Creato da atapo il 15/09/2007
Once I was a teacher
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MAHATMA GANDHI
"Vorrei che tutte le culture del mondo
potessero circolare liberamente intorno alla mia casa.
"Ma rifiuto che una sola di queste possa travolgere la mia esistenza."
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ADDIO
Renoir
Da oggi posso di nuovo usare il mio computer. Il problema stava nel monitor: accennava ad accendersi, ma non arrivava in fondo e tutto tornava buio. Il perché non si sa, ma, appurato che dipendeva da questo, mio marito mi ha sostituito il monitor con un altro vecchio che aveva in giro.
Non sbalordite: per quanto riguarda elettronica e informatica in casa nostra le zone riservate al marito sono un’officina e un magazzino!
Questo monitor supplente (poi ne arriverà uno nuovo) è più piccolo, meno luminoso, però fa tutto ciò che serve, quindi mi accontento. Ma non è di questo che voglio parlare oggi.
Stamattina ho ricevuto una telefonata da una collega ex-insegnante del CIDI, con cui lavoro nel gruppo di intercultura: mi ha informato che un’altra collega, sempre del nostro gruppo, è morta ieri, improvvisamente. Chi mi ha chiamato le aveva parlato appena sabato, sapeva che da tempo aveva un tumore, ma ciò non le impediva di essere attiva in varie iniziative e non parlava con nessuno del suo grave stato di salute. Stavolta il Covid non c’entra.
Di qualche anno più di me, chi ci ha lasciato non aveva marito né figli, solo lontani parenti, qualche amica, i colleghi delle iniziative a cui collaborava, un sacerdote.
Io ne sono rimasta tanto addolorata. Non era la nostra un’amicizia di grandi frequentazioni, ma nel CIDI in lei avevo trovato una persona bella, sensibile, impegnata e ci stavo insieme volentieri.
In verità era stata lei a “trovarmi”, molti anni fa: ero entrata da poco in quell’associazione di insegnanti per rinnovare la scuola, la mia timidezza e lo sforzo per ambientarmi non mi facevano intervenire spesso, nelle riunioni parlavo ancora di rado delle mie esperienze scolastiche.
Lei un giorno, non ricordo nemmeno come, mi propose di aiutarla a organizzare i corsi di aggiornamento per i colleghi, sia nell’associazione sia nelle scuole che li richiedevano: sarebbe stato l’insegnamento della storia il nostro campo di intervento, io per la scuola primaria, lei per la scuola media. Non l’avevo mai fatto, ma l’idea mi attirava, anche se in quella materia non ero affatto specializzata.
Un po’ l’interesse, un po’ l’orgoglio, un po’ il timore di far brutta figura di fronte a lei e ai colleghi che ci avrebbero ascoltato, approfondii le problematiche, i metodi, collaudai certe proposte nella mia classe, mi preparai percorsi, progetti, lezioni per questi corsi di aggiornamento. All’inizio gli incontri si facevano tutte e due insieme, ma presto mi fece lavorare autonomamente.
Fu una esperienza che mi diede parecchie soddisfazioni: continuò per diversi anni, entrai in contatto con tante persone, le mie lezioni erano seguite con profitto dai colleghi frequentanti. Anche la mia autostima era aumentata molto, ero contenta di trasmettere ad altri qualcosa che li potesse aiutare nel loro lavoro.
Presi più sicurezza nelle mie capacità e successivamente organizzai da sola anche altri corsi di aggiornamento, su altre tematiche: la lettura e le biblioteche, l’educazione artistica (quest’ultima a quel tempo non era molto considerata nell’aggiornamento, io fui pioniera in questo.).
Poi passai a insegnare francese nella scuola primaria, un lavoro tutto da inventare, uscii dal giro di questi corsi e ci incontrammo più di rado, solo nelle riunioni generali dell’associazione.
Da circa due anni frequentava il nostro gruppo di intercultura, ma non assiduamente: poichè abitava in provincia di Firenze e non guidava, la sua presenza dipendeva anche dalla salute, dagli orari dei mezzi pubblici… un po’ come succede anche a me. Però nel suo paese, ormai in pensione, con altre insegnanti aveva aperto, come volontariato, una scuola di italiano e un piccolo centro di incontro per le donne straniere emigrate, che potevano frequentarlo anche con i figli piccoli: una splendida iniziativa, di cui ci parlava con entusiasmo. Quest’anno nelle nostre riunioni on line ci presentava le enormi difficoltà del momento.
Lei diceva che ricorderà sempre le parole di conforto che le scrissi quando morì il suo papà, perché le aveva sentite tanto vicine, io di lei ricorderò sempre la sua dolcezza, la sua fiducia in me, la sua capacità di introdurmi in quelle iniziative di lavoro in cui temevo di essere così poco capace.
Oggi, pensando tristemente a lei, pensavo anche alla mia età, alle età di molte persone a cui voglio bene: numeri così alti, pian piano dovrò abituarmi sempre più spesso a lasciarle andare, a poterle tenere solo nel mio cuore...
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