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Post n°854 pubblicato il 22 Giugno 2012 da atapo
 

 

ORA

 

Courbet, Mare in tempesta

 

 

Posso parlarvi dei miei “trionfi” teatrali,

posso descrivervi il Palio e scegliere le foto che mi sembrano più belle,

posso entrare nel fiabesco e raccontarvi una storia di Cora che mi coltivavo dentro da qualche tempo,

ma la vita non è soltanto questo, se scrivo qui posso scegliere e magari scegliere mi fa bene, significa decidere cosa vorrei che restasse...

C'è dell'altro però che appesantisce il cuore e preme per uscire...finchè, in qualche modo, ci riesce.

Mia suocera è ancora qui.

Ha passato quindici giorni in ospedale, anche noi abbiamo fatto...vita d'ospedale: le giornate organizzate sulla base degli orari in cui si poteva entrare a farle visita, orari che poi ti portano a pranzare alle 15 e a cenare alle 21,30...quando va bene, quando non c'è da fare la coda per parlare con i medici, quando poi, rientrati dalla visita o dal colloquio, non c'è da telefonare con urgenza ai parenti sparsi per mezza Italia o da rispondere alle loro telefonate...

Nessuno di loro però che in questi quindici giorni sia andato a trovarla all'ospedale, nemmeno chi abita a quaranta minuti da qui...Mio marito ha cercato di essere da lei quasi sempre due volte al giorno, io lo accompagnavo a giorni alterni; sappiamo per esperienza personale quanto ci si senta soli all'ospedale, quanto quei pochi minuti di compagnia poi ti riempiano il resto della giornata...

Le diagnosi e le prognosi sono andate sempre peggiorando, mentre, paradossalmente, mia suocera si sentiva meglio e si riprendeva in seguito alle cure, per cui non c'è stato bisogno del piccolo intervento chirurgico che era stato paventato. Ma è tutta apparenza, perchè gli esami clinici dicono che, in realtà, la situazione è la peggiore che si possa pensare, tanto che ormai sono inutili sia operazioni sia cure aggressive...si possono solo dare palliativi in attesa che la situazione precipiti definitivamente.

In attesa...questo è il nocciolo della questione, una attesa che non si sa quanto sarà lunga, settimane...mesi...i medici si stringono nelle spalle, dicono che in questi casi ogni fisico reagisce diversamente per cui il male progredisce di conseguenza...

In attesa...occorre organizzarsi per quando arriverà l'aggravamento, per quando ci sarà bisogno di cure più complicate da gestire con associazioni apposite.

Naturalmente è impensabile che possa tornare ad abitare da sola nel suo paese, visto che è stata in cura qui è scelta ragionevole che resti a casa nostra, in modo da avere a portata di mano l'ospedale dove già è stata presa in carico e dove la conoscono bene.

Ecco la situazione. Ora, appena dimessa, mio marito sta facendo i salti mortali per procurare le medicine, capire come organizzarsi, metterla in regola con i documenti sanitari (dopo le vicissitudini di due anni fa non vorremmo saltassero fuori problemi...) Poi bisogna occuparsi anche di altri “problemi” in quella famiglia, dato il futuro che si prospetta...Quindi appuntamenti con legali, telefonate con i miei cognati...con cui i contatti non sono sempre semplici, viste le “stranezze” di tutti i componenti del clan familiare... Io ci metto bocca il minimo indispensabile, parlo se richiesta, le scelte devono essere loro, fornisco un ...supporto logistico e di memoria, segnando e ricordando scadenze e impegni, anche perchè il caldo e lo stress portano i nervi a fior di pelle e c'è alto rischio di scintille...

Ma ho paura. Oltre alla pena immensa che provo per questa donna, che in fondo ha veramente VISSUTO solo in questi ultimi due anni, so cosa ci si può aspettare prossimamente, so che sarà faticosissimo e ho paura.

Di non reggere, di uscirne distrutta, di non riuscire a mantenere la razionalità e un minimo di necessario distacco. Io non sono così buona, sono egoista, non ho la vocazione al martirio, mi sacrifico se necessario ma con grande fatica e poca serenità, esternamente reggo anche fino alla fine, ma dentro mi logoro sempre di più. Conosco persone che si sono trovate in situazioni difficili ed estreme con i loro familiari e l'hanno fatto con calma e pacatezza, con una grande forza e semplicità, per lunghi periodi... Io sono una ribelle, prima di rassegnarmi e di ritrovare un equilibrio devo gridare, arrabbiarmi, anche se solo dentro di me... Anche mio marito è nervoso, come in passato in altri momenti difficili rischiamo di ferirci a vicenda ancora di più, di farci del male e di sentirci soli ognuno per conto suo, anziché uniti...

Basta. Devo tenere da conto le mie forze. Quando passo qui, girello tra gli amici, vi leggo volentieri, ma non sempre ho voglia di scrivervi perchè mi sento la testa vuota e stanca...

L'anno magico è decisamente finito: la troppa gioia dopo si paga, mi ha detto una conoscente. Io non credo a questo contrappasso, anzi, ringrazio che ci sia stato questo anno magico, almeno ho qualcosa di bello a cui pensare in certi momenti...

La suocera andrà a passare qualche giorno da un altro figlio, il più presto possibile, prima che si corra il rischio che la situazione si aggravi. Lei non ne ha tanta voglia, abbiamo capito che preferisce stare da noi...ma qui si aprirebbe un altro discorso che non voglio fare.

Quando andrà, credo che “scapperemo” appena possibile col camper...dove, non lo so e non mi importa, basta che sia lontano da qui. Perchè dopo di viaggi e vacanze non se ne parlerà più per un pezzo.

 
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