Sconfinando

Ventiquattro maggio

Ci sono date che ti restano impresse così.
Sulle note di una canzone.
Sul nome di un fiume.
E su un pensiero,
alla mia ragazza del novantanove.

Quindici anni fa...

23 maggio 1992. Strage di Capaci. 

Saranno 1200 (dopo i mille dello scorso anno) gli studenti, i professori, i genitori che sbarcheranno dalla nave della legalità salpata ieri da Civitavecchia. E si tornerà a parlare di legalità e democrazia.
Qui il comunicato del ministero della Pubblica Istruzione.
E qui c'è da leggere.

Del tempo e del fiato[ne]

In realtà questo suono delle sirene alle cinque del pomeriggio mi è tornato in mente oggi. Alle cinque la giornata finiva. Per molti, non per tutti, certo. Era comunque un'ora simbolica. Quella di un tempo di cui ritornavi padrone. Un tempo per. Per famiglia-casa-figli-amici-affetti-spesa. Quello che poteva starci. Io non so quand'è successo: anche qui mi sono persa qualcosa. Mi ricordo che il mio primo lavoro vero iniziava alle 8.00 e terminava alle 16.30. Mi consideravo privilegiata perchè uscivo mezz'ora prima di tutto il popolo lavorante di Milano. Poi gli orari sono scomparsi, di botto. Ed è arrivata la flessibilità. Che tradotta in termini pratici significa: sai quando inizia ma non quando finisci. E comunque quando finisci sarà comunque tardi, più tardi di quanto avessi pensato. Quindi corri e corri e corri.  Giusto per andare a inchiodarti in una tangenziale intasata nella nuova ora di punta. Un paio d'ore dopo quelle sirene che da bambina ascoltavi.

Del suono e del tempo

Non so quando ho smesso di sentirle. So solo che a un certo punto non ci sono state più. La prima, vicina vicina, era quella della manifattura tessile. Giusta giusta sullo scoccare delle cinque. E poi via via le altre. Le piccole e le grandi. Fino alla voce imponente della raffineria, che mordeva i chilometri per arrivare fino a noi. In un'epoca in cui il mezzogiorno lo scandiva la campana della chiesa, il fine giornata lo davano le sirene delle fabbriche. In casa di qualche mia amica, mi ricordo, si mangiava prestissimo. Sei e mezza, sette, orari impensabili per noi che già assaporavamo le delizie del nessun orario di mio padre. Non so chi ha chiuso prima: se le fabbriche o le loro sirene. Fatt'è che un giorno mi sono resa conto di non sentirle più. Anzi, di non averle sentite più da così tanto tempo da averne ormai un ricordo vago. La manifattura tessile ora è un supermercato e un condominio occupa lo spazio di un altro stabilimento di tessuti. E la raffineria... Beh, ci stava giusto giusto un polo fieristico.

Scaramanzie boeme

Poi uno deve decidere di far iniziare la giornata sotto un minimo di buoni auspici. Quindi sta bene attento al piede che mette in terra per primo, respira quelle due o tre volte profondamente ed evita con cura i percorsi del contrattempo che potrebbero contribuire a inacidirgli lo spirito. Dopodiche, imboccata la tangenziale, si lancia in una virtuosa interpretazione di Bohemian Rhapsody, cercando di riprodurre tutte le voci e le tonalità. Mica pizza e fichi, come direbbe Skizo. Comunque, dopo aver passato in rassegna gli Scaramouche, i Galileo e i Bismillah, arriva il momento di Beelzebub has a devil put aside for me, for me, for me. Se l'ultimo me riesce, il buon umore è assicurato. Alla faccia dei vicini di coda. Potrebbero cantare anche loro, no?

Questi fantasmi

A volte ho bisogno di tirare il fiato
e rimettere le cose al posto giusto.
Ascoltandomi e parlandomi.
E accettando che quel dentro di me resti lì dove si trova.

_{[l'immagine è uno dei progetti di Alexandre Orion]}

Della favorevolezza [again]

Io ieri non ho partecipato. Semplicemente perchè non lo sapevo. Poi, forse, se anche lo avessi saputo, non avrei saputo come fare, o non sarei stata capace, o forse sì. L'idea di lasciar fluire un pensiero positivo cosmico devo dire che mi piace, e tutto sommato lo sto facendo anche in questo momento, giusto perchè si unisca nel pulviscolo di ieri che ancora gira nell'aria. Oh certo, di concreto non c'è nulla, se non il tentativo di orientare positivamente il proprio sentire, che poi è la base della favorevolezza di cui ho parlato qualche giorno fa. Io ho anche provato a a stilarne una specie di decalogo, ma alla fine non sono andata oltre un paio di punti, ai quali poi se si vuole si possono incollare un bel po' di corollari. E anche quei due punti si possono ulteriormente semplificare. Fino ad arrivare un unico principio, senza il quale la favorevolezza non esiste nè può esistere: l'ascolto.

A volte [e non vorresti mai]

Ci sono mattine che iniziano così. Qualcuno che si avvicina e a voce bassa sussurra qualcosa. E quel restare senza parole. Perchè parole non ce ne sono. E quel silenzio strano, di chi sta rincorrendo pensieri che domani (quando, chissà) saranno volti al passato.

[Non]sense

Attraversare o [pro]seguire.
Purchè moto sia.
Purchè sia.
_{[l'immagine è di loretahur, su Flickr.com]}

Blu[e]