Astral Night Reverie

The Ghost Woman And The Hunter

È passato così tanto tempo dall'ultima volta che ti ho vista.
Così tanto tempo che lui, il tiranno dei granelli di sabbia, il dittatore che non fa ammenda della sua implacabilità, lui, mi confonde. Confonde le mie ore, i miei giorni, e mi fa avvertire tutta la sua gravità di pianeta pesante, tutte le sue distanze prodighe di spazi.

E la lista di cose che avrei voluto dirti, che vorrei dirti, la porto dietro di me, su un carrello cigolante e malconcio. E quella pila di lettere che ti ho scritto e tradotto. Poi stracciato, riscritto e ritradotto è qui, ancora sul mio tavolo. Loro, quelle lettere, non mi abbandonano. E io non abbandono loro.

Poche persone fidate sanno di me  e di te. In pochi sanno quello che provo. Perchè tu sei una mia esperienza privata. Sei la vertigine che mi fa perdere l'equilibrio.

Sai amore mio, è complicato parlare di te. E' complicato allontanare certe sensazioni, schivare gli artigli gelati che mi sfiorano la schiena. E' complicato scacciar via i piccoli cigni bagnati che si arruffano le penne. E' complicato non arrendermi al riflesso ramato che mi trascina agli angoli della tua bocca. E' complicato seppellire la fulgida fantasia barocca delle tue pupille.
E' complicato.

Chiedermi perchè ci sono state alcune cose ed altre no, perchè ci siamo dati le spalle senza stringerci la mano, è solo un esercizio di stile. Preferisco fare i conti con gli esili fili che si annodano nel mio stomaco vuoto e rimangono lì.

Quello che so è che, ad un certo punto, mi sei scivolata via come olio tra le dita. Le luci si sono spente, la festa è finita di colpo, come uno stramazzo di ali d'uccello, come una sirena nel cuore della notte. E sono rimasto da solo con l'odore di me stesso, cenere non spenta, soffocata da fiumi d'inverno.

Ti amavo.
Ti amavo perchè riuscivi a dipingermi d'azzurro con uno sguardo.

Ti amavo ma non era abbastanza.

Sai, amore mio, in questo mondo sospeso tra estasi ed inganno, alcuni diventano dei ed altri diventano re. I restanti seguono, ingoiando la propria libertà e partecipando al carnevale.
Io ho scelto di essere uno dei tanti. Perchè nel buio dell'anonimato, ignorato dall'altra metà del mondo posso amarti. In silenzio.

E' questa la mia schiavitù...

Quella sera, quando ti vidi la prima volta danzare lungo le scale, quelle scale gelide di marmo bianco, fasciata nel tuo vestito leggero da regina d'oriente, mai lo avrei creduto.
Mai avrei creduto che mi avresti invaso la mente, come fumo denso che con la sua coda di dragone mi solleticava naso e occhi.
Mai avrei immaginato che avresti preso a vibrarmi in mente, come un desiderio alato ed impossibile.

Dopo quella sera mi sono chiesto se avesse  senso alimentare questo tempo, questo tempo che mi separa da te come uno spazio bianco in bilico tra due righe. Uno spazio bianco su cui scivolo da parte a parte, come un'onda stanca e sfiduciata.


Mi manchi. E non posso far altro che riportarti alla mente, socchiudendo gli occhi e scorrendo lento le immagini di te. Ali di tempo in cui vibrano i decimi di secondo che compongono il tuo volto e si imprimono come luminosi punti sul reticolo della mia mente.

Socchiudo gli occhi e sento il mio respiro.
Poi il rumore del sonno e le sue correnti di discesa.

Chiudo gli occhi sul paesaggio buio dell'immaginazione.

Appeso al firmamento onirico, scorgo scie di gelo e nebbia che si intravvedono nelle piccole crepe del cielo striato dai raggi lontani dell'alba. L'orizzonte si fonde, in un bollore di blu, azzurro e viola scuro, in un imperfetto di sfumature argentee, una conchiglia di madreperla che si schiude davanti ad i tuoi occhi. Quegli occhi che erano molto più di quello che potessi accogliere.

Chissà, amore mio...

Chissà che le tue mani non possano trascurare la sensazione di vuoto, il fruscio del nulla che suona debole all'orecchio della mia mente, e posarsi come sfoglie di seta sulla mia schiena.
Chissà che le tue mani fuggite dalla prigione del gesto quotidiano, dalla stretta obbligata, non ritornino a sostenere il peso delle mie, come ali inguantate e pulsanti.
Chissà che le tue dita non possano di nuovo intrecciare le mie, confondendo battiti con battiti, vene con vene, ansimi con ansimi.


Scrivo e i tuoi ricordi sono fantasmi dalla voce suadente che cantano per lasciarmi in eterno riposo. Scrivo e ascolto l'assenza di te, il lento andare dei passi che si allontanano nella galleria del tempo, la tua scia in dissoluzione.

Scrivere è l'unico modo che ho per non lasciarmi trascinare dal buio pensiero di perdere tutto. Perchè, amore mio, in fondo siamo solo un sogno in cerca della notte.

Emma, vorrei inventare un altro azzurro per questo cielo spento, un altro paesaggio per questa riva silente di costa abbandonata.

Emma, vorrei morire prima di svegliarmi, così abiteresti i miei sogni per l'eternità.


Emma, mi manchi.

Per ogni notte senza dormire.
Per ogni ora passata a fantasticare.
Per ogni battito incastrato tra le tue braccia.