Creato da: giampi1966 il 13/03/2006
Questo blog si propone di promuovere la politica come servizio e la coerenza dei politici con gli obbiettivi programmatici. Troppo spesso l'agire del politico è distante anni luce dal suo programma e da ciò che professa. Per poter rinascere la politica deve sapersi imporre alle varie pressioni e deve guardare lontano.

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Dittatura Birmana

Post n°230 pubblicato il 05 Ottobre 2007 da giampi1966
 
Foto di giampi1966

Birmania: traballa il regime militare
Una protesta di massa  mette in  pericolo il sanguinario  regime

 

La Birmania   ufficialmente Myanmar, in lingua inglese (Burma), è uno Stato del sud-est aiatico. Occupa parte della costa occidentale dell’Indocina, è affacciato sul golfo del Bengala e sul mar delle Andamane e confina da ovest a est con il Bangladesh, India, Cina, Laos e Thailandia. Attualmente, dopo il Colpo di Stato del 1988, è sotto il regime militare di Than Shwe.

La Birmania è uno dei cosiddettipaesi in via di sviluppo. Ha una popolazione di circa 51 milioni di abitanti.

Il 27 marzo 2006 la dittatura militare ha spostato la capitale da Yangon a Pyinmana, che è stata ufficialmente rinominata "Naypyidaw", cioè "sede dei re".

 

Estratto dell’articolo del compagno Alberto Madoglio

 

Le proteste di massa che da giorni stanno infiammando diverse città di Myanmar (la Birmania), hanno costretto tutti i mezzi d´informazione a interessarsi delle sorti di un Paese del quale fino a poco tempo fa non si erano mai preoccupati.

 

La nascita della dittatura militare

Alla fine della seconda guerra mondiale è iniziato nel Paese un vasto movimento popolare, diretto dalla Lega delle Persone Antifasciste (un fronte popolare in cui partecipava anche il locale Partito Comunista), il cui principale dirigente era Aung San (padre di Aung San Suu Kyi, leader della Lega Nazionale per la Democrazia, Lnd, conosciuta all´estero come la maggiore esponente dell´opposizione al regime militare e oggi agli arresti domiciliari), che dopo una lotta di due anni ha posto fine alla dominazione inglese.
Aung San è stato assassinato nel 1947. Nel 1962, dopo un lungo periodo di instabilità e di mobilitazione studentesche, vi è stato un golpe militare che ha instaurato una feroce dittatura.
Da allora, la giunta militare al potere, lungi dall´avere intrapreso una sorta di "via birmana al socialismo" (come tutta la stampa borghese vorrebbe farci credere), ha ridotto in miseria e schiavitù cinquanta milioni di cittadini, proibendo partiti politici e sindacati indipendenti.
Oggi il Paese, pur essendo molto ricco di materie prime, specialmente petrolio, gas, legname pregiato e pietre preziose, è uno dei meno sviluppati del sud est asiatico. Il governo destina il 40% del bilancio annuo statale al mantenimento dell´esercito (che con mezzo milione di soldati è uno dei più imponenti al mondo), col risultato che la maggior parte della popolazione di quella che un tempo era soprannominata la "scodella di riso dell´Asia" (per il fatto di essere uno dei maggiori produttori del nutrimento fondamentale per centinaia di milioni di persone del continente), è oggi sottoalimentata.
In questa situazione di cronica miseria, ha preso fuoco la miccia che ha innescato le proteste di questi giorni.
L´impennata dei prezzi dei beni di prima necessità sul mercato mondiale, che si è verificata nel 2007 (causata dalla speculazione finanziaria e dalla crescita economica di Paesi come Cina e India), ha avuto pesanti conseguenze. L´innalzamento generale dei prezzi, verificatosi a gennaio, è stato affrontato dalla giunta militare con la decisione in agosto di raddoppiare il prezzo della benzina, del gasolio, e di quintuplicare il prezzo del gas naturale.
Così, da un giorno all´altro, un lavoratore che di norma guadagna 1000 kyrat al giorno, si è visto costretto a spenderne 800 per poter usare i mezzi pubblici (come racconta La Repubblica del 27 settembre).

 

L'inizio delle proteste

Le sporadiche e isolate proteste iniziate a febbraio si sono via via estese, fino ad arrivare alle imponenti manifestazioni che abbiamo visto nei telegiornali e che hanno interessato i maggiori centri del Paese, come l´ex capitale Rangoon (ora ribattezzata Yangon) e Mandalay.
Da quanto si riesce a sapere, tra i manifestanti vi sono molti giovani, studenti, e "lavoratori in generale" (sempre per usare la terminologia della stampa borghese).

Al momento, nelle manifestazioni un ruolo centrale è giocato dai monaci buddisti. Ammonta a circa mezzo milione il numero di religiosi, ed è interessante notare come le differenze di classe attraversino questa organizzazione. Le alte gerarchie che ricevono dai militari lucrosi finanziamenti che permettono loro di avere un´esistenza agiata, sostengono il governo. Sono invece i giovani monaci che partecipano attivamente alle mobilitazioni in quanto colpiti direttamente dagli effetti della crisi economica in atto poiché vivono a più stretto contatto con la maggioranza della popolazione e traggono di che vivere dall´elemosina che questa elargisce loro.

Hanno assunto, col passare dei giorni, posizioni più radicali. Se in un primo tempo gli slogan facevano appello alla riconciliazione nazionale, oggi rivendicano la cacciata dei militari e la fine della dittatura, per mezzo dell´azione di massa (che, aggiungiamo noi, essendo per ora "non violenta", e cioè priva di autodifesa, è per questo facilmente reprimibile).
Diversamente l´Lnd ad oggi avanza una proposta di accordo con i generali, per arrivare ad una "transizione morbida" alla "democrazia" e in questa partita stanno cercando di entrare prepotentemente anche le maggiori potenze mondiali.
Europa e Usa si dimostrano, a parole, i più duri e conseguenti oppositori del regime, mentre Cina, India e Russia al momento ritengono di "non dover interferire" nella politica interna del Paese. La posta in gioco, come sempre, non è fra "democrazia" e "dittatura" (due termini astratti dietro cui si nasconde di tutto), ma per il controllo delle risorse.
I Paesi imperialisti cercano oggi di scalzare Russia, Cina e India da ruolo di partner privilegiati della Birmania; mentre questi ultimi vorrebbero un mantenimento dello status quo che ha permesso loro negli anni di fare investimenti per diversi miliardi di dollari. In particolare è la burocrazia restaurazionista di Pechino ad avere le maggiori mire sul Paese, anche per la posizione strategica che la Birmania ha come porta di nuovi investimenti verso occidente per la Cina.

 

 

 
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