Uno spettro verde s’aggira per l’Europa

Ave Socii

Le elezioni europee appena conclusesi ci hanno consegnato un risultato chiaro. Gli equilibri sono cambiati in tutta Europa, è indubbio. Tuttavia il pericolo della famigerata “avanzata dei sovranisti”, paventato dai fascio-buonisti, è stato in buona sostanza evitato. La musica è evidentemente cambiata anche qui in Italia, come era prevedibile. Ciò avrà sicuramente ripercussioni all’interno della maggioranza di governo. In Europa… beh, lì è tutta un’altra vicenda. Staremo a vedere come evolverà la situazione, sia dentro che fuori l’Italia.

Oggi intanto i giornaloni dei fascio-buonisti parlano di “onda nera”, come se l’avanzata in Europa di determinate forze politiche fosse quasi una cosa di cui vergognarsi. Una cosa riprovevole. Come se le persone che si schierano da una certa parte non meritassero di essere accostati alla civiltà. Come se credere in certi ideali o in certi partiti facesse tornare indietro l’orologio della Storia. In compenso, però, sono arrivati i salvatori: proprio loro, quelli dell'”onda verde”. Intendendo per “verde” non il “verde leghista”, non sia mai, bensì il “verde ambientalista”. Colore scelto soprattutto dai giovani dell’Europa. Colore che va alla grande, in particolare nei Paesi dell’Europa del Nord. Un buon auspicio, secondo molti.

L’attenzione all’ambiente è uno dei cavalli di battaglia del progressismo moderno. Con esso i fascio-buonisti potrebbero seriamente sperare di tornare a competere alla pari coi populisti e i sovranisti (il cui consenso è, come abbiamo visto, tutt’altro che dilagante in Europa). Nessuno si sognerebbe di trovare pecche nella sacrosanta battaglia a favore dell’ambiente. Eppure non tutto quel che riluce potrebbe essere oro. Forse l’ambientalismo non è tutto candido e innocente come vorrebbero farci credere. Forse troppo ambientalismo potrebbe addirittura nuocere all’Europa.

Quanti si domandano chi c’è veramente dietro i sostenitori dell’ambientalismo? La lotta contro i cambiamenti climatici, contro le emissioni inquinanti, contro lo scioglimento dei ghiacci, contro il buco nell’ozono… Tutte bellissime cose, chi lo metterebbe in dubbio? Ma le belle forme fanno abbassare la guardia, inevitabilmente. L’energia non si crea a chiacchiere, ma sfruttando comunque l’ambiente. Responsabilmente, certo. Starete sicuramente pensando alle fonti rinnovabili e allo sviluppo sostenibile. Sappiate che le fonti rinnovabili, da sole, non riusciranno mai a coprire il fabbisogno di una Nazione intera. E’ impensabile, perlomeno con l’attuale stato della tecnologia.

Eppure in questi anni si è investito molto in rinnovabili… Vero. E spesso a rimetterci sono stati interi agri di terreno fertile, espropriati e resi sterili per ospitare pannelli fotovoltaici. La bellezza e l’attrattività dei nostri paesaggi, sovente messe in discussione dall’installazione di pale eoliche lungo i versanti collinari. E, ovviamente, le nostre tasche: i colossali investimenti sulle rinnovabili ricadono soprattutto sulle bollette che paghiamo. Ma perché investire tanto sulle rinnovabili, se poi non potranno comunque coprire il fabbisogno nazionale? Per fare un favore ai mafiosi? Può darsi, ma potrebbe esserci anche dell’altro. La verità, che nessuno vuol ricordare, è che le rinnovabili non possono funzionare senza combustibili fossili. Forse un giorno la tecnologia cambierà, ma per ora così è. Aprite bene le orecchie: a finanziare i promotori dell’ambientalismo sono i petrolieri.

Nei negoziati internazionali non c’è spazio per i buoni propositi, a meno che non servano a qualcuno per far cassa. L’ambientalismo rientra fra questi casi. Avere un mondo pulito è bellissimo, chi potrebbe negarlo? Eppure non esistono produzioni che non siano inquinanti, mettiamocelo in testa. Immaginare un futuro pulito è un diritto sacrosanto, ma guai se si tentasse di perseguire un fine (incrementare l’influenza dei petrolieri) facendo credere che si stia combattendo per un fine palesemente contrario (un mondo che non utilizzi più energia da fonti fossili). Magari servendosi pure di ragazzine sedicenni che facciano leva sul bisogno dei giovani di credere in un futuro diverso. E, perché no, anche sul senso di colpa dei meno giovani per la loro scarsa attenzione sui temi ambientali.

Non ci sembra giusto (ma purtroppo così funziona il mondo degli affari) che alcuni adoperino simili strategie ipocrite di manipolazione, per favorire i detentori e gli sfruttatori del fossile. In maggioranza, guarda caso, provenienti da Paesi arabi: quei Paesi, in buona sostanza, che fanno dell’Islam (= sottomissione) il loro credo. Le loro ambizioni di conquista dell’Europa cristiana, infatti, non si sono mai del tutto sopite. Invece che con una guerra santa, potrebbero sottometterci proprio attraverso i buoni propositi dell’ambientalismo. In maniera silenziosa, senza destare troppi sospetti. In questo modo l’ambientalismo, da bandiera in cui credere, potrebbe trasformarsi in un cavallo di Troia per l’Europa.

Abbiamo detto no al nucleare non certamente per gli elevati costi d’impianto, ma soprattutto perché nell’immaginario collettivo il “nucleare” non è ben visto. Di questo dobbiamo ringraziare gli ambientalisti, ovvero i petrolieri: così saremo sempre costretti a dipendere da qualcuno che ci fornisca l’energia. Se proprio non vogliamo il nucleare perché è brutto, almeno pensare agli inceneritori sarà lecito? No, nemmeno quello… Fino a che punto saremo succubi del volere dei petrolieri? Prima si dice no agli inceneritori, si paga per trasportare e far incenerire all’estero i rifiuti che produciamo, si paga un’altra volta per comprare dall’estero l’energia proveniente anche dai nostri rifiuti… Poi magari si incendiano i cassonetti, o si sotterrano i rifiuti tossici, e ci si lamenta delle “terre dei fuochi”. Si parla tanto di “economia circolare”, ma allo stato attuale sembrano solo parole.

Quanto detto potrebbe essere annoverato tra le semplici “opinioni” o “chiacchiere da bar”. Crediamo sia comunque lecito esprimerle, pure se ad alcuni può non piacere. Speriamo che le nostre siano davvero solo opinioni! Qualora vi fossero anche riscontri nella pratica, saremmo seriamente preoccupati per il futuro dell’Europa. Un’Europa che crede di essere libera e aperta e all’avanguardia, ma in realtà succube dei petrolieri e, magari, pure sottomessa alla Mecca.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Quei sepolcri imbiancati che abitano la Chiesa

Ave Socii

Libera Chiesa in libero Stato. A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio… Per quanto differenti possano sembrare, Vangelo e Costituzione concordano nel sostenere l’indipendenza del potere temporale dal potere spirituale e viceversa. Ultimamente però, pare che queste due sfere siano un po’ in rotta di collisione.

La Chiesa si occupa di anime, lo Stato di cittadini. In teoria, la Chiesa non dovrebbe parlare agli uomini in quanto cittadini ma in quanto fedeli. E lo Stato non dovrebbe occuparsi delle cose di lassù ma delle cose di quaggiù. Nella pratica, Stato e Chiesa hanno sempre interferito l’uno con l’altra, in modo positivo o negativo. E questo è inevitabile che accada.

I rapporti fra questi due mondi, quello di Dio e quello di Cesare, dovrebbero limitarsi al rispetto costruttivo e all’umiltà di non metter bocca sugli affari di cui non si ha competenza. Il che è tutto il contrario di ciò che sembra accadere ultimamente.

Da una parte, politici che invocano l’aiuto e la protezione della Vergine. Dall’altra, cardinali che violano i sigilli per riallacciare la luce a degli abusivi. Assistiamo giorno dopo giorno ad un continuo tentativo di prevaricazione di una sfera sull’altra. Certamente non è un bello spettacolo, per dei fedeli che sono anche cittadini e viceversa.

Visto che le elezioni sono ormai alle porte, crediamo sia inevitabile che i politici adoperino tutto il loro arsenale per racimolare quanti più voti possibili. Comprendiamo meno, invece, il motivo per cui addirittura alcuni ecclesiastici si straccino le vesti additando determinati discorsi come inopportuni. D’altronde la religione è sempre entrata di prepotenza nella politica italiana. In decenni di Democrazia Cristiana nessuno s’è mai scandalizzato. Nessuno ha mai protestato perché un partito mostrava la croce nel proprio simbolo. Se ora qualche politico si azzarda a baciare un rosario o a invocare i Santi e la Madonna, è visto come inopportuno…  Francamente ci sembra un atteggiamento un tantino ipocrita. Quando qualcuno manifestava mostrando cartelli con su scritto “Dio, patria, famiglia: che vita di m…”, non abbiamo sentito tutto questo rumore.

Può darsi che la Chiesa sia cambiata parecchio, dai tempi della Dc a oggi, per tentare di recuperare dei fedeli disincantati. E non solo riguardo al modo di interferire con la politica. Forse è soprattutto l’incoerenza di alcuni pastori ad indignare di più. Proclamare determinati valori e comportarsi in tutt’altra maniera, dà l’idea di una istituzione poco credibile. Non bisogna far di tutta l’erba un fascio, è chiaro. Ma quando la Chiesa predica l’umiltà e l’accoglienza e poi si scopre che possiede immobili inutilizzati per migliaia di miliardi… E’ umano che qualche fedele possa anche sentirsi preso in giro!

L’accoglienza è uno dei più nobili principi evangelici. Ma il Vangelo parla agli individui, non agli Stati. Gli Stati dovrebbero seguire le Costituzioni, non il Vangelo. Le nostre comuni radici cristiane non figurano nemmeno nei Trattati europei, figuriamoci… L’accoglienza è bella se attuata liberamente dai singoli individui, ma se praticata dagli Stati è solo una catastrofe. Accogliere un immigrato può essere un gesto buono e lodevole per un singolo, ma a livello politico ricade anche sul resto della comunità. Affari tuoi se intendi porgere l’altra guancia, ma non puoi costringere gli altri a fare altrettanto.

Una Chiesa politicizzata, ad oggi, potrebbe far comodo ai fascio-buonisti. A quelli che, non riuscendo a fornire validi motivi politici alle proprie idee, si appellano ai principi cristiani. Come sull’accoglienza o la sicurezza… Ma anche la Chiesa si armava e combatteva lo straniero, fino a qualche secolo fa. L’incoerenza e l’ipocrisia sono fatti umani. Anche la maggioranza dei fascio-buonisti detesta le posizioni della Chiesa su famiglia e aborto.

Politica e Chiesa, vediamo, non possono evitare di incontrarsi e scontrarsi. Se ognuno si limitasse al proprio ambito di competenza, forse eviteremmo tutte queste polemiche. E ci concentreremmo maggiormente sulle questioni più scottanti. Le persecuzioni dei cristiani nel mondo, le missioni nei Paesi poveri per aiutare le persone a svilupparsi in loco e a non emigrare, le miserie delle nostre periferie, gli scandali… Forse è meglio scatenare tempeste in un bicchier d’acqua, quando si ha troppa paura di affrontare le tempeste dell’oceano. E’ facile cogliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro, quando non si vuol avere a che fare con la trave nel proprio occhio.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Più diritti per l’Autore

Ave Socii

Siamo e saremo sempre per la libertà di espressione. Siamo e saremo sempre per la libertà di cultura. Tutti coloro i quali vengano a contatto con la cultura dovrebbero essere liberi. Il fruitore come l’autore di opere.

Spesso tendiamo ad appiattirci su chi fruisce della cultura, senza mostrare adeguata attenzione a chi la cultura la crea. L’autore è la fonte della cultura, senza di lui chi ne fruirebbe? Le idee muovono dalla creatività dell’autore, mentre i fruitori possono apprezzare o meno le opere frutto di quelle idee.

Di quali tutele gode l’autore di opere oggi? Siamo nell’era dei social e della dematerializzazione diffusa. Perfino la cultura si sta quasi completamente dematerializzando. Se prima il genio si serviva della materia per plasmare la propria idea, ora la materia prima più pregiata sembra esser diventata la “non materia”.

Ormai l’opera viaggia soprattutto attraverso la rete. Questo ha consentito a tanti autori di emergere, fornendo loro la possibilità di condividere le proprie opere con una maggiore platea potenziale di fruitori. D’altro canto, tuttavia, li ha fatti scontrare con la possibilità di cadere nell’anonimato e nell’assenza di tutele.

Chi tutela l’autore di opere oggi? Il diritto d’autore è sacrosanto e dovrebbe essere rafforzato. Quello delle idee è un mercato potenzialmente redditizio, ma spesso ciò non viene compreso. Dal lato della domanda, i fruitori possono servirsi della rete per scaricare (anche gratuitamente) opere di molteplici autori. Dal lato dell’offerta, cosa raccolgono gli autori? Sembra poco elegante affermare che gli autori “vendono idee”, ma nella realtà è così veramente. Come è vero che i fruitori “consumano idee”.

Volendo trattare le idee alla stregua di beni, potremmo annoverarle tra i beni cosiddetti “intangibili”. Quindi, a differenza dei beni materiali suscettibili di usura, le idee non subiscono logorii e possono essere “utilizzate” più volte e per molteplici scopi. Vero è che nuove idee possono rimpiazzare le più vecchie, ma ciò non diminuisce il prestigio di queste ultime e, a fronte di una eventuale riscoperta della loro modernità, apre loro la strada alla possibilità di rilasciare utilità persino in futuro.

In passato era molto più facile difendere la paternità delle idee, perché queste erano quasi sempre legate ad un risultato materiale. Con l’avvento delle nuove tecnologie, l’autore rischia di avere sempre meno tutele a fronte di un’esplosione di possibilità per i fruitori di opere. Chi diffonde le idee in rete potrebbe danneggiare chi quelle idee le ha concepite, in termini di mancato guadagno per quest’ultimo. Ciò potrebbe scoraggiare gli autori a produrre nuove idee. Il che è, a nostro avviso, inaccettabile. Le idee potrebbero invece costituire il più proficuo capitale del presente e del futuro.

In tempi in cui l’informazione è cruciale pure nella vita quotidiana, la tutela delle idee dovrebbe essere inserita in ogni ordinamento che si professi “democratico”. E’ tuttavia difficile e complesso, per l’autore, controllare la “vendita al dettaglio” delle idee. Così come è difficile e complesso costringere ogni fruitore a pagare per l’opera che scarica dalla rete. Perciò le norme sul copyright, applicate alla rete, dovrebbero tutelare i rapporti non tanto fra autori e fruitori, quanto fra autori e intermediari. Sono gli intermediari, infatti, quelli che rendono possibile la circolazione dell’opera in circuiti difficilmente controllabili come la rete.

Ogni accordo fra autore e intermediario, perciò, dovrebbe prevedere che questi riconosca al creatore d’opere un compenso a titolo di copyright. Tale compenso assolverebbe a una duplice funzione: di semplificazione e di garanzia. Semplificazione perché consentirebbe all’autore di trattare con un numero limitato di intermediari, anziché rivolgersi ai fruitori della rete. Garanzia in quanto tale compenso garantirebbe comunque un minimo di riconoscimento al lavoro dell’artista, anche in previsione di eventuali atti pregiudizievoli a danno dell’autore. Una sorta di “risarcimento preventivo” dovuto all’autore, la cui opera viene distribuita gratuitamente (e non senza rischi) a una platea indistinta e numerosa come quella della rete.

Solo in questo modo è possibile creare un circuito proficuo tra le molteplici necessità in gioco. Da un lato, i consumatori potrebbero continuare a fruire gratuitamente delle opere scaricabili sulla rete. Dall’altro lato, gli intermediari dovrebbero preventivare dei “costi di diffusione” delle opere quantificandoli nel risarcimento all’autore. Da ultimo, ma certamente non ultimo, gli artisti vedrebbero riconosciuta la dignità del proprio lavoro, mediante il diritto al suddetto risarcimento.

Nonostante la nostra semplicistica schematizzazione, crediamo di aver toccato il nucleo della questione. Che i consumatori fruiscano di ogni bene (idee comprese) nelle migliori condizioni è cosa buona. Altrettanto buono ci sembra il riconoscimento di diritti per chi ha prodotto quei beni (idee comprese). Come in un qualsiasi incontro tra domanda e offerta. Ci aspettiamo pertanto maggior coraggio di intervento a favore di autori e artisti. Chiediamo che non si ceda alle richieste di chi vorrebbe addirittura abolire il copyright. Almeno questo. Ne va della dignità di ogni autore.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Il nostro appello contro ogni violenza

Ave Socii

La piazza sovranista di Milano è stata un grande esempio di democrazia e libertà di pensiero. Una piazza pacifica e propositiva, come tante nel nostro Paese. Tutte le piazze dovrebbero essere così: pacifiche e propositive. Per lo meno pacifiche.

Anche le piazze dei sindacati, dei lavoratori, dei residenti stanchi di subire certe situazioni, delle categorie che vogliono far sentire la loro, sono piazze pacifiche. Queste sono le piazze che vogliamo. Non serve che si usi violenza per dimostrare al mondo di esistere.

L’atteggiamento violento è agli antipodi rispetto al confronto pacifico della democrazia. Il confronto costruisce, la violenza distrugge e basta. Nessuno può permettersi di aizzare alcuni contro altri, per il mero fine dell’ottenimento della visibilità. Chi è violento nei modi, forse è debole nelle idee.

Nessuno può permettersi di gettare a terra il cibo destinato ad altri, o di gridare frasi ingiuriose e indegne come “Ti stupro”. Nessuno può permettersi di violentare delle ragazze, specie se appartiene a un movimento politico che fa della lotta alla violenza sessuale una bandiera. Guai, se a destra come a sinistra, si lasciasse spazio a persone del genere. Ci vergogneremmo di appartenere a quella fazione.

Nessuno può tuttavia permettersi di accostare gli atteggiamenti violenti alla cultura di una singola parte politica. Lo stupratore non ha colore politico, così come il violento in generale. Il periodo stragista e gli anni di piombo non ci hanno insegnato nulla? La violenza può tingersi di qualunque colore. Il violento è un soggetto che merita solo comprensione e aiuto. E se vuol rimanere violento, non merita nemmeno quello.

Nessuno può permettersi di bruciare libri o distruggere opere in nome di un qualsiasi credo. Molti, troppi pensano che cancellare il passato sia la strada migliore per costruire il futuro. Ma è solo una violenza contro la storia dell’uomo. Contro noi stessi.

Nessuno può permettersi di contestare l’altro bruciando la sua bandiera. Con essa ardono i cuori di un’intera Nazione. Nessuno può permettersi di minacciare di morte qualcuno, oppure offenderlo costruendo manichini da infuocare o appendere a testa in giù. Così si rievocano pagine buie della Storia.

Nessuno può permettersi di influenzare delle decisioni squisitamente politiche, se la carica che riveste non glielo consente. Anche questa è violenza. Violenza contro la Costituzione e contro la divisione dei poteri tipica di ogni Paese democratico.

Chi detiene il potere giudiziario non può pretendere di interferire con quello esecutivo, in nome della propria “indipendenza”. Da noi è il Parlamento a scrivere le leggi e il Governo ad eseguirle, non la magistratura. Perfino in tema di accoglienza. Una magistratura che pretende di essere indipendente soggiogando gli altri poteri è violenta contro la Costituzione. Bisognerebbe interpellare la Consulta, in caso ci fossero dubbi.

Chi è sindaco o pubblico funzionario non può disobbedire alle leggi o disapplicarle, se è in disaccordo con esse. La disobbedienza civile la fa il popolo, non la pubblica amministrazione. Perfino in tema di accoglienza. I pubblici funzionari che disobbediscono sono violenti contro la Costituzione. Bisognerebbe interpellare la Consulta, in caso ci fossero dubbi.

Se una qualche forza politica appoggia degli atteggiamenti violenti contro la Costituzione, probabilmente è complice seppur in buona fede. Perfino in tema di accoglienza. Ecco perché ancora non le arrivano tanti avvisi di garanzia tutti insieme. Come possono, i rappresentanti del potere giudiziario, sbarazzarsi così in fretta di politici che fanno il loro gioco? Marionette mosse dagli intricati fili dell’onestà. Ma prima o poi questi fili si romperanno pure per loro. Anche troppa onestà è violenta.

Siamo contrari ad ogni forma di violenza. Quelle più palesi e quelle più subdole. Quelle contro le persone e quelle contro il nostro modello democratico. Quelle che tutti deplorano e quelle che forse nessuno ha il coraggio di far notare. Quelle contro le opinioni. Quelle contro le regole.

Noi siamo per il rispetto. Per le persone e le loro opinioni. Per le Istituzioni e le loro regole. E voi?

Vostro affezionatissimo PennaNera

Lega-Cinque Stelle, Cinque Stelle-Lega. Sinonimi e contrari

Ave Socii

Sinonimi nelle intenzioni, contrari nei metodi. Questo sono Lega e Cinque Stelle. Accomunati dal medesimo intento anti-sistema, ma profondamente contrastanti nei fini verso cui tendere. La bandiera dei leghisti è l’ordine, quella dei pentastellati l’onestà. La Lega è granitica e compatta nelle idee che sostiene, i Cinque Stelle accolgono tante correnti di pensiero spesso in conflitto. La prima è lo spirito dell’esperienza, i secondi l’impulso dell’improvvisazione al potere. Sinonimi e contrari che hanno permesso a questo strano governo di durare quasi un anno e che forse gli consentiranno di durare chissà quanto ancora. La forza di questa inconsueta compagine risiede proprio nella profonda diversità dei suoi componenti.

Se si volesse per forza attribuire la qualità della competenza ad uno solo dei due partiti di maggioranza, la nostra scelta ricadrebbe sicuramente a favore della Lega. E non solo a livello di storia (infatti la Lega è, attualmente, il partito più longevo del panorama politico italiano), ma anche in termini di preparazione e capacità di risolvere i problemi (seppur, talvolta, in modi grezzi e indigesti secondo molti osservatori “politicamente corretti”).

Onestà vs competenza. Secondo noi sono queste le istanze meglio rappresentate, rispettivamente, da Cinque Stelle e Lega. Istanze che nelle ultime settimane sembrano essersi quasi polarizzate. C’è forse bisogno di essere contrari all’una per essere favorevoli all’altra? E’ certamente meglio che chi ricopre cariche importanti (specie se pubbliche) sia persona egualmente onesta e competente. Ma nel dubbio, ove ci sia imposto di scegliere, crediamo sia meglio optare per la competenza. Se sei onesto ma incompetente, intorno troverai gente più competente di te in grado di sfruttare la tua incompetenza oppure manovrarti, non necessariamente per fini onesti.

Esempio. Se in Parlamento siedono degli incompetenti, con tutto il rispetto, le leggi saranno scritte da persone incompetenti: cioè, tendenzialmente, saranno scritte male e in maniera non chiara. Leggi scritte male e in maniera non chiara lasciano ampio margine di interpretazione ai detentori del potere giudiziario, i magistrati. Se esiste un motivo su tutti in grado di spiegare lo strapotere della magistratura oggi, forse va ricercato proprio nell’incompetenza del Legislatore moderno. Non solo negli ultimi anni, ma negli ultimi decenni. Se poi il Legislatore di oggi è pure malato di giustizialismo!

Dopo le recenti inchieste per corruzione e l’ingigantimento operato da media e Cinque Stelle, per la Lega sembrano ormai davvero lontani i tempi di “Roma ladrona”. Ma i Cinque Stelle stiano in campana! Il loro è un partito ancora giovane, la disonestà avrà tutto il tempo per intaccarli. I disonesti stanno dappertutto. Non c’è cosa più democratica della disonestà. Si godano questo momento, loro che ancora possono vantarsi di essere “diversi” e persino “contrari” rispetto al resto del sistema.

I due azionisti di maggioranza sembrano contrari e complementari proprio su tutto. Non solo sui temi che discutono, ma anche sulla maniera di conquistare il consenso della gente. Se per i Cinque Stelle il consenso sembra arrivare durante le campagne elettorali, per la Lega invece il consenso è arrivato soprattutto durante il periodo di governo. Altro indicatore che mostra come la Lega sia più competente, più avvezza a realizzare che a proclamare. Moralismo vs pragmatismo…

Sacrosante le battaglie dei Cinque Stelle contro privilegi, vitalizi e pensioni d’oro. Parlamentari per un giorno o neanche… che prendono pensioni che neanche uno che ha lavorato quarant’anni e passa si sognerebbe! Sessantottini e comunisti col vitalizio… Proprio loro, quelli che stavano dalla parte del popolo e contro il sistema? Lunga vita ai Cinque Stelle, per queste loro battaglie di buon senso! Ma si tratta pur sempre di questioni di principio più che di utilità pratica.

Non basta l’onestà per rendersi credibili agli occhi del popolo. D’accordo, i Cinque Stelle hanno clamorosamente ribaltato alcuni risultati attesi nei ballottaggi in Sicilia. Sarebbe stato un successo ancor più eclatante, se il partito dell’astensione non avesse incassato altri 15 punti percentuali rispetto al primo turno. E proprio la Lega, data per favorita, sembra averne pagato le più pesanti conseguenze. Permetteteci, però, di spezzare una lancia in favore di Salvini, che ha voluto correre intenzionalmente da solo in certi comuni, facendo incassare alla Lega risultati neanche troppo scontati in una regione meridionale. I ballottaggi hanno dimostrato che per la Lega i risultati migliori arrivano senz’altro in una coalizione di centrodestra, non correndo da soli. Crediamo che Salvini abbia certamente imparato da questa esperienza.

A pensar male si fa peccato ma… Secondo noi, da parte dei Cinque Stelle è in atto un vero e proprio progetto di svendita dell’Italia ai Cinesi. Solo congetture infondate? Chissà… Nel loro simbolo compaiono cinque stelle, proprio come sulla bandiera cinese… Vogliono stipulare accordi con la Cina, Stato che sta colonizzando e sfruttando economicamente buona parte del mondo… A partire dall’Africa, terra da cui poi si muovono enormi ondate migratorie verso i Paesi europei. Pure sul tema immigrazione, che strano, i Cinque Stelle si mostrano ambigui e incoerenti: prima dicono che la “linea dura” è condivisa da tutto il governo, poi alla vigilia delle elezioni tornano a mettersi di traverso. Chissà…

A ben vedere, ambiguità e incoerenza sono tratti caratterizzanti i Cinque Stelle. Come sul tema delle dipendenze: scatenano battaglie di civiltà contro chi si arricchisce col gioco d’azzardo, ma vorrebbero sciogliere le briglie a chi si arricchisce con la cannabis. Loro che sono tanto attenti alle questioni di principio, dovrebbero forse dimostrarsi un po’ più chiari e coerenti anche su queste questioni.

Apparentemente d’accordo ma in realtà contrari, i nostri due azionisti di maggioranza, pure in tema di legittima difesa. Il relativo provvedimento, ricorderete, è stato votato con non pochi mal di pancia da parte dei Cinque Stelle. Fra l’altro, pare che il testo del disegno di legge fosse diverso. Se un estraneo entra forzatamente nella mia proprietà, si trova nel posto sbagliato a prescindere da ogni altra motivazione. Qualsiasi eventuale conseguenza è frutto del suo errato comportamento. Questo è un ragionamento di buon senso, se veramente la proprietà è “sacra”.

Ora, invece, ci ritroviamo a che fare con lo “stato di grave turbamento”… Scusate, ma chi stabilisce se il nostro turbamento durante un’aggressione è grave o lieve o inesistente? Mentre un balordo ci aggredisce abbiamo forse tempo per domandarci che intenzioni abbia, o se ha abbia avuto una vita difficile, o se reagire in maniera più o meno turbata? Il “grave turbamento” è forse peggiore della “proporzionalità della difesa all’offesa”… Non c’è dubbio: questo è l’ennesimo regalo dei Cinque Stelle alla magistratura.

Troppo potere alla magistratura nuoce alla democrazia: si predilige un potere, quello giudiziario, a discapito degli altri. Così però è più facile eliminare giudiziariamente gli avversari che non si riesce ad eliminare politicamente (vi ricorda qualcosa?). Garantismo vs giustizialismo… Questo, a nostro parere, è il vero punto di distacco tra Lega e Cinque Stelle. Ma in democrazia i giudici giudicano, i politici fanno politica. Qui non siamo in un Paese “modello Cina”, dove il mero sospetto è sufficiente a togliere di mezzo chi infastidisce i potenti.

Lo strapotere della magistratura va a nozze con le posizioni giustizialiste dei Cinque Stelle. L’onorevole Di Maio finge di stupirsi quando afferma che in così poco tempo sono scoppiati così tanti casi di corruzione e che i Cinque Stelle sono l’unico partito che (aggiungiamo noi, ancora) non riceve tangenti. Da sempre la magistratura invia raffiche di avvisi di garanzia a ridosso di importanti appuntamenti elettorali. Strano eh? Ancor più strano che uno accorto e intelligente come Di Maio finga di non saperlo. E poi, detto fra noi, la magistratura è forse motivata ad indagare su una forza politica che consente un così ampio potere d’influenza ai giudici? Va bene che la giustizia faccia il suo corso e i magistrati i dovuti controlli… Ma a questo punto, di grazia, chi controlla i controllori?

Troppi controlli paralizzano il Paese. La magistratura, a tal proposito, dovrebbe intervenire solo dopo la costruzione delle opere, per verificare la regolarità degli appalti. Altrimenti le opere si bloccano. E pure qui notiamo che i Cinque Stelle prediligono l’onestà. Ma troppa onestà, in questo caso, genera inerzia. E l’inerzia è, al momento, ciò di cui il nostro Paese ha meno bisogno. Gli unici che paiono muoversi senza alcun freno o limite sono i magistrati, guarda un po’… Specialmente in periodo di campagna elettorale sembrano tutt’altro che inerti.

Questa campagna elettorale, combattuta con toni così accesi e agguerriti come se non esistesse un domani, è ormai quasi agli sgoccioli. Da parte nostra c’è molta curiosità di vedere i due azionisti di governo, contrari ma complementari, di nuovo insieme dopo le elezioni europee. Forse nulla sarà più come prima. O forse sì?

Vostro affezionatissimo PennaNera

Immigrazione e dis-integrazione

Ave Socii

Ci ha fatto molto piacere che il contestato sindaco di Riace sia stato invitato, alcuni giorni fa, all’Università “La Sapienza” di Roma. Oggetto del suo intervento, il modello di accoglienza diffusa che ha avuto proprio in Riace il suo più fulgido esempio. Il diritto di parola ed espressione, anche se ha ad oggetto idee e opinioni controverse, deve essere concesso. Sempre e comunque. Per quanto differente e indigesta possa apparire l’opinione che l’altro sostiene. Impedire che qualcuno possa esprimere il proprio pensiero non giova a un Paese democratico.

Per questo l’invito concesso al sindaco Lucano rappresenta un chiaro segnale di libertà e democrazia. E proprio per questo non ci capacitiamo ancora del fatto che, d’altra parte, a Torino si sia impedito ad alcuni editori di partecipare alla Fiera del Libro. Impedimento avallato, ricordiamolo, anche da rappresentanti istituzionali quali Comune e Regione. Le Istituzioni dovrebbero sempre garantire a tutti la piena libertà di espressione. Ogni penna ha diritto di scrivere. Ogni bocca ha diritto di parlare, in uno Stato democratico. Persino ex brigatisti e terroristi hanno diritto di parola in molte università…

Ma torniamo al tema scottante e controverso dell’accoglienza. Negli ultimi tempi il fenomeno migratorio ha assunto proporzioni notevoli, specialmente verso l’Europa. L’intervento in Libia da parte delle potenze occidentali, in nome delle fantomatiche “primavere arabe”, ha fatto perdere l’equilibrio ad una situazione già delicata ma fino ad allora relativamente stabile. E oggi ci ritroviamo a dover ospitare e integrare. E contro i nostri confini premono sia da fuori che da dentro. Da quanto tempo ospitiamo i rom? Hanno forse dato segnali positivi di integrazione? La cultura rom in taluni casi percepisce non proprio positivamente lo “stanziale”, il “diverso dal rom”… Quando si dice “pregiudizio”…

E noi ci preoccupiamo di fornire case e accoglienza a rom e migranti, facendoli perfino passare avanti agli italiani in base a non meglio precisati requisiti. Secondo il Vangelo saremmo buoni, avremmo “porto l’altra guancia” o “accolto lo straniero”. Però la legge è legge, a Cesare quel che è di Cesare. Assegnare le abitazioni in base a requisiti etnici viola l’articolo 3 della nostra Carta: nessuno può essere discriminato in ragione della sua “razza”. Discriminando positivamente qualcuno, si discriminano negativamente tutti gli altri. E poi i rom non erano nomadi? Da quando sono diventati stanziali al punto da pretendere una casa? Forse almeno loro si integreranno. E quelli che continuano a vivere nei campi? Più comodo stare fissi in un posto e spesso senza manco pagare i servizi, no?

Nonostante il loro plateale fallimento, i fascio-buonisti ancora parlano di immigrazione e integrazione come fossero diritti divini. Le loro politiche basate sui buoni sentimenti, oggettivamente, si sono rivelate un disastro. Se davvero l’immigrazione è un fenomeno epocale, se davvero l’accoglienza è un dovere etico universale, perché l’Europa si è girata dall’altra parte? E l’Onu che fine ha fatto? Se davvero gli immigrati pagano le nostre pensioni, perché gli Stati non fanno a gara per ospitarne quanti più possibile? Perché il modello progressista è entrato in crisi? Perché, d’altro canto, i populisti acquistano consensi pure nelle storiche roccaforti del progressismo?

Forse non hanno poi così torto quelli che sostengono che persone di un’altra cultura, sradicate dal loro contesto e costrette ad “integrarsi” presso altre culture con altre regole e tradizioni, siano portate ad emarginarsi, a coalizzarsi fra loro e talvolta perfino a delinquere. Il principio di base è semplicissimo: “il simile conosce il simile”. E spesso odia il dissimile. Razzismo e pregiudizio non viaggiano mai a senso unico: può esserci chi pre-giudica, così come può esserci chi si sente pre-giudicato comportandosi di conseguenza. La cura in grado di trasformare l’immigrazione da “problema” a “risorsa” in realtà esiste: è il lavoro il più importante ed efficiente strumento di integrazione. Peccato che al momento scarseggi. Ma tutti debbono vivere, immigrati compresi. Il pregiudizio non è che un meccanismo di difesa, sia di chi ospita che di chi è ospitato.

Se pure esistessero dei pregiudizi nei confronti degli immigrati, forse non sarebbero nemmeno troppo infondati. Se gli immigrati fossero l’8% della popolazione totale e la tendenza a commettere reati si distribuisse omogeneamente nella popolazione, nelle carceri dovremmo avere una percentuale di immigrati reclusi vicina all’8%. Se tale percentuale sale “inspiegabilmente” al 40%, forse qualche problemino c’è. Aiutarli “a casa loro” era una bestemmia fino a non molti anni fa. Ora sembra che da più parti si faccia largo questa istanza. Aiutarli “a casa loro” ci farebbe risparmiare sia in termini economici che sociali.

L’accoglienza non dovrebbe essere la normalità, ognuno dovrebbe vivere tranquillo nel proprio Paese. L’accoglienza è un principio evangelico che può funzionare bene tra i singoli, non certo tra gli Stati. I fatti più o meno recenti lo dimostrano. L’immigrazione non dovrebbe essere un diritto, ma un fenomeno patologico causato da Paesi che non sono in grado di proteggere e tutelare i propri cittadini costretti a emigrare. Un fenomeno da evitare, dunque. Paesi del genere non andrebbero sfruttati ma aiutati, possibilmente nel loro stesso territorio. Non si chiama colonizzazione, si chiama buon senso.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Legalizzazione della cannabis… Chi ci guadagna davvero?

Ave Socii

Negli ultimi tempi sentiamo spesso parlare di “legalizzazione della cannabis” come se fosse la cosa più normale del mondo. Come se la libertà di sballarsi rischiando di mettere a repentaglio l’ordine pubblico sia una specie di diritto acquisito. Come se il nostro Paese fosse indietro anni luce rispetto agli altri “Paesi civili”.

D’altro canto, magari proprio gli stessi che tanto sostengono provvedimenti del genere non osano spendere una sola parola su una realtà dura e scomoda come quella della tossicodipendenza. Realtà che evidentemente non beneficerebbe degli effetti della legalizzazione. Chiunque volesse uscire dalla dipendenza da sostanze, al contrario, incontrerebbe forse più ostacoli in un mondo dove è consentito il libero utilizzo delle sostanze.

Alcune forze politiche dovrebbero trattare con minore superficialità il problema della diffusione delle sostanze e della tossicodipendenza. A maggior ragione dovrebbero farlo quelle forze politiche che dichiarano, ad esempio, di voler contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e della ludopatia.


Droga e tossicodipendenza

Quando si parla di “tossicodipendente” si pensa subito a qualcuno da sostenere e curare… Ebbene, se la tossicodipendenza è davvero una malattia (così la definisce anche l’OMS) allora per quale motivo si dovrebbe consentire la diffusione dei potenziali “vettori” di questa malattia? Secondo logica, una malattia dovrebbe essere curata e, per quanto possibile, prevenuta. A meno che per l’OMS non esistano malattie di serie A e malattie di serie B.

Certo, allo stato attuale è difficile stabilire se esista correlazione fra il consumo di droghe cosiddette “leggere” e il possibile passaggio al consumo di droghe cosiddette “pesanti” e alla dipendenza: mentre alcune ricerche “dimostrano” che tale correlazione non ha ragione d’essere, altre affermano esattamente il contrario. Ma al di là di ciò siamo convinti che, così come esiste una “cultura della vaccinazione” al fine di prevenire la diffusione di malattie potenzialmente pericolose, in primo luogo per tutelare i soggetti più deboli ed esposti a tali malattie, allo stesso modo si dovrebbe promuovere una cultura della prevenzione anche in tema di sostanze psicotrope, evitando di rendere facilmente reperibili gli stupefacenti in primo luogo per tutelare i tossicodipendenti, in quanto soggetti deboli e maggiormente esposti al consumo e al rischio di ricaduta.


Educazione, nuovi modelli e musica trap

Oggi assistiamo sempre più al paradosso che molte persone, soprattutto giovani e giovanissimi, provano vergogna a chiedere aiuto ad uno specialista ma non si vergognano a rivolgersi ad uno spacciatore. Certi atteggiamenti sintomo di disagio, a nostro avviso, verrebbero senz’altro accentuati se si procedesse alla legalizzazione.

Ma la cannabis è una sostanza naturale… Ma la cannabis è usata nella cura di molte malattie… Ma la cannabis non dà dipendenza fisica… Ma è solo una cannetta… Quante giustificazioni si sentono in merito a “una cannetta”! Potrebbero dire chiaramente che gli piace, invece di tergiversare e inventarsi giustificazioni su giustificazioni, no? E invece… Molti continuano a farsi “una cannetta” e a giustificarsi sempre allo stesso modo. La cannabis è una panacea per i malati di Parkinson, giustissimo… Ma guardate quanti giovani attorno a voi si fanno le canne! Sono forse tutti malati di Parkinson?

Proprio tra i giovani c’è più fame di legalizzazione, perché sono loro a sopportare maggiormente il peso del disagio. Dipende certo dall’età ma pure, oggi come non mai, da una sempre più dilagante instabilità dei nuclei familiari: genitori poco o per nulla presenti, entrambi al lavoro per poter “arrivare a fine mese”, divorzi, famiglie allargate o “di fatto”… Negli anni l’instabilità familiare è stata incentivata in ogni maniera, anche attraverso provvedimenti politici ben precisi. Poi non meravigliamoci se molti ragazzi sono frustrati e si comportano da “bulli”, umiliano gli insegnanti, si coprono di tatuaggi, si fanno le canne a 13 anni o impazziscono per la musica trap!

Da sempre vari artisti hanno scritto opere inneggianti allo sballo, alla vita sregolata, alla marginalità. Rispetto e onore a chi ha avuto un passato difficile e riesce a riscattarsi con la musica! Guai, invece, se qualche artista utilizzasse la musica come mezzo per incitare comportamenti illeciti… E magari per incrementare gli affari di alcuni suoi amici spacciatori! La marginalità è tollerabile, per l’appunto, finché rimane marginale. Non quando diviene addirittura un “modello di vita”.

Oggi scopriamo che un intero filone musicale di questo tipo sta spopolando fra i giovani: la musica trap. Pezzi che inneggiano alla marginalità, ma il cui successo è tutt’altro che marginale… Pezzi cantati da “poeti maledetti”, che a volte addirittura picchiano dei ragazzini e poi magari fanno pure la morale sui “poliziotti frustrati”… Forse questi soggetti possono insegnarci come tagliare la coca, sempre che ciò sia di qualche utilità nella vita. Ma darci lezioni su chi è frustrato o meno… Quello proprio no!

Questa voglia di “evadere”, da parte dei giovani, spesso non è che un modo per sfogare la frustrazione di avere alle spalle famiglie disagiate o disattente ai loro bisogni di stima e appartenenza. A nostro parere bisognerebbe perciò restituire dignità alla famiglia in quanto fonte primaria di educazione, rendere più difficile l’ottenimento del divorzio, trattare la figura della casalinga (o del casalingo) come una qualsiasi altra figura professionale…

Promuovere la stabilità familiare, crediamo, inciderebbe in maniera positiva sui giovani: ragazzi meno frustrati eviterebbero di ricorrere ad uno spacciatore (il quale, legale o illegale che sia, è desideroso solo di far cassa sui loro bisogni) e si affiderebbero di più ai propri genitori o, al massimo, ad uno specialista (il quale sì guadagna grazie ai bisogni altrui, ma almeno ha le competenze giuste per farlo).


Legalizzare sì, legalizzare no

Tutte le sostanze psicoattive, proprio in quanto “psicoattive”, generano potenziali problemi di ordine pubblico se lasciate libere di circolare: succede con l’alcol, che in fin dei conti non è una sostanza finalizzata allo sballo, dunque può benissimo succedere anche con sostanze stupefacenti il cui utilizzo è invece finalizzato quasi esclusivamente proprio allo sballo. Pensiamo che la risposta più giusta in questi casi sia la diffusione controllata di tali sostanze a scopo esclusivamente terapeutico, non certo la loro libera circolazione. Le disposizioni sulla prescrizione di preparati magistrali a scopo terapeutico esistono già, forse andrebbero perfezionate. Siano le farmacie a vendere determinati prodotti dietro prescrizione medica! Non i cannabis shop!

Vorremmo sapere come i cannabis shop riescano a reggere la concorrenza, in un mercato che accoglie sempre più policonsumatori. A chi si rivolgerebbe un “policonsumatore medio”, secondo voi? A un negozio che vende solo cannabis? E se avesse bisogno, ad esempio, pure di ecstasy e coca? Per quelle c’è sempre lo spacciatore, direte voi. Mettiamo che lo spacciatore gli offra anche la cannabis, magari a un prezzo inferiore a quello dei cannabis shop. Se foste voi i policonsumatori, da chi andreste a rifornirvi? Cosa dovremmo fare per rendere più competitivi i “negozi di droga legale”, allora? Legalizzare anche qualche sostanza “pesante”? Una volta passato il messaggio che la droga si può legalizzare, vedrete che la cannabis sarà solo l’inizio.

Francamente, non vediamo alcun vero vantaggio nel liberalizzare le sostanze stupefacenti. Pure la tanto decantata “sottrazione di potere alla criminalità organizzata”, accompagnata al “sicuro guadagno per le casse dello Stato”, potrebbe in fin dei conti rivelarsi un falso mito. Le mafie possono benissimo fare affari con la “cannabis legale”, esattamente come hanno fatto con le energie rinnovabili. Qualcuno afferma che voler combattere gli spacciatori è scontato come volere la pace nel mondo… E che il vero problema sono le piazze di spaccio gestite dalla camorra… Beh, anche voler combattere la camorra è scontato come volere la pace nel mondo, no? Il nodo sta nelle strategie che si vogliono adottare. E allora, è davvero strategico legalizzare le droghe “leggere”?


Gli effetti della legalizzazione

Alcuni studiosi si sono presi la briga di analizzare costi e benefici di un’eventuale legalizzazione della cannabis. A quanto pare, dalla loro analisi risulterebbe un guadagno netto per lo Stato di diversi miliardi. E’ certamente apprezzabile lo sforzo dei suddetti studiosi. Tuttavia nutriamo non pochi dubbi sull’attendibilità di analisi di questo tipo. Lo sappiamo bene… Le analisi costi-benefici sono difficili da farsi pure per le opere tangibili. E per una stessa opera possiamo produrre analisi diversissime con esiti altrettanto diversi. Figurarsi per un fenomeno complesso e imprevedibile nei suoi effetti, come appunto la legalizzazione delle droghe.

Per uno Stato, legalizzare le droghe “leggere” non vuol dire necessariamente avere maggior successo nella repressione dei reati riguardanti le droghe “pesanti”. Specialmente per uno Stato dove la lentezza della giustizia la fa da padrona e le Forze dell’ordine sono poco motivate a perseguire dei soggetti che magari alla fine torneranno in libertà.

Se in uno Stato come il nostro si procedesse a legalizzare, i narcotrafficanti al massimo ci perderebbero solo nel breve termine. Alle associazioni criminali, una volta registrato il calo di introiti derivante dalla legalizzazione delle droghe “leggere”, basterà semplicemente aumentare il prezzo delle dosi di droghe “pesanti” fino a raggiungere una quantità tale da avere maggiori introiti. Chi è tossicodipendente, per definizione, non potrà comunque fare a meno di quelle dosi: sarebbe disposto a pagare qualsiasi prezzo, con tutte le immaginabili conseguenze in termini di pubblica sicurezza.

Dunque le organizzazioni criminali potrebbero uscire indenni (se non rafforzate) dalla legalizzazione. Di contro, per lo Stato il guadagno non sarebbe affatto sicuro. Non è da escludere che possa addirittura perderci, se gli introiti derivanti dalla legalizzazione non fossero sufficienti per incrementare la sicurezza contro furti, rapine e altri reati compiuti da chi deve procurarsi una dose, oppure per curare un maggior numero di tossicodipendenti o, comunque, di soggetti affetti da patologie mentali in qualche modo riconducibili al consumo di sostanze psicotrope.

Fra le motivazioni a favore della legalizzazione, una ci ha fatto riflettere particolarmente: il consumo di sostanze sarebbe elevato perché si tratta di un comportamento illegale. In altri termini, il fatto stesso che sia illegale rende allettante quel comportamento agli occhi dei giovani: se solo venisse legalizzato, il consumo di sostanze non aumenterebbe e anzi potrebbe anche diminuire. Curioso… Come dire che il numero di omicidi diminuirebbe se il reato di omicidio venisse cancellato dal codice penale. Meglio non commentare…


E se legalizzassimo la prostituzione?

A questo punto, se il vero problema è sottrarre potere alla criminalità e avere entrate sicure per lo Stato, perché non riaprire le case chiuse? Perché si continua a dare così tanto peso alla legalizzazione delle sostanze e così poco peso è riservato alla legalizzazione del “sesso a pagamento”? Ormai da decenni la maggior parte dei tabù relativi alla sessualità sono crollati… Perché dunque non consentire finalmente che la sessualità diventi un’opportunità di lavoro? Dopotutto stiamo parlando del “mestiere più antico del mondo”… Dove sono finite quelle folle di femministe inneggianti alla libertà d’uso del proprio utero? Non sarebbe meglio che ognuno, liberamente e nei limiti della liceità, decidesse di fare ciò che vuole del proprio corpo? Magari anche costruirci una professione e una carriera? Invece che rischiare, per necessità, di doverlo vendere a trafficanti e sfruttatori?

Legalizzare le “professioni sessuali”, con l’obbligo di sesso protetto e di controlli sanitari periodici (e con sanzioni salate per i trasgressori), avrebbe ricadute positive sulla salute collettiva (più rapporti sessuali sicuri e “al chiuso”) e sull’ordine pubblico (meno vittime della prostituzione per le strade), nonché sulle finanze statali (come un qualsiasi altro lavoro, le professioni sessuali sarebbero soggette a imposte e contributi). E le organizzazioni criminali perderebbero ogni possibilità di competere nel settore del sesso. A differenza del settore delle sostanze dove, come già ricordato, i mancati introiti delle droghe “leggere” possono essere facilmente rimpiazzati da quelli delle droghe “pesanti”. Soprattutto oggi che la domanda di stupefacenti è formulata sempre più da soggetti “policonsumatori”.


Conclusioni

Speriamo vivamente che il tema della droga venga affrontato seriamente dalla politica. E che non si limiti ad essere l’ennesimo terreno di scontro o argomento da mera campagna elettorale. Destra, sinistra, centro, sopra, sotto… Tutti dovrebbero rendersi conto che la droga è un problema serio. Non un’occasione in più per lucrare sulla pelle e i bisogni dei più deboli.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Libertà di censura. Quando certe opinioni non sono gradite

Ave Socii

Quanto accaduto all’ultima Fiera del Libro di Torino è inaccettabile. Censurare qualcuno solo perché promotore di opinioni diverse da quelle di alcuni non è tollerabile. Specie in un Paese come il nostro che si professa “democratico”.

In questo Paese si dovrebbero condannare un po’ di più le tante (troppe) forme di violenza, piuttosto che le opinioni altrui. Uno Stato che censura le idee, che impedisce ad alcune penne di scrivere solo perché hanno un colore che non piace, non è uno Stato libero.

La nostra Costituzione, all’articolo 21, tutela espressamente il diritto alla libera manifestazione del pensiero. Perché dunque certe idee vengono censurate? Per di più con l’avallo di alcuni esponenti istituzionali? E’ davvero questa la libertà al tempo dell’antifascio?

La nostra Costituzione nasce dalle ceneri di una dittatura ventennale. Grazie alla Carta, la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del “disciolto partito fascista” è tassativamente vietata. Se dunque alcune organizzazioni promuovono determinate idee giudicate “fasciste”, allora perché continuano ad esistere? Perché non sono state dichiarate “incostituzionali” ancor prima della loro venuta al mondo? Tacciarle ora di fascismo sembra, a nostro avviso, un tantino ipocrita.

E ci preoccupa ancor di più che il fatto in questione sia avvenuto a ridosso della più importante manifestazione di libri a livello nazionale. E’ evidente come in questo Paese sia in atto un grande e subdolo piano di censura, da parte di certa intellighenzia e di certi esponenti politico-istituzionali. A tutto svantaggio della libertà di espressione costituzionalmente tutelata.

Chi in questo Paese si riempie la bocca di Costituzione e poi si permette di non rispettarla, a nostro avviso non crede davvero nella democrazia. Il libero confronto fra le idee è ciò che maggiormente differenzia una democrazia da una dittatura. Quelli con la bocca piena di Costituzione dovrebbero saperlo. A Torino purtroppo non se lo sono ricordato.

Anche e soprattutto nella politica, la tentazione alla censura delle opinioni “scorrette” è molto forte. Cosa c’è da aspettarsi, ad esempio, da un movimento che raffigura cinque stelle sul suo simbolo, come sulla bandiera cinese, stringe accordi commerciali con la Cina e pretende di decidere chi è colpevole o no in base al mero sospetto (proprio come accade in Cina)?

E’ chiaro ed evidente a quale modello vorrebbe rifarsi una certa politica. Ma noi, al “modello Cina”, vogliamo contrapporre il nostro modello democratico garantito dalla Costituzione. Un modello per cui chi la pensa diversamente ha diritto di esprimere la propria opinione senza pericolo di censura. Un modello che tutela la divisione dei poteri e che consente a chi è indagato di difendersi prima di essere giudicato. Un modello che salvaguarda la nostra libertà impedendo la rinascita della dittatura.

L’impressione, da parte nostra, è che in realtà una dittatura si stia sviluppando. La “dittatura del retto pensiero”, quella che ci vorrebbe tutti appiattiti su certi valori e idee, dalla parte dei fascio-buonisti, senza possibilità di replica. Magari un giorno ci troveremo a dover cantare “bella ciao” perfino a Natale, senza ricordarci di aver scelto, fra tutte le possibili occasioni per ricordare i sacrosanti valori della Resistenza, quella forse più fuori luogo di tutte. Chissà cosa succederebbe se qualcuno osasse intonare “tu scendi dalle stelle” il 25 aprile!

Che una qualche forma di dittatura venga sposata pure da esponenti politici filocinesi e giustizialisti non ci pare un’ipotesi così remota. Perfino i cosiddetti “antifascisti” lo fanno. E neanche troppo di rado. Noi nel frattempo continuiamo a resistere e a manifestare liberamente le nostre idee. Che piacciano o meno. Nel nome della Costituzione e della libertà di opinione. E’ questa la vera forma di Resistenza oggi, al tempo dell’antifascio.

Vostro affezionatissimo PennaNera