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LA DONNA CHE IMPARO' A VOLARE

Post n°79 pubblicato il 16 Agosto 2009 da esperiMente

Da qualche anno  trascorriamo un breve periodo di vacanza in un paesino alle porte di Nizza. Un piccolo paradiso, per noi pigri pattinatori di montagna: piscina condominiale misteriosamente ignorata dai residenti, chilometri di piste ciclabili perfettamente lisce e sicure, terrazza affacciata su una collina di ulivi e pini marittimi, cicale, scoiattoli, ricci. Traffico e rumori della città appena percettibili da un lato, a far apprezzare ancor di più il silenzio quasi perfetto, mare un po' scadente ma entità di ansiogene file di ombrelloni pari a decimi zero virgola cinque.

Ogni luogo, si sa, ha almeno un personaggio caratteristico; quel microcosmo dal promettente nome di  Panoramis  non fa certo difetto e noi non tardammo a conoscerlo, anzi conoscerla. Da poco approdati a bordo vasca in un assolato pomeriggio del giugno di dieci anni fa, non avevamo ancora terminato la fase 1: svestizione, quando fummo aggrediti verbalmente da un orco in minigonnella, spuntato da dietro la siepe. Età stimabile intorno ai cinquanta, più ossa che carne, abbronzatura grinzosa, occhiale fumée brillantinato, treccine bionde da teen-ager scaduta, acidità a livello red-alarm. Il motivo di tanta acredine non ci fu dato capirlo, visto che si esprimeva in un francese supersonico, ma intuimmo di aver violato una delle quattromilaseicento regole affisse sul cancelletto della piscina.

Ancora oggi non conosco il nome di cotanta principessa, ma allora ci venne spontaneo prendere in prestito per lei una formuletta che, chiunque non abbia il buon gusto di risiedere nella terra di Marianne, impara subito, pena: esser trafitti da sguardi compassionevoli o colmi di disprezzo. Per noi fu subito ed è ancor oggi "Madame Silvuplé".

Realizzammo in pochi giorni che la megera si dilettava ad ammonire soltanto noi; ai francesi tutto era permesso, compresi tuffi-tsunami e sbriciolanti merende, mentre noi poveri italiens, per quanto, almeno all'inizio, facessimo attenzione, eravamo specializzati in "violazione dei divieti".

La sua dolce presenza allieta da allora i nostri soggiorni in Costa Azzurra; sempre pronta a spuntare dal vialetto d'ingresso traballando sugli zoccoletti tacco dieci, avvolta in una nube di Chanel n. 87, in braccio l'immancabile niveo Fifì, o Doudou, o comecavolosichiama (mi son sempre chiesta se i cani francesi abbiano problemi di deambulazione), la nostra cara amica xenofoba senza vergogna non manca mai un rimprovero, ormai senza risposta.

E' entrata nella raccolta delle storie di famiglia da raccontare al pranzo di Natale, l'episodio in cui mio fratello, bonario omaccione palestrato dagli occhi di cerbiatto, aggredito da Madame SVP per i presunti disastri causati dal mio nipotino di cinque anni, la lasciò pazientemente finire per poi rispondere con innocenza, in italiano: "Mi scusi, signora, ma non parlo francese". La belva, che capisce benissimo la nostra lingua ma non lo ammetterebbe mai, se ne andò alquanto irritata, probabilmente più per l'affronto del "signora" (è demoiselle, chi l'avrebbe mai detto?) che per tutto il resto.

Solo in un periodo l'ho vista allegra e sorridente. Fu un paio d'estati fa, per via di un giovanotto di bell'aspetto che si era trasferito lì e con il quale amava intrattenersi ore e ore a chiacchierare, dimenticando persino di riprenderci. Ma la pazienza del tipo dovette esaurirsi in fretta, perché negli anni successivi non ce n'era più traccia, e Madame Silvuplé, afflitta da rinnovata "carenza di carro", tornò ad essere il limoncino appassito di sempre. (Venimmo in seguito a sapere che il poveretto aveva posto fine ai suoi tristi giorni gettandosi sotto il TGV, e l'unico pezzo intero che ne  venne recuperato fu l'apparecchio acustico).

Quest'anno, la svolta si è incarnata in una paciosa famiglia di olandesi, duecentotrenta chili in tre, con la quale abbiamo avuto il piacere di dividere il male per godere di almeno metà del gaudio.

Anche per loro, stessa ricetta: dose quotidiana di rimbrotti. Ma come si fa a dire a dei bambini  in vacanza che non possono tuffarsi in piscina, che devono strillare a bassa voce, che giocare con la palla è vietatissimo?

Ah, ma la vendetta è molto dolce, quando arriva dopo anni di soprusi, soprattutto se il suo peso è frazionato su diverse coscienze, e così, finalmente, ci siamo organizzati, decidendo di sacrificare il morbido e costoso barboncino di peluche acquistato per le bambine alle Galeries Lafayette.

Attirato al di qua della siepe del giardino il candido quadrupede vivente che, MIRACOLO!, sa camminare, e, in quanto cane, non resiste al profumo di una scatoletta di Caesar, abbiamo iniziato a gridare: "Aiuto, aiuto! Il cane in piscina, annega, annega!" e, come da copione, l'arpia non si è fatta attendere: Urlando a squarciagola: "Philiiiiippe", (ecco come si chiamava!) seguito da un fiume di motti incomprensibili, vestita soltanto di: vestaglietta finto-giapponese nera a fiori rossi, infradito rasoterra e mollettone fucsia in testa, si è precipitata fuori dal suo appartamento al piano terra, e, con uno slancio da quattrocento siepi, sotto lo sguardo di ben quattordici occhi stranieri più due del suo cane asciutto e perplesso che si leccava i baffi, ha saltato il muretto e in un volo da podio olimpionico si è tuffata in piscina per salvare lo sventurato....peluche.

La cosa più bella è stata vedere i bambini che la sgridavano, chi in italiano, chi in olandese: "Non si fanno i tuffi, non si entra in acqua vestiti, non si urla, ci si fa la doccia prima di entrare in piscina....".

 
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ucciso il 5 settembre 2010


Uccidendo Vassallo, la mafia non ha voluto solo difendere le attività legate al narcotraffico e all'edilizia. Ha ucciso un profeta. Un eletto dal popolo che affrontava con intensità e coraggio le disfunzioni più evidenti ella società contemporanea.

Alain Faure - direttore di ricerca Istituto di studi politici di Grenoble - LE MONDE 

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