Creato da lilith_0404 il 20/02/2005

A Room of One's Own

This is my letter to the world, That never wrote to me, The simple news that Nature told, With tender majesty. Her message is committed To hands I cannot see; For love of her, sweet countrymen, Judge tenderly of me!

 

 

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Un rito d'altri tempi (1)

Post n°191 pubblicato il 16 Marzo 2007 da lilith_0404
 

immagineDel maiale non si butta niente: questo modo di dire mi è tornato in mente mentre scrivevo il commento al post n.403 di Tanksgodisfriday, ricordando un rito che al tempo in cui io ero bambina veniva ancora officiato con la partecipazione corale non solo della famiglia, ma di tutto il vicinato che condivideva l’abbondanza che regnava per quel giorno nella casa.

Il maiale inizialmente  veniva allevato in proprio, in un recinto posto in fondo al cortile, vicino alle gabbie dei conigli e al serraglio delle galline. Ma in seguito si preferì acquistarlo già grosso, e allora di buon mattino, nel giorno stabilito, mio padre andava  a prenderlo dal contadino che lo aveva venduto.

Non ho mai assistito alla sua uccisione, perché era una operazione a cui presiedevano solo i maschi di casa, sotto la guida del ‘masadur ’, il macellaio che dopo aver sezionato la bestia avrebbe anche diretto le operazioni di lavorazione della carne e di confezionamento dei salami.

 Io capivo che era il giorno in cui si sarebbe ucciso il maiale perché al mio risveglio bambino la casa era pervasa da un acre odore di aceto bollito, che mi toglieva il fiato, e che serviva per pulire li budelli nei quali la carne macinata e speziata sarebbe stata insaccata per diventare salame.

Da dentro casa sentivo prima i versi disperati dell’animale che cercava invano di sfuggire alla sorte che lo aspettava, poi le strida cessavano, e nel silenzio che seguiva dalla finestra lo vedevo appeso a testa in giù tra i due pilastri del portico della casa di mia nonna.

Io ero sempre contenta di avere con la scuola un ottimo pretesto per defilarmi velocemente, e quando tornavo da scuola solo se mi chiamavano mi lasciavo persuadere a mescolarmi alla  vociante confusione della  grande cucina della casa di mia nonna in cui, in un ’allegro bailamme  ognuno collaborava secondo le proprie capacità al risultato finale.

(...continua)

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