La Final Eight da zero a dieci e lode

In via del tutto eccezionale, eccovi un bel pagellone sulla Final Eight di Champions League.

10 e lode

BAYERN MONACO Ha vinto. Ha alzato la Champions e meritatamente. 11 partite su 11 vinte, un progetto serio, in cui si sono amalgamati alla perfezione i “vecchi” leoni  Neuer, Lewandowski e Muller con i giovani leoni che hanno portato il club tedesco ad alzare la Coppa. Che altro dire se non: complimenti!

10

KINGSLEY COMAN Come ha affermato Fabio Capello, la Juve con lui ha avuto fretta. I bianconeri hanno  sentito l’odore di una plusvalenza e se lo sono lasciati scappare. Ha avuto ragione il Bayern a puntarci sopra, visto che grazie ad un suo goal ha alzato la Champions.

9

ATALANTA BERGAMASCA Ha accarezzato il sogno della semifinale, spezzato da Mbappé e compagni, ma merita solo elogi e basta per essere arrivata lì.

LIPSIA Chi avrebbe detto che questa squadra avrebbe spazzato via Mourinho prima e Simeone poi? Invece è successo.

PSG In fin dei conti in finale c’è arrivato e nella partita decisiva ha pure avuto le sue occasioni, ma nonostante ciò dimostra di non avere ancora quella compattezza che è tipica delle grandi squadre.

8

LIONE Fortuna o no, è arrivato in semifinale. Certo, se uno fra i colpi di testa di Bonucci e di Ronaldo entrava, la festa finiva ancora prima di incominciare, se Sterling non si dimenticava per un attimo di essere un attaccante, il sogno forse non proseguiva, ma il risultato è stato più che lusinghiero.

THIAGO SILVA Un muro (quasi) invalicabile.

7

THOMAS TUCHEL  All’ottantanovesimo dei quarti di finale era già pronto a prenotare un biglietto solo andata per la Germania, ma nonostante l’ombra incalzante di Max Allegri, è riuscito a portare in finale il Paris St. Germain per la prima volta nella storia. E’ già qualcosa.

6

PEP GUARDIOLA Il City si è esposto pesantemente al contropiede del Lione, è vero, ma non è colpa sua se i difensori sbagliano i movimenti e se Sterling fa un errore per il quale in terza categoria piovono pomodori in testa.

5

DANIELE ORSATO Nega un rigore al Bayern nel primo tempo e uno al Psg nel secondo. Due errori pesanti.

4

DIEGO SIMEONE Il Lipsia gli ha dato una lezione (e Nagelsmann a differenza sua non ha avuto bisogno di fare il tarantolato).

3

ERIC CHOUPO-MOTING Entrare in una finale di Champions, toccare tre palloni e sbagliarli tutti e tre. Lui ce l’ha fatta.

2

MAURO ICARDI Con tutta la prosopopea che hanno lui e la sua compagna contro l’Atalanta ha fatto cagare gli stitici e le altre due partite le ha viste dalla panchina. Delusione.

1

RAHEEM STERLING Che errore ha fatto? Gagliardini 2 la vendetta.

0

BARCELLONA  Nello sport si può vincere e si può perdere, ma il modo in cui hanno perso gli spagnoli è semplicemente indecente.

 

Gli allenatori sono importanti (quando fa comodo)

Venerdì 8 agosto la Juve esce dalla Champions. Il giorno dopo Sarri viene esonerato. Tutti a dire che col Lione bisognava passare, che i francesi al turno successivo sarebbero stati spazzati via da Guardiola e dal City.

Passa una settimana e ad essere spazzati via sono stati Guardiola e il City.

Dunque Sarri non è più il mostro cui erano stati additati tutti i mali bianconeri o “Don Pep” non è più il maestro di calcio che tutti incensavano? Oppure ancora, a Roma hanno avuto per due anni un genio (Rudi Garcia, allenatore del Lione) e non se ne sono accorti?

Questa Champions ha visto naufragare i sogni e le ambizioni di coloro che fino a qualche anno fa erano considerati indiscussi “profeti”. Guardiola uscito col Lione, Mourinho uscito con le ossa rotte dai confronti col Lipsia, il Barcellona, da tutti additato come modello da seguire per anni e favorito in Champions, umiliato dal Bayern, Zidane (tornato col proposito di riportare il Real Madrid a lottare per la Champions) uscito agli ottavi.

Anche Messi e CR7 non se la sono passata meglio. La “Pulce” com’è uscita l’abbiamo visto tutti e Ronaldo era arrivato a Torino con altre ambizioni, che non erano uscire ai quarti e agli ottavi in due anni (e con Ajax e Lione).

Nel frattempo in semifinale ci vanno Flick, Rudi Garcia, Nagelsmann e Tuchel (che qualcuno dava già per partente, ipotizzando l’approdo di Max Allegri sotto la Tour Eiffel).

Gli allenatori di colpo non contano più?

Credo che la risposta sia molto semplice. L’allenatore è importante se la squadra lo segue (Allegri l’anno scorso, Sarri quest’anno non ci pare siano stati seguiti alla Juve per quanto concerne la Champions), altrimenti da solo non può fare nulla. Non crediamo che Setien prima della partita non abbia cercato di “catechizzare”  i suoi, o che Guardiola abbia imposto di prendersi contropiedi così grossolani.

Inoltre, a volte è il caso a decidere, più che la bravura di un allenatore.

Il Lione è in semifinale, ma se il colpo di testa di Bonucci entrava e soprattutto, se Sterling non sbagliava in maniera così incredibile un goal che avrebbe fatto pure un bambino dei pulcini, oggi si parlerebbe ancora di “Miracolo Lione”? Rudi Garcia farebbe ancora conferenze stampa gongolante? Guardiola sarebbe ancora sotto accusa per le sue scelte di formazione? Soprattutto: se arrivava ai quarti, Sarri sarebbe stato esonerato?

Questo per dire che a volte, un allenatore, per bravo che sia, è legato ai risultati (indipendentemente dagli episodi che magari li hanno generati) e al rapporto con calciatori e società.

Ma davvero credete, con tutto il rispetto per Gattuso, che Ancelotti, con quello che ha vinto in giro per il mondo, sia meno bravo di Ringhio ad allenare, come i risultati del Napoli farebbero credere?

Alla fine, tu puoi essere anche un mago della panchina, puoi azzeccare tutte le sostituzioni, ma se il tuo fuoriclasse sbaglia un goal ad un metro dalla porta, se i tuoi giocatori hanno altro per la testa e la tua società, invece di intervenire lascia fare (caso-Setien, ma forse anche un po’ caso-Sarri) perché preferisce scaricare tutta la colpa addosso a te piuttosto che ad un gruppo di calciatori, sarai sempre sotto accusa.

Quando vedremo di nuovo un allenatore andare in conferenza stampa e fare una sfuriata come fece Trapattoni a Monaco, senza che venga esonerato, anzi coi giocatori da lui accusati messi fuori squadra dalla dirigenza?

18 maggio: due vittorie, due storie

Ieri era il 18 maggio, ovvero una data in cui sono state conseguite due vittorie rimaste scolpite nella storia del nostro calcio, a cui dedichiamo questo post.

Il 18 maggio 1977 la Juventus vinse il suo primo trofeo europeo, alzando al cielo la Coppa Uefa.

Quel successo però nacque ben prima di quella data, iniziò in effetti nell’estate del 1976, quando un mucchio di sapientoni contestò Giampiero Boniperti per aver ceduto Capello e Anastasi, acquistando al loro posto Benetti e Boninsegna.

Quei “professori” non capirono che stava per nascere una delle Juventus più forti e più belle di tutti i tempi, che avrebbe vinto lo scudetto conquistando 51 punti su 60 disponibili e avrebbe vinto appunto anche il suo primo trofeo internazionale, guidata in panchina da un giovane allenatore (che  si rivelò essere un’altra  scommessa stravinta da parte di Boniperti): Giovanni Trapattoni.

Era un periodo particolare, non si potevano tesserare calciatori stranieri e vedere quella Juve, composta tutta da calciatori italiani, trionfare anche all’estero fu motivo d’orgoglio per il nostro calcio. Lo fu senza dubbio anche per il primo tifoso bianconero: l’Avvocato Gianni Agnelli, giacché quella Juve tutta italiana, vincitrice di campionato e Coppa Uefa nel medesimo anno, fu quella a cui (per sua ammissione) rimase più affezionato.

Diciassette anni dopo, il 18 maggio 1994 ad Atene il Milan doveva incontrare il Barcellona allenato da Johan Cruijff  per la finale di Coppa dei Campioni.

Cruijff alla vigilia fece un po’ il gradasso dichiarando: “Noi abbiamo acquistato Romario, loro Desailly”.

Il Milan inoltre per quel match doveva fare a meno di Franco Baresi e Alessandro Costacurta, i due centrali difensivi “titolarissimi” (il primo poi senza dubbio il migliore al mondo in quel momento) e ciò destava naturalmente preoccupazioni (“Basterà Filippo Galli per fermare Romario?” era la domanda che tutti si facevano e che conteneva in sé palate di perplessità).

Fabio Capello, allenatore del Milan, mise a compimento un capolavoro tecnico tattico. La squadra che schierò in campo infatti annientò letteralmente i blaugrana.

Se mai vi è stata una partita perfetta, quella dei rossoneri in quella serata fu qualcosa che gli assomigliò in maniera tremenda.

Un Milan granitico, compatto, le suonò di santa ragione al Barcellona. Superiore in tutto e per tutto, rifilò 4 pappine alla banda di Cruijff che, dopo la sparata della vigilia, dovette assistere non solo al congelamento di Romario in campo da parte degli avversari, ma pure Desailly permettersi il lusso di andare in rete.

Rispetto al 1977 erano già altri tempi, i calciatori stranieri potevano essere tesserati (ma solo 3 ne potevano essere schierati in campo), ma quella vittoria fu (ed è ancora) un grande motivo di orgoglio per il calcio nostrano, proprio come quella conseguita 17 anni prima dalla Juventus.