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W LA SQUOLA

Post n°44 pubblicato il 15 Aprile 2009 da esperiMente


Scuole elementari, ore 16,30: colloqui con le insegnanti.

Ho visto cose che voi umani, senza figli, potete immaginare benissimo, poiché il cafone non necessariamente si riproduce (e qui aggiungerei per fortuna) ed inoltre, ahinoi, ha il vezzo di insediarsi nei più svariati ambienti pubblici, dalla panetteria allo studio medico, non sempre indossando i panni scuri della vecchietta sfaccendata e stronza.

L'appuntamento è totalmente privo di altre regole che non riguardino l'orario, quindi presumo che, arrivati a scuola, si venga in qualche maniera indirizzati, so che istruiti sarebbe troppo!

Quanto mi sbaglio. E' l'anarchia.

Arrivano da tutte le parti, chi dal cortile principale, come ci si aspetterebbe da tutti, chi, quatto quatto, dall'ingresso secondario, perché c'è sempre un ingresso secondario, scavato nel muro apposta per i furbi.

Guadagno il primo piano, dopo aver sgomitato con le masse urlanti  dei cari alunni (nonché preso un paio di zainetti in faccia) che scendono le scale come cannibali in odor di missionario. Lì scopro che alcuni genitori son già saliti, l'occhio volpino e la maschera indifferente di chi avrebbe voglia di tornar bambino per poterti dire "io so la scorciatoia, e tu noo!".

I bidelli, al cancello, dovrebbero consegnare degli elmetti, penso, perché si scatena immediata una battaglia, più che all'ultimo sangue, al primo arrivato.

La fantasia trionfa.
Le più ingegnose  sono proprio quelle mamme che ogni mattina, mentre,  pur apprezzando le idee di 
Agosti, dopo aver accompagnato mia figlia, mi appresto con affanno a raggiungere la mia postazione di schiava, vedo intrattenersi placidamente ai tavolini del bar.

"L'ho vista arrivare, e quindi c'ero prima io"

"No, sono io che ho visto arrivare te" (la confidenza si prende in un attimo)

"Mio marito mi ha appena detto che ha invitato a cena il capo e devo ancora fare la spesa"

"Ho una visita medica urgentissima"

"Prendo servizio alle cinque"

"Sono in servizio"

"Sono incinta"

E davanti ai figlioletti, che misurano scatenati con mani, ginocchia, pance, il corridoio, si alzano le voci, e, in men che non si dica, anche le mani.
Inutile segnalare che i tentativi, miei, e di altre mamme costernate, di mettere un minimo d'ordine, passano totalmente inosservati: è il caos.

Sfuma così allegramente il pomeriggio, la prepotenza ha la meglio, e per l'ora di cena (qualcosa di pronto si trova sempre) siamo tutti a casa, distrutti.

Ma i cafoni han poco da ridere.
Non hanno fatto i conti con la rappresentante dei genitori, di probabile schiatta mitteleuropea casualmente stabilitasi in Italia.
Dopo una rapida, quanto inutile, consultazione con le maestre (come condannare, poverette, la loro interpretazione di Ponzio Pilato. Immagino quanto debba essere deprimente il confronto con i procreatori di cotanti mocciosi) la sottoscritta mette in moto la sua spiccata attidudine per il solving problem e si presenta al successivo incontro con un quarto d'ora d'anticipo, munita di bigliettini numerati.

Dolce sorriso scolpito sull'armatura, cuore di mamma incastonato fra spalle alla Schwarzenegger, consegno ai convenuti i numeretti, man mano che arrivano nel cortile principale, poi, dopo una risalita della corrente barbara degna di una femmina di salmone che pensa solo a deporre le uova, riordino anche gli indignati furbetti dell'ingresso di servizio, tenendo per me l'ultimo numero.

Che silenzio, che pace, rispetto all'altra volta!

Solo musi lunghi, mormorii offesi, sguardi storti e qualche (gradito, che in fondo sono anch'io un essere umano) cenno di approvazione.
Nessuno commenta apertamente, tranne la regina dei cafoni, che ha il penultimo numero, e con la consueta eleganza mi apostrofa così "Complimenti, hai fatto proprio una bella stronzata!"

La mia risposta?

"Alle prossime elezioni dei rappresentanti, potresti candidarti tu, mia cara"

 

Qualcuno, forse, desidera indovinare se l'ha fatto?

 

 

 
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ANGELO VASSALLO
Sindaco di Pollica (SA)

ucciso il 5 settembre 2010


Uccidendo Vassallo, la mafia non ha voluto solo difendere le attività legate al narcotraffico e all'edilizia. Ha ucciso un profeta. Un eletto dal popolo che affrontava con intensità e coraggio le disfunzioni più evidenti ella società contemporanea.

Alain Faure - direttore di ricerca Istituto di studi politici di Grenoble - LE MONDE 

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