A Room of One's Own
This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!
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Post n°273 pubblicato il 08 Dicembre 2007 da lilith_0404
Così cantava Montale, sottolineando la fragilità di una condizione che tutti cercano ma che difficilmente si lascia raggiungere. Già la stessa definizione risulta difficile. Se mi chiedono ‘sei felice’ io rispondo ‘sono serena’, anche per l’incapacità di mettere a fuoco in cosa far consistere per me oggi come oggi la felicità . Ci pensavo leggendo un articolo nei giorni scorsi, in cui si affermava che la felicità viene dall’accettare i propri limiti, riconoscendo che non si può essere perfetti. Sembra infatti che i perfezionisti abbiano una elevata probabilità di accumulare frustrazioni che inevitabilmente li faranno sentire molto infelici. Chiaramente cercare l’eccellenza non è un disvalore in sé stesso, anzi in alcuni campi è addirittura una presupposto necessario: nel lavoro, tanto per dirne una, chi si affiderebbe ad un medico che non cercasse di dare il meglio nella propria professione? È quindi una questione di misura, un saper distinguere quando e dove conviene essere rigorosi e dove invece è bene saper essere indulgenti. Un equilibrio che non è così facile da ottenere, tanto che si sta cominciando a pensare di istituire dei corsi ad hoc, per insegnare questa tecnica nelle scuole. Al Wellington College di Crowthorne , in Inghilterra, sono convinti che questa sia la via da percorrere e le lezioni di 'felicità' saranno complementari a quelle di religione per insegnare ai ragazzi i segreti dello ‘star bene con se stessi e con gli altri.’, mentre istituzioni prestigiose del calibro della Harvard University istituiscono corsi di Psicologia Positiva, dove vengono insegnate teorie e tecniche del ‘well- being’’. La felicità, dunque, dopo essere stata indagata da filosofi e poeti, viene ora affidata alle cure degli psicologi, che lungi dall’incoraggiare sentimenti di esaltazione emotiva, con i quali fino ad oggi avevo romanticamente identificato la felicità, fanno della felicità una questione di autostima, empatia, creatività e ottimismo. Ma perché, più la guardo, più questa felicità mi sembra che somigli alla ‘serenità’ ?
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il confine tra serenità e felicità è lo spazio dell'illusione. Da tempo coltivo lemie oasi di serenità: sono quelle che mi fanno stare bene.
Ovviamente sono perfettamente d'accordo con te che chi assume un atteggiamento introspettivo è perchè vive uno stato di disagio o di malessere interiore verso se stesso o verso il mondo. Al masochismo psicologico credo poco, ehehe. Ciò che però intendevo dire è che non sempre l'introspezione o l'eccesso di introspezione pagano. Mi riferisco a me stessa e alle mie esperienze; anche a me è capitato di attraversare (e sicuramente mi capiterà ancora) periodi di para totale in cui mi sentivo assolutamente inadegata in tutto ciò che facevo; periodi in cui non riuscivo a capire chi ero veramente, periodi in cui non mi piacevo ed ero assolutamente insoddisfatta di me stessa e della mia vita. Ovviamente in queste circostanze si comincia a scavare dentro e a mestare e rimestare. Per quanto mi riguarda, quasi sempre sono stati dei circoli viziosi che non mi hanno portata da nessuna parte se non a stare ancora peggio: più frugavo dentro me stessa e più andavo in para. Ho cominciato a tirarmi fuori dalla melma solo nel momento in cui ho iniziato a fare, invece che pensare; una cosa qualsiasi, anche piccola e insignificante, ma che mi appagasse, e così, cominciando a distrarmi da quella troppa introspezione, ho a poco a poco recuperato la serenità. Poi non so dirti se quel mio iniziare a fare fosse comunque un risultato conseguito attraverso l'autoanalisi, ma di fatto è sempre stato così. Purtroppo per carattere io sono una che pensa troppo: spazio dal senso della vita ai massimi sistemi e solo una congiuntura astrale positiva ha impedito che io mi iscrivessi a filosofia. Comunque, l'unica terapia che ho trovato per mantenermi serena ed equilibrata è non darmi il tempo di pensare. Forse è un pò pragmatico e rude come sistema, ma su di me funziona. Ciao elio, mandi. :o))
Congiuntura astrale? Un fortune cookie a fagiolo (anche per il segno zodiacale):
Io non credo negli oroscopi. Sono acquario, e quelli del mio segno non credono a queste cose.
Mandi Vega
p.s. io cancro. che si fa?
battute a parte, non so se sia possibile 'insegnare' la felicità, nè se l'introspezione sia necessaria, o solo utile, o del tutto inefficace: sono molto possibilista, nel senso che ritengo che ciascuno debba un o' trovare la propria soluzione, quella che si adatta meglio alla propria indole e la proprio carattere. Da ragazzina ricordo che ero abbonata a Selezione del Reader's digest, e mi appassionavo molto agli articoli che spesso venivano pubblicati in cui si spiegavano in modo molto divulgativo ed elementare le teorie psicologiche per star bene ed essere felici. Poi sono stata una adolescente ( e anche un pezzo dopo che l'adolescenza era finita) molto introversa, molto orientata all'introspezione e all'autoanalisi, e direi fondamentalmente infelice. Non saprei dire se questo analizzarmi sia servito a rendermi migliore, oppure no. Forse mi ha dato solo consapevolezza di alcune cose, di alcuni aspetti di me stessa, ma non so se mi abbia anche aiutato ad accettarli, o addirittura a superarli... ma al tempo stesso ritengo che non sia dipeso da me essere in quel modo: lo ero e basta, non é stata una scelta, ma un dato di fatto...