Creato da atapo il 15/09/2007
Once I was a teacher
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MAHATMA GANDHI
"Vorrei che tutte le culture del mondo
potessero circolare liberamente intorno alla mia casa.
"Ma rifiuto che una sola di queste possa travolgere la mia esistenza."
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VIAGGIO DI RITORNO 2
Qualche rara volta ho viaggiato da sola, senza marito.
Beh, la maggior parte di quei viaggi non potrei proprio definirli “da sola”, perchè alludo alle settimane scambio in Francia che feci con le classi per ben sette volte, negli anni in cui insegnavo il francese. Non c'era il marito, in cambio mi “facevano compagnia” dai due ai quattro colleghi e dai 20 ai 40 ragazzini di 10-11 anni...
Diciamo che ero da sola per quanto riguarda l'organizzazione bagagli...che comprendevano sempre, oltre agli effetti personali, una buona mole di materiale professionale: i progetti di lavoro, la documentazione corposa soprattutto se erano progetti europei, gli omaggi “ufficiali” per la scuola e il Comune ospitante...Già nell'andata come bagagli eravamo al limite della capienza, ma speranzosi di mollarne una parte ai nostri partners...
Invece, trattandosi di SCAMBIO, era SCAMBIO anche in questo aspetto e la situazione diventava drammatica al momento di chiudere le valigie. Ma perchè tutti facevano a gara a chi ci donava per la scuola pesantissime targhe dorate riposte in scatole imbottite, volumi superbrossurati delle meraviglie locali, confezioni di prodotti alimentari (formaggi olezzanti, fragilissime bottiglie, questi ultimi per noi personalmente, graditi...ma...) ? Questo destino toccava anche agli alunni, che durante quella settimana avevano accumulato materiali turistici, schede di lavori svolti con i corrispondenti, i souvenirs personali che volevano riportare a casa e che noi insegnanti controllavamo scrupolosamente prima di autorizzare l'acquisto, altrimenti avrebbero tentato di importare la torre Eiffel intera.
Ma quello su cui non avevamo alcun controllo e che spesso faceva precipitare la situazione erano I DONI DEI CORRISPONDENTI !!! Le amicizie e gli amori che si erano consolidati in quei giorni si concretizzavano (ahinoi insegnanti!) in enormi pacchi di libri e giocattoli, spesso anche in regali per tutto il resto della famiglia italiana (perchè in quelle iniziative bellissime le famiglie alla fine erano coinvolte con entusiasmo enorme)
Lascio immaginare l'operazione dell'ultima mattina di soggiorno: impacchettamento e chiusura valigie (nostre e dei fanciullini!) E i trasbordi da un treno all'altro! Ricordo in particolare un drammatico passaggio a Basilea sotto la pioggia, dalla stazione francese a quella tedesca: forse un centinaio di metri, ma SOFFERTO, sembravamo una colonna di profughi in fuga che si trascinavano di tutto, per fortuna eravamo molto allegri! Meno allegro si mostrò l'ufficiale alla dogana che ci fermò guardandoci con occhio truce e bofonchiando in tedesco, forse diceva “I soliti Italiani!” Divenne gentile e ci fece passare impunemente solo quando un collega riuscì a spiegargli qualcosa con quelle quattro parole in tedesco che si ricordava dalla scuola superiore.
Decisamente con le dogane svizzere non ho molta fortuna!
Da sola proprio sola un' estate andai a Parigi, dove già si trovava un'amica che frequentava un corso di lingua. Lei studiava, io aspettavo che finisse le ore di lezione facendo la turista e cercando materiali per le mie classi. Trovai parecchio, avevo gli indirizzi giusti: pochi acquisti, molti libri e riviste in omaggio: quando dicevo che insegnavo il francese ai bambini italiani tutti i rappresentanti erano commossi e...generosi!
Conclusione: una valigia STRARIPANTE e soprattutto PESANTISSIMA il giorno del ritorno! L'amica tornava in aereo, io in treno alcune ore dopo.
Abitavamo al piano più alto di una tipica vecchia casa parigina, sotto i tetti, molto panoramico e romantico, ma poco pratico soprattutto senza ascensore: per portare giù la valigia si offrì galantemente il compagno della padrona di casa, ma arrivato al marciapiede, disse salutandomi che non avrebbe più portato la valigia di un'insegnante!
Da Montmartre dovevo arrivare alla Gare de Lyon: conscia della difficoltà avevo calcolato con larghezza il tempo necessario, la parte più lenta e dura era il salire e scendere per le scale delle linee del Metro.
E qui avvenne quasi un miracolo: quasi ad ogni scala trovavo un “baldo giovane”, di diverse etnie e caratteristiche, da quello impomatato al quasi barbone, che si offriva di portarmi la valigia in cima o in fondo a quella scalinata che stavo affrontando lentamente. E io: “Oh, oui Monsieur! Merci beaucoup...” Nemmeno loro andavano troppo veloci con quel peso...
Tornata in Italia, quando raccontavo queste gentilezze (e chi dice che i Parigini non sono gentili...), più di uno mi ha chiesto: “Ma non avevi paura che scappassero rubandoti la valigia?”
“No, assolutamente! Era così pesante che non avrebbero affatto potuto scattare e sparire di corsa con quella valigia! Li avrei acciuffati subito.”
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