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L'occhio del coniglio 17. Anita sentì una mano sulla coscia.

Post n°709 pubblicato il 06 Marzo 2013 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Anita sentì una mano sulla coscia. Poi si sentì scrollare una spalla, ma piano, con dolcezza. Si raggomitolò più stretta, mormorò qualcosa di incomprensibile tirandosi il sacco a pelo sulla testa.
“Prepari?” Carlo era seduto vicino a lei e la scuoteva piano.
“Mmm”
“Dai, svegliati”
“No. Non voglio svegliarmi”
Lui sorrise.
“Stanotte è passata una perturbazione veloce.”
Lei si ficcò nell’angolo più lontano, tutta contro la paratia.
“Tra poco entrerà il maestrale, è questione di minuti.”
Voltò la testa verso di lui, abbassò il sacco a pelo quel tanto che bastava per scoprire gli occhi.
“Se ci sbrighiamo a uscire…”
“Uffa. Ma che ora è?”
“Con lo spi arriviamo a Porto Vecchio in due o tre ore, mezza giornata al massimo”
“Bello. Allora possiamo partire anche più tardi, no? Che fretta c’è?”
Lui chiuse gli occhi e buttò fuori il fiato. Lei allontanò il sacco a pelo.
“Hai paura che ti portino via il vento?”
Frugò nella vaschetta e prese gli occhiali.
“Che mal di testa.”
Lui scese dalla cuccetta e si spostò per lasciarle lo spazio.
“Ho già fatto il caffè.”
Lei lo guardò fisso. Miracolo, pensò.
“Grazie” disse, “faccio pipì e vengo.”
Si mise una maglietta sopra le mutande di un bikini spaiato e uscì così com’era, senza lavarsi la faccia o i denti.
La barca era già tutta a posto. Aveva preparato tutto lui, compreso il sacco dello spi già legato a prua. Uscirono dal porto deserto senza svegliare i bambini. Erano le sei e mezza o poco più, l’aria era fresca e tesa. Mentre si allontanavano dalla costa alzarono la randa poi misero la prua a sud e tirarono su anche lo spi. Il mare era incrociato ma le onde erano basse, il timone automatico ce la faceva senza correggere troppo.
La barca filava veloce lasciando una scia ribollente di schiuma. Carlo si guardava intorno. Ogni tanto stringeva le labbra, si alzava e regolava la scotta. Guardava la vela da sotto, guardava il mare, guardava a prua. Si risedeva sopravento e poi si rialzava per andare a cambiare ancora la regolazione di pochi centimetri. Davanti a loro il sole produceva una striscia brillante sul mare. Ma non scaldava, non ancora.
Anita stava seduta vicino al timone. A testa bassa, lo sguardo perso.
“Se vuoi puoi tornare a letto” disse lui dopo un po’.
Lei alzò gli occhi verso di lui, puoi guardò verso la costa.
“Non dobbiamo strambare?”
“C’è tempo.”
“Ma ci stiamo allontanando. Non doveva essere maestrale?”
“Eh.”
“Vabbè. Chiamami quando devi strambare.” Si passò le dita fra i capelli, stringendosi il codino nel pugno. Gli voltò le spalle e scese la scaletta.
“Hai sentito Elisabetta?” disse lui a bassa voce.
“No. Perché?” si fermò sul terzo gradino e voltò la testa a metà. “Sono a Porto Vecchio?”
Si accarezzò un braccio. C’era una pellicina che sporgeva, la prima abbronzatura già se ne stava andando. Si voltò del tutto e lo guardò. Lui aveva una mano sulla manovella del winch e l’altra sui giri della scotta intorno al verricello, che faceva scorrere poco alla volta.
“Non dovevamo trovarci alla Maddalena?” insistè lei. Con le unghie si raschiava via pezzettini della pelle che si stavano staccando.
“Chiamala. Mettetevi d’accordo.”
“Adesso?” Lo guardò fisso, “non è troppo presto? Non sono neanche le otto, lo sai che dormono.”
“Chiamala dopo.” Lui non le restituì lo sguardo. Lei rimase ancora un momento in attesa, poi si voltò e entrò in cabina.
E comunque non è maestrale, questa è tramontana, pensò. Giulio era seduto al tavolo con il mento appoggiato sulle braccia.
“Vuoi fare colazione?” Aprì lo stipetto della cucina e tirò fuori due pacchi di merendine. Tolse dal frigo i succhi di frutta e il latte. Mise tutto sul tavolo. Giulio prese un simil saccottino al cioccolato, un’imitazione francese e lo liberò dall’involucro protettivo. La plastica fece un balzo avanti sul tavolo, spinta dal vento, e volò giù verso prua. Lui fece una risatina, si ficcò sotto per raccoglierla e la rimise dove era prima, per vederla cadere di nuovo.
I due gatti erano vicino alla ciotola e la guardavano.
“Volete la pappa?” Suopopo guardò la ciotola, le andò vicino e si strofinò sulle caviglie.

 (Continua)

alba

Questo è L'occhio del coniglio, un romanzetto che ho scritto io e che mi piace offrire ai miei blogamici e agli sfaccendati che passano di qui.

Già che faccio l'editore di me stessa, ho prodotto anche una versione digitale, mobi, epub e pdf. Se ti stanchi di leggere a schermo e la vuoi mettere nel tuo lettore eBook oppure se hai occasione di stampare a ufo e vuoi il pdf, scrivi a ladonnacamel@gmail.com e te la mando. Gratis e senza DRM!
(Però poi non venire qui a spoilerare il finale eh, t'ammazzo! Che, se non si era capito, le puntate qui continuerò a metterle, al ritmo di due a settimana, più o meno.)

 

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