Creato da: giampi1966 il 13/03/2006
Questo blog si propone di promuovere la politica come servizio e la coerenza dei politici con gli obbiettivi programmatici. Troppo spesso l'agire del politico è distante anni luce dal suo programma e da ciò che professa. Per poter rinascere la politica deve sapersi imporre alle varie pressioni e deve guardare lontano.

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Post n°486 pubblicato il 27 Maggio 2009 da giampi1966
 
Foto di giampi1966

Durante la manifestazione di Torino del 16 maggio scorso, convocata ufficialmente contro i pericoli per l’occupazione derivanti dal progetto Marchionne per la FIAT, c’è stata la contestazione dei lavoratori di Pomigliano relegati nel “reparto confino” di Nola. La contestazione era ovviamente rivolta alla FIAT ma anche alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto l’accordo con cui è avvenuto il confinamento di 316 lavoratori. Qualcuno ha parlato di “strumentalizzazione” da parte dello SLAI COBAS di questi lavoratori confinati, ma ha “dimenticato di ricordare” che moltissimi di questi trasferiti sono appunto dello SLAI COBAS. E perché lo ha dimenticato? Perché la firma in calce all’accordo ce la mise pure Rinaldini che condivise la scelta della FIAT di levarsi dai piedi qualche centinaio di lavoratori scomodi che nello stabilimento principale avrebbero potuto influenzare - come tante volte avvenuto - gli altri lavoratori e incrinare il desiderio di onnipotenza di FIM-FIOM-UILM (che nel gruppo FIAT, proprio grazie allo SLAI COBAS, presente a Pomigliano, ad Arese, a Termoli, a Lecce, a Modena, a Melfi… ha trovato sempre un’alternativa combattiva e intransigente nel difendere gli interessi dei lavoratori).

 

La FIOM certo non “assalta i palchi” e non è costretta a lottare per conquistare il diritto di parola; ma con il padrone e i sindacati amici del padrone spedisce centinaia di lavoratori in “reparti confino” che nulla hanno da invidiare a quelli degli anni ’50; si ricordi, a tal proposito, il famoso libro di Aris Accornero - FIAT confino - in cui veniva ricostruita la storia dell’Officina Sussidiaria Ricambi, creata il 15 dicembre 1952 a Torino dall’allora Amministratore Delegato della FIAT, il fascista Vittorio Valletta, per isolare le avanguardie di lotta e comuniste dal resto dei lavoratori. Facendo un ulteriore sforzo della memoria possiamo evidenziare come, oltre che dei “reparti confino”, Valletta fu promotore anche della nascita di un sindacatino aziendale - il SIDA-Fismic - composto da spioni che in azienda controllavano i lavoratori più combattivi (ruolo successivamente svolto prevalentemente dai “sindacalisti” CISNAL – ma spesso anche CISL-UIL) e che si rendevano disponibili, a gentile richiesta di “padron Agnelli”, a ratificare qualsiasi tipo di accordo. “Guarda caso”, la manifestazione di Torino, FIM-FIOM-UILM l’hanno promossa assieme alla FISMIC. E nella trasmissione Annovero di giovedì scorso dedicata alla FIAT, addirittura, campeggiava in studio lo striscione “unitario” delle RSU di Pomigliano firmato FIM-FIOM-UILM-FISMIC. COBAS nei reparti confino e unità con le organizzazioni padronali e filo-padronali: è questa la linea del “compagno” Rinaldini e del “compagno” Cremaschi dentro la FIAT.

 

Negli anni ’50 il Partito Comunista chiedeva, almeno, la chiusura dei reparti confino (anche perché dentro c’erano i suoi militanti); negli anni 2000, i reparti confino si aprono con il consenso del sindacato, anche di quello, come ci ricorda Cremaschi, “più di sinistra” d’Italia (che è in effetti il più “di sinistra” tra i sindacati di regime, così come il PRC è il partito più “di sinistra” tra quelli che stanno dall’altra parte della barricata su cui stanno i lavoratori).

 

Non ci interessa entrare più di tanto nel merito dei fatti perché, malgrado le mistificazioni operate da tutti i mass - e non mass, come il Manifesto – media, le immagini parlano da sole: parlano di una contestazione ma non certo di “assalti”; parlano di persone che “battibeccano” dandosi reciprocamente spinte che si propagano fino a Rinaldini, il quale - come è costretto a riconoscere persino Cremaschi – scivola (poi Cremaschi, con il suo classico stile, ritratta, “precisa”, “tiene conto”, ecc…). Che poi si sia trattato di una scivolata voluta e/o enfatizzata - un “fallo di simulazione” - chi lo sa, chi sta nella zucca del “compagno” Rinaldini? (Forse lo sa meglio Corrado Delle Donne, coordinatore SLAI, che aiutava Rinaldini a rialzarsi. Mah, prima “lo buttano giù” e poi lo tirano su…) Non fanno ben pensare, a dire il vero, le dichiarazioni che a Rinaldini attribuisce l’agenzia ADNKronos secondo le quali il “compagno” si sarebbe spinto fino a minacciare i lavoratori dello Slai COBAS in vero e proprio stile mafioso (“Per quanto ci riguarda rispetto alla Slai Cobas avremo buona memoria”). Sperando che queste (non smentite) dichiarazioni siano state “distorte” è bene chiarire - a Rinaldini o a chiunque altro - che sarà molto meglio che comincino a ricordarsi degli interessi dei lavoratori, piuttosto che della gestione “unitaria” con Confindustria dei Fondi Pensione Integrativi (investiti nei “titoli spazzatura” di cui tanto si è parlato in questi mesi) o della “repressione” dei lavoratori iscritti ai COBAS. E comunque, volendo, la memoria ce l’abbiamo lunga tutti.

 

Se poi a qualcuno venisse in mente di scatenare i “famosi servizi d’ordine”, faccia come ha suggerito qualche giorno fa Giorgio Cremaschi: lasci perdere. Quei “famosi” - o per meglio dire famigerati - servizi d’ordine (che almeno dagli anni ’70 in poi agivano quasi sempre contro altri lavoratori e quasi mai contro i celerini, da cui venivano anzi protetti e con cui concordavano “unitariamente” le azioni di repressione in piazza) erano formati spesso da operai che credevano nel sindacato e nel partito comunista e che, aldilà della loro mentalità talvolta reazionaria, erano disposti a picchiare e farsi picchiare per degli ideali, che credevano davvero che il PCI e il sindacato incarnassero la loro volontà di cambiamento sociale e politico. Di operai così, CGIL-CISL-UIL ne troveranno ben pochi; e ancor meno ne troveranno da scagliare contro lavoratori, cassintegrati, confinati, disoccupati, licenziati decine di volte per ragioni politiche… E allora, a meno di formare servizi d’ordine composti da “bodyguard” a pagamento (magari i funzionari, perché no?), questi sindacati possono farsi “difendere”, come nel 1992-1993, solo da scudi di plexiglas o da poliziotti e carabinieri.

 

Posto che dichiarazioni come quelle dei vari Giraudo, Megale o Bonanni sono solo scandalose menzogne rese da personaggi infami che meriterebbero come massima punizione di andare a lavorare (come urlavano i lavoratori a Torino) e alle condizioni contrattuali, di sicurezza, di diritti… a cui tocca vivere a noi per colpa loro; posto che Rinaldini non è stato “buttato giù dal palco” da nessuno (sebbene in occasioni come l’invio al reparto confino di Nola o lo scippo del TFR per lucrare sui Fondi Pensione Integrativi o l’auto-assegnazione “democratica” della triplice del 33% delle RSU, ecc.. probabilmente se lo sarebbe meritato) è doveroso sottolineare - pur senza in alcun modo scandalizzarsi - che subito dopo la manifestazione si è scatenata una vera e propria campagna di criminalizzazione in cui si è parlato di “azioni squadristiche”, “aggressione”, “assalto”, “pericolo di ritorno al terrorismo”, ecc… Tutto il “battage” era già pronto (perché è sempre pronto): non appena “vola una piuma” si scatena tutto il rodato repertorio della disinformazione di regime. Niente di nuovo. Del resto, Bonanni aveva già accusato la CGIL (che ormai incassa ogni “sputazzo” pur di rimanere agganciata al tavolo delle spartizioni) di avere avuto un atteggiamento “morbido” verso i “sequestri” di manager, ciò che potrebbe incentivare il “ritorno alla violenza”.

 

L’unanime coro di condannacantato da tutti i nemici e i falsi amici dei lavoratori,veri amicidei loro sfruttatori politici, sindacali, imprenditoriali… ha avuto almeno il pregio didemarcarecon ancora maggiore chiarezza quali siano i due lati della barricata: da una partei padroni con i loro mezzi di comunicazione, i sindacati e partiti di regime,i giornalisti prezzolatiamici più o meno camuffati del padrone; dall’altra, i lavoratori in lotta, cassintegrati a oltranza, licenziati politici, confinati… e chi esprime loro solidarietà e non denigrazione.

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