco di psicologi infelici e poco sereni. Se mi chiedessero se sono felice, sorriderei. Alla domanda se sono sereno risponderei: quasi mai. Eppure ho imparato ad accettarmi così come sono.
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 08/12/07 alle 11:50 via WEB
quando ho letto l'articolo in cui si afferma che la felicità viene dal saper accettare i propri limiti, ho pensato che ero felice e non me n'ero accorta... :-)) Alcuni dei limiti che so di avere cerco ancora di superarli, ma più di tanto so bene che non é possibile fare: non si può cavar sangue da una rapa, questo l'ho ormai accettato :-)))
 
VegaLyrae
VegaLyrae il 08/12/07 alle 13:30 via WEB
Concordo con lakonikos: riuscire ad essere sereni sarebbe già molto. :o))
 
MARIONeDAMIEL
MARIONeDAMIEL il 08/12/07 alle 23:05 via WEB
Sono completamente d'accordo con te lil; ma gli psicologi partono da un altro punto di vista secondo me, placare i conflitti, vincere le frustrazioni, insomma non star male in determinate situazioni Che non vuol dire esattamente stare bene.. e stare benissimo è una cosa totalmente diversa..
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 10/12/07 alle 23:37 via WEB
credo anche io che il concetto di 'felicità' degli psicologi sia un po' diverso da quello comunemente inteso dalle persone comuni: qualcosa di molto più simile al 'benessere psichico', parecchio lontano dallo stato di esaltazione emotiva che solitamente chiamiamo felicità e che molto spesso ha connotazioni spiccatamente romantiche...
 
elioliquido
elioliquido il 08/12/07 alle 23:43 via WEB
Forse quella che loro chiamano felicità è la stessa cosa che tu chiami serenità. Essere felici non è semplice quanto essere sazi (per noi). Forse per un ragazzo "del biafra" essere sazio è un concetto semi aleatorio quanto lo è per noi l'essere felice. Ad ogni modo, come ho anche scritto nel questionario che ho ripreso da te e da ody, vedo la felicità connessa al raggiungimento di uno scopo esistenziale. Quantomeno di una sua tappa fondamentale, quella in cui uno trova se stesso. Un punto a partire dal quale "compie opere" che gli corrispondono, per così dire, alla perfezione, che non sente mai lo privino di qualcosa, e verso le quali non sente mai di essere in debito per averle private di qualcosa per curarsi di sé. È una cosa che vagheggio, che suppongo, nonostante ritenga che ci sia chi c'è arrivato. Invece l'essere sereni mi pare sia una condizione più alla portata. La condizione di chi ha imboccato la strada giusta per arrivare a sé. Il che non toglie che imboccherà innumerevoli volte il sentiero sbagliato, ai bivii. Ma aver annusato la tua giusta strada ti fa sempre tornare sui tuoi passi, ad ogni errore, per riprendere qualcosa che segue un filo conduttore univoco. Inoltre credo che la serenità sia la condizione di chi ha poca paura della morte. Non con un atteggiamento sprezzante, ma di accettazione.
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 11/12/07 alle 01:35 via WEB
il tuo concetto di felicità é molto simile a quello che mi é capitato di leggere in alcuni testi di filosofia: felicità come realizzazione della propria natura, delle proprie potenzialità di essere umano... mi trovo abbastanza concorde con questa visione...un punto di arrivo, in ogni caso, una meta a cui tendere...
 
SandaliAlSole
SandaliAlSole il 09/12/07 alle 10:23 via WEB
Forse io sono un po' troppo sbrigativa e sbaglio. Tuttavia, non riesco a trovare alcuna attrattiva e alcun senso in questi corsi sulle teorie e tecniche dello star bene con se stessi. diffido di chi pretende di insegnare cosa vuol dire vivere, come si fa a stare bene, qual è la teoria del benessere. Perchè poi la vita è un'altra cosa e tutti gli impianti teorici non servono a un fico secco alla prima porta sulla quale si batte il muso. Ma io sono talebana e diffido ancor di più degli psicologi.
il confine tra serenità e felicità è lo spazio dell'illusione. Da tempo coltivo lemie oasi di serenità: sono quelle che mi fanno stare bene.
 
 
VegaLyrae
VegaLyrae il 09/12/07 alle 12:53 via WEB
Perfettamente d'accordo con Miti, Anzi, direi di più. A volte essere troppo introspettivi e voler dare ad ogni nostro stato d'animo un senso e un significato recondito è un pò come voler tagliare il capello in quattro; si rischia di sortire l'effetto contrario: creare infelicità anche laddove non ce n'era.
 
   
elioliquido
elioliquido il 09/12/07 alle 15:02 via WEB
Credo che nessuno cerchi risposte a domande che non si pone. Che nessuno cerchi cure a malattie che non ha. Che nessuno indaghi su se stesso così per sport. Chi lo fa "per sport" in realtà non indaga su se stesso, ma "s'incuriosisce di qualcosa", che in lui lascerà il tempo che trova. La troppa introspettività esiste, certo, ma non nasce da uno status di benessere. Più spesso è il viaggio di qualcuno alla ricerca di risposte che non si trovano da nessuna parte, che troppi danno senza nulla saperne, inutilmente e fuori luogo. Non esiste profondità che con certezza sia sbagliato sondare. Piuttosto è importante trovare lo scafandro giusto. Ma a volte la necessità di scendere è più impellente della messa in sicurezza. Perdonami il tono, forse un po' teso. Non ho scritto per polemizzare.
 
     
VegaLyrae
VegaLyrae il 09/12/07 alle 23:42 via WEB
Tranquillo elio, nessuna percezione di plemica da parte tua. :o). Il mio problema è che spesso sono troppo concisa e quindi sottintendo molte cose.
Ovviamente sono perfettamente d'accordo con te che chi assume un atteggiamento introspettivo è perchè vive uno stato di disagio o di malessere interiore verso se stesso o verso il mondo. Al masochismo psicologico credo poco, ehehe. Ciò che però intendevo dire è che non sempre l'introspezione o l'eccesso di introspezione pagano. Mi riferisco a me stessa e alle mie esperienze; anche a me è capitato di attraversare (e sicuramente mi capiterà ancora) periodi di para totale in cui mi sentivo assolutamente inadegata in tutto ciò che facevo; periodi in cui non riuscivo a capire chi ero veramente, periodi in cui non mi piacevo ed ero assolutamente insoddisfatta di me stessa e della mia vita. Ovviamente in queste circostanze si comincia a scavare dentro e a mestare e rimestare. Per quanto mi riguarda, quasi sempre sono stati dei circoli viziosi che non mi hanno portata da nessuna parte se non a stare ancora peggio: più frugavo dentro me stessa e più andavo in para. Ho cominciato a tirarmi fuori dalla melma solo nel momento in cui ho iniziato a fare, invece che pensare; una cosa qualsiasi, anche piccola e insignificante, ma che mi appagasse, e così, cominciando a distrarmi da quella troppa introspezione, ho a poco a poco recuperato la serenità. Poi non so dirti se quel mio iniziare a fare fosse comunque un risultato conseguito attraverso l'autoanalisi, ma di fatto è sempre stato così. Purtroppo per carattere io sono una che pensa troppo: spazio dal senso della vita ai massimi sistemi e solo una congiuntura astrale positiva ha impedito che io mi iscrivessi a filosofia. Comunque, l'unica terapia che ho trovato per mantenermi serena ed equilibrata è non darmi il tempo di pensare. Forse è un pò pragmatico e rude come sistema, ma su di me funziona. Ciao elio, mandi. :o))
 
     
elioliquido
elioliquido il 10/12/07 alle 00:27 via WEB

Congiuntura astrale? Un fortune cookie a fagiolo (anche per il segno zodiacale):

Io non credo negli oroscopi. Sono acquario, e quelli del mio segno non credono a queste cose.

Mandi Vega

 
     
VegaLyrae
VegaLyrae il 10/12/07 alle 01:43 via WEB
Ehehehe "Congiuntura astrale" suona più figo che "Colpo di culo"! Sono acquario anch'io.. che sia l'eccezione che conferma la loro razionalità? ;-)
 
     
elioliquido
elioliquido il 10/12/07 alle 07:18 via WEB
Infatti mi riferivo al tuo segno. L'avevo letta così come riportata. Colpo di sfiga si traduce in congiura astrale?
 
     
SandaliAlSole
SandaliAlSole il 10/12/07 alle 14:07 via WEB
Ho visto che Lilith è passata al post successivo, ma avendo letto solo ora, voglio solo agganciarmi a questo dialogo tra elio e Vega. Sono concorde con elio quando dice che certi percorsi non si fanno così per fare. E proprio perchè ne comprendo l'intensità, diffido delle lezioni a buon mercato sul viver bene. A volte hanno lo stesso spessore dei fortune cookie :)
p.s. io cancro. che si fa?
 
     
lilith_0404
lilith_0404 il 11/12/07 alle 01:51 via WEB
:-) io cuspide tra ariete e toro... come la mettiamo?:-))
battute a parte, non so se sia possibile 'insegnare' la felicità, nè se l'introspezione sia necessaria, o solo utile, o del tutto inefficace: sono molto possibilista, nel senso che ritengo che ciascuno debba un o' trovare la propria soluzione, quella che si adatta meglio alla propria indole e la proprio carattere. Da ragazzina ricordo che ero abbonata a Selezione del Reader's digest, e mi appassionavo molto agli articoli che spesso venivano pubblicati in cui si spiegavano in modo molto divulgativo ed elementare le teorie psicologiche per star bene ed essere felici. Poi sono stata una adolescente ( e anche un pezzo dopo che l'adolescenza era finita) molto introversa, molto orientata all'introspezione e all'autoanalisi, e direi fondamentalmente infelice. Non saprei dire se questo analizzarmi sia servito a rendermi migliore, oppure no. Forse mi ha dato solo consapevolezza di alcune cose, di alcuni aspetti di me stessa, ma non so se mi abbia anche aiutato ad accettarli, o addirittura a superarli... ma al tempo stesso ritengo che non sia dipeso da me essere in quel modo: lo ero e basta, non é stata una scelta, ma un dato di fatto...
 
diombreedirose
diombreedirose il 09/12/07 alle 17:50 via WEB
Non credo che esista una ricetta che possa andar bene per tutti. Ognuno mette nel termine ciò che gli sembra essenziale in quel momento. Certo la capacità di eccettarsi con i propri limiti e di accettare anche i limiti degli altri aiuta molto il rapporto con sè stessi e con gli altri. Così come aiuta la capacità di superare gli ostacoli e anche quella di gioire per il bello e il bene che abbiamo... Insomma potrebbero essere molteplici le variabili che ci rendono sereni (anch'io non amo molto il termine felice). E non bisogna mai dimenticare che anche la serenità non può essere qualcosa di continuo, ma un equlibrio che dinamicamente si rompe in continuazione per essere ricomposto di nuovo.
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 11/12/07 alle 02:00 via WEB
certo, mi trovo assolutamente d'accordo con quello che dici: la serenità é al tempo stesso uno stato da conquistare e un equilibrio da mantenere. Quanto poi alla capacità di accettare i propri limiti per qualcuno può essere più facile che per altri, un po' dipende dal carattere, un po' forse anche dall'educazione che si riceve. L'aiuto che forse può venire da questi 'insegnamenti' della psicologia é un prendere coscienza del problema che ci può essere , e del fatto che esiste una soluzione... ciascuno poi deve trovarla da solo, io credo...
 
odio_via_col_vento
odio_via_col_vento il 09/12/07 alle 17:59 via WEB
non credo che felicità e serenità siano la stessa cosa. credo che felicità sia uno stato più esaltante e meno duraturo, che spesso invece porta a disequilibri e mina la serenità. (ma ne vale la pena:)
 
 
lilith_0404
lilith_0404 il 11/12/07 alle 02:05 via WEB
come scrive Montale:' il tuo mattino e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase. Ma nulla paga il pianto del bambino a cui fugge il pallone tra le case'...
 
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