Astral Night Reverie
Stargazers ride through virgin oceans...
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C'è da dire che ll rapporto che Richard Glance aveva instaurato con il White Chair era, quantomeno, curioso. Non si poteva dire che fosse stato mai un grosso frequentatore di pub, men che meno di un posto malfamato come quello. Non sopportava nemmeno le risate fragorose che qualche pinta di troppo suscitava negli avventori. Ma per qualche strana alchimia, a Richard Glance piaceva quel pub. Aveva imparato pian piano ad adattarsi a quell'atmosfera ovattata, distante da ciò che avveniva là fuori. Poteva sedersi su uno degli sgangherati ed umidicci sgabelli rivestiti da cuscini verdi scozzesi, con in mano la sua Magners ed osservare. Osservava una parte del mondo, un'estratto sociologico, un campione variegato della razza umana. Osservava come scorreva veloce o lento il tempo per le persone, come alcune di esse invecchiavano nel giro di una settimana ed altre rimanevano immutabili per anni. Osservando lo scorrere delle ore Richard Glance aveva iniziato a ricredersi. Aveva sempre pensato che era la vita ciò che cercava. Ma, pian piano si accorse che doveva correggere il tiro: doveva essere la morte, o meglio, la sua consapevolezza ciò che tanto agognava. La purezza, la sincerità della morte: ecco cos'era. Così, quando Andrea Leitner varcò la soglia del White Chair, vestita di nero, avvolta in un abito lungo e tetro pensò "l'ho trovata, eccola finalmente". Richard Glance avvertì che l'altra cosa, l'evento che già era accaduto nel futuro e che si temeva nel presente, si stava manifestando, aumentava il proprio perimetro, liberava nello spazio i suoi rami ciclopici. Ed un senso di pace lo attraversò. Andrea Leitner da par suo, era un po' come il primo Richard Glance: non c'entrava molto con i banconi appicicaticci di birra, o con il tabellone delle freccette e la sua cornice di compensato, bucherellata dalla mira dei meno esperti. A dir la verità, anche Andrea Leitner sembrava non aver nulla a che vedere con i flipper, con i neri con i rasta che vendevano marjuana o con le nere senza trecce che vendevano sè stesse. No, decisamente: Andrea Leitner era quanto più distante esistesse nella Londra-bene da quello squallido pub. Ma c'era un motivo per cui era lì. Quando attraversò il corridoio centrale come se fosse una passerella parigina, Andrea Leitner provocò un fenomeno che non si registrava dal giorno dell'ultima sconfitta dell'Inghilterra ai mondiali. Silenzio assoluto. I neri con i rasta smisero di tirare sul prezzo dell'erba, le nere con i capelli sciolti arrestarono l'adescamente dei clienti, i clienti delle nere (o, semplicemente, del pub e basta) diedero un sorso lungo e profondo ai loro boccali. Era entrata Andrea Leitner ed il loro piccolo mondo di colpo si era arrestato, aveva bloccato il suo moto di rotazione a due velocità. Lento per alcuni, rapidissimo come il convoglio di un metrò per altri. Geoffrey, il vecchio proprietario del pub, con il suo inseparabile grembiule bianco - invero più adatto ad una macelleria che ad un pub - proseguì a lucidare un bicchiere, senza scrollare per un secondo gli occhi dalla ragazza e dal suo cappello nero a falda larga che le oscurava gli occhi ma non le forme. Erano ben visibili i fianchi dal vestito attillato, arcuati come la sagoma di un violino. Ed erano ben in evidenza dalla scollatura anche i seni altezzosi e fieri. Geoffrey prese a muovere a destra ed a sinistra i suo lunghi baffi bianchi, come uno scoiattolo che tenta di aprire una ghianda. I passi di Andrea Leitner, i suoi passi ed i suoi tacchi crearono un nuovo spazio concavo, una pista ampia abbastanza da contenere la sua figura notevole. Giunta al cospetto di Geoffrey, in un moto di tardivo ossequio, si tolse il largo cappello e gli occhiali scuri, liberando i capelli biondi e regalando alla vista dell'attempato barista due luccicanti gemme verdi. Sfilò il lungo guanto dalla mano destra ed accostò con fare aristocratico le labbra all'orecchio del povero Geoffrey, sussurrando qualcosa. La chioma canuta si scosse dubbiosa.
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