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Viaggiando con mammà

Post n°158 pubblicato il 19 Novembre 2007 da guerrierlumiere

Spesso quando pensiamo ai cambiamenti della nostra vita abbiamo l'impressione che questi avvengano molto lentamente. In realtà se guardo indietro a cosa è successo nell'ultimo anno mi rendo conto di quanto in realtà sia il contrario. Avvenimenti che sul momento sembrano poco importanti portano dei cambiamenti clamorosi nella propria vita. E' un po' come quando spari un colpo di pistola. Spostare la traiettoria di un millimetro significa cambiare l'obbiettivo di centinaia di metri. E da quel momento ci si allontana sempre di più. Questo anno mi ha realmente cambiato. Cose che per me erano normali adesso sono diventate impensabili e viceversa. Ho ancora molto da camminare ma sono consapevole che quello che non avevo fatto nei dieci anni precedenti l'ho fatto tutto insieme in un anno. In questo momento speciale ho cominciato a riassaporare cosa significhi stare con mia mamma. Il nostro rapporto è sempre stato di madre e figlio fino all'anno scorso. Ora sta cambiando. Piano piano comincio ad essere un appoggio anche io per lei. E mi piace.
Ieri pomeriggio siamo andati a fare una passeggiata in macchina. Siamo andati nei suoi posti, nelle campagne che avevano visto la sua gioventù. Ed è venuto fuori uno spaccato di vita che non avevo mai immaginato e che mi ha arricchito. Pagine di povertà e ingenuità.
Per esempio ho scoperto che a quei tempi si mangiavano i ricci. Si, quei poveri animaletti ricoperti di spine. Suo papà quando andava a caccia per procacciare il cibo per la famiglia (e già questo mi sembra una cosa incredibile) quando si imbatteva in loro li riteneva una vera prelibatezza. La cosa crudele è che, a causa degli aculei, li uccidevano bollendoli nell'acqua calda come se fossero aragoste!!!!
Ho scoperto che non sa nuotare e che questo per lei è tuttora un cruccio. Perchè a quei tempi sapere cosa fosse il mare era una cosa riservata ai più ricchi o a chi ci abitava. Essendo Firenze distante dal mare almeno 100 chilometri era difficile che qualcuno ce li portasse. Mia mamma ha scoperto cosa fosse il mare in età matura per lavoro, dovendo portare dei ragazzi alla colonia estiva e a quel punto la paura dell'acqua era troppo radicata per poter imparare a nuotare. E non esistevano i corsi di nuoto in piscina.
Ho scoperto che per andare a lavorare doveva fare chilometri in bici per una strada piena di buche e ciottolosa e che doveva portarsi il pranzo dietro perchè non esistevano nè ristoranti nè bar nè mense nè alimentari dove comprarlo.
Ho scoperto da cosa deriva il suo odio per i fascisti. E' semplicemente aver vissuto sulla propria pelle l'odio degli uomini.
In una via nella periferia di Firenze c'è una Villa che viene soprannominata Villa Triste. Non mi ero mai chiesto il perchè di questo nome. Me l'ha indicata lei passandoci davanti. Mi ha raccontato con raccapriccio che era una villa in cui i repubblichini fascisti portavano le persone per torturarle. Che una sua amica raccontava di sentire le grida dalla sua casa distante centinaia di metri. E mentre lo raccontava potevo sentire la sua voce che s'incrinava a raccontare degli omicidi perpetrati, potevo vedere il suo sguardo ancora spaventato. Mi sono chiesto come fosse possibile che una storia tanto dolorosa si fosse persa nella memoria. Così ho provato ad indagare se i suoi ricordi corrispondessero alla realtà. E ho trovato questo.
Villa Triste è il soprannome di un palazzo situato allora in Via Bolognese 69 a Firenze, sede di una sezione della polizia politica tedesca (il SD: Sicherheitsdienst) e di un reparto della milizia repubblichina, la 92° legione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (conosciuta come Banda Carità), nel periodo settembre 1943-agosto 1944.
I tedeschi concessero ai fascisti l'uso dei piani inferiori e degli scantinati del caseggiato, dove il comandante Mario Carità organizzo il Reparto Servizi Speciali, corpo in cui confluirono criminali di tutti i tipi in cambio di una sorta di amnistia e personaggi dalla salute mentale discutibile.
I locali occupati dagli uomini della Banda Carità, che si erano organizzati in bande chiamate significativamente la "squadra degli assassini", la "squadra della labbrata" e i "quattro santi" videro nei mesi successivi atti efferati e torture di tutti i tipi: tra le vittime dei torturatori si ricordano Bruno Fanciullacci e la giovanissima Anna Maria Enriques Agnoletti (1907-1944, fucilata a Cercina dalle SS).
Pare che tra i partecipanti ai sadici interrogatori ci fossero persino religiosi, tra cui un frate benedettino, Padre Ildefonso (al secolo Alfredo Epaminonda Troia), che si dilettava a suonare canzonette napoletane al pianoforte durante le torture.
Villa Triste venne utilizzata come carcere e luogo di torture fino alla Liberazione di Firenze, nel settembre del 1944; lo spiazzo su cui si affaccia fu in seguito intitolato a Bruno Fanciullacci.
E' per questo che mia mamma era quasi commossa nel ricordare che qualche mese fa in quello spiazzo, qualcuno aveva tolto la targa in nome di un'ideologia che probabilmente ha poca memoria anche quella. E anche io non riuscivo fino in fondo a capire cosa potesse significare per lei il furto di una targa intitolata a un uomo....ma adesso lo capisco un po' di più. 

 
 
 
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Un blog di: guerrierlumiere
Data di creazione: 09/10/2006
 
 

AREA PERSONALE

 

IL TEMPO NON HA LIMITI

Anche se non sento dentro me “Amore”
Ritorno sempre là
A quelle immagini
Ai giorni liberi
Pieno di entusiasmo sembrerò
Solo a chi non saprà comprendere
il vuoto dentro me
E rimangono le lacrime in bilico
Dietro gli angoli degli occhi che sorridono
Il tempo non ha limiti
Non passa per dividerci
È un pretesto sai che non basta mai
per difenderci
Il tempo cura i lividi
Difende dai pericoli
Di un amore che mai
dimentica il tempo tra di noi
Il ricordo inafferrabile lo so
Che male più non fa
Ma se ti incontrerò
io non mi salverò
Cresce dentro l’anima
La voglia che ho di te
Distanze fragili ci uniscono di più
E non trovo le parole
per spiegarmelo
Perché quelli che si cercano poi
si perdono
Il tempo non ha limiti
Non basta per dividerci
È un pretesto sai che non basta mai
per difenderci
Il tempo cura i lividi
Difende dai pericoli
Di un amore che mai dimentica noi
Ci sono attimi che non ritornano più
- Vivrò pensando a te -
Il tempo è un alibi per non amarti più
- Vivrò pensando te -
Ti sento accanto a me come se fossi qui
Il tempo non ha limiti
Non passa per dividerci
È un pretesto sai che non basta mai
per difenderci
Il tempo cura i lividi
Difende dai pericoli
Di un amore che mai dimentica noi
Il tempo tra di noi…
 

QUELLO CHE VORREI FARE:

“Molte persone temono la felicità. Per tali persone, essere contenti nella vita significa cambiare molte delle loro abitudini - e perdere il loro senso di identità. Spesso siamo scontrosi verso le cose buone che ci accadono. Non le accettiamo, perché ci farebbero sentire in debito nei confronti di Dio. Pensiamo: ‘Meglio non bere dal calice della felicità, perché, quando sarà vuoto, soffriremo immensamente.’ Per questa paura di rimpicciolirci, non riusciamo a crescere. Per la paura di piangere, non riusciamo a ridere.”
 

PENSIERO DEL GIORNO

Dice il maestro: “Oggi è un bel giorno per fare qualcosa fuori dall’ordinario. Potremmo, per esempio, ballare per la strada mentre andiamo al lavoro. Guardare direttamente negli occhi di uno sconosciuto, e parlare di amore a prima vista. Dare al capo un’idea che può sembrare ridicola, un’idea che non avevamo mai menzionato prima. I Guerrieri della Luce si permettono tali giorni. Oggi, potremmo piangere su antiche ingiustizie difficili da accettare. Potremmo telefonare a qualcuno a cui avevamo giurato di non parlare mai più (ma da cui avremmo desiderato ricevere un messaggio sulla segreteria telefonica). Oggi potrebbe essere considerato un giorno aldilà della sceneggiatura che scriviamo quotidianamente. Oggi, ogni colpa sarà permessa e perdonata. Oggi è un giorno per godere la vita.” 
 

LA MIA POESIA

Ti amo come se mangiassi il pane spruzzandolo di sale
come se alzandomi la notte bruciante di febbre
bevessi l'acqua con le labbra sul rubinetto
ti amo come guardo il pesante sacco della posta
non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia
pieno di sospetto agitato
ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo
ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il
crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.
 

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