Creato da LaDonnaCamel il 16/09/2006
Il diario intimo della Donna Camèl con l'accento sulla èl
 

Messaggi di Marzo 2016

Le ragazze con il nome sul bicchiere

Post n°1011 pubblicato il 31 Marzo 2016 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Erano bicchieri alla buona, di plastica colorata, ma il nome era scritto con dei bei caratteri adesivi, non con un semplice pennarello. Tutti gli altri avevano i bicchieri di carta usa e getta e anche io, purtroppo.
Alla fine delle presentazioni dei libri comparivano le bottiglie di vino, prosecco o rosso piemontese a sorpresa, poteva anche essere un Primitivo di Manduria o un Vermentino di Alghero o entrambi. Il vino lo portavano gli editori, o gli autori, delle volte anche i lettori, non l'ho mai saputo, Tecla lasciava intendere che arrivasse come la manna e noi lo accoglievamo con riconoscenza.
Anche la roba da mangiare era imprevedibile, a volte dei piatti di risotto alla milanese fatto da lei in persona, tortini di verdura, salami lunghi e piccanti che di certo venivano da fuori, o salsine esotiche da spalmare sul pane, una volta perfino il cous cous.
C'era una vecchina magra magra che veniva sempre il sabato mattina, arrivava presto per trovare posto a sedere e poi sbafava a quattro palmenti. Non conosceva nessuno, non parlava con nessuno, non comprava niente: Tecla lo sapeva e lasciava fare, ci lanciavamo certe occhiate e si capiva tutto.
Ieri sera sono andata a questa specie di festa, c'erano tutti a parlare di lei, sarebbe stata contenta. Dietro giravano le foto, tantissime foto di quei begli anni in via Peschiera e anche prima, in porta romana dove io non ero mai stata, solo i più vecchi lo sanno. Hanno parlato due o tre nomi famosi affezionati, qualcuno perché le doveva molto, qualcuno perché le voleva bene, hanno detto che Tecla aveva il dono di creare connessioni tra le persone, questa cosa è vera e infatti c'erano almeno cento persone lì, c'erano i suoi figli, c'era gente che veniva anche da Bologna, senza contare quelli che non hanno potuto.
Io mi sono resa conto che era passato davvero tantissimo tempo dall'ultima volta, con tutto quello che io e anche loro abbiamo fatto in mezzo ho riconosciuto le ragazze, ci siamo baciate sulle guance, nessuna di noi è cambiata molto e questa è una cosa buona. Anche qui c'erano gli stuzzichini e gli aperitivi al bar, io ho preso uno spritz e ho messo cinque euro dentro lo scatolone dell'offerta libera, ma era un albergo e non una libreria (e scusa se stasera non parlo di libri).
Le ragazze avevano un bicchiere senza il nome, come tutti, e anche per questo erano dispiaciute.

 

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Cammina cammina

Post n°1010 pubblicato il 28 Marzo 2016 da LaDonnaCamel
 

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Qualche giorno di vacanza e una ricaduta di un paio di chili mi hanno spinta a uscire dalla tana. Sabato mattina, per cominciare, visto che le previsoni per pasqua e pasquetta non promettevano grandi giornate. Difatti oggi ha piovuto, meno male che ho approfittato di sabato, una giornata azzurra come si vede dalla telefoto con albero in fiore. Non è il mio albero, è un albero di tutti e non so nemmeno come si chiama, l'ho visto sulle rive della Martesana dove sono andata a fare la prima passeggiata di stagione.

 

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Questo è il Lambro all'incrocio col naviglio che invece attualmente è in secca, le chiuse sono chiuse, come dice la parola. Passeggiare sulle rive di un canale di fango secco ha un fascino speciale, le paperelle camminano a piedi, le nutrie sono in ferie, la tartaruga in letargo. Sul fondo si vedono le impronte degli animalini, le rotaie del trattore che è passato a fare pulizia, detriti naturali e muschio.

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Soffia! Soffia come se non ci fosse un domani! sull'altro lato della via Idro hanno appena sgomberato un campo nomadi che stava lì dal 89 piu o meno. Due macchine dei vigili sorvegliano che nessuno occupi ancora i ruderi.

Ho camminato per dieci chilometri e adesso sono stanca, non sono più abituata, così per tornare a casa prendo la 56. E un autobus che percorre tutta la via Padova fino a piazzale Loreto, ci aveva scritto un librino anche Giorgio Fontana, un po' di anni fa, e dopo che ha vinto il campiello hanno fatto anche la ristampa, è di Terre di mezzo. Giorgio invece non lo sento da un pezzo ma è colpa mia, cammino su altre strade e gli incontri casuali sono diventati improbabili.

 

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Domenica il tempo non è stato malvagio, son riuscita a fare un giretto verso il centro e mi è piaciuta questa saracinesca chiusa in via del Castilla, è una casa di ringhiera mezza restaurata e mezza no, un compromesso come tanti.

Ho scritto direttamente nella finestra del blog, spero solo che la sessione regga e libero non mi si mangi via tutto.

 

 
 
 

Strillo

Post n°1009 pubblicato il 20 Marzo 2016 da LaDonnaCamel
 

Mi hai fatto compagnia, mi hai fatto divertire, mi hai resa fiera di essere tua amica.
Quando camminavamo fianco a fianco per la strada e ti facevi aspettare se non riuscivi a tenere il passo, quando mi correvi incontro e ti strofinavi alla gamba davanti al portone, quando mi portavi uccellini e piccioni e me li mettevi sul letto, eh sì, anche quando buttavi giù i libri dallo scaffale per attirare la mia attenzione se non avevo voglia di badarti, quando aprivi da solo la porta e scappavi giù in strada (quella volta col collare elisabettiano perché avevi subito un'operazione ma non volevi stare fermo ti tradì il campanellino, l'avevo sentito dalla finestra e ti avevo riportato a casa) e quando cascavi in acqua e ti infilavi nella mia cuccetta tutto bagnato, quando giocavamo a pronti via e mi riportavi la pallina sputandomela in mano, un gioco che si poteva fare solo se non erano presenti estranei, perché in certi casi eri timido e non ti volevi esibire, anche se, ammettilo, quando passeggiavi sul boma nelle manovre in porto lo facevi apposta per farti vedere dalla gente  dalla banchina che diceva ohhh.
Ciao Strillo, sei stato un bravo gatto, ti conosco da quando sei nato e posso testimoniare che hai vissuto fino in fondo tutte e nove le tue vite, hai combinato disastri e ti sei divertito anche tu, a volte con malizia, più spesso con disinteressata felinità. (Quando mi sarà passato il magone magari la dico meglio di così)

 

Strillo, 30 luglio 2000 - 20 marzo 2016

Strillo, 30 luglio 2000 - 20 marzo 2016

 
 
 

Esterno giorno

Post n°1008 pubblicato il 13 Marzo 2016 da LaDonnaCamel
 
Foto di LaDonnaCamel

Ogni volta che passo nel triangolo tra via Vassallo, via Cagliero e Piazza Farina, una rotonda non lontano da casa mia, non posso fare a meno di pensare a un racconto che avevo scritto qualche anno fa per l'eds sui colori, quello sul giallo che doveva tra l'altro contenere una canzone dei Beatles. Guardo le case rosa, il cortile dell'oratorio, l'aiuola nel mezzo dell'incrocio e mi sembra di vedere il sagrestano che esce furtivamente dalla palazzina D, Luigina Pietrobono che suona il campanello della canonica, Eleonora Ribbi che raccoglie il riso sul sagrato della chiesa.
Probabilmente tutto questo mi succede ancora perché sono andata più volte a vedere i luoghi dove pensavo di ambientare le singole scene, me li fissavo bene nella mente perché volevo dare un contorno reale ai miei personaggi inventati, con la certezza che questo mi avrebbe aiutata a farli sembrare più veri, anche se poi dentro nel testo non mi sono dilungata in lunghe descrizioni manzoniane a volo d'uccello tipo rami di laghi e catene non interrotte.
La sospensione dell'incredulità funziona meglio se ci metti dentro qualche cosa di vero o almeno verosimile e il mio lettore non vede l'ora di crederci. Io, che sono gentile, non vedo l'ora di farglielo credere.
Nel tempo la piazza è cambiata, ma era già diversa anche quando scrivevo il racconto, che peraltro si apre su vari squarci temporali di cui non ho voluto dare una collocazione precisa. Non ho esplicitato le date, che si possono facilmente desumere dal contorno: un periodo più o meno attuale e l'altro verso la fine degli anni sessanta, non perché non le sapessi, ma perché funziona meglio se il lettore ci arriva da sé: è sempre la solita regola dello show don'tell.
Ogni volta che passo mi riguardo bene i punti cospicui e per me sono ancora significativi, sebbene non corrispondano alla topografia attuale nemmeno nelle parti che ho ambientato ai giorni nostri, per esigenze narrative ho preferito utilizzare una versione leggermente retrodatata della location, dopotutto il tempo della storia è il passato remoto.
Così un osservatore esterno potrebbe facilmente pensare che niente è rimasto di questo posto: i tempi non coincidono, i paesaggi sono cambiati, i personaggi inventati, dunque che m'importa?
Te ne racconto un'altra, stessa storia di una location che mi sono studiata a memoria prima e durante la scrittura: la chiesa di San Gioachimo, che si trova tra piazza della Repubblica e Porta Nuova. La storia che volevo raccontare si svolgeva nel 1917, la chiesa esisteva già e so anche chi era il prevosto vero, Padre Francesco, dentro c'è tutta la lista e gli anni, nomi e cognomi scolpiti nel marmo, ma il paesaggio circostante era molto diverso. Il quartiere è cambiato drasticamente, dove c'era una stazione ferroviaria dopo la guerra ci hanno messo un luna park e adesso i grattacieli della moda, la viabilità è stata stravolta, hanno eliminato gallerie, terrapieni, binari. Ma la chiesa è rimasta, come pure la sua struttura interna, le colonne, la forma del transetto e la posizione del pulpito, delle finestre, la pianta. Ho dovuto documentarmi, si capisce, il sopralluogo non sarebbe stato sufficiente, soprattutto per le scene che si svolgevano all'esterno. Ho trovato le foto, ho confrontato le mappe. Ho dovuto immaginarmi il resto e anche qui adattare gli spazi alle mie esigenze narrative, dunque a voler essere precisi, in nessuno dei due casi la mappa corrisponde al territorio. Però quando passo da quelle parti guardo e ci penso, magari  ci scappa anche un sorrisetto, mi sento a casa, voglio bene a questi luoghi come se ci fossi nata e invece sono nata all'ospedale di Niguarda.
Vien da pensare. Ma perché ci tengo così?
È questo il bello. Mistero.


Se vuoi andarti a vedere due racconti citati:

Ah, look at the lonely people

Rina e le sue sorelle.

 
 
 

Le cose ritornano

Post n°1007 pubblicato il 07 Marzo 2016 da LaDonnaCamel
 

 

austerity


Se sai aspettare, le cose ritornano.
Qualche anno fa avevo cercato inutilmente questa foto, si tratta di un giorno del 1972 o forse 1973 e il signore alla guida dello strano veicolo era mio papà. Cercavo la foto perché avevo scritto un racconto, un po' vero e un po' no (come succede sempre in questi casi) e mi sarebbe piaciuto metterci anche la figura. Ci ha pensato il Corriere della Sera nello speciale che ci ha regalato qualche giorno fa per festeggiare i propri 140 anni.
La foto si trova a pagina 70, il racconto era (ed è) qui su questo blog e si intitola Austerity.
Dopo questo post avevo cominciato a pubblicare a puntate il mio romanzo, L'occhio del coniglio, dal quale questo frammento era stato escluso perché, come dice Paolo Cognetti, la scrittura non è come il maiale, che viene buono tutto, ma piuttosto come i crostacei, i gamberi, gli scampi, quei cibi dove è molto di più quello che si butta via di quello che è buono da mangiare. Questo racconto era rimasto fuori dal libro, ma la sua pubblicazione mi aveva dato il coraggio di rendere pubblico anche il resto, la polpa del granchio. Da questo è scaturito tutto il resto e sono cose belle, come un messaggio su instagram ricevuto una settimana fa "Finito oggi occhiodelconiglio : mooolto bello piaciuto brava!!!"

Son soddisfazioni.

brava!
 
 
 

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