Ave Socii
E’ un momento difficile per tutti noi italiani. Un momento nel quale tutti noi siamo costretti a restare il più possibile chiusi in casa, per evitare il diffondersi del coronavirus. Eppure, anche in momenti del genere, c’è chi non perde occasione per finire sotto i riflettori e accendere polemiche.
Ne è prova uno dei provvedimenti contenuti nel decreto cosiddetto “Cura Italia”: lo svuotacarceri. In pratica, far uscire di prigione i detenuti giunti quasi a fine pena. Far loro scontare la pena residua presso il proprio domicilio, onde evitare il sovraffollamento carcerario e, dunque, la possibilità di creare assembramenti.
Adottare un simile provvedimento è, secondo noi, riprovevole. Essenzialmente per due motivi. Primo. Con lo svuotacarceri viene meno il concetto di “certezza della pena” troppe volte evocato e, purtroppo, quasi sempre calpestato. Secondo. Mentre gli italiani onesti sono costretti a chiudersi, lo Stato apre ai carcerati. Il controsenso è più che evidente.
Per noi, invece, rimanere in carcere è forse una mossa vincente contro possibili contagi dall’esterno. Che una cella sia affollata è anche possibile. Ma una situazione simile, ad esempio, può verificarsi pure per un grande nucleo familiare costretto in una casa da quaranta metri quadrati. Per una simile famiglia non c’è possibilità di rimediare al sovraffollamento domestico. Perlomeno non tramite un improbabile “provvedimento svuotadomicili”. Non è questione di avere pregiudizi nei confronti di chi ha sbagliato. E’ una questione di mera praticità.
C’è un solo modo per evitare che le carceri, pure sovraffollate, non subiscano gli effetti del contagio del virus. Il modo è: evitare flussi di persone dall’esterno, ad eccezione ovviamente di quelli obbligati all’ingresso. Ciò significa, sostanzialmente, evitare le visite dei parenti dei carcerati. E forse è questo che ad alcuni carcerati non è andato giù, qualche giorno fa, quando in molte carceri d’Italia si sono verificati disordini ed evasioni.
Secondo noi, quei tafferugli si sarebbero potuti evitare prospettando sin dall’inizio la possibilità, per i carcerati, di usufruire di maggiori telefonate ai parenti. Questa sarebbe stata la cosa più giusta da fare. I carcerati sicuramente lo avrebbero capito, esattamente come tutti noi che stiamo fuori dal carcere. Perché un’emergenza del genere non può non unire tutti quanti, anche se distanti.
Certo, le teste calde si trovano ovunque. In carcere ma anche fuori. E il sospetto è che sia stato proprio qualcuno da fuori a fomentare le proteste di qualche giorno fa. Alcuni centri sociali, ad esempio. Coloro, in pratica, che da sempre portano avanti battaglie relative ad argomenti come amnistie o indulti.
In tempi del genere, proporre simili battaglie non può che essere considerato un atto di sciacallaggio. Quella dello svuotacarceri non è che una battaglia politica che i centri sociali portano avanti in maniera viscida. Affermano, a loro giustificazione, che la società ha pregiudizi verso i carcerati. In realtà, forse, sono invece certi soggetti ad aver pregiudizi ben più forti nei confronti delle Forze dell’Ordine e del resto della società. E vedere un governo che viene incontro a simili richieste, è un’immagine pericolosa per chi ancora crede nei valori della democrazia, dell’uguaglianza e della giustizia.
Vostro affezionatissimo PennaNera