A Room of One's Own
This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!
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Post n°294 pubblicato il 01 Marzo 2008 da lilith_0404
Quando nacque la mia ultima sorella mia madre aveva quarantasei anni. Allora mi sembrò una cosa del tutto normale, avevo solo idee piuttosto approssimative sull’argomento e non sapevo che invece é alquanto insolito avere figli a quell’età. Questo ricordo mi passa in testa, quasi di soppiatto, mentre leggo il titolo di un articolo della Reuters, in cui si parla di mamme ultraquarantenni, che sembra siano in costante aumento in Gran Bretagna. Leggendo l’articolo, in chiusura scopro anche un altro dato molto più interessante, e cioè che per ben il 56% dei nuovi nati, i genitori risultano non sposati, sebbene entrambi riconoscano il bambino. Sinceramente, non immaginavo che il fenomeno avesse questa ampiezza. Anche se è un dato riferito alla Gran Bretagna, credo che sia ragionevole pensare che rispecchi una tendenza che si sta affermando, e mi fa riflettere soprattutto in relazione ad un’altra notizia, che ho letto ieri a a pagina 32 de Il Sole24Ore : la convivente di uno degli operai della Thyssen deceduto nei mesi scorsi in quel tragico infortunio di cui tanto si é parlato non avrà alcun indennizzo dall’Inail. Potrà vantare qualche diritto, ma in misura molto inferiore, il figlio che ancora deve nascere, ma la compagna dello sfortunato operaio é una benemerita signora nessuno per la normativa attuale. Il caso é analogo a quello del maresciallo capo D’Auria, morto l’estate scorsa in seguito alle ferite riportate in Afganistan, ma questa volta non é stato possibile intervenire con un matrimonio ‘in articolo mortis’ . Ammetto che faccio una certa fatica a capire che, anche in presenza di figli a cui dover provvedere, tante persone preferiscano comunque non formalizzare legalmente la loro reciproca posizione, ma ancora più incomprensibile mi risulta il fatto che, di fronte alle statistiche sui numeri delle coppie di fatto, a livello legislativo non se ne prenda atto e non si cominci a prendere in considerazione un concetto diverso di famiglia, non necessariamente sancito dal matrimonio, religioso o civile che dir si voglia.
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Quale famiglia? Una sola famiglia amica cara. Quella formata da una coppia (etero o omo) che si reca in Comune e si fa rilasciare il suo bravo certificato di matrimonio. Quel certificato di matrimonio che è un atto amministrativo così come lo è la famiglia. Nessun valore e nessun concetto diverso ma soltanto un atto amministrativo che possa, come già avviene, essere discriminante su chi abbia diritto agli assegni familiari o alle eredità o alla reversibilità di una pensione o a leggere atti ufficiali relativi al coniuge o a prestare l’assistenza ospedaliera o carceraria e così via. Il sindaco (ed è giusto) se ne fotte se ti sposi per amore, per interesse o per solitudine. Questi sono affari propri.
Ecco, io snellirei il matrimonio civile togliendoci le pubblicazioni (forse oggi sono anche in contrasto con la privacy) e snellirei come ha detto up le procedure di separazione e divorzio. Nient’altro. Ciao :o)
Non è forse il matrimonio una certificazione amministrativa che ti riconosce una serie di diritti a prescindere se ti sei sposato per amore o per interesse o per solitudine o per altro? Nessuno ti chiederà mai se vuoi sposarti per mettere o meno al mondo dei figli.
Basterebbe fare un passo avanti nel modo di pensare e non è difficile.