Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
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"Mille e ancora mille."
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Mi sto girando nella testa un personaggio, una bella sagometta te lo dico io. Uno che se fosse ancora vivo (ma non ho detto che sia morto) uno che se fosse vivo sarebbe sui novanta adesso, perché è nato negli anni venti. Ne sa di storie questo qua, da riempie uno scaffale se ha voglia.
Dico uno per dire, che potrebbero anche essere molti, ma se dico uno ho le mie ragioni.
So anche il nome ma adesso non mi va di dirtelo, sappi che non è Ugo: con questo ti puoi già fare un’idea perché Ugo è un conto, non Ugo tuttaltro.
Nonugo si ricorda ancora delle robe di sua nonna, si va un bel po’ indietro, saranno robe che nessuno oggi te le potrebbe raccontare di prima mano ma solo di seconda o di terza, come sto facendo io del resto, robe che potrebbero anche essere state vere.
La nonna di Nonugo metteva il vino nella minestra, per esempio. Quel brodo di gallina vecchia con tutti gli occhi di grasso a galla che fa venire i brividi solo a vederlo. Ci metteva dentro un bel bicchiere di rosso e ti assicuro che, a parte l’aspetto inquietante, era buonissimo, credimi sulla parola che ho le mie buone ragioni. Aveva anche uno strano modo di condire l’insalata: faceva soffriggere nel padellino un po’ di lardo e lo buttava sopra al radicchio, se ce l’aveva il radicchio, se no andavano bene le foglie bislunghe di quei fiori gialli che poi diventano soffioni, non mi ricordo come si chiamano ma lo sai (sto scrivendo a mano su un pezzo di carta, sono a casa e non ho voglia di andare in studio e accendere il mac per domandare a wikipedia).
Quelle foglie sono amarissime a mangiarle così, si devono prendere solo le più tenere e si devono tagliare fini fini e poi lavare tante volte nell’acqua per portare via i succhi cattivi. Invece dell’olio e dell’aceto ci butti sopra quel soffritto che ti ho detto e non serve neanche il sale. Dicono, perché questo non l’ho provato. È che la nonna di Nonugo stava in campagna, il sale e l’olio bisognava comprarlo con i soldi invece il maiale veniva su da solo e anche le erbe.
Nonugo da giovanotto è andato in Argentina a cercare fortuna, non sto qui a raccontarti adesso il perché e il percome, immaginatelo già là. Siccome era uno che le cose le sa, aveva preso al volo il primo lavoro che aveva trovato che alla fortuna bisogna andargli incontro: scaricava i barili al porto di Buenos Aires. Un lavoro da bestie insieme alle bestie, dalle quali Nonugo si distingueva indossando camicie di seta. Lo chiamavano il dandy, ma con rispetto: i suoi pugni avevano imparato la lingua del posto prima di lui. Me lo immagino che arranca sulla banchina, il fazzoletto sulla spalla a proteggere la sua bella camicia dal barile. Il capo lo vede dal gabbiotto e sbatte due volte gli occhi, esce lasciando la porta aperta e gli si avvicina, gli cammina a fianco, chinandosi per guardarlo in faccia gli domanda se, quel damerino, per caso sapesse anche leggere e scrivere. Nonugo era laureato. (continua, forse prima o poi)
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