Creato da black_rose_and_moon il 21/07/2011

Astral Night Reverie

Stargazers ride through virgin oceans...

 

Messaggi di Aprile 2014

Francesca

Post n°59 pubblicato il 28 Aprile 2014 da oltre_ogni_suono
 

Quando, finalmente, nacque Francesca, i nostri genitori vollero che la vedessi prima di tutti gli altri parenti e amici; appena la vidi, inclinai il capo e chiesi il suo nome. Nei giorni successivi chiesi perché non parlava/camminava/mangiava/ecc... come me. Fu forse così che le trasmisi la mia curiosità per ogni minima cosa.

Quando divenne padrona della lingua, cominciò a indicare con un ditino tremolante ciò che voleva conoscere, poi mi guardava negli occhi e diceva "Ale, perché?" o "Ale, come si chiama?", inclinando la testa in attesa della mia risposta.
Era sempre stata una bambina taciturna, timida, ma buona e graziosa, con due occhioni curiosi che guardavano avidi il mondo. Nella sua testa risuonavano tanti "Perchè?" che aveva timore di chiedere. Mi dava la possibilità di mascherarmi da piccolo maestro.
A quell'epoca ero un bambinetto che non vedeva l'ora di crescere e ribellarsi al mondo, però, nella tranquillità della mia casa, con la mia famiglia e con quel piccolo cucciolo, ero mansueto. Mi avevano insegnato a volerle bene e a proteggerla: la capivo e lei capiva me, avevamo in comune quella fame di sapere tutto delle cose che ci circondano.

Crebbe e, ovviamente, io con lei.

Mentre Francesca aveva appena cominciato le scuole medie, io ero nel pieno delle superiori. Lei si scontrava ogni giorno con ragazzini ancora bambini dispettosi ma che volevano fare i grandi; io con ragazzi spocchiosi e ribelli che si credevano già grandi. Mondi lontani ma molto simili in cui ci sentivamo estranei, eravamo chiusi nei nostri gusci con tutto il mondo contro, per poi cambiare una volta a casa, lì solo eravamo farfalle allegre, io e lei complici in tutto, dagli scherzi per papà ai piccoli pensieri affettuosi per la mamma. Ma la soffitta era il nostro mondo privato in cui raccontarci la giornata, piangere dei dispiaceri, consolarci e fantasticare di un mondo perfetto in cui poter vivere tranquilli senza cattiveria e ipocrisia a circondarci.

La sua adolescenza fu difficile, lei era tanto diversa da quelle ragazzine truccate e poco vestite e dai quei maschiacci volgari che la prendevano in giro perché mancava di forme e malizia. Quando, in quella soffitta, si affacciavano le lacrime ai suoi occhi, la stringevo a me dicendole che era diversa perché speciale e non vuota come tutti gli altri. Le dicevo di tenere duro, di fregarsene delle chiacchiere e di proseguire per la sua strada perché, presto, quel brutto incubo sarebbe finito. Trovò una compagna di viaggio, un'altra ragazzina diversa dalla massa che la sorreggeva nelle ore a scuola e che era diventata la sua migliore amica.

Alle superiori, dunque, si fece le ossa e, lentamente, venne il giorno del diploma: dopo aver visto i quadri con gli esisti dell'esame di Stato venne di corsa da me in ufficio, mi abbracciò forte e mi disse che aveva preso il massimo dei voti. La sera stessa festeggiammo a casa, i nostri genitori erano tanto orgogliosi di lei. Loro si aspettavano questo magnifico risultato e già avevano prenotato un regalo per lei: due biglietti e un intero viaggio per Londra. Poteva liberamente portare con se la sua amica del cuore, ma volle me al suo fianco, ne fui tanto felice.

 
 
 

Alessandro

Post n°58 pubblicato il 23 Aprile 2014 da oltre_ogni_suono
 

Sono nato in una famiglia disgraziata, una delle tante che fatica ad arrivare a fine mese oppure da due genitori che non mi volevano, forse da una relazione clandestina o da una ragazza madre. Non saprò mai la verità ne mi interessa: mi abbandonarono all'ingresso di un orfanotrofio, senza nemmeno avere il coraggio di bussare alla porta. I miei genitori genetici, per me, semplicemente non esistono.

All'orfanotrofio vivevamo di poco, nella severità; eravamo così tanti che non avevamo mai un pasto e una pulizia decente; senza affetto; ogni stanza era un piccolo tugurio.

Avevo tre anni quando una coppia di angeli custodi mi adottò, dando il via alla mia infanzia idilliaca. Mi avevano desiderato nell'istante stesso in cui avevamo incrociato gli sguardi, perché in quell'attimo tre sorrisi si erano fatti strada in tre cuori straziati: io mi sentivo solo e loro non riuscivano ad avere figli.

Tutti mi viziavano, anche gli amici e i parenti dei miei nuovi genitori mi volevano un gran bene, ma non ero capriccioso.
Ero l'angelo e il principino della casa, mio padre un re possente e generoso e mia madre una dolce regina. Di quei giorni ho pochi ricordi, sprazzi di memoria che vengono alla mente solo se mi concentro e comunque derivanti da emozioni forti. Ma guardando le foto di quei primi anni di vita (perché è stato fuori da quell'orfanotrofio che ho cominciato a vivere davvero), si vede come mi trattassero bene: un biondino paffutello sempre sorridente e impegnato in qualcosa.

Avevo quasi 6 anni quando, un giorno, i miei genitori adottivi mi portarono a mangiare un gelato in riva al mare. Quando ebbi finito, lui mi prese in braccio e lei ci abbracciò, insieme mi dissero che avrei avuto una sorellina, erano tanto felici e lo ero anche io di riflesso.

Mese dopo mese, guardavo con curiosità quella pancia che cresceva, iniziavo a provare quel tipico timore misto alla gelosia che si prova quando sai che un'altra persona verrà a "rubarti" la scena. Ma avevo anche il timore in più che, una volta nata la sorellina, mi avrebbero riportato nell'orfanotrofio dal quale mi avevano strappato. 

Quando ormai tutti dicevano che la sorellina stava per arrivare, mi persi troppo in quei pensieri di timori e mi rifugiai in soffitta, ma dopo qualche ora venne lui, papà, si accomodò sul pavimento al mio fianco e mi attirò tra le sue braccia, io mi ribellai e urlai tra le lacrime che non volevo tornare in "quella casaccia puzzolente piena di persone cattive" in cui avevo atteso che qualche famiglia normale mi adottasse e mi volesse bene. Lui scoppiò in una risata dolce, io cercavo ancora di scappare dal suo abbraccio, lui mi strinse ancora più forte e mi disse proprio così: "Ale, non tornerai in quella casaccia puzzolente e non permetterò mai alle persone cattive di farti del male. La sorellina che verrà ti farà compagnia, giocherai con lei, e noi già la amiamo come amiamo te". Io inclinai il capo, lo guardai con gli occhi lucidi e gli chiesi cosa significasse la parola "amiamo" e lui mi spiegò che "amare significa voler bene a una persona con tutto se stesso, prendersi cura di lei, donarsi a lei" ma avrei capito meglio quando sarei cresciuto. Una piccola formuletta magica che mi calmò all'istante.

Da quel momento, fui decisamente il fratello maggiore perfetto: da un po' di giorni il mio papà stava sistemando la cameretta per mia sorella, mi aveva chiesto più volte aiuto e mi ero sempre rifiutato, ma quel giorno in soffitta fui io a chiedergli se potevo aiutarlo nei preparativi. Forse fu in quel momento che iniziai ad amare Francesca: per la prima volta mi stavo prendendo cura di lei.

 
 
 

The Veil of Grief

Post n°57 pubblicato il 15 Aprile 2014 da black_rose_and_moon
 

Si era appena svegliata, Alessia, anche se non era esattamente la cosa che più desiderava in quel momento.
Un sottile filo di luce filtrava da una stecca rotta della tapparella che le invadeva il viso. Una smorfia accennata. Pian piano infilò entrambe le mani sotto le estremità del cuscino: seguì un gesto lento e solenne come una processione religiosa, con il quale lo rivoltò in modo che la testa vi scomparisse al di sotto.
Mentre protraeva l'apnea ai limiti dell'asfissia, Alessia sentì un respiro lungo provenire dalla sua sinistra. Fu un rumore profondo ed ancestrale, inquietante, come il preistorico sibilo di un rettile assopito.
Il cuscino non la protesse da quel richiamo e,  lentamente, tanti minuscoli fili pendenti iniziarono ad annodarsi nella sua dolorante testa. Le salì su il sapore della tequila e dovette reprimere l'acida nausea che le ricordò i tanti margarita che avevano allietato la notte precedente. 

Sollecitata da quei bagliori di lucidità, si fece forza ed alzò il capo, sorreggendosi con i gomiti ben puntati nel materasso. Gli occhi ridotti a sottili fessure riuscivano a malapena a mettere a fuoco la figura che aveva accanto: un ologramma sfocato, inconsistente come uno spettro in fuga nelle segrete di un castello. Quella figura le apparve d'improvviso maledettamente reale. Una matrice ronzante di punti sul reticolo della sua mente che ora acquistava peso, ossa, carne e muscoli.

Si alzò facendo meno rumore che poteva, Alessia.  Per il momento non voleva preoccuparsi di quella sagoma senza padrone che occupava l'altra metà del suo letto. Aveva troppo bisogno di una pastiglia per il mal di testa. Passò davanti allo specchio del corridoio - tappa obbligata per recarsi in cucina - e quello che si riflesse nei suoi occhi chiari come vetro al sole, fu un fantasma stanco ed invecchiato.
Calò la pastiglia in tre dita d'acqua e lo sfrigolare la inghiottì, la portò indietro a quel giorno. O meglio al giorno prima di quel giorno.

Socchiuse gli occhi ed i fotogrammi di quel pomeriggio scorsero nitidi davanti al buio della sua mente. Si rivide sorridente provare l'abito bianco, mentre sua sorella sistemava i risvolti dello strascico. Poi suonarono alla porta e le facce lunghe che vide portarono via i sogni che si nascondevano nelle pieghe del suo vestito da sposa.

"Ti senti bene?"
Una mano le si posò sulla spalla. Alessia riaprì gli occhi e, nella breve frazione di secondo in cui vide gli ultimi granelli di aspirina sciogliersi, inesorabilmente vinti dalla prepotenza dell'acqua, ripercorse lo stesso viaggio nel tempo che la tormentava ogni sera prima di addormentarsi. L'abito da sposa si era disciolto nel nulla come la pastiglia. Non  più truccata come una star del cinema, ora si sentiva smunta e sciatta, con indosso una maglietta nera "oversize" con il pipistrello di "Batman" sul petto.
"Sisi sto bene"
Desiderava liquidare quella scomoda presenza in fretta ed in modo indolore. Non aveva voglia di ascoltare nessuno in quel momento, men che meno quel semisconosciuto che si era ritrovata nel letto.
"Ti lascio qui il mio numero. Chiamami appena puoi"
"Sisi ti chiamo" sospirò come un automa senza emozioni.

Alessia sospese l'irritazione di quegli attimi su ognuno di quei "sisi", rapidi come lame nel buio. Ogni "sisi" soffiato via era uno spintone che scacciava il malcapitato più vicino all'uscita. Ogni "sisi" che le cadeva dalle labbra era un sassolino che deglutiva per calmare il bruciore che le infiammava lo stomaco.
Ben presto il semisconosciuto capì che non era esattamente ben desiderato dalla padrona di casa. Così la porta si chiuse, risucchiando dietro di se una scia di silenzio.
 
Rimasta finalmente sola, si guardò attorno, nel tentativo di riordinare ulteriormente le idee. Sul lavello della cucina c'era una malinconica bottiglia di vodka, vuota per metà. Ed un bicchiere. Dal rossetto stampato sul bordo dedusse che era il suo. Se ne versò un po' ed avvicinò il naso. L'odore pungente le pizzicò le narici. Strinse gli occhi e si allontanò.

Con il palmo della mano a tapparle il naso, si accasciò sullo sgabello del lungo tavolo all'americana che occupava il centro della cucina. Si tirò su i capelli dal viso e l'occhio cadde su quello che in un primo momento riconobbe come un libro. Era aperto con il dorso della copertina verso l'alto, come se qualcuno lo avesse lasciato a metà di una ipotetica lettura. Mise a fuoco il titolo e lesse: "Ale & Marco".
Altri fili pendenti nella sua memoria, come per incanto, tornarono a legarsi.

Era passato già un anno da quel maledetto giorno.
Alessia stava riguardando l'album delle loro foto, le foto di lei e Marco insieme. Giunta a metà non aveva retto ed era ripiombata nell'ennesima crisi. Aveva iniziato a bere, come ormai le capitava troppo spesso ultimamente. Poi, ubriaca, si era preparata in quattro e quattr'otto ed era uscita per locali. In uno di questi aveva incontrato il tipo con cui era finita a letto. Ecco, era andata così. L'ennesima notte brava, l'ennesimo tentativo di fuga dal passato.

"Di alcool si muore"
Si era detta un giorno Alessia. Se lo era gridato forte nelle orecchie. Voleva svegliarsi da quel torpore, da quel senso di apatia che dipingeva di bianco le sue giornate. Voleva tornare la bella ragazza che era un tempo. Rimettere su i chili che aveva perso, cancellare le occhiaie, stendersi lo stomaco con una bella tisana. Ma non ci riusciva. Era prigioniera del nemico, dei segni sull'asfalto, del lenzuolo che copriva la moto e non solo. Lui stava venendo da lei quel pomeriggio per salutarla prima del gran giorno. Voleva vederla un'ultima volta prima che l'abito da sposa l'avvolgesse. Lei non gli avrebbe aperto. Al suono del campanello avrebbe riso. "Ora non puoi vedermi" gli avrebbe cinguettato.

Non ebbe il tempo di imprimere quella visione sulla carta carbone della realtà. Ci fu ugualmente un rintocco di campanello, ma fu tetro come note d'organo. Facce scure, uomini in divisa. Le mani sfilarono i cappelli dalla testa per rispetto del dolore che, di lì a poco, avrebbe invaso la stanza come un gas verde, denso e mortale.
"Signorina, dobbiamo darle una brutta notizia".
Non finirono di parlare che Alessia scoppiò a piangere.
Seduta al tavolo della cucina, Alessia si trovava di nuovo innanzi alla sua vita rigirata come un guanto, rivoltata come il suo stomaco che implorava pietà. 

Alessia, quella mattina, si ritrovò di nuovo sola con il suo album di foto tra le mani.

E la mezza bottiglia di vodka che le strizzava l'occhio, promettendole l'ennesimo bagno di oblio.

 
 
 

DALLE NOSTRE PENNE....

"Te Quiero"
(fading_of_the_day)

By Chance:
"Meet"
"Princess Tower"
"Broken Love"
"Dangerous Joke"
"Sunset"
(oltre_ogni_suono)

"Beyond Belief"
(fading_of_the_day)

"Sueños Baratos"
(fading_of_the_day)

"Nyota wa Maisha"
(oltre_ogni_suono)

"Angel's Punishment"
(fading_of_the_day)

"Promesse Da Marinaio"
(oltre_ogni_suono)

Magic Desire:
"Blackberries And Flute"
"Start"

"The First Oracle"
"Abyss"
(oltre_ogni_suono)

"The Drowning Age"
(fading_of_the_day)

"The Ghost Woman And The Hunter"
(fading_of_the_day)

Waterlily In The Soul:
"Storm"

"Mosaic Of Life"

(oltre_ogni_suono)

Attracted By Her Laughter:
"Wrong Love"
"Thanks"

(oltre_ogni_suono)

 

DALLE NOSTRE PENNE (III)...

Passion:
"Starting Fires"
(fading_of_the_day)

"Gazza Ladra"
(oltre_ogni_suono)

Passion:
"Celtic Dreams"
(fading_of_the_day)

Tell Me About The Ocean:
"Decision"
"Beginning"
"Fears"
"Ending"
(oltre_ogni_suono)

Passion:
"Tides Of Time"
(fading_of_the_day)

War:
"La Nebbia Purificatrice"
(oltre_ogni_suono)

 

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