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TRAVESTIMENTI

Post n°1415 pubblicato il 28 Febbraio 2017 da atapo
 
Tag: memoria

COSE DA CARNEVALE

 

i bambini azzurri e la nave del Tempo

 

Un amico nel suo blog ha parlato in questi giorni dei travestimenti nei suoi Carnevali passati: argomento carino, che strappa un sorriso… Chi si maschera come sceglie? Cosa vuol trasmettere col suo travestimento? Ma vuol trasmettere qualcosa o soltanto un po' di allegria? Ci si potrebbe studiare sopra e probabilmente qualcuno l'ha già fatto.

Leggendo ho ripensato ai travestimenti dei miei Carnevali, da quando ero Atapina

Credo fossi piccolissima quando la mia mamma mi confezionò un vestito da olandesina, di un bell'azzurro vivace, con la cuffietta d'ordinanza: non ho nessuna foto di quella volta, ho solo un ricordo di tanto azzurro addosso, di tanti “Come sei bella” dei parenti e della mia grande gioia. Che durò solo quell'anno, si cresce in fretta! E con quel vestito leggero quasi di sicuro mi sarò ammalata, come mi succedeva spesso d'inverno. Così negli anni dopo il massimo era un cappello da fata che si doveva accontentare del cappotto, anche perché un vestito intero da fata sarebbe costato troppo… e noi eravamo poveri.

Finchè (andavo già a scuola) arrivò il costume da cinese, anzi il mezzo costume perché c'era solo il cappello a cono largo col codino incollato dietro e un'enorme casacca a fiori di tessuto rigidissimo (forse era plastica), che potevo indossare coprendo strati di maglioni. Per il resto pantaloni qualsiasi andavano benissimo. Immagino fosse stato molto a buon mercato, non mi piaceva nemmeno tanto, ma quello era e basta. Dicevano per convincermi che si intonava benissimo con i miei occhi neri un po' allungati, e io mi rassegnavo senza molto entusiasmo: o quello o niente, davanti ad altre mie amiche più benestanti e con abiti più importanti, soprattutto da fata, che rimase la mia passione segreta e insoddisfatta. E per qualche Carnevale fui cinese...

Poi non ricordo di essermi più mascherata fin verso i vent'anni, quando per una festa tra amici diventai una donna del west sempre in economia: il cappello da cow boy di cartone e un gonnellone cucito da mia mamma con vecchie fodere nere e lucide: facevano il loro effetto!

Da mamma travestivo i figli, io no, le mamme a quel tempo erano serie… Solo un anno fummo invitati, tutta la famiglia, ad una festa mascherata di altre famiglie del quartiere. Il tema era: LA PUBBLICITA'. I miei figli si arrangiarono facilmente, io rischiai di non andare perché mio marito non voleva saperne di mettersi in maschera, finalmente lo convinsi a fare il mandriano ( se la cavava con poco) ed io mi travestii da mucca (sempre cose di recupero o di cartone): facevamo la pubblicità di una caramella o cioccolata svizzera che andava di moda allora.

Ma le maestre si possono permettere di giocare! E come maestra il Carnevale era una delle feste che preferivo: con la classe, o le classi se avevo la fortuna di collaborare con altri, si preparavano spettacoli, quindi i costumi di scena, oppure maschere e travestimenti. Sempre con materiali di recupero da assemblare con fantasia, sempre su un tema dato che spesso era attinente a qualcosa che stavamo studiando quell'anno.

Ricordo che una volta il tema fu: IL CAPPELLO e ognuno creava il suo copricapo dalle fantasie e ornamenti più improbabili. Un'altra volta fu: I CIBI e ogni bambino si trasformò in un alimento. Un anno ci trasformammo in una tribù pellerossa, con lo stregone e le danze. Ed io… mi divertivo molto e quasi sempre preparavo anche il mio travestimento in tema con i bambini. Il più fantasioso fu il penultimo anno della mia carriera: erano in seconda, gli avevo letto un brano da “L'uccellino azzurro” di Maurice Maeterlinck, parlava dei bambini del futuro che devono ancora nascere e hanno con sé i progetti, le invenzioni, i loro destini. E' un racconto molto suggestivo, i bimbi indossarono lunghi sacchi celesti e semitrasparenti addobbati con qualcosa che loro avrebbero voluto per il futuro. Io diventai IL TEMPO, che nella storia decide quando i bambini dovranno nascere: avevo una lunga coperta con sole, luna, stelle e pianeti, una maschera dorata metà sole metà luna, un lungo bastone e grossi orologi in cima e al collo…

Sì, lo confesso, travestirmi mi piace molto! E' uno dei motivi per cui amo fare teatro: ogni personaggio ha il suo costume, il suo trucco, a me intriga il momento in cui insieme al regista decido cosa mettermi, come pettinarmi e truccarmi, anche l'abito deve trasmettere emozioni al pubblico ed io… divento meglio un nuovo personaggio! E dopo lo spettacolo mi piace conservare gli abiti, anche improbabili, che ho preparato e utilizzato.

Potrei dire che è Carnevale ogni volta che salgo sul palcoscenico!

 
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SEDUTA

Post n°1414 pubblicato il 27 Febbraio 2017 da atapo
 

VERSO LA FINE DEL CARNEVALE



 

Seduta su una panchina in un luminoso e ventoso pomeriggio di sabato grasso, in una piazza del centro città.

C'è la festa di Carnevale del quartiere: musica, pagliacci, giocolieri, danzatori esotici, profumi dei dolci fritti nelle bancarelle. Tanti in maschera e non solo bambini, anche molti adulti di tutte le età, ci sono famiglie intere mascherate "a tema". Il vento solleva e trascina coriandoli, gli allunga la loro vita effimera, a volte li rialza di nuovo da terra in nuvole colorate e cangianti.

Sono tutti bellissimi e colorati, i bambini soprattutto... vorrei fotografarli tutti, ma le regole della privacy mi trattengono, nessuno è mio parente, potrei passare qualche spiacevole guaio con i genitori. Mi accontento di guardarli, batto i piedi ai ritmi delle musiche, mi accorgo che sto sorridendo, che tutta quella allegria mi ha contagiato, ricordo altre mie feste di carnevale lontanissime nel tempo con gioia non con rimpianto, credo che questo momento che mi sono ritagliata sarà una medicina che allontanerà per un poco certe malinconie...

Seduti come me ci sono altri "nonni", è questo il mio gruppo d'età e di ruolo ormai, ma io lì non ho nipotini insieme a me. Prima di rientrare a casa mi concedo dal fornaio molto quotato un grosso trancio di "schiacciata alla fiorentina" farcita, il dolce tipico della città, sarà per la colazione della mattina successiva.

 

Seduta in una poltrona di teatro nel pomeriggio della domenica "grassa".

Per uno spettacolo di cui molti parlano in città: "La bastarda di Istanbul", che, anche se è un'altra storia, prosegue il mito e il successo dell'"Ultimo harem" dello stesso regista.

Non è da meno, si avvia sulla stessa strada trionfale e verso anni di repliche: intrecci ed emozioni di fatti storici, di epopee familiari, di tragici segreti, di tentativi e speranze di chiarimenti, accettazioni e riconoscimenti. Per non dimenticare ciò che ha forgiato il presente e per cercare di non ripetere altri tragici errori nel futuro. E' terribilmente attuale ciò che viene rappresentato sul palcoscenico, anche se i colori, le invenzioni sceniche, la narrazione coinvolgente creano l'illusione che possa essere tutta una fiaba e che dunque si arrivi al lieto fine come nelle fiabe. Non c'è ancora, è tutto da costruire.

Esco dal teatro affascinata e desiderosa di saperne di più, c'è il romanzo da cui è tratto lo spettacolo ed è accresciuta la curiosità. Non solo a me, anche alla coppia degli amici di Bologna che sono venuti a trovarci e a vedere con noi lo spettacolo. Mio marito resta silenzioso: è stanco, è incupito, il lavoro forsennato di questo ultimo periodo gli accresce lo stress di tutti questi anni. Lo guardo e mi sento impotente: mi è sempre più difficile scovare risorse per aiutarlo...

Non sento molta atmosfera allegra in questa fine di Carnevale.

 


 
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CASANOVELA

Post n°1413 pubblicato il 22 Febbraio 2017 da atapo
 

TRINCEE

 



Dopo aver messo le lastre per il camminamento nel giardino, circa un mese fa l'incontro col giardiniere portò alla conclusione che prima di seminare l'erba e piantare i nuovi alberi occorreva fare l'impianto di irrigazione. Due erano le possibilità: affidare tutto ad una ditta apposita o farselo materialmente da sè dopo aver concordato il progetto con la ditta suddetta, che avrebbe fatto i calcoli, indicato e fornito i materiali necessari. Perchè non è così semplice, ci sono rubinetti da disporre, portate d'acqua, zone più o meno coperte dai getti...

Naturalmente mio marito ha scelto la seconda opzione: i lavori materiali li avrebbe fatti da solo, per risparmio e per la convinzione che come fa bene lui...

E così siamo di nuovo nel pieno di un periodo di follia, pare di essere tornati al periodo dei suoi tentativi di studi universitari, non esiste più nient'altro!

Innanzitutto i contatti con la ditta non sono indolori: incomprensioni, errori, forniture sbagliate o incomplete... telefonate, giri e rigiri, arrabbiature.

Inoltre un lavoro di scavo e scasso per una persona di 66 anni piena di acciacchi che passa, anzi passava, le giornate principalmente davanti alla televisione o al computer, ora è una fatica improba: procede lentamente, trovando negli scavi un po' di tutto: avanzi di cocci e di mattonelle, sassi, radici, lastre enormi di pietra da spaccare... Insomma, l'archeologia del giardino viene portata alla luce e ammucchiata in attesa di finire in discarica.

Una domenica venne anche mio figlio ad aiutare, fu quando trovammo le viole che si sono salvate perchè proprio addossate al muro non saranno interessate dai tubi, ma altre piante spontanee sono andate all'aria e chissà se e dove rispunteranno.

Così il giardino che da alcuni mesi aveva assunto un aspetto quasi decente anche se molto rustico e selvatico, ora è diventato un terreno sconvolto e solcato in ogni senso da "trincee", buchi e ammucchiamenti di terra e detriti. Assomiglia tanto a quelle immagini della pianura francese dopo la battaglia di Verdun, ci manca solo di trovarci qualche scheletro...

E non riesco più a curare le mie malinconie guardando il giardino dalla finestra, non faccio nemmeno la passeggiatina quotidiana, se no rischio di deprimermi ancora di più.

Non dovrebbe durare ancora molto, col giardiniere ci eravamo accordati per rivederci all'inizio di marzo, con tutto a posto. Ce la farà il marito? Naturalmente ora esiste solo questo lavoro per lui e non ci sono orari nè altri impegni, speriamo che la sua schiena non lo tradisca.

In tutto questo c'è però un aspetto positivo: ora la notte non soffre più di insonnia, ma DORME finalmente! Gli occorreva la stanchezza del lavoro manuale!

 
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ULTIMO INCONTRO

Post n°1412 pubblicato il 18 Febbraio 2017 da atapo
 
Tag: memoria

"CAMMINERO' NEI CIELI"

 

la rosa tea... quante ce n'erano nel giardino di famiglia, nel secolo scorso...


Una persona cara che ci lascia a 92 anni ha decisamente compiuto la sua storia e chi resta in un certo senso si rassegna... ma il dolore è ugualmente grande.

Così è stato per la mia zia di Bologna, che se ne è andata alcuni giorni fa. Era la zia che ho sempre avuta più cara, ne ho parlato anche nel blog, di quando andavo a Bologna e passavo a salutarla, di certi momenti che abbiamo passato insieme al mare o nel giardino di famiglia, lei e i suoi figli.

Come capita quando si è tra più fratelli, lei aveva un legame particolare col mio papà forse perchè li accomunava il loro essere fantasiosi e amanti dell'arte, molto diversi dagli altri loro fratelli più concreti e prosaici. Questo legame, morto mio padre abbastanza giovane, l'ho come "ereditato" io: parlavamo volentieri, ci siamo spesso scritte, ho continuato a telefonarle finchè le sue condizioni di salute hanno consentito una comunicazione tra di noi. Apprezzava il mio lavoro, le mie esperienze, i miei viaggi, anche lei aveva studiato da maestra, ma col matrimonio si era dedicata alla famiglia come di regola a quei tempi, visto che il marito aveva un'azienda che li rendeva molto benestanti.

Il piacere della cultura non l'ha mai abbandonato: alcuni pittori erano amici di lei e del marito, comperava bei quadri, leggeva molto, andava a teatro, faceva lunghi viaggi in giro per il mondo col marito, andarono perfino in Cina quando ancora non ci andava nessuno! Mi spediva sempre le cartoline dai luoghi dei suoi viaggi e anch'io lo facevo dai miei, molto più umili, ma lei gradiva tanto e mi chiedeva informazioni... Rimasta vedova ha continuato a viaggiare coi figli già adulti, magari più spesso sulla Riviera Ligure o alle Terme vista l'età che avanzava, ma pochi anni fa ha voluto ritornare a New York...

Amava le esperienze nuove: a 40 anni volle imparare a sciare e si ruppe subito un piede che non riuscì a guarire bene e fu il primo di una serie di acciacchi che però non le toglievano l'entusiasmo della vita. Prese la patente già a una certa età e malgrado la sua proverbiale distrazione e testa fra le nuvole, ben nota in famiglia, non ebbe MAI un incidente.

Scriveva poesie, ne inviava a concorsi qua e là per l'Italia e qualche volta ha vinto dei premi. Allora partiva ed era l'occasione per un viaggetto e per conoscere posti nuovi. A un certo punto ha raccolto le sue poesie stampando alcuni libretti di cui naturalmente mi ha donato copia. Poesie di emozioni, di sentimenti dolci, di natura che accompagna, di sogni , ricordi e rimpianti. Leggendole, mi sono chiesta quanta ricchezza di vita interiore e di fantasia avesse nel cuore, dietro la quotidianità ordinaria della sua vita di madre di famiglia...

Era una persona dolce e gentile, che andava d'accordo con tutti e amava le cose belle e buone.

Quando ho telefonato a mia cugina abbiamo parlato della sua mamma, lei mi ha detto che io sono così uguale a lei, le assomiglio più di tutti in famiglia... e questa osservazione mi ha commosso tanto ed ha aumentato ancora di più il mio dolore per questa perdita.

Sono andata al funerale a Bologna. Arrivata un po' in anticipo, nella chiesa ancora vuota mi sono seduta e leggevo le poesie della zia: avevo portato con me uno dei suoi libretti, volevo sentirla così ancora con me. Si è avvicinato il sacerdote, si è informato della zia e di quel libro, poi mi ha proposto di leggere una delle poesie durante la commemorazione. Guarda un po', io ne avevo evidenziata una che mi aveva colpito... Mia cugina è stata contenta della proposta del sacerdote, così l'ho letta e ho cercato di interpretarla al meglio, visto che sarebbe un po'... il mio mestiere di questi anni...

Ero emozionata, ma felice di aver potuto rendere omaggio alla mia cara zia in questo modo.

"...Ora

ho raggiunto il mio spicchio di luna

e l'ombra delle stelle.

Camminerò nei cieli.

Ma non temete

i miei sogni sono rimasti con voi..." (M.P.)

 
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SCUOLA DI BALLO

Post n°1411 pubblicato il 15 Febbraio 2017 da atapo
 

SANVALENTINO  DANCE

 


 

Tra i colleghi di lavoro mio marito si trovava in sintonia con un certo M, suo coetaneo.  Molti anni fa ci incontrammo anche, le due famiglie con i rispettivi figli piccoli, in vacanza al mare, ma non ci furono molte altre occasioni di stare insieme, un po' per i casi della vita, un po' per il carattere da orso di mio marito.
Andarono in pensione nello stesso periodo. Lui e sua moglie da anni avevano un hobby, il ballo, spesso avevano partecipato a gare importanti e vinto premi a livello nazionale. Così in pensione aprirono una scuola di danza, balli da sala soprattutto, e invitarono mio marito e me ad iscriversi. Figuriamoci! Mio marito nella sua vita ha ballato una sola estate, quella in cui si era impegnato a conquistarmi, perchè a me invece ballare piaceva molto, ha confessato in seguito che ballare non gli piace (come non gli piace nessuna forma di esibizione)...

Dato che questa scuola è dall'altra parte della città io non ci posso certo andare da sola e di sera, così non se ne è fatto nulla.
I contatti fra loro due sono continuati anche se rari, ma per merito di M che ogni tanto telefona, perchè mio marito non telefonava neppure a sua madre, figuriamoci ad un amico!

Ultimamente più spesso visto che hanno una questione comune da risolvere. Così lunedì pomeriggio ha chiamato anche per invitarci ad una cena che aveva organizzato con la sua scuola di danza per... il 14 febbraio, cioè la sera dopo. Mio marito ha chiesto A ME se mi interessava e naturalmente gli ho IMPOSTO di accettare! Non avevamo organizzato nulla per San Valentino: io da giorni avevo proposto alcuni ristoranti e non avevo avuto risposte, come al solito.
Cena e dopo balli! Così ci siamo inerpicati fino al ristorante tra le colline oltre casa loro dall'altra parte della città, lontanissimo, un'ora e mezzo per arrivarci nel traffico caotico delle 18-19...
Io mi ero un po'... agghindata e avevo scelto con cura delle scarpe nuove, ma comodissime: hai visto mai che mi fossi lanciata nelle danze, dopo cinquant'anni...
Eravamo quattordici coppie, di cui solo noi e altre due non facevano parte di questa scuola di danza.
Pare che non sia la prima volta che organizzano serate in questo locale: si mangia bene, si spende il giusto, concordano il menù e gli viene messa a disposizione una sala con l'impianto stereo e la consolle, il tavolo lungo su un lato e il resto libero, così possono ballare.
Possono... LORO... non io, perchè quando hanno cominciato a ballare sono rimasta a bocca aperta e inchiodata alla sedia: quanto erano bravi! Danze di ogni tipo: balli da sala, ritmi sudamericani, musiche romagnole, balli popolari di gruppo tipo pizzica e tarantella.
Il migliore era senz'altro M e ci sarà un motivo se ha vinto premi a livello nazionale, ora balla  poco perchè ha avuto problemi di cuore, ma lo stile è rimasto! Uno di quelli che quando ti guidano ti fanno volare anche se sei una schiappa...
Io mi sentivo ancora meno che schiappa così mi sono accontentata di ammirare, comunque mi sono divertita molto ugualmente: una buona cena ed anche un bello spettacolo!
M ci ha sollecitati a tornare con loro quando faranno altre cene... andrei volentieri e chissà che una delle prossime volte non trovi anche il coraggio per riprendere a muovere i piedi, dopo quasi cinquant'anni...

 
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INTREPIDE

Post n°1410 pubblicato il 12 Febbraio 2017 da atapo
 

VIOLETTE

Nel mio giardino ora più che mai sgarrupato, visto che mio marito e mio figlio stanno buttando tutto il terreno all'aria per interrare i tubi dell'irrigazione, una sorpresa...

Lungo il muretto di confine scopro...

 

 

-Non le distruggete!- grido.

Piccolo timido segno di primavera, forse un po' intrepide e sprovvedute, febbraio può avere in serbo ancora sorprese molto rigide, però...

...vedere questo primo coraggioso risveglio dà un briciolo di serenità nuovo, mette un po' di allegria, spinge a propositi di speranza...

 
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FALSA PRIMAVERA

Post n°1409 pubblicato il 08 Febbraio 2017 da atapo
 

L' INTERVALLO


 

Capita che una mattina, ieri per l'esattezza, dopo molti giorni in cui al suono della sveglia l'aprire gli occhi era restare in un grigiore triste e umido e sentire scricchiolare ossa e giunture, se non anche udire lo scroscio della pioggia… ecco ieri qualcosa di diverso, una luminosità chiara e un'energia che, finalmente, mi spinge ad alzarmi.

Restano ancora nuvole scure, ma si stanno diradando e si va imponendo il sole. Non ci vuole molto tempo ed è tutto sereno, una luce che sa di buona stagione, un vento che non è più gelido.

Allora via, è tempo di passeggiata! Perché io in giornate come questa dentro casa non riesco a starci.

E' anche martedì, il giorno del mercato settimanale nel parco lungo il fiume ed è proprio lì che mi dirigo: è dentro la città, ma la natura mi avvolge, con gli alberi secolari che intrecciano i rami nudi, le erbe irrigidite dal freddo passato o sciupate dalle piogge sferzanti, il cielo terso e azzurro ormai completamente sgombro di nubi, il solicino tiepido, l'acqua lenta del fiume che rispecchia il cielo e sembra più brillante e pulita, in lontananza le montagne bianche di neve, i gabbiani e gli aironi sull'acqua, i passeri e i merli sugli alberi insieme a qualcuno molto più chiassoso: pappagalli! Ce ne sono ormai tanti liberi in questo parco, provenienti chissà da dove…

I pappagalli mi fanno pensare subito alle Canarie, dove neppure quest'inverno andrò: laggiù ce ne sono tanti, che nostalgia… Alcuni miei amici sono là proprio in questi giorni… sospiro, ma cerco di non pensarci più e di godermi la passeggiata che mi è concessa. Mi prendo il tempo di cullarmi in pensieri leggeri, in fantasie, in ricordi che diventano films...

Non mi serve nulla e alle bancarelle guardo soltanto… quasi dappertutto, perché alla fine qualcosa trovo, diciamo per consolarmi delle Canarie mancate!

Ma non mi basta ed esco anche nel pomeriggio, ho delle commissioni in centro città: non è bello come al mattino, ma una sottile traccia di luce primaverile si insinua anche tra i palazzi, però all'improvviso il vento si fa più freddo e al tramonto il cielo è di nuovo ricoperto a metà di grosse nuvole grigie, a ovest il sole basso colora tutto di un rosso quasi fuxia, è suggestivo, ma un po' inquietante… gli storni a migliaia fanno evoluzioni come impazziti…

Stamattina di nuovo il grigiore è dappertutto, forse la giornata di ieri è stata solo sognata, forse la “falsa Primavera” di Hemingway è finita… ed io non ho fatto in tempo a trovare “il posto in cui essere più felici”

 
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UNA STORIA, TANTE STORIE

Post n°1408 pubblicato il 03 Febbraio 2017 da atapo
 
Tag: memoria

FAI  BEI  SOGNI”


 

Qualche settimana fa ho terminato di leggere questo libro, di cui si era molto parlato quando uscì ed io, come è mia abitudine, ho aspettato a leggerlo fin quando si fosse calmato il clamore mediatico.

Devo dire che mi è piaciuto moltissimo e che mi è successa una cosa mai accaduta prima: mi sentivo così coinvolta in quello che leggevo e che toccava qualcosa di molto intimo in me, tanto che non riuscivo a proseguire la lettura per molte pagine di seguito. Dovevo chiudere il libro e “digerirlo”, prima di continuare.

Lo scrittore narra la sua storia di crescita: il protagonista, rimasto orfano di mamma fin da piccolo, ha avuto gran parte della sua vita segnata da questo trauma e dal comportamento conseguente che avevano gli altri attorno a lui, fino a scoprire da grande che la verità non era quella che gli avevano fatto credere fino a quel momento. E sarà dura la ricerca dei modi per superare questi traumi e tentare di uscirne.

Perchè questa storia mi ha colpito così? Io ho perso il mio papà a 18 anni e fu un trauma, ma credo ci sia qualcosa di più profondo: credo che io abbia rivissuto anche inconsciamente, la storia della mia mamma che rimase orfana di madre a 9 anni. Qui l'avevo raccontata, ora, con l'avanzare degli anni e l'accumularsi delle esperienze di vita, ho focalizzato quanto questa mancanza dovesse averla segnata, nonostante tutti abbiano sempre detto che era una donna molto forte ed equilibrata. Certo aveva imparato a tenersi tutto dentro, le emozioni non si dovevano mostrare, a volte mi pareva anche fredda, non si lasciava mai andare, anche i gesti d'affetto verso i figli erano contenuti e non molto frequenti. Non aveva avuto una vita facile, da chi doveva imparare a fare la mamma? E' sempre stata come il comandante che ha diretto la nave, perché così si DOVEVA fare, senza mai abbattersi, ma dentro di sé cosa sentiva? Solo molto avanti negli anni, io matura e lei anziana, ha fatto allusioni, ha accennato a rimpianti e solo allora ho cominciato a capire, aiutata anche dalle mie ormai adulte esperienze personali.

E mi chiedevo quanto di tutto questo passi poi nelle generazioni successive, nelle tracce nei cromosomi, come da recenti studi pare sia appurato: il suo crescere da sola senza madre negli anni della sua formazione, così come certe vicende tristi che nel periodo della guerra hanno coinvolto lei e il mio papà, culminanti con la sparizione di quel cugino di papà, di cui si può intuire la sorte tragica mai verificata, avvenuta proprio un 8 maggio, giorno della mia nascita dopo qualche anno, ed io ora sono sicura che per questo motivo papà, davanti all'impiegato dell'anagrafe, decise di darmi il nome di questa persona, mentre con la mia mamma avevano deciso di chiamarmi Giovanna… E, che ironia, la forma del mio naso è come quello di questo signore, diverso da tutti gli altri in famiglia…

Insomma, questo libro mi ha stimolato a rimescolare e scavare tra le storie e i segreti della mia famiglia… a pensare che io ne sono il risultato e che forse così posso capire meglio me stessa… però non è stato facile.

 
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