Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

Messaggi di Dicembre 2011

EDS il ponte, Riepilogo

Post n°527 pubblicato il 14 Dicembre 2011 da LaDonnaCamel
 

Ieri notte è finito l'eds, ora è tempo di bilanci.
Bisognava scrivere una storia includendo sei parole (ASSENZA, DANNO, GINOCCHIO, PIETRA, SPIRITO, TRONCO) e escludendone una, ma tosta (CHE).
La partecipazione è stata numerosa e qualificata, i racconti mi sono sembrati mediamente buoni con punte di eccellenza.
La difficoltà, te ne sarai accorto se hai partecipato, non era nelle parole da includere, che ho scelto tra quelle di uso comune e possibilmente con qualche significato supplementare, ma nella particella da evitare. Il vantaggio di essere costretti a controllare meglio la struttura delle frasi per evitare il CHE è stato, a mio avviso, aumentato dalla necessità di non poter usare le subordinate relative. Non è che le relative mi stiano antipatiche eh, però rendono la prosa più banale - se non sciatta. Lo so perché ne sono vittima per prima, oltre al fatto di abusare sempre troppo impropriamente del che al posto di perché, questo è un mio brutto viziaccio.
E così abbiamo scritto tutti un po' meglio (oppure un po' di più come piace a me, è tutto soggettivo alla fin fine)
Un altro vantaggio di doversi concentrare sul che è quello di lasciare libera una parte dell'attenzione non cosciente, visto che quella cosciente era impegnata. Ma questo l'hanno potuto apprezzare solo quelli che hanno una qualche inibizione a scrivere, non certo tu ;)

E ora gli incipit in ordine di apparizione:

Lillina
Scrivere sullo scrivere, sull'imparare a scrivere e sull'insoddisfazione cronica di chi scrive. Avrei preferito una storia un po' più personale, mi sembra che hai avuto paura e sei rimasta sulla superficie del problema. Se invece di dire "noi" oppure "la maggior parte" avessi scritto "Io" forse avresti tirato fuori qualcosa di più originale e il tuo esercizio ne avrebbe giovato. Ah, dimenticavo: lo spazio va messo "dopo" la virgola :-)

"Scrivere.
Per alcuni è una necessità, a volte superiore a quella di leggere, già qui ci sarebbe da approfondire parecchio.
Si seguono corsi di scrittura creativa ,  per imparare regole come l'uso  dei sinonimi  , una frase assume un significato a secondo di questo,se scrivi ti tiro una PIETRA in testa anzicchè un ciottolo raggiungi più efficacemente l'obbiettivo di descrivere non solo l'azione ma anche l'implicazione del gesto stesso." Continua a leggere


Dario D'Angelo
Dario ha applicato la reticenza del poeta a un testo in prosa che dice molto di più di quello che racconta. La specialità di Dario sono le poesie brevi e fulminanti e i testi in quella specie di siciliano addomesticato inventato da lui, con una forma musicale e ellittica che richiede molto al lettore, sia in termini di immaginazione che di comprensione (lo faceva prima che Camilleri diventasse famoso, lo so perché già lo leggevo: cerca Condomini  nei tag del suo blog e capirai di cosa parlo.)
Questo racconto mi sembra tra i migliori che ha scritto in italiano, le suggestioni sono proposte con un ritmo a levare, senza una sillaba in più dello stretto necessario e questo vuoto che si crea nel lettore è precisamente quello che il racconto vuole rappresentare. Se tutto sembra già dichiarato nell'incipit,  l'emozione viene suscitata dal testo intero, dall'inizio alla riga finale:

"La Petite Danseuse
9° esatti, il prosecco ammorbidisce il ricordo mentre ancora parlo di te, della tua assenza, parlando d'altro, vivendo altro.
Nicole sfoglia con me le pagine della guida, sorride e già sogna di volteggiare leggera" Continua a leggere


Hombre è Hombre e già ho detto tutto. Ha uno stile solido e sicuro, le parole sono strumenti che sa adoperare con estrema precisione e senza incertezze. Hombre sa sempre quello che fa, o almeno riesce a dare questa impressione ai suoi lettori. L'ironia è la sua arma segreta che sa dosare con giusta misura qualsiasi registro decida di utilizzare. Questo racconto amaro ne è una prova: può far ridere e piangere come vuole lui, articolando la complessità dell'esistenza col chiaroscuro e i colori, le luci, le ombre, e tutto quello che ci sta in mezzo: non per niente è Hombre.

"Gianni il cinese
Licenziato in tronco, questo è. Alla MUG facevamo monitor di ultima generazione. Improvvisamente sono diventati di penultima generazione e dopo ancora di una generazione perduta nel Pleistocene o giù di lì. Erano quelli a cassettone, per intenderci, erano italiani, erano perfetti. Alla fine ingombranti." Continua a leggere


La Carta  lascia intendere di essere un ragazzetto nemmeno maggiorenne, insinua inesperienza, per non dire ingenuità, ma io mica ci credo. Per me questo è un vecchio professore di filosofia prossimo alla pensione, eccentrico quanto erudito. Mica si spiegherebbe altrimenti quella profondità che mette nelle cose che scrive, il coraggio e la sicurezza. Questo racconto è post modernismo puro, ricerca stilistica e originalità semantica. Un ragazzino. Seh.

"Tronco lo spirito della pietra, quale ginocchio conosce assenza di danno?
Eppure ci fu un tempo.
L'odore del sangue mi disgusta tutt'ora.
Eppure ci fu un tempo.
Sento distintamente la rotula pulsare, non è dolore, ma calore piuttosto.
Eppure ci fu un tempo.
In cui non lo avrei sopportato." Continua a leggere 


MaiMaturo  è un vero giocatore delle parole, il partecipante ideale di ogni eds. Questa volta ha scritto una bella ucronia, inventandosi di sana pianta tutto un mondo intorno a una premessa che pare di fantasia ma è satira politica oppure cabaret. Le allusioni sono ben piazzate, fa sorridere, ridere e sghignazzare. La leggerezza è la sua cifra e questo racconto è un palloncino scappato dalla mano di un bimbo alla fiera. Chissà come mai avrà scelto questo nick?

"La settima repubblica

Il primo segnale fu un aumento delle risse nei condomini.
Si litigava per il posto macchina, per l’ordine dei nomi sul citofono, per il colore dei capelli dei vicini. Il nervosismo, a poco a poco, si estese: dai palazzi alle piazze, da queste ai piazzali fino a interessare tutta l’Italia." Continua a leggere


Anonimi

Avevo aperto la possibilità di partecipare anche a chi non avesse un blog e, con mia grande sorpresa, mi hanno presa in parola in due! Anonimi non vuole dire che mi hanno mandato una mail da una casella in bianco, vuol solo dire che per me sono sconosciuti, non ci sono link o blog e l'account non mi dice niente, in più mi si prega di non renderlo pubblico e io acconsento. Quello che mi dispiace è il silenzio di piombo dei commentatori: allora aveva ragione Hombre sull'uso del commento di scambio?

Il primo racconto è senza titolo, racconta una storia triste per immagini e ricordi, senza compiacimento. Non so se si tratta di un fatto vero, non so chi sia l'autore però posso dire che è ben scritta e la commozione passa al lettore, ci si può immedesimare. Leggi il racconto.

Il secondo pezzo anonimo parla dell'ansia creativa, mi fa piacere che in questo eds sia stata rappresentata da diverse forme d'arte, la danza, la pittura, la scultura e la scrittura - è per questa che siamo qui, no? Mi fa piacere perché anche io ne ho parlato, il passaggio da una forma d'arte a un'altra è sempre carico di significati, aiuta a comprendere qualcosa di più di questo che, per me, resta sempre un mistero. L'ispirazione, la sublimazione, il rapporto con la creatura. Per quanto se ne parli non se ne viene mai a capo. E l'ansia, il desiderio di raggiungere una meta che non si conosce appieno, l'incertezza e infine il momento decisivo sono descritti in modo convincente in questo racconto del secondo autore anonimo. Leggilo.

Il mio racconto è qui.

Josef K questa me la paghi: invece di partecipare all'eds hai scritto un racconto bruttissimo per un concorso su facebook: boooo! :P

 
 
 

Lo scultore

Post n°526 pubblicato il 13 Dicembre 2011 da LaDonnaCamel
 

Mi è arrivato un altro racconto anonimo. Questa cosa mi lusinga, non pensavo di avere tanti seguaci nascosti nell'ombra. Mi raccomando, tu che leggi, commenta anche questi racconti anche se non sappiamo di chi sono, soprattutto perché non sappiamo di chi sono. Ricordati cosa diceva il vecchio Re: è la storia, non chi la racconta.

Lo scultore

E’ il primo colpo di martello, quello più impegnativo.  Basta un’esitazione, un tentennamento della mano e il danno è fatto.
Carlo, in piedi davanti al blocco di marmo, non riesce a decidersi. Si sente arenato, come uno scrittore fermo sulla pagina bianca.
La statua non si svela. Si fa desiderare, nascondendosi all’interno della pietra.
Lo scultore è tormentato da un’immagine: una bimba, in ginocchio, china su una tana scavata alla base di un salice. La composizione lo assilla già da qualche anno. Questa bambina urla per uscire.
E Carlo sente quell’urgenza, la avverte con tutto il suo corpo. Cerca di concentrarsi: “Cosa manca ancora?”. Tutto inutile. Qualcosa gli sfugge. Si gira, nervoso, e raggiunge il tavolo in fondo alla stanza.
Sopra, fogli pieni di schizzi a carboncino: particolari del busto, mille dettagli del viso. Quanto ha patito prima di trovare l’espressione voluta! Notti insonni spese nel tentativo di rappresentare, almeno sulla carta, quella bocca e quello sguardo, così chiari nella sua mente. Il significato di quest’opera è racchiuso nell’espressione. La bimba, inginocchiata, attratta dal nascondiglio e al tempo stesso bloccata dalla paura. L’indecisione della mano, tesa verso la tana, è secondaria. Tutto dev’essere rivelato dal volto.
Tratteggiare il tronco di salice, invece, è stato più semplice. E’ il soggetto di sfondo, importante solo per il rifugio nascosto tra le sue radici. Pochi tratti, necessari per accompagnare l’occhio in basso, verso la tana.
Carlo è affascinato dalla tecnica orientale, in cui il soggetto non è mai completamente tracciato. Qualche colpo di scalpello sufficiente per far percepire il tutto. I particolari non devono spiegare la scultura. La loro assenza, piuttosto, rende l’osservatore sensibile alle intenzioni dell’artista.
L’opera deve scorrere nell’animo dello spettatore, come il liquido fluisce in una ciotola vuota e si adegua alla forma del contenitore. Niente di esplicito. Tutto è lasciato al sentimento di chi guarda.
Accompagnato da questi pensieri, chino sul tavolo, Carlo esamina i fogli. Li separa con le mani. Poi li solleva e li scorre uno a uno. Un’ultima correzione a un dettaglio della mano destra della bambina. E’ stremato, quindi pronto a iniziare. La mente si fa silenziosa, per lasciar parlare lo spirito.
Con decisione, afferra martello e scalpello e si avvia verso la pietra. Colpisce. E finalmente l’ispirazione fluisce libera, come un fiume in piena non più costretto tra gli argini. Le martellate si susseguono rapide e precise. Ogni colpo alleggerisce il marmo e scopre la statua. Ora è sereno, felice: sta liberando la bambina.

Questo racconto mi è stato inviato in forma anonima per partecipare all'EDS del ponte, le regole sono qui e la scadenza, lo ricordo, è a mezzanotte.

 
 
 

Un contributo anonimo

Post n°525 pubblicato il 13 Dicembre 2011 da LaDonnaCamel
 

Stamattina nella mailbox della Donna Camel c'era questo racconto, che pubblicherò senza indicare i dati di chi lo ha scritto, come da richiesta, per partecipare all'EDS del ponte.

ASSENZA - DANNO - GINOCCHIO - PIETRA - SPIRITO – TRONCO

Un tappeto di foglie gialle mi accoglie al mio ingresso nel grande giardino. Qualche giorno di assenza a scuola e l’autunno si è già impossessato  ormai di tutto lo spazio intorno. Cammino lentamente cercando di non far rumore: lo scricchiolio della ghiaia mista a foglie sotto i piedi mi distrae dai miei pensieri.
Oggi come ieri. Camminavo anche allora in punta di piedi, ma per non farmi sentire da te, la mia compagna di giochi da sempre. Ci piaceva giocare a nasconderci in quell’immenso spazio verde: i nascondigli erano sempre gli stessi, ma noi ci divertivamo un mondo. Le corse affannate, le risate argentine riempivano il cielo di vita.
Oggi no, il cielo plumbeo rimanda solo tristi presagi riflessi nelle pozzanghere. È passato troppo tempo: allora correvamo nel fango, ora cammino in punta di piedi per evitare di affondare con i tacchi alti.
Una volta, correndo, sei scivolata e cadendo su di una pietra, ti sei sbucciata un ginocchio: il danno  sembrava piuttosto grave e ti ho vista piangere per la prima volta. Mi sono spaventata, ti eri fatta male e io, chissà perché, mi sentivo in colpa.
Ti ho accompagnata sorreggendoti per la vita, non ce la facevi a camminare e ti sei seduta sopra un tronco lì vicino: ti ho fasciato il ginocchio con il mio fazzoletto e mi hai finalmente sorriso tra le lacrime.
Credo di averti visto poche volte piangere: spirito forte, libero e indipendente, ti ho sempre ammirata,   la più brava a scuola, sempre, fino all’università, per me  come una dea, una roccia.
Per un periodo ci siamo perse e poi ritrovate per caso, insegnanti nella stessa scuola. I fili magicamente riannodati, le compagne di gioco diventano compagne di lavoro, e come un tempo, l’intesa è perfetta: i tuoi occhi brillano e io so già  cosa vuoi dire.
Anche l’altra sera, in ospedale, ho guardato i tuoi occhi neri, profondi e velati ed ho capito: non stavi piangendo,  tu non piangi quasi mai.
I pensieri si affollano nella mia mente, un peso enorme mi sovrasta, mi tolgo il cappotto e lo appoggio all’attaccapanni: il tuo posto è là, vuoto. Strano non vedere la tua sciarpa rosa, quella con i brillantini o “sbrilluccichi” come dici tu: la lasci spesso appesa lì,  quasi a tenerti il posto, e poi, rauca di troppe sigarette, ti lamenti: - Oggi non ho voce, ho preso freddo ieri, senza sciarpa, non posso fare scuola così, in classe non mi sentirà nessuno.-
Ti sentono, eccome, i ragazzi, non solo la tua voce roca da fumatrice incallita, ma sentono la tua passione, la tua forza comunicativa:  schietta, ironica e diretta, talvolta colpisci al cuore, nel bene e nel male.
    - Sto male, sì, ma, vedrai- mi hai detto l’ultima volta con una voce flebile, rotta dall’affanno- non permetterò certo a “questa cosa qui” di impedirmi di tornare.-
Hai indicato l’addome stranamente gonfio, sorridendo quasi fosse uno scherzo: ma i tuoi occhi, una voragine nera di dolore, non mentivano e allora, un brivido è sceso nella schiena, ed ho capito.
Cammino piano, cercando di non far rumore: i tacchi rimbombano troppo nell’atrio della scuola. Non voglio disturbare: la campanella della seconda ora non è ancora suonata.
Riprendere a insegnare è dura, senza di te, non so proprio quali parole userò per dirlo ai ragazzi.

 
 
 

Grande pino e terre rosse

Post n°524 pubblicato il 11 Dicembre 2011 da LaDonnaCamel
 

Ieri mi sono fatta un regalo. Ho preso su me stessa e mi sono portata a vedere la mostra di Cézanne  a Palazzo Reale.
Facciamo così, mi sono detta, scegliamoci un quadro, uno solo, e guardiamo quello e basta. L'avevo sentito la settimana scorsa nel programma di Fazio di guardare un quadro solo in un museo, di più non ha senso, aveva detto Daverio.
Ha ragione, avevo pensato.
Allora facciamo uno per uno, mi sono risposta, guardiamo due quadri non di più.
E così siamo andate.
La cassiera all'ingresso voleva farmi pagare due biglietti. Ma come quindici euro, ho detto, se costa nove senza sconto. Va bene articolarsi in un dialogo interno ma mica lo sapeva lei, non parlo ancora ad alta voce con me stessa.
È perché le avevo mostrato la tessera Arci e anche l'abbonamento del tram - non sapevo quale fosse quella buona per avere lo sconto. Poi ci ho provato ma no, il catalogo gratis non te lo danno.
E adesso come facciamo a decidere quale dobbiamo guardare, mi sono detta, delle volte sono un po' pignola.
Bè, un'occhiata la dobbiamo dare a tutti, è ovvio, mi sono risposta aggirando un branco di visitatori coagulato intorno alla sua guida, andremo avanti veloce e poi torniamo indietro piano: fast forward e rewind. Come al solito.
Io ne capisco nulla di arte figurativa e me stessa nemmeno. Non l'ho studiata a scuola, non me ne sono mai occupata e quest'assenza di cultura non mi ha mai fatto un baffo.
Ma allora perché?
Eh.
Cercavo qualcosa. Una maniera di descrivere la realtà. Qualcosa da vedere, da capire senza spiegazioni. Un'interpretazione, una mediazione. Un suggerimento? Mah.
Spirito di Cézanne aiutami tu.
A dirla tutta non lo sapevo bene nemmeno io cosa stavo cercando.
Ma ecco il quadro.
Anzi due. Vicini. Uguali e diversi.
L'albero. Gli alberi, vabbè. Un albero per quadro. Due quadri, due alberi.
Era lo stesso soggetto, lo stesso luogo, deve averlo colpito di brutto se ci è stato sopra tanto a lungo, cinque anni c'è scritto. È solo un pino marittimo grande e dietro lo sfondo arancione.
In quello a destra tutto è piuttosto definito, luminoso.
Ma quello a sinistra, oh sì, quello a sinistra è precisamente lui.
Il tronco e i rami centrali sono nitidi, precisi e il resto è come sfocato. Pennellate grosse di verde sui verdi. Evidenti, sfacciate. Il trucco è svelato, eppure ci credi.
Cado in ginocchio, rapita.
Anche perché c'è una comitiva con la guida, borbottano, non vedono niente se ci sono io davanti e io non mi voglio spostare. Sono arrivata, è lui, son sicura.
Voglio carpire il segreto per trasformarlo poi in parole. Scrivere sfocato il contorno, avvicinarsi come se non fosse importante e definire, precisare, tirare fuori il succo per renderlo vivo.
Sto cercando la pietra filosofale, lo so - no, non quella di Harry Potter, quella vera di Cagliostro, per trasformare in oro lucente il piombo opaco delle mie parole.
Non è la tecnica, fessacchiotta, mi dice la pignola, è l'occhio.
Apposta sto qui a guardare. Forse, se rapisco il segreto dell'occhio, poi pure io.
E la storia? Dov'è la storia?
La storia è quel bambino. Non l'ha disegnato ma io lo vedo. Si arrampica fra i rami, si siede su quella biforcazione, là dove l'ombra si fa viola. Si mette a cavalcioni e tira fuori dalla tasca il suo pezzo di pane.
Non prenderà più le botte, l'ha promesso a se stesso. Guarda i campi arancioni, si asciuga la fronte con la manica del giacchino sdrucito. I grilli gli riempiono l'aria e le orecchie. Una formica cammina sul legno rugoso, trasporta un ago di pino.
Il resto è lontano.

Paul Cézanne, Grand pin et terres rouges, 1890-1895.

Questo esercizio partecipa all'EDS descritto qui.

 
 
 

EDS del ponte - Anticipazioni

Post n°523 pubblicato il 11 Dicembre 2011 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Resta connesso, questo messaggio è in continuo aggiornamento.

Mancano ancora tre giorni è già abbiamo un bel po' di partecipanti, ma la succosa e imprevista novità sono i trailer, che con grandissimo piacere tiro fuori da quella posizione sacrificata che hanno nei commenti, per portarli sotto la luce piena, olè.

In ordine di apparizione, siore e siori, abbiamo il grandissimo Hombre che lancia la mano, nasconde il sasso e poi con un precisissimo tiro si fionda:

vado via per il ponte, la mia assenza non arrecherà danno al concorso. vorrei mettermi in ginocchio sulla pietra e scusarmi per la defezione ma ti conosco come donna di spirito e m'immagino non te la prenda, sennò ti tronco.

Orsa Bipolare si schernisce ma le sue parole arrivano potenti:

E se la storiella fosse accaduta davvero? Quando vivevo a Londra subii un grave danno al ginocchio, decisi di operarmi in quella città nell'assenza totale di ogni familiare; ancora non sapevo nemmeno parlare bene l'inglese ma grazie al mio grande spirito di adattamento superai ogni difficoltà e fastidio, incluso il cuore di pietra del primario anglosassone. Rimasi ingessata e immobile come un tronco per svariate settimane! Ok, questa era la verità (anche se ho rispettato le regole), se avrò tempo "inventerò" qualcosa :)

Mai Maturo approfitta della sua fase rimica e butta là, anzi qua, un componimento poetico niente male, che per timidezza firma come MM McLeod ma noi l'abbiamo riconosciuto lostesso:

Occhio malocchio
prezzemolo e ginocchio
danno malanno
il cuore non inganno

presenza e assenza
l'unione è la potenza
di pietra lo sguardo
la vita è un azzardo

tronco di pino
aria del mattino
spirito forte
inganna la morte

(Antico rito druidico - MM McLeod)


magneTICo, Re della sintesi, lo risolve così. Chi offre di meno?:

Assenza di spirito e tronco di pietra recano danno al ginocchio.

E intanto arrivano gli esercizi veri, ecco la lista provvisoria, sempre in ordine di abracadabra:

- Lillina scrive Scrivere
- Dario (ciao amico!:) La Petite Danseuse
- Hombre ci parla di Gianni il cinese
- La Carta si gioca tutto nel titolo, ma scherzava Tronco lo spirito della pietra, quale ginocchio conosce assenza di danno?
- Mai Maturo fa La settima repubblica
- La Donna Camél che sono anch'io ha scritto Grande pino e terre rosse
- Contributo anonimo
- Lo scultore, secondo contributo anonimo


E adesso aspetto il tuo, forza.

(Nella telefoto, anche Astrid e Strillo aspettano il tuo racconto.)

 

Edit lunedì 12/12 21:47

Un contributo di La Carta, che dice:


La Carta il 12/12/11 alle 21:13 via WEB
Nessuno ce l'ha corto come il mio! (rilegge c'ho che ha appena scritto) (facepalm, non mal di testa come alcune S. sostengono)

 
 
 

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