Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

Messaggi di Gennaio 2007

Incidenti e disappunti

Post n°178 pubblicato il 30 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagineLeggevo nel blog di Vega Lyrae del suo dispiacere per la sua bella macchina nuova ammaccata solo a distanza di   pochi giorni dall’acquisto, e immediato ritorna alla memoria un episodio simile che é successo a me qualche anno fa.

Vega racconta che il contachilometri della sua macchina segnava solo 42 km quando é successo il fatto, quello della mia mia terza panda credo che ne segnasse ancora meno quando venne centrata.

Ero andata agli uffici dell'ACI per fare il primo bollo, dopo averla acquistata, e facendo manovra per parcheggiarla, io non ho visto un'altra macchina che usciva da una stradina privata, e l'autista dell'altra macchina non ha visto me.

Scesi dalla macchina convinta che fosse colpa mia e con l’intenzione di profondermi in scuse e accollarmi la responsabilità dell’accaduto, perché ammetto che andai in retromarcia senza guardare indietro.

Senonché  il proprietario dell'altra macchina, senza neppure lasciarmi il tempo di parlare, osservando l'ammaccatura che c'era sulla mia ha cominciato a dire che era una botta vecchia e che stavo cercando di addossargli una colpa di qualcun altro.

Inutile fargli notare che la macchina era nuovissima, e che sulla carrozzeria c’erano ancora i frammenti del vetro del suo fanalino che nell’urto si era rotto. E’ stato irremovibile. Continuava ad accusarmi di volerlo fare fesso, e si é anche rifiutato di firmare la constatazione amichevole

Il danno in effetti era modesto, una bottarella da niente alla mia macchina, e un fanalino rotto all’altra. Avremmo potuto mettere facilmente la cosa  in pane e acqua, invece di fronte alla irriducibile ottusità del mio interlocutore ho fatto la denuncia all'assicurazione e ho incassato il risarcimento.

 La botta non l'ho mai fatta aggiustare, a imperitura memoria della stupidità di alcune persone.

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La memoria

Post n°177 pubblicato il 28 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagineOggi a tavola, con me e mia madre c’era anche mia sorella. Si parla, come sempre, del più e del meno e il discorso scivola su fatti di tanti anni fa. Fatti che io ho vissuto con profondo disagio nel corso dell’adolescenza, e che solo il tempo passato, sfumandoli e stemperandoli ha  reso  ormai innocui.

Ne parlo, con tono leggero, e vedo lo stupore dipingersi sul volto di mia madre. Non solo non  ricorda nulla, nega decisamente che si siano verificati e perfino che siano stati possibili.

Non insisto, non avrebbe alcun senso, a questo punto, continuare a parlarne. E mi viene da pensare che la memoria è selettiva, e sceglie cosa vuole ricordare e cosa no.

Mi chiedo quali siano i criteri che  determinano ciò che deve essere conservato e ciò che deve essere rimosso e la riflessione si allarga, il pensiero va ai fatti che si sono commemorati proprio ieri, e mi torna in mente quello che ho letto nei commenti del post 1265 di SandaliAlSole .

Mi accorgo che a livello individuale, non meno che a livello collettivo, ciò che ci mette in cattiva luce, che ci  procura una cattiva coscienza, o che semplicemente ci risulta ‘scomodo’ viene più volentieri scartato, mentre ciò che ci ha fatto soffrire rimane più a lungo impresso nel ricordo. I meccanismi sono gli stessi credo, sia che si tratti di memoria individuale che di memoria collettiva. Ma il dolore collettivo ci mette più tempo ad essere riassorbito.

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Perché un blog?

Post n°176 pubblicato il 25 Gennaio 2007 da lilith_0404

immagineMe lo sto chiedendo da qualche tempo.

Per la verità, me l’ero posta anche all’inizio, prima di cominciare, la domanda ‘perché un blog ?’, e una risposta me l’ero pure data. E un blog, questo, l’ho pure aperto, sulla base di quella risposta.

Però ora son passati quasi due anni, son successe cose e son cambiate situazioni. Io, senz’altro, sono cambiata in questo tempo, più di quanto pensassi che fosse ancora possibile, alla mia età. Per questo forse, da qualche tempo, la domanda ha ricominciato a proporsi. E succede che girando nei blog mi imbatta in altri che alla stessa domanda una risposta l’han già trovata.

C’é quella di Ossimora, per esempio, che scrive: ‘[il blog é ]un’ occasione per scremare in mezzo a tante notizie della cronaca politica quelle che maggiormente investono i pensieri e le giornate .Si scremano priorità.Si sedimentano le riflessioni.Si lasciano post it . Pizzini.’

Liberante, invece, ne ha una visione tutta diversa, e scrive ‘E poi è, soprattutto e prima di tutto, il posto dove metto quello che scrivo. Non tutto quello che scrivo, ma un po’ delle cose che scrivo. [omissis] Una vetrina per la mia vanità. Mi piace essere letta.’.

Qualcuno, come Scalzasempre lo vede come un momento di intimità con se stessa , e lo definisce ‘il mio angolo di parole’, mentre altri arrivano alla definizione per sottrazione, come Archetypon che alla domanda cosa é un blog, risponde : ‘Per quello che mi riguarda, so cosa non è questo blog.’

Leggo, e penso che le risposte alla domanda ‘perché un blog’ implicano mettere a fuoco ciò che dal blog ci si aspetta di avere, e quindi cosa si farà del blog: un laboratorio di scrittura, o un diario intimo, una tribuna per le proprie idee, o semplicemente un angolo dove prendersi un momento di pausa per ascoltare i propri pensieri.

Anche chi come Pelino 55 afferma di non farsi tante domande, e liquida il discorso dicendo: ‘cosa vuoi che ne sappia di queste cose. Scrivo e basta. Leggo e basta. A volte mi diverto, spesso m'incazzo, talvolta mi annoio. Conosco gente…’ implicitamente una risposta se l’è data, e credo che sia proprio in quel ‘conosco gente’, l’àncora che lo tiene ormeggiato qui.

Un po’ la stessa cosa che afferma anche Luca de Biase, quando scrive ‘…in genere [ si scrive un blog ] per lo stesso motivo per cui si discute con gli amici al bar, si leggono libri che non servono al lavoro, si frequenta un circolo per il gusto di incontrare persone interessanti. Cioè per il bisogno di vivere relazioni umane.’

Questa è anche la risposta che mi sono data io per diverso tempo. Qualcosa del genere ho avuto occasione di scriverlo più volte, e da ultimo in risposta al commento di Sblog nel mio post 166.

Ma da un po’ anche questa risposta non mi basta più, e la domanda continua a ripresentarsi, con sempre maggiore insistenza: perché un blog?


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La masseria delle allodole

Post n°175 pubblicato il 21 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagineLa masseria delle allodole, é un romanzo di Antonia Arslan.

Il titolo mi aveva attratto subito, ma poi me l’ero segnato e lasciato lì, in attesa di essere dello spirito giusto per affrontare quella storia.

C'é voluto un po' perché mi decidessi a prenderlo in mano, perché certe storie, per quanto ben scritte e ben raccontate, sono come un pugno nello stomaco, e preferiresti non saperle, per non doverci pensare.

Poi capita di aprire il giornale, una mattina come le altre, e leggi che in Turchia è stato ucciso un giornalista,  Hrant Dink.  

Leggi che era stato processato due volte, per offese all’identità Turca, per aver ‘denunciato’ il genocidio degli Armeni, e la storia letta torna alla memoria: un milione e mezzo di persone, massacrate, deportate e lasciate morire di stenti, nella Turchia di novant’anni fa.

Una storia che qualcuno vorrebbe cancellare uccidendo chi ne parla.

Una storia che qualcuno vorrebbe riscrivere, come in quel libro di Orwell, 1984, dove il protagonista corregge i libri di storia togliendo le notizie che non si accordano con la versione che fa comodo al presente.

La stessa cosa che vorrebbe fare il piccolo presidente iraniano con la Shoa. La stessa cosa che probabilmente vorrà fare domani il governo del Sudan con quello che sta accadendo, proprio ora, mentre io scrivo, nel Darfur.

Perché è questa la cosa che sconvolge: che per quanto continuamente rimossa, o forse proprio per questo motivo, questa storia continui, inesorabilmente, a ripetersi.

Di volta in volta, sono gli Armeni, gli Ebrei, poi la Cambogia, poi la Bosnia, poi il Ruanda, ora il Darfur.

Lo spettacolo che si continua a replicare è sempre lo stesso, cambia il palcoscenico, cambiano gli attori, ma la storia che va in scena è sempre la stessa ed il titolo è GENOCIDIO.

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Università tecnologica (2)

Post n°174 pubblicato il 19 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagineTu che hai conosciuto i monitor a cristalli verdi e i dischetti da 5 pollici e ¼ non sai solo cliccare, mi scrive Reduced-noise  nei commenti al post 171. Ma avrebbe dovuto vedermi la mattina che arrivando come al solito in università il giorno prima di un esame per fare l’iscrizione non trovai né tavolo, né fogli, ma un paio di terminali in un angolo.

Coi computer ci lavoravo da anni, è vero, ma di fronte alla procedura di iscrizione feci una magra figura che ancora me la ricordo, bloccando la fila per un buon quarto d’ora: arrivato ad un certo punto, il programma ritornava all’inizio senza registrare nulla.

Cominciavo a pensare che non sarei mai riuscita a superare quell’esame, per impossibilità di iscrivermi, quando un ragazzo dietro di me, non so se mosso a compassione o solo per impazienza, mi suggerì di premere F5 per confermare.

Superato il primo impatto, la nuova modalità si fece apprezzare per l’indubbio vantaggio che l’iscrizione poteva avvenire con largo anticipo sulla data stabilita per l’esame, evitandomi di dover andare in università nei giorni immediatamente precedenti.

Ma la vera rivoluzione copernicana ci fu con l’avvento di internet. Quando, dopo un periodo di assenza piuttosto lungo mi decisi a rimettermi in corsa per terminare i pochi esami che mi mancavano e laurearmi, il modo di operare era stato completamente stravolto.

Dall’ufficio potevo non solo visionare il calendario degli esami, e procedere all’iscrizione, ma consultare tutti i programmi dei corsi, gli orari di ricevimento dei docenti e le eventuali indisponibilità, e anche i voti ottenuti negli esami scritti, tutto in tempo reale.

Tutto talmente facile che l’unico rammarico è stato che di esami da fare me ne restassero ormai solo tre.

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Università tecnologica (1)

Post n°173 pubblicato il 18 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagineChe gli studenti di oggi abbiano vita più facile rispetto a quelli di un tempo può essere forse considerato un luogo comune, ma riflettendo sulla mia lunga permanenza nel ruolo di studentessa universitaria non ho potuto evitare di notare come nell’arco di venticinque anni l’adozione di tecnologie informatiche e ancor più l’avvento di internet di cui si ragionava nel post 171 abbia semplificato profondamente anche il modo di interagire tra studenti e università.

Quando nel 1979 mi sono iscritta al corso di laurea, ad esempio, per conoscere un calendario degli esami non c’era altro modo che recarsi fisicamente in università, così come per iscriversi ad un esame .

Quest’ultima operazione avveniva in modo estremamente arcaico: nell’atrio dell’università c’era un grande tavolo con fogli intestati con il titolo dell’esame e chi intendeva sostenerlo non faceva altro che scrivere il proprio nome e numero di matricola sulla lista. I fogli per l’iscrizione venivano messi di solito un paio di giorni prima della data fissata per l’esame e ritirati generalmente la mattina del giorno in cui l’esame doveva tenersi, e fino a quel momento era possibile cancellarsi semplicemente tirando una riga sul nome precedentemente scritto.

Per me che ero ‘pendolare’, e che per arrivare in università dovevo affrontare una specie di odissea, in autobus da casa alla stazione ferroviaria, treno fino a Milano, metropolitana e autobus fino all’università, solo per iscrivermi all’esame impiegavo una mattina, tra andata e ritorno. I risultati degli esami scritti venivano poi esposti in bacheca, a distanza di qualche tempo, e salvo avere qualche amico compiacente che li potesse guardare per me, era un’altra trasferta per prendere nota del voto, ed eventualmente per registrarlo.

(...continua)


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Docenti e discenti

Post n°172 pubblicato il 14 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

Non credo di sbagliare dicendo che la presenza di insegnanti qui tra i blogger sia percentualmente molto elevata. Anche solo scorrendo la lista dei miei link, qui a lato, ne conto non meno di otto o nove su un totale di ventisei, ma è possibile che siano anche di più, perché di alcuni non conosco affatto la professione.

Non desta meraviglia quindi che l’argomento proposto da Thanksgodisfriday nel suo post n.346 e ripreso da Upmarine nel suo n.33 abbia suscitato tanto interesse. Upmarine mi sollecita ad unirmi agli altri commentatori nel suo blog, ma temo che la mia esperienza sia poco significativa. Non sono (ahimè) una insegnante e non avendo figli non mi sono neppure trovata a vivere la scuola nel ruolo di genitore di studenti.

Il mio rapporto con la scuola è stato sempre solo come studente, e anche quel ruolo l’ho vissuto in modo affatto singolare. Poiché la scuola non è mai stata un dovere, per me, come per la maggior parte degli studenti, ma una conquista. Non erano i miei genitori a ‘mandarmi’ a scuola, con loro anzi ho dovuto continuamente rinegoziare la possibilità continuare ad andarci.

Anche il rapporto con l’università è stato del tutto particolare: mi sono iscritta appena finito il liceo, ma solo due anni fa ho conseguito la laurea. Ho studiato per hobby, per il gusto di farlo, a tempo perso, e con lunghi intervalli durante i quali sospendevo lo studio, avendo altro da fare.

Anche se sono stata iscritta a una delle università più rinomate, ho usufruito quasi per niente dei servizi del corpo docente: solo nel momento degli esami, ai quali mi presentavo solo come un passaggio obbligato per andare oltre e dedicarmi ad un altro esame: troppo poco per poter esprimere una valutazione sui docenti che mi interrogavano. Pertanto non sono in grado di dire se la scuola di oggi sia migliore o peggiore di quella di ieri, se gli insegnanti siano più preparati e competenti, se le famiglie siano più presenti o più assenti. 

Quello che io vedo è che spesso ai ragazzi la scuola interessa poco, e finiscono per viverla come un obbligo a cui non si possono sottrarre. Ma se il difetto sia della scuola, o della famiglia, o di entrambe,non saprei dire. 

Certo è che ciò che ci viene dato gratuitamente, come appunto la scuola per i ragazzi di oggi, lo riceviamo spesso come ‘dovuto’ e finisce col non essere apprezzato nel suo giusto valore.

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Informatiche evoluzioni (3)

Post n°171 pubblicato il 08 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagineMan mano che in ufficio diventavano obsoleti, i computer che venivano accantonati li ho riciclati a casa.  Quando ho portata a casa l’ultimo, mio fratello lo ha guardato vagamente schifato, e si è offerto di contribuire fifty-fifty per comprarne uno nuovo. Considerando che lui lo usa solo sporadicamente, mentre io lo accendo praticamente tutti i giorni, la sua era una offerta generosa, ma l’ho rifiutata, perché, come ho detto più volte mi sembra un crimine buttare nella spazzatura qualcosa che può ancora essere usato, e a casa posso accontentarmi anche di una velocità più modesta, di una minore potenza.

Però purtroppo questo, da qualche tempo mi sta creando qualche problema, perché da quando Libero ha introdotto la possibilità di inserire tante foto, e video, e altri abbellimenti, ci sono alcuni blog che non riesco più a visitare: quello di saradria, ad esempio, e quello di carpediemm56aestralO. Se anche riesco ad entrare nella home page del blog, che per altro si apre con lentezza esasperante nonostante l’adsl, quando cerco di aprire i commenti, il pc si impalla e devo resettare.

E , a costo di sembrare antiquata, mi rallegro leggendo quello che scrive Lupopezzato nel suo post n.57: “ho fatto una scelta grafica per il mio blog e ad essa non rinuncio […] quello del bianco e grigio pallido con le foto che stanno in un angolo ed in piccoli riquadri” .

Non so se sia l’aria di Napoli ad ispirare queste scelte di austerità, visto che anche Occhiodivolpe  in più occasioni ha espresso la sua contrarietà al fatto che nei post gli ornamenti audiovisivi soppiantassero il testo scritto, ma almeno, finché in ufficio non si libererà qualche computer meno antico di quello che sto utilizzando ora, questi  blog potrò continuare a frequentarli senza problemi.

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Informatiche evoluzioni (2)

Post n°170 pubblicato il 07 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagineL’arrivo di internet, sette anni fa, interessò inizialmente il tempo libero. Una finestra sul mondo che mi incantava con la possibilità di trovare tante informazioni, con tanta facilità, testi letterari e biblioteche elettroniche.

Poi ci fu la scoperta dei servizi on line, shopping, banking, poi le chat, poi il blog, e la possibilità di interagire con persone che diversamente sarebbero state del tutto irraggiungibili, per diversità di ambiente sociale e culturale, oltre che geografico.

Nel frattempo, anche in ufficio, l’avvento di internet cambiava il modo di lavorare, i rapporti con i clienti diventano via via più impersonali, gli elaborati vengono consegnati via posta elettronica, con gli Istituti la firma elettronica consente di inoltrare le pratiche senza muoversi dall’ufficio. Funzionalità sempre più elaborate, e la potenza dei computer doveva essere sempre più frequentemente adeguata. 

I 70 mega di memoria che solo pochi anni prima ci erano sembrati una enormità vennero ben presto soppiantati da server con memorie di alcuni giga, ogni volta i vecchi computer venivano accantonati, benché ancora funzionanti, perché la loro memoria non era più adeguata alla pesantezza dei programmi sempre più sofisticati e più complessi.

(continua)

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Informatiche evoluzioni (1)

Post n°169 pubblicato il 06 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagine'Letà é quella giusta', scrive Upmarine nel suo post n.25, aggiungendo il mio nick a quello di altre blogger sufficientemente agée per apprezzare il video musicale inserito nel post. Mentre ascolto la musica rifletto su come il tempo che passa lo misuro anche da come é cambiato il mondo dei computer e dell'informatica applicata non solo al mondo del lavoro ma anche del tempo libero.

Quando cominciai a lavorare, ormai sono passati venticinque anni, nell’ufficio in cui mi impiegai si utilizzavano dei commodore 64 :funzionavano con floppy disk, che alternativamente venivano inseriti nella apposita fessura: prima quello del programma, poi quello degli archivi.

Era un continuo metti e togli dischetti, che ovviamente in questo modo si usuravano rapidamente, e nonostante le copie di salvataggio che si facevano, non era così insolito che un dischetto risultasse danneggiato e non più leggibile, e la copia pure.

Non passarono molti anni che passammo all’olivetti: un bel progresso, ci sembrava, non fosse altro che perché avendo un hard disk, sembrava molto più affidabile. Però di fatto sull’hard disk trovava posto solo il programma, gli archivi continuavano a viaggiare su floppy, anche se quelli piccoli sembravano, a me profana dei misteri informatici, molto più ‘robusti’ e quindi più affidabili di quelli grandi usati in precedenza.

Un giorno, un programmatore, osservando con occhio critico la macchina che secondo il mio punto di vista usavo solo da poco tempo, la giudicò senza tanti complimenti ‘obsoleta’, e ci disse, spassionatamente: ‘a voi, con il vostro lavoro, servirebbe almeno una macchina da 70 mega…’ . A me avrebbe potuto dire che dovevo viaggiare con una macchina dalle ruote quadrate, e avrei capito tanto quanto, ma chi in ufficio si occupava di computer e programmi, esclamò che sicuramente l’amico programmatore aveva un concetto eccessivo della nostra mole di lavoro.

Poi arrivarono i computer collegati in rete, e poi arrivò internet.

(continua)

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Capodanno

Post n°168 pubblicato il 01 Gennaio 2007 da lilith_0404
 

immagineSe la fine dell’anno induce a bilanci e a consuntivi, a verifiche di ciò che è stato raggiunto, e a valutazioni per quanto invece rimane ancora da fare, l’anno nuovo conduce,  al contrario, a scrutare le prospettive che si presentano e a dedurne le mete da prefiggersi.

Hermann Hesse dice che ‘Ogni inizio contiene una magia, che ci protegge, e a vivere ci aiuta.’ E la Radetzky March che chiude il concerto di capodanno sprona ad affrontare il nuovo inizio con passo baldanzoso, ma nessuno si illude che le difficoltà mancheranno. Ed allora, ecco il mio augurio a tutti coloro che passando mi hanno lasciato in questi giorni un pensiero:

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole e in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.

(k.kavafis)

 A tutti, Buon Anno.immagine

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