Ipocrisia Mondiale

Il passato non si può cancellare e indietro non si può tornare, questo è lapalissiano. E’ pure lapalissiano però che dagli errori si dovrebbe trarre giovamento. Indietro non si può tornare, ma si può guardare.

Allora vediamo che nel passato sono stati fatti organizzare Mondiali di Calcio a personaggi come Mussolini e come i generali argentini. Questi ultimi nel periodo in cui li organizzarono, fecero vivere il loro paese nel terrore e fecero scomparire nel nulla dissidenti o presunti tali (si ritiene secondo ricostruzioni storiche che furono circa 30000 i “Desaparecidos”, come furono chiamati gli scomparsi). Ora si va a giocare in un posto (cambiando tutti i calendari dei campionati) dove con i diritti umani ci si fanno il bidet e dove per costruire gli stadi sono morti migliaia di lavoratori (secondo un’inchiesta di The Guardian circa 6500). Perché? Per il denaro, in nome di cui diritti umani e sicurezza sul lavoro sono stati messi in secondo piano.

Secondo un rapporto di Amnesty International oltre 15000 persone straniere sarebbero morte in Qatar tra il 2010 e il 2019 per ragioni non meglio identificate.

Questo sarebbe progresso?

Quanto sarebbe bello se Messi, Ronaldo, Mbappé o una delle star che parteciperanno a questa competizione, non esultassero ad un goal dedicando un pensiero a queste persone di cui nessuno parla e le cui scomparse vengono fatte passare per fantasia da una FIFA che ha ormai perso ogni credibilità.

Perché lanciare proclami per il fair-play quando di fronte alle morti silenziose per costruire stadi (in un posto dove tra pochi mesi non si ricorderanno manco più com’è fatto un pallone), si mantiene il silenzio assoluto, è un atteggiamento non solo ipocrita ma assurdo.

Infantino vergognati!

Messi, Lukaku, Grealish e certi ipocriti richiami alla morale

Messi va al PSG. Lukaku va al Chelsea (ormai è cosa fatta). Il City compra Grealish. In questi  giorni ci sono state queste maxi-operazioni di mercato.

Subito si sono scatenati i commenti intorno alle cifre spese dai club, oltre ai richiami al famoso “Fair-Play finanziario”.

Noi però vogliamo rinfrescare la memoria a tanti tifosi italiani che oggi si lamentano delle spese folli dei club stranieri e arrivano a definirle immorali.

Chi sono stati i primi, negli anni ’80, a strapagare i calciatori stranieri pur di farli venire in Italia?

Chi sono stati i primi ad aumentare vertiginosamente gli ingaggi?

Chi fu, nel 1992, a spendere quasi 60 miliardi per Lentini (facendo le proporzioni coi tempi, più di quelli spesi oggi dal City per Grealish) compiendo oltretutto una delle operazioni più sporche di calcio-mercato viste nella storia (Berlusconi fu addirittura, tramite quell’operazione, proprietario del Toro per un certo periodo e questo cozzava contro il regolamento)?

Chi fu a strapagare De la Pena, rischiando di finire in bancarotta?

A quale campionato appartenevano le società che, a furia di spendere più di quello che ricavavano per acquistare calciatori, finirono praticamente in mano a Geronzi e Capitalia?

Lamentarsi perché gli altri fanno ciò che hai iniziato a fare tu per primo (e che hai smesso di fare non per moralità, ma perché non hai più i soldi, altrimenti avresti continuato) puzza pesantemente di ipocrisia.

Dunque i moralisti per le cifre spese oggi dai club stranieri lasciamoli fare a qualcun altro per favore.

Gli allenatori sono importanti (quando fa comodo)

Venerdì 8 agosto la Juve esce dalla Champions. Il giorno dopo Sarri viene esonerato. Tutti a dire che col Lione bisognava passare, che i francesi al turno successivo sarebbero stati spazzati via da Guardiola e dal City.

Passa una settimana e ad essere spazzati via sono stati Guardiola e il City.

Dunque Sarri non è più il mostro cui erano stati additati tutti i mali bianconeri o “Don Pep” non è più il maestro di calcio che tutti incensavano? Oppure ancora, a Roma hanno avuto per due anni un genio (Rudi Garcia, allenatore del Lione) e non se ne sono accorti?

Questa Champions ha visto naufragare i sogni e le ambizioni di coloro che fino a qualche anno fa erano considerati indiscussi “profeti”. Guardiola uscito col Lione, Mourinho uscito con le ossa rotte dai confronti col Lipsia, il Barcellona, da tutti additato come modello da seguire per anni e favorito in Champions, umiliato dal Bayern, Zidane (tornato col proposito di riportare il Real Madrid a lottare per la Champions) uscito agli ottavi.

Anche Messi e CR7 non se la sono passata meglio. La “Pulce” com’è uscita l’abbiamo visto tutti e Ronaldo era arrivato a Torino con altre ambizioni, che non erano uscire ai quarti e agli ottavi in due anni (e con Ajax e Lione).

Nel frattempo in semifinale ci vanno Flick, Rudi Garcia, Nagelsmann e Tuchel (che qualcuno dava già per partente, ipotizzando l’approdo di Max Allegri sotto la Tour Eiffel).

Gli allenatori di colpo non contano più?

Credo che la risposta sia molto semplice. L’allenatore è importante se la squadra lo segue (Allegri l’anno scorso, Sarri quest’anno non ci pare siano stati seguiti alla Juve per quanto concerne la Champions), altrimenti da solo non può fare nulla. Non crediamo che Setien prima della partita non abbia cercato di “catechizzare”  i suoi, o che Guardiola abbia imposto di prendersi contropiedi così grossolani.

Inoltre, a volte è il caso a decidere, più che la bravura di un allenatore.

Il Lione è in semifinale, ma se il colpo di testa di Bonucci entrava e soprattutto, se Sterling non sbagliava in maniera così incredibile un goal che avrebbe fatto pure un bambino dei pulcini, oggi si parlerebbe ancora di “Miracolo Lione”? Rudi Garcia farebbe ancora conferenze stampa gongolante? Guardiola sarebbe ancora sotto accusa per le sue scelte di formazione? Soprattutto: se arrivava ai quarti, Sarri sarebbe stato esonerato?

Questo per dire che a volte, un allenatore, per bravo che sia, è legato ai risultati (indipendentemente dagli episodi che magari li hanno generati) e al rapporto con calciatori e società.

Ma davvero credete, con tutto il rispetto per Gattuso, che Ancelotti, con quello che ha vinto in giro per il mondo, sia meno bravo di Ringhio ad allenare, come i risultati del Napoli farebbero credere?

Alla fine, tu puoi essere anche un mago della panchina, puoi azzeccare tutte le sostituzioni, ma se il tuo fuoriclasse sbaglia un goal ad un metro dalla porta, se i tuoi giocatori hanno altro per la testa e la tua società, invece di intervenire lascia fare (caso-Setien, ma forse anche un po’ caso-Sarri) perché preferisce scaricare tutta la colpa addosso a te piuttosto che ad un gruppo di calciatori, sarai sempre sotto accusa.

Quando vedremo di nuovo un allenatore andare in conferenza stampa e fare una sfuriata come fece Trapattoni a Monaco, senza che venga esonerato, anzi coi giocatori da lui accusati messi fuori squadra dalla dirigenza?

Maradona o Messi? Cassano ha risposto, ma noi facciamo ricorso

In questi giorni sui social, un po’ per far passare il tempo, un po’ per cercare di non avere sempre la testa sul dramma che questo mondo sta vivendo, vengono fatti, per gioco, mini-sondaggi (a cui abbiamo partecipato anche noi), del tipo: “Chi è stato il portiere più forte, chi è stato il difensore più forte..” e così via.

Dev’essere questo che forse ha spinto Ivan Zazzaroni ad intervistare, in un video disponibile su twitter, Antonio Cassano. Ora, crediamo che con ciò che stiamo vivendo, in pochi si saranno chiesti cosa stesse facendo Cassano, Zazzaroni è evidentemente uno di questi e ha chiesto, in un’intervista, all’ex talento (in buona parte sprecato) di Bari Vecchia chi fosse più forte tra Messi e Maradona. Cassano ha risposto Messi.

Ognuno ha i suoi gusti, ma la spiegazione: “Messi gioca bene da 15 anni, Maradona solo 4 anni al top”, fa cagare pure gli stitici e spieghiamo perché.

Fermo restando che Messi è Messi e il suo valore non va discusso, dire che Maradona ha giocato solo 4 anni al top fa bestemmiare non solo noi, amanti del calcio che fu, ma chiunque amante del bel calcio in generale.

Cassano dimentica che nel 1979 Maradona era già Maradona, realizzando un goal da centrocampo che ancora oggi fa emozionare.

Cassano dimentica che a Barcellona Diego faceva ciò che fece Messi dopo, senza però avere Xavi e Iniesta che dominavano gli avversari a centrocampo a rendergli più facile la vita.

Cassano dimentica che nel 1984, al Napoli, realizzò già il primo anno reti da antologia.

Cassano dimentica che, nel 1985, Maradona segnò a Tacconi forse il più bel goal su punizione mai realizzato (quello in cui disse ai suoi compagni, che si lamentavano per la distanza della barriera: “Tanto gli faccio goal comunque” e così fu).

Cassano dimentica che in America, nel 1994, prima che Baggio esplodesse dagli ottavi di Finale in avanti, l’unico campione che emozionò il pubblico in un Mondiale tecnicamente scadente fu proprio Diego Armando, poi squalificato in maniera molto ma molto discutibile.

Cassano dimentica soprattutto che Messi ha fatto 15 anni al top, è vero, ma non in Nazionale, dove in fin dei conti, non ha lasciato mai del tutto il segno. Il fatto che i suoi compagni di squadra del Barcellona invece, abbiano costituito, insieme ad altri, una delle Nazionali più forti (e più vincenti) di tutti i tempi, fa capire che la grandezza di Leo è stata anche dovuta al fatto di avere a fianco Xavi, Iniesta e Piqué.

Diego invece ha vinto in un Napoli (quello del 1987) forte, ma dove gli Xavi e Iniesta si chiamavano Fernando De Napoli e Francesco Romano, mentre Piqué si chiamava Moreno Ferrario, con tutto il rispetto.

Ma soprattutto vogliamo dire che in Nazionale Diego il segno l’ha lasciato (eccome!), vincendo un Mondiale quasi da solo (tolti Valdano e Burruchaga, gli altri otto della formazione hanno brillato di luce maradoniana ed erano onesti giocatori, ma nulla più). Chissà come mai, quando si parla di Mondiali, fanno sempre vedere il goal (ma cosa diciamo goal, capolavoro d’arte!!!) che Maradona fece all’Inghilterra partendo dalla propria metà campo, ma goal di Messi non ne fanno vedere….

Che Messi abbia avuto una carriera più lunga è indiscutibile, vogliamo anche dire che oggi vi sono regole che favoriscono molto di più gli attaccanti rispetto ad un tempo.

Oggi appena un attaccante viene sfiorato sta dieci minuti per terra, il difensore rischia subito un’ammonizione. Ai tempi di Diego non era così, si diceva che se uno aveva paura di farsi male, doveva giocare alle bocce e non al football.

Per intenderci, la famosa marcatura che Gentile fece su Maradona, allora era la prassi, era considerata dura ma leale (ed è così che intendiamo considerarla anche noi), oggi con le regole che ci sono il difensore azzurro rischierebbe di andare sotto la doccia dopo mezz’ora.

In conclusione, Cassano ha tutto il diritto di pensarla diversamente da noi, ci mancherebbe, ma la giustificazione che fornisce lascia il tempo che trova.