Creato da atapo il 15/09/2007
Once I was a teacher
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MAHATMA GANDHI
"Vorrei che tutte le culture del mondo
potessero circolare liberamente intorno alla mia casa.
"Ma rifiuto che una sola di queste possa travolgere la mia esistenza."
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« PASQUA 2012 | RITORNO » |
UOVA SODE
Dopo la pioggia di Pasqua, che giornata piena di sole il giorno di Pasquetta! Da fare una bella passeggiata all'aperto, a un picnic, a una sagra. Mio marito però è stanco dall'overdose pasquale dei nipotini quindi ha deciso di studiare, io oggi non ho voglia di andarmene in giro da sola, in casa ci sono mille cosette da fare, guardo il sole dalla finestra in attesa della sera, perchè andremo al cinema...almeno quello!
E girello qui tra i blog...così un post letto da Oretta mi ha fatto tornare in mente...tanto tempo fa...tradizione della Pasquetta bolognese...
Sulle prime colline bolognesi si trova il santuario della madonna di San Luca, che sovrasta tutta la città: il primo segnale che annuncia Bologna a chi vi arriva da ogni punto cardinale. I pendìì attorno al santuario sono ancora oggi ricoperti di boschi, prati e campi, nonostante la città si sia allargata da quando io ero piccola, piccolissima...Quella Madonna occupa un posto importante nel cuore di noi Bolognesi, credenti e non credenti: un'immagine e una tradizione che ci è familiare e piena di affetto.
C'è un lunghissimo portico, più di due chilometri, che, affiancandosi alla strada, sale dalla città al santuario, molto famoso e citato in ogni guida turistica.
“Salire alla Madonna di San Luca” era una bella scampagnata per un Lunedì dell'Angelo pieno di sole.
E mi è tornata in mente questa gita, con i miei genitori, una delle rare occasioni in cui uscivamo tutti insieme: io piccolissima insieme a loro (non mi ricordo che ci fosse già mio fratello), dopo l'autobus da casa nostra all'inizio del portico, salivo sotto le arcate, correvo avanti, tornavo indietro, come fanno tutti i bambini, mi affacciavo ogni tanto dalle arcate a vedere laggiù la città sempre più piccola, mentre babbo e mamma, che salivano lentamente chiacchierando, per tenermi un po' calma mi indicavano i luoghi: “Vedi, di là abita lo zio...dall'altra parte la zia...dov'è la nostra casa? Ora non si vede, bisogna arrivare in cima perchè è dall'altra parte del monte...”
Ogni tanto il panorama era nascosto da alti cespugli, mi ricordo che c'erano molti biancospini già fioriti, mi piacevano tanto e cercavo di prenderne qualche ramo, sfidando le spine che mi bucavano sempre: che pianta dispettosa! Ma io continuavo ad esserne attratta, come in tutte le occasioni di sfide difficili da vincere...
A metà del cammino c'era qualcosa che sempre smorzava la mia allegria, più degli affreschi sbiaditi con le scene tragiche della via Crucis sotto le arcate: ci sedevamo a riposare sul muretto, dal portico si vedeva un edificio (c'è ancora) e papà mi diceva: “Siamo a metà, ecco il collegio delle orfanelle” Infatti era (ora è stato chiuso) un orfanotrofio che ospitava bambine sole o con situazioni difficili, era da poco finita la guerra! Io allungavo il collo, per vedere se nel giardino ci fosse qualche bambina, ma mai nessuna stava all'aperto! Però le avrei viste quelle bambine, quando in ogni mese di maggio alla processione dietro a quella Madonna, nel centro di Bologna, esse sfilavano in divisa, compunte e ordinate accompagnate dalle suore. E in quelle due occasioni mi correva un brivido lungo la schiena: le orfanelle! Quasi un carcere, come prigioniere, nella mia immaginazione nutrita da fiabe e da trasmissioni che ascoltavo alla radio...E lo spettro del collegio, minaccia a cui ricorrevano i miei genitori quando il mio comportamento sfidava le loro capacità di sopportazione...E la solitudine, senza mamma e papà...perchè sapevo anche che tra quelle bambine c'erano due mie cugine, rimaste orfane a causa della guerra, che a volte venivano a casa mia per qualche ora, o passavano alcuni giorni al mare con noi d'estate. I miei genitori dicevano che erano state molto fortunate ad essere state accolte in quel bel collegio, che a me invece sembrava tristissimo...
Poi la salita riprendeva e presto la malinconia passava, attratta di nuovo dal paesaggio e dalla basilica che ormai era enorme sopra di noi. Arrivati lassù, una doverosa visita in chiesa, davanti all'immagine venerata, ricoperta da argento e da fiori, poi via alla ricerca del prato su cui fare il pic nic. C'erano sempre, immancabilmente, le uova sode, di cui io e papà eravamo golosi: che gusto addentarle così senza forchetta e coltello, poi un boccone di pane, poi l'acqua che versavo dalla borraccia di metallo in quel bicchierino richiudibile formato da tanti anelli che si alzavano uno sull'altro e che a volte si richiudevano all'improvviso inondandomi la gonna di acqua e procurandomi un ennesimo rimprovero...
Probabilmente c'erano anche i panini con la mortadella, forse erano panini dolci, altre nostre passioni alimentari di quel tempo...e poco altro, eravamo poveri. Ma più di tutto il sapore di Pasquetta è quello di un uovo sodo addentato voracemente sui prati di san Luca, mentre il vento di primavera scompigliava i riccioli a me e alla mia bellissima mamma.
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