Guarda come piove

Attimi di grande poesia e intensità | Meer

Robert Doisneau, Le violoncelle sous la pluie

Pioggia fresca su prato blu. Erba estiva umida, effluvi di terra nera. Sempre questi acquazzoni di agosto sui gambi rasati bruciati d’oro. Le grosse gocce scorrono sinuose sul vetro, serpeggiano e si intersecano in lunghi nastri di luce liquida. Quanti pomeriggi passati dietro il velo vaporoso della tenda a seguirne col dito il tracciato nervoso e allo stesso tempo languido“.

Perrine Tripier, Le guerre preziose

Perrine Tripier è considerata la nuova enfant prodige della letteratura francese. I più entusiasti l’hanno paragonata a Proust. Non un accesso di febbre come si sarebbe portati a credere avendo un’idea della magnificenza della Recherche; piuttosto, uno degli effetti collaterali della grandeur che al suo meglio provoca scompensi tali da offuscare il senso dell’oggettività. Queste poche righe di Proust mettono in chiaro che certe arditezze critiche si offrono al riso degli dèi:

Un piccolo colpo sui vetri, come se qualcosa li avesse urtati, seguito da un’ampia caduta leggera come di granelli di sabbia che qualcuno avesse gettati da una finestra del piano di sopra, poi la caduta che s’estende, si normalizza, trova un ritmo, diviene fluida, sonora, musicale, innumerevole, universale: era la pioggia“.

Continua a sorprendermi Michael Krüger, in questo caso con la descrizione di pochi istanti goduti fino in fondo. Strappati alla banalità di un sabato senza data:

Mentre ero alla finestra che osservavo con gioia ansiosa le gemme gonfie del mio melo, cominciò a cadere una pioggia leggera, quasi un’acquerugiola, che si raccolse sul vetro, si ingrossò pian piano e soltanto dopo un tempo penosamente lungo si decise a scivolare sulla superficie liscia sotto forma di goccia. Ero così occupato dal processo di formazione della goccia che notai solo di sfuggita il postino che, di sotto, sul prato, faceva strani gesti per richiamare la mia attenzione. Ma il fatto che qualcosa (come quella acquerugiola) che si vedeva appena potesse formare gocce spesse che all’improvviso quasi facevano a gara a chi correva più veloce sul vetro catturava il mio spirito, quel sabato mattina forse non molto smanioso di sensazioni, più dell’agitarsi del postino“. da Il dio dietro la finestra

Guarda come pioveultima modifica: 2024-04-19T10:12:55+02:00da hyponoia

11 pensieri riguardo “Guarda come piove”

  1. Questa mi piace più del bacio (parlo della foto).
    A prescindere che paragonare la Tripier a Proust è come bestemmiare in chiesa, io faccio fatica perfino a considerarla enfant prodige. Detto ciò, ho scoperto che a misurarsi con le gocce di pioggia che scorrono sui vetri, è un esercizio letterario che appartiene ad una moltitudine di gente. Pensavo che fosse solo un divertissement 🙂

  2. “Questa mi piace più del bacio (parlo della foto).”
    Sono d’accordo, se non altro è più originale e significativa.
    “A prescindere che paragonare la Tripier a Proust è come bestemmiare in chiesa, io faccio fatica perfino a considerarla enfant prodige.”
    Come sopra.
    “Pensavo che fosse solo un divertissement”
    E invece no, la pioggia è seducente. A te che effetto fa?

    1. La pioggia, a me, fa un bell’effetto perché è amore e odio. Mi fa incazzare solo quando va in giro assieme al vento e, quando fa così, non hai difese. Diventa selvaggia. La trovo, comunque, seducente anch’io. “Seducente” perché intima, ma anche compagna.

        1. Eheh, ho dimenticato di aggiungere che, a volte, la pioggia non è solo seducente, ma anche paracula. Oggi, ad esempio, non mi ha fatto andare al mare [non solo a me, a quanto pare :))], però da gran paracula, facendo finta che lei non ne ha colpa, mi fa compagnia andando a spiaccicare le sue gocce contro un vetro inaspettato.
          Quella roba che, hypo cara, il tuo dio della parola definisce poeticamente, “un’ampia caduta leggera come di granelli di sabbia” e, invece, quella poetica “caduta leggera” è, dolorosamente ben altro perché, caro Marcel, non so se a te sia mai capitato di andare a sbattere contro un cazzo di vetro che neanche avevi notato, ritrovandoti come un coglione nel mezzo dei due fuochi della risata che arriva da chi, dall’altro lato della vetrata, ha avuto il culo di vedere il tuo viso deformarsi su di essa e da chi, alle tue spalle, ride altrettanto fragorosamente avendo sentito comunque il rumore della tua capocciata.
          Un classico dell’umorismo dove il dolore dell’uno diventa risata per chi osserva. Quel classico sul quale, evvivaloro, Charlot e Stanlio ed Ollio ci hanno costruito tutto il loro successo.
          Altro che “ampia caduta leggera come di granelli di sabbia”, quella è una sinfonia straziante dell’ urlo di Munch. Una strage di gocce che si ripete da millemila anni proprio davanti ai nostri occhi cinici ed insensibili.
          E, caro il mio Krüger, dubito assai che se – “(quella acquerugiola) che si vedeva appena potesse formare gocce spesse che all’improvviso quasi facevano a gara a chi correva più veloce sul vetro” – avesse un suo sistema sanguigno avrebbe catturato il tuo spirito. Altro che fare gioiosamente a gara a chi corre più veloce, meno cinicamente ed insensibilmente, assisteresti ad uno schizzar di sangue che nemmeno Quentin Tarantino!!!

          Basta così, ora, caro Marcel, piuttosto che fare inutile letteratura, metterò un po’ di asciugamani davanti ai vetri per ammorbidire quella che a cazzo chiami “un’ampia caduta leggera come di granelli di sabbia” e cercherò di salvare quante più gocce possibile. Lo farò, caro Krüger, anche per evitare quella colata di sangue che, anche tu a cazzo, chiami “gara a chi correva più veloce sul vetro”.
          Voi due divertitevi pure a fare letteratura, il lavoro sporco, come sempre, tocca a me.
          Ciao hypo, scusami ma quanno ce vò, ce vò.

  3. omg :))))
    non ho capito se la capocciata l’hai vissuta a tua spese oppure se hai solo riportato un classico…comunque sia sto ridendo a crepapelle perché hai reso la scena alla perfezione…
    (prima o poi qualcuno dovrà spiegarci perché troviamo esilaranti le capocciate, le cadute ecc.)
    però tu che dai una capocciata è troppo bello :)))
    non me ne volere “ma quanno ce vò, ce vò.”

  4. L’ho vissuta, l’ho vissuta mia cara e ti giuro che fa male… la figuraccia, però, anche di più :))
    Troppo bello, eh? Proprio come odiarti!!!

  5. me la immagino la figura :))
    comunque, se può consolarti, tanti anni fa presi una “facciata” uscendo da un grande magazzino. Un dolore secco e istupidente, ma non abbastanza da impedirmi un’uscita di gran carriera 🙂

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