Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

 

Scrivere per qualcuno o per tutti

Quando stai dei mesi senza scrivere nel blog perché magari sei arrivato a un punto cruciale, un numero straordinario che vuoi sottolineare con il giusto risalto o forse una tappa esistenziale, la fine di un'epoca, un capitolo della vita di questo luogo, un cambio di interfaccia, di piattaforma, di template o sistema operativo.
Quando ti viene la tentazione di chiudere il blog, per esempio, un'ipotesi che si presenta come ovvia delle volte e come impraticabile quasi sempre e per questo resisti, ma senza spinta, come l'onda stanca del mare vecchio che non si infrange, si appoggia eppure arriva in fondo.
Quando si avvicinano i dieci anni di esercizio e sembra che il mezzo sia diventato obsoleto, forse solo per te e tutto quello che è diventata la tua vita reale. Per non parlare delle autosuggestioni indotte dal fatto che se non c'è niente di nuovo non passa nessuno, o almeno ti sembra che anche gli amici più stretti ti abbiano abbandonato. Perfino il feed non ti vuole più bene e ci mette tre giorni a riportare l'ultimo post.
Quando stai per lasciar perdere, voglio dire, lasciare che sia la ruggine  a ricoprire i cancelli, le foglie secche e le erbacce a invadere il giardino, chiedo scura per la metafora frusta, meglio che sia la polvere a ricoprire i colori. Lasciar perdere annunci perentori intendo, e addii strazianti, bilanci, spiegazioni non dovute.
Quando la natura delle cose prende il sopravvento, qualche volte succede - questa volta è successo, che si verifichi una circostanza che solo nel blog può trovare la sua giusta espressione. Allora ti rendi conto che scrivere non è un'abitudine. Scrivere si deve quando è necessario e il blog è ancora il posto giusto per le scritture da blog, mavà'?
Si può scrivere per qualcuno o per tutti, scrivere per se stessi è una bugia.
Scrivere per lavoro ti fa le dita più agili, ti tiene le parole a portata di mano, si fa più in fretta e bene. Scrivere per dire quello che ti preme è ancora un piacere che vale la pena di perseguire.
Ciao lettore, non ti libererai di me tanto presto.

 

camel

 
 
 

La casa

Post n°674 pubblicato il 17 Gennaio 2013 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Te la ricordi la casa di quel racconto di paura di halloween?  Non avevo messo foto ma l'avevo descritta abbastanza bene da identificarla, difatti è una casa che esiste davvero e ci passo davanti almeno un paio di volte la settimana, sta su via Melchiorre Gioia.
Nei giorni scorsi avevo notato che hanno tagliato l'erba. O meglio, hanno eliminato le erbacce che crescevano nelle crepe del cemento, in certi punti erano alte fino a due metri. Bè, adesso niente erbacce, la differenza salta all'occhio.
Anche se cammino veloce e faccio finta di non voler ficcanasare, ogni volta noto qualche particolare nuovo, per esempio hanno rinforzato la porta: prima sembrava sfondata e adesso invece sembra robusta, forse l'hanno addirittura cambiata, la vernice non è scrostata, è tutta uniforme, marrone.
Quindi hanno pulito il cortile e hanno sistemato la porta. La finestra che da sulla strada, quella a pian terreno, ha l'imposta sempre un po' scalcagnata, però non manca nessuna stecca, si vede che hanno aggiustato anche questa. E sul retro hanno messo una catena nuova, anche se il cancelletto non chiude bene. Non è che ho provato a entrare eh, si vede pure senza toccarlo.
Insomma, la casa è sfitta ma non abbandonata, l'avevo detto.
Poi ho notato un'altra cosa. Curiosa. Nel gazebo, (con una zeta sola, mi raccomando!) o comunque sotto la tettoia, con due ti, c'è un materasso e sopra il materasso una coperta a fiori, o un sacco a pelo.  Stamattina l'ho visto muoversi e c'era un grado, più o meno: dalla bocca mi uscivano nuvolette sode come zucchero filato.
Hai capito?

 
 
 

Pane al pane

Post n°668 pubblicato il 09 Gennaio 2013 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Abito in un quartiere vecchiotto e ci sto bene, sin da quando ero piccola. Per quanto Milano stia vivendo una serie di cambiamenti, anche qui vicino - le foto che ho pubblicato qui sotto lo dimostrano ma anche lo sky line che ho messo qui sopra, ci sono alcuni aspetti che rimangono sempre uguali, uno a caso: i panettieri. Molti negozi di alimentari sono stati soppiantati da altri esercizi commerciali, i droghieri non esistono più, quello che c'era in via Stresa adesso è una bottega di riparazioni di cucito, orli e rammendi. Al posto del lattaio aperto anche la domenica - difatti si chiamava Domenico - che c'era in via Melchiorre Gioia adesso c'è una agenzia di viaggi e il verduraio invece di vendere pomidoro è diventato compro oro, che tra parentesi è il tipo di bottega che mi mette più tristezza.
I panettieri invece tengono botta e resistono in trincea, ristrutturano il negozio, si allargano sfrattando il vicino, rivestono di legno perlinato le pareti e il bancone.
Io andavo da tempo immemorabile dal panettiere di via Meina, ho visto passare generazioni di prestinai, l'esercizio è passato di mano più volte ma le ricette della panificazione sono state ogni volta tramandate e io restavo. Per questo sono sempre stata fedele, se le persone cambiavano l'istituzione rimaneva, confortante. O almeno i muri. L'ultima gestione però mi ha fatto spostare, io che sono così abitudinaria, conservatrice di natura. Mi sono trovata a dover cambiare strada, addirittura adesso mi tocca fare cinquanta metri in più.
Il fatto è che una volta mi puoi prendere in giro, due volte magari te la lascio passare ma alla terza mi irrigidisco e non è più possibile recuperare, niente, divento irremovibile.
È successo l'estate scorsa. È stata l'ultima, inesorabile volta che mi ha rifilato pane vecchio per nuovo. E insisteva, proterva, quando sono andata a protestare. Per mezzo chilo di pane ha perso una cliente sicura, era già la terza volta, peggio per lei.
Ma non è di questo che volevo parlare.
Quel che volevo dire è che dal nuovo panettiere ho incontrato un signore che conoscevo di vista. Frequentavamo entrambi il salumiere, che era dove adesso c'è la pizzeria da asporto, una istituzione nel quartiere.
Dopo tre o quattro volte che lo guardavo di soppiatto, ieri mattina gliel'ho detto. Scusi se sono sfacciata, gli ho detto, ma lei non era quello che faceva quelle belle vignette satiriche che il salumiere appendeva sotto l'orologio?
Certo che sono io, mi ha risposto con un certo orgoglio. La panettiera posava gli occhi su di me e su di lui alternativamente. Li faccio ancora i disegni, sa? La panettiera sorridendo ha srotolato i foglietti, erano proprio loro, i disegni fatti a china e colorati appena appena con il rosso, caricature di politici vestiti da babbi natale e befane. Chissà come ho fatto a non vederli, erano appesi qui.
Ho scritto anche un libro di racconti, sa? Lo vendono qui all'edicola, se lo compra, poi le faccio la dedica.
Mi ha detto il nome e il cognome e anche il titolo del libro e l'editore, che però purtroppo non mi sono segnata e ora mi sono già dimenticata.
Non era Mondadori e nemmeno Einaudi stile libero, di questo sono sicura.

 
 
 

Vento

Post n°596 pubblicato il 13 Maggio 2012 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Il vento è una delle poche cose che mi fanno paura. quando è forte, s'intende, molto forte.
Stamattina ne ho sentiti i rumori e sono saltata fuori dal letto. Per prima cosa sono andata a vedere il terrazzo. Il gazebo ha tenuto bene, i miei tiranti erano ben fatti e non si è mosso nulla. Ma l'albero è caduto sulle rose.  Era già successo, la chioma è molto grande e fa presa, il vaso non è piccolo ma è di plastica e si vede che in proporzione è troppo leggero e si lascia ribaltare. Così l'ho legato, ho legato il tronco e sono rimasta a guardare. Sotto raffica riusciva ad alzarlo di qualche centimetro, giusto il gioco della corda che non avevo voluto tendere troppo. Ho fatto un paranchino e l'ho tirata un po' di più. È perché in prima battuta io vorrei rispettare la natura ma non sempre è possibile, ormai siamo troppo compromessi. A pensarci bene tutta la bella natura che coltivo e che allieta i miei occhi non è molto naturale, ho un bel dirmi che in fondo non faccio niente. Metto l'acqua tutti i giorni, se non lo facessi resterebbe ben poco. E stabilisco con cura la posizione reciproca delle piante, che non si facciano ombra, che ciascuna abbia lo spazio necessario senza soffocare le altre. In natura questo non succederebbe in questo modo, quelle più forti e adatte - le erbacce di solito - avrebbero la meglio. Il mio è un finto giardino selvaggio, ne sono consapevole.
Guardo le foglie scosse, il cielo nero. Quando si avvicina una raffica più forte rabbrividisco. È il rumore, soprattutto. Come in porto quando stimavo la velocità del vento dal suono delle drizze contro gli alberi delle barche: sembrano campanacci di una mandria di mucche che corre? venticinque nodi. Sembrano una cascata di sassi su un pendio ripido? Trentacinque, e così via fino alla tempesta, che sembra la fine del mondo. Ci sono venti che strappano le catenarie e portano via le barche ma qui no, è difficile che la mia casa si sposti, al massimo mi butta giù il vaso del basilico dal davanzale della cucina, ma non stavolta, l'ho ritirato.
Eppure continuo a essere inquieta. Più tardi pioverà, è probabile. Ho già fatto tutto il necessario, ho messo in sicurezza il balcone e continuo a guardare fuori, qualcosa mi attrae e mi respinge, mi tiene qui inchiodata.
Come la mia antenata sto seduta davanti all'imboccatura della mia caverna e temo la potenza degli dei.

 
 
 

C'è la crisi

Post n°589 pubblicato il 14 Aprile 2012 da LaDonnaCamel
 

Ho lavato le mani tre volte, acqua calda e spazzolino ma sotto le unghie si intravede ancora un'ombra nera. È perché ho fatto giardinaggio. Stamattina ho montato il gazebo nuovo: l'avevo comprato la settimana scorsa, ne va via uno ogni due anni. È perché compro quelli da poco, la tela si cuoce col sole e i pali si schiantano con la neve. C'è la crisi, bisogna accontentarsi e sono anche fortunata ad avere un terrazzo, di questi tempi. Del resto quelli più belli e robusti costano dieci volte tanto, dunque ci metterei vent'anni per ammortizzarne uno di lusso, va bene anche così, un anno sì e un anno no ho un bel gazebo bianco e pulito. Ho fatto anche un hangar per le bici, una zona riparata e coperta ma di comodo accesso altrimenti se c'è da trafficare troppo trovo una scusa e lascio perdere, sono pigra.
Se solo mi prendessi la briga di smontarlo in autunno, coprire tutto coi teli, mettere via le cose, magari durerebbe anche tre anni ma sono pigra, l'ho già detto?  Le mie piante lo sanno, mi conoscono, e non pretendono nulla oltre all'acqua. È perché gliel'ho detto subito: qui chi campa campa e chi non campa crepa. Col freddo che ha fatto l'inverno scorso sono campate tutte. Anche il bonsai che pareva stecchito ha messo su una nuovoletta di foglioline tenere che fa quasi commuovere per la buona volontà.
Quest'anno butta male, gli ho detto, ragazze state attente che ogni posto che si libera ci metto roba da mangiare.
A dire la verità ho bluffato un po', non c'è abbastanza sole per fare un orto vero e proprio: è esposto a nord, ha le case alte intorno, solo in piena estate, alla mattina.
Però il basilico, la salvia, il rosmarino, la menta, il prezzemolo, ho anche un bell'alloro che fa siepe sul davanti, mi serve per il patè.
Una volta avevo anche i lamponi, a giugno ne raccoglievamo abbastanza per due o tre macedonie, oltre a quelli che piluccavano i bambini, quando capitava. Son durati cinque o sei anni, poi basta. Il melo è durato di più, quante ne abbiamo mangiate.

gazebo

 

Oggi ho messo giù le fragole, tre piantine, poi vediamo. Le vendevano a poco all'esselunga, sono di una strana qualità con fiori più grandi del solito e rosa. Mai visto le fragole coi fiori rosa. Le ho messe nel punto più esposto, chissà se se la cavano, ti farò sapere. L'ho fatto tra uno scroscio e l'altro, oggi pioveva ma ogni tanto smetteva: io sono fatta così, quando mi metto in testa una cosa non mi ferma nessuno. Non è vero, son più brava a minacciare ma delle volte funziona lo stesso.
La pianta più bella di tutte è un albero che è venuto da solo. Ormai è alto più di tre metri, ha il tronco di legno di tre quattro centimetri di diametro e non ho la più pallida idea di che razza o natura sia. Ha già messo su tutte le foglie e anche delle piccole bacche verdi, col picciolo lungo. Non è la sola pianta che è venuta su da sola, a parte le erbacce.
Io poi mi affeziono anche alle erbacce, poverine.

 
 
 
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