espe dixit
pensieri, parole, opere, o_missioni di un bipede« desperate housewife - i ... | rivisitazione 2 » |
Maggie e Arturo.
Maggie va al parco tutti i giorni, quando il tempo permette a Camelia di portarcela.
Sono gli unici momenti della giornata ad avere un senso, quelli. Lì Maggie osserva, anche perché è l'unica cosa bella che può ancora fare, praticamente. Di brutte ne fa alcune, tipo sporcarsi o piagnucolare. Tutto il resto è un puré di indifferenza, mantecato dalle ore eterne di tv che è costretta a sorbirsi contro la sua volontà.
Le piacerebbe che qualcuno leggesse per lei i libri che amava tanto. Camelia ci ha provato qualche volta, ma il risultato era talmente irritante da farla piangere di rabbia, così ha preferito il male minore, cioè stare senza.
Sarebbe meglio non averla più, la volontà. Sarebbe meglio aver smarrito quella, piuttosto che la parola, o il controllo delle funzioni corporali.
E' andata così.
Si dice così, no?
La vita non è stata gentile con Maggie. L'ultimo ictus le ha portato via tutto, tranne che una matassa di pensieri lucidi e crudeli, desideri semplici e irrealizzabili, opinioni inutili. Quando la vita ti toglie l'essenziale dovrebbe avere il buon gusto di lasciare andare anche te. E invece.
Ma al parco Maggie osserva, e a modo suo si diverte.
Guarda gli istanti vivere nei bambini che giocano, nelle mamme che chiacchierano all'ombra; innamorate ancora inconsapevoli del tradimento che son destinate a subire dai frutti del proprio sangue. Guarda le stagioni scherzare con gli alberi e l'acqua del laghetto arrabbiarsi col vento.
Guarda le nuvole cambiare colore, e guarda Arturo.
Anche Arturo va al parco tutti i giorni, quando il tempo lo permette. E anche no.
Lui va al parco persino quando è brutto, ma in quei frangenti si ferma poco. Porta il suo cagnolino a fare il solito giro, e se non piove, o non fa troppo freddo, si ferma ad asciugare le ossa vicino al platano grande, mentre Lampo salta e corre in compagnia.
Ad Arturo piace incontrare i suoi amici pensionati.
Condannati ai non-lavori forzati, li chiama lui, l'"Arturo nel paese del disincanto", che a casa si stufa e i sudoku non li sopporta.
Ma la cosa che gli piace di più fare al parco è guardare Maggie.
Ha notato da diverso tempo quella donna sulla sedia a rotelle.
La sua badante si siede dall'altra parte della panchina a leggere in silenzio e lei sta lì, il viso triste ed espressivo, gli occhi brillanti, audaci, affannati a raccogliere tutto quello che possono.
Lo incuriosisce, quella donna bella e ferita. All'inizio capitava qualche volta che i loro sguardi si incrociassero, ma durava un attimo. Subito lei volgeva la testa altrove, quasi scocciata, o almeno così pareva a lui, che fingeva di interessarsi al cane, più per rispetto di quel dolore zitto montato su ruote, che per altro.
Col tempo, però, avevano iniziato a guardarsi un po' di più, fino ad imbastire discorsi muti e distanti, ed eloquenti più di mille parole.
Ad Arturo piace guardare Maggie. Capisce che la cosa è reciproca e vorrebbe avvicinarsi, ma non osa. Sogna pomeriggi tiepidi sulla panchina a leggere per lei i libri che ama tanto, ma non riesce a muoversi. Ha paura.
Sono lontani i tempi in cui gli bastava scambiare due parole con una donna per annusarne lo scioglimento progressivo e inesorabile delle difese. Ora si sente impacciato. Obsoleto. Improbabile. Ridicolo, anche.
Così sta lì, a venti metri come un imbecille, a scambiare gli sguardi con Maggie.
Tutti i giorni, quando il tempo permette a Camelia di portarcela.
Oggi però è diverso.
Oggi i raggi obliqui del sole gli hanno instillato quella dose di coraggio che mancava.
Oggi Arturo ha comprato una rosa. Rossa.
E' andato al parco, ha liberato il cane e ingoiato l'imbarazzo. Con le ginocchia leggere si prepara a raggiungere Maggie e consegnarle la rosa. Per assurdo, magari, baciarla.
Maggie lo guarda, come sempre.
Incredula lo vede avvicinarsi col passo un po' incerto, come se non fosse proprio sicuro di voler venire lì. Tiene una mano dietro la schiena.
Arturo le arriva accanto. Si siede sulla panchina tra lei e Camelia, che assorta nella lettura, subito non si accorge di nulla.
L'aria smette di respirare, mentre lui le posa in grembo il fiore, mormorando qualcosa che rimane incastrato tra un salto accelerato del cuore e uno sbattere nervoso di ciglia.
Maggie abbassa gli occhi intimiditi. Sarebbe sciocco aspettarsi un bacio?
La badante fa uno scatto improvviso. Arrossisce. Brontola qualcosa nella sua lingua madre, afferra bruscamente le maniglie della sedia a rotelle e la spinge via, facendo cadere la rosa.
"Mi scusi tanto, Maggie. Non mi ero accorta che quell'uomo la stava importunando. Domani cambieremo posto."
Sulla panchina rimane solo un vecchio.
Per terra, nel vialetto, un libro aperto malamente e una ferita rossa che aveva appena cominciato a sbocciare.
Quando la vita ti toglie l'essenziale, dovrebbe avere il buon gusto di lasciare andare anche te.
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C_ARTIGLI
"L'amore non possiede né vuole essere posseduto."
K. Gibran
"L'amore non possiede né vuole essere posseduto. Parla per te."
Espe
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qual è il colmo per un assessor alla cultura della Lega Nord?
Promuovere scambi gutturali
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FISIONOMIA DI UN AMICO
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ANGELO VASSALLO
Sindaco di Pollica (SA)
ucciso il 5 settembre 2010
Uccidendo Vassallo, la mafia non ha voluto solo difendere le attività legate al narcotraffico e all'edilizia. Ha ucciso un profeta. Un eletto dal popolo che affrontava con intensità e coraggio le disfunzioni più evidenti ella società contemporanea.
Alain Faure - direttore di ricerca Istituto di studi politici di Grenoble - LE MONDE
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A PEPPINO IMPASTATO
UOMO LIBERO
LORO NON AVEVANO LA SCORTA
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