Quella fede da non prendere a calci

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Non solo non l’ho mai capita ma l’ho pure disprezzata la fede calcistica e l’ho fatto, neanche fosse una questione di vita o di morte, ogni qual volta mi si è presentata l’occasione di trovarmi a tu per tu con l’esuberanza scriteriata di un tifoso. Ma oggi, leggendo la recensione di Emanuele Trevi al libro Nel paese dell’aquilone cosmico di Oliver Guez, ho capito che il mio approccio è stato inappropriato e incongruo, e sì, anche stupido. Perché la fede è fede, anche quando non profuma di incenso.

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“Nessun paese”, conclude Guez, “ha intellettualizzato il calcio più dell’Argentina”. Ma a certi livelli di ossessione, siamo tutti un po’ argentini. Ed è questo il motivo per cui noi fissati non ci vergogniamo di fare tardi, la domenica notte, guardando fino all’ultimo tutti i programmi post-partita, le moviole, le dichiarazioni degli allenatori, i commenti e i litigi in studio. Se è già difficile al profano capire perché guardiamo tante partite, tutto questo contorno verbale a cui volentieri ci assoggettiamo gli sembra di sconfinare nella malattia mentale. Ma la realtà la sappiamo solo noi malati: le partite non esistono, o meglio, in sé e per sé esistono solo per i principianti e i dilettanti. Nel calcio, che forse è il più irrazionale di tutti i giochi umani, contano molto più che altrove i discorsi che se ne fanno prima, durante e dopo. Siamo nel dominio assoluto dell’interpretazione, dell’elaborazione secondaria, della sofistica più spericolata. È impossibile spiegarlo a chi ci supplica per il nostro bene di spegnere la tv, una buona volta. E a chi, con aria di sfida, ci ricorda che alla fine è solo il risultato che conta, noi rispondiamo che sarà pure vero, ma questi benedetti risultati non significano nulla, se non ci fosse chi li rimugina da una partita all’altra, li compara con tutte le altre possibilità, li scruta come gli antichi indovini facevano con le viscere degli animali sacrificati. Se preferite gli eventi “puri”, sarà meglio che vi dedichiate a guardare i tramonti, o la pioggia.

Emanuele Trevi

Se preferite gli eventi “puri”, sarà meglio che vi dedichiate a guardare i tramonti, o la pioggia. Questa potevi risparmiartela, caro Trevi, ma mi piaci lo stesso.

Quella fede da non prendere a calciultima modifica: 2022-08-30T10:05:24+02:00da hyponoia