Canzone,io credo che saranno radi
color che tua ragione intendan bene,
tanto la parli faticosa e forte.
Onde,se per ventura elli addivene
che tu dinanzi da persone vade
che non ti paian d'essa bene accorte,
allor ti priego che ti riconforte,
dicendo lor,diletta mia novella:
"Ponete mente almen com'io son bella!"
Dante,Convivio.
Quel che m'intriga tosto Un tempo mai avrei detto terso, astratta mestizia. Seppure l'ingiustizia hai la forza di goccia, dal dolore trai forza. di beltà, a dargli forza Non è natura, donna guarda: non è natura che ti si neghi vita.
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Sono attimi di sgomento e sconforto , quelli che in versi ci consegnan stanchi all'orrore inscritto al muro del pianto:
prosciugato d' umanità è da un pezzo sebbene ancora in molti, un tanto al chilo, ci facciano lamentazioni accese.
In fondo coloni sono del nulla: son chi assilla e s'arrovella ch'è sacra l'eredità d'un fazzoletto in terra
steso tra mare e Giordano, con odio arati i campi e col sangue irrigati si da sopravviverci male bestie.
Ma quale dio, anche esistesse maligno, potrebbe mai concedere patrigno in eredità rancorosa messe? |
Casa è parola di due sillabe e piana, lettere accusate d'essersi accasate le sillabe: fonemi che fanno linguaggio domestico, tanto in cucina ai fornelli che sul divano in tinello dinanzi alla tv. Dicasi muri portanti, tramezzi, pavimenti... e travi: vene in cui ci scorre armato il cemento, perchè dovrebbe cementarci individui sotto il tetto, come pure in camera da letto tra i guanciali; vita dalle geometrie imaginate nel disegno del progetto. L'architetto ha solidificato il sangue in calce, pensandolo forma stabile dai balconi sul mondo: condivisibile di sentimenti e apprezzabile, nelle ragionate finestre aperte e negli angoli in squadra per muratori consci della necessaria compattezza di mattoni linguistici, come per i pilastri la logica... La poesia è amore per quella parola che si fa casa di un sentimento intanto che il cuore la distilla. |
Par mare l'inverno! Lo sento così algido nella sua danza che s'avanza fosca movenza volteggiando bassa di nubi. È brezza che s'avvita e sprizza onde d'aria che esonda e frange distratta, risucchiando foglie, sterpaglie e orme stinte da zolle. Anche quando t'abbaglia freddo ch' è viscido il sole tra nebbie e i merli sgusciano via lesti, ha un senso l'inverno a esser mare: chiedi ai rapaci che, di becco, si tuffano dai rami nudi alti, sognandosi gabbiani. |
Post n°727 pubblicato il 04 Febbraio 2024 da woodenship
… se è per quello: con fetta di limone, presa di sale e di tequila un sorso, sono già partito: sto scrivendoti da Playa del Carmen, steso sull’amaca in quel che fui ombra nascosta nel tempo. Quintana Roo è lo stato sul Caribe messicano, è da qui che si va al largo. Ci son le palme fruscianti alla brezza notturna danza; c’è pallida spiaggia striscia che si allunga arco di brillanti; c’è il mare che scintilla onde di luna schiumando argenteo sul bagnasciuga. Ed ho un fuocherello febbrile che arde scoppiettando insonne tra me e la notte. Lì dove sei hai pronto il flauto alle labbra? Allora accordiamoci sulle note salpiamo su melodia di risacca: c’è un galeone ricolmo di tesori laggiù che bordeggia scuro e ci aspetta.
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Post n°726 pubblicato il 28 Gennaio 2024 da woodenship
È pieno di gente che non conosco il mondo: ci cammino tutti i giorni e me ne do di conto molto spesso che non c'è nessuno ch'io possa dire a me noto. Hanno tutti facce ignote coloro che mi incrociano per strada. Certamente lo sono anch'io per loro pur quando mi aggiro alieno per casa: oggi, volevo darci fuoco al mondo, tanto mi era sì estraneo e distante avvolto in polveri che luccicano d'un dicembre che s'intona male, come abito scuro gessato liso indossato al cenone di fine anno.
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Post n°724 pubblicato il 17 Gennaio 2024 da woodenship
Il cielo stellato è un friggere d'astri infinito: ti schizza fuori in feedback dalle pagine web, si che di pace digiti nel panico l'utopia, dando la stura al frizzar di faville lassù, nell'universo virtuale ove un tappeto si fa firmamento, sul quale appellarsi senza tempo: ti sfuggono fuori, dalle mani giunte, galassie vorticanti d'intenti, infiammando volute di scintille sui palmi. Vola celeste, unico e al tempo stesso molteplice: ti scorre fuori in vampe dai polpastrelli, intanto che strisciando s'allunga scintillando il vorticare di onde lassù, tra i fiochi echi flottanti dell'imbrunire d'astri in buchi neri.
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già gli alberi si stremano di loro tra richiami e voli di ramo in ramo che poi è col vento che si stordiscono, ed ancora è piacevole sentirli.
Il loro si fa grido quando sorda ne morde il tronco la sega o ne scheggia il legno l'accetta. Oppure ne incide corteccia mano d'amante che non ama
e ha un cuore che neanche bomba sbreccia tanto si è perso tra ruderi e ceppi che pare di granito persino ora che il solstizio ridonda di mestizia
... ne ho sentito tante grida di alberi. Come anche di uno stormire sui tetti all'aria che sapeva di neve e fumo crepitio di tronchi nel camino arsi. |
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Erano questi gli arbusti, sicuro ne sono: sapevan tanto di morte, così vizze le foglie sui rami stecchiti, avvolti in sudario candido e denso di ragnatele. Poco più in là stava l'uomo in pietra sotto il ginko biloba: stanco e sordo agli schiamazzi di fine scuola, in quell'andare di gavettoni nel viavai di sole e luna di giugno. Ora, che il solstizio s'appressa inverno e le pupille tornano a spandersi, verdi li trovo che brillan radiosi come non fossero mai morti invero.
Mi direte: che c'entra giugno con dicembre e le festività in divenire? Nulla all'apparenza, ma se si tiene conto della circolarità delle stagioni, ecco che può sembrare fulmineo andare da giugno a dicembre in un batter di ciglia, ritrovandosi a farsi gli auguri di buone feste. Auguri tanti e di cuore: possano queste festività essere occasione di rinascita e serenità. Un abbraccio a stretto giro d'orizzonte ........w.....
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Grazie mia cara, or che ch'è avvento e ghiaccia a poco dal solstizio, per avermi rimboccato le coperte ieri notte: ho dormito davvero bene in terra madre. Tanto che non intendevo storie, per uscirne fuori da quelle coltri. Si che il giorno fosse ormai fatto pieno. Per il resto non ho le competenze, ma nemmeno gli strumenti che vorrei per dar vita ad un simile connubio. Il lavoro di scrittura richiede solitudine, riflessione, amore, silente esaltazione: sofferenza! Il dolore dell'esistenza ti apre a sentire tutto, il rantolo pure; come anche dir d'adrenalina, prima che ci si schianti contro il muro vero. Spesso la scrittura è questo: lavoro, note oscure che, nell'inconscio a fondo rimangono a pender dalle palpebre, come sipari rei d'obliare, calati sulla tragedia dell'esserci...forse potremmo partire da qui: raddoppia verdi i miei occhi con i tuoi. Lavoriamo come tu dici a quattro occhi: dimmelo se possiamo trarne versi da questo grezzo scriver dello stato dell'arte. Dimmi che ancora è giovane la notte!
***Di quando, dialogare per commenti, permette di accedere in altra dimensione che ci avvicina alla poesia. Grazie Divina creatura. |
Post n°718 pubblicato il 04 Dicembre 2023 da woodenship
I luoghi riesco a fermarli in memoria, sempre. Si che ci arrivo a primo colpo senza attardarmi per vie tortuose.
Come tornarci, è il rebus che mi assilla: finisce che prendo strade mai viste prima, perdendomi in giri viziosi.
Tutto perché ho labile nella mente il tragitto già vissuto e sofferto tanto d'assomigliare a un cimitero.
Da ragazzino andavo al cimitero. Dicevano che c'erano le tombe dei miei nonni da quelle parti. Sotto
i cipressi cercai a lungo e senza esito I miei nonni al cimitero. Una sera che ci fui in processione, a messa
vespro di maggio e calda era la sera, scoprii piuttosto l'ossario. Mi chiesi tra un rosario e l'altro, tra ombre di fede
e fiammelle di ceri penitenti cosa ci facessero lì tante ossa confuse: un bailamme di crani in sonno;
toraci deprivati di costole cuori e speranze; trincee di tibie dai clamori azzittiti di mascelle
cadenti e rotule tremanti; sterni scarniti d'amori in dimenar d'anche pur gravanti femori opachi e rotti.
Domicilio ultimo, ove tutto torna fonte d'origine e sospesa meta luogo ch'è caos d'indistinti resti.
Eppur convinto d'esserci già stato, sono, sebbene della strada fatta ormai senza averne contezza
alcuna, tale che mi permetta ora e sempre, d'andare e venire integro per dirne a voi se è luogo di altro o nulla.
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Anche l'acqua quest'anno è virtuale immateriale coscienza selvaggia s'acquatta nel web rifonda e rimuove: per certi luoghi ha cascate di pixel
; per altri, diverse contrade, si enfia, correndo sui marciapiedi e, sbattendo contro porte, s'infila in letti e sogni, fangosi incubi esondando reali...
che grandini, grossi chicchi impietosi, sui gradini del sagrato del tempio all'accidia, non lo sanno gli stolti ch'è segno dalla fonte delle nubi:
ove arde regno dei venti perversi a parte di un cielo senza ritegno volontà non si rassegna che, a terra si specchino individui indigenti.
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Son da conservare gelosi i carmi ci vengono ariosi incensi celesti dallo scrigno in fondo all'arcobaleno.
Non lasciamo che si disperdano odio se ora altro non sono che cinerei voli. Ma,a venir, saranno ancor tali:
così li colgo, ossianiche epopee; così mi riveston del tuo profumo; così li leggo con le mani a tentoni
sul tuo petto, indiscrete tra le gambe. Le guida ansimo, il tuo, intenso di pelle tremito ch'è nudità del desìo. |
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