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LA SCUOLA

Post n°1687 pubblicato il 12 Giugno 2020 da atapo
 

 

FINITA !!!

 

sembra proprio Martino, col ciuffo così

 

In Toscana la scuola è finita mercoledì. Diverse scuole hanno organizzato incontri all’aperto almeno per le ultime classi, per gli alunni che dopo questo anno terribile non si danno l’appuntamento a settembre, perchè si lasciano per il corso di studi successivo. Pareva tutto proibito, le responsabilità, i pericoli… Ma sarebbe stata una crudeltà privare i ragazzi di questo ultimo momento che diventa un rituale da conservare nei ricordi della vita, ora che all’aperto tutto è abbastanza normale, con le dovute precauzioni. Così anche varie classi intermedie l’hanno fatto e so di altre che si ritroveranno nelle pizzerie all’aperto.

In questi mesi io ho seguito con molto interesse, insieme all’apprensione, al dispiacere, alla rabbia spesso, le vicissitudini della scuola. La passione per il mio antico lavoro di maestra si univa alle cronache raccontate e vissute dal vivo relativamente alle traversie dei miei nipotini e dei loro genitori, coinvolti nella DAD (didattica a distanza). Mi pare proprio che, tra gli enormi problemi che l’Italia ha avuto e continua ad avere, la scuola e la vita dei nostri ragazzi siano state ben poco tenute in considerazione, e neppure ora, in previsione del rientro a settembre, abbiano il riguardo necessario.

Le lezioni si fanno davanti al computer! Facile a dirsi, ma la scuola è molto di più. Soprattutto per i più piccoli l’incontro di persona, il contatto fisico, l’operatività pratica sono fondamentali per un rapporto sano con gli apprendimenti: si impara insieme in un coinvolgimento fisico totale, immersi nella dimensione sociale.

Le difficoltà tecnologiche hanno complicato ancora di più: chi non aveva le attrezzature adatte e ha dovuto aspettare giorni e giorni perché la scuola fornisse computer in comodato, chi deve condividere i PC di casa con i familiari (genitori al lavoro, altri fratelli), i più piccoli devono essere affiancati da un adulto che si occupi del collegamento, della trasmissione dei compiti, degli “incidenti” durante i collegamenti.

E gli insegnanti sono stati “buttati” in questa avventura spesso senza avere le competenze adeguate, che si sono dovuti procurare rapidissimamente e non tutti ce l’hanno fatta: penso soprattutto ai più anziani. Per loro l’orario di lavoro è diventato infinito, si leggono testimonianze che riportano una fatica enorme nel rintracciare documenti adatti, esaminarli, usarli, preparare lezioni adeguate ai mezzi e alla situazione. Certamente c’è chi ha fatto di più e chi di meno, chi si è limitato a svolgere allo schermo ciò che avrebbe ugualmente fatto in presenza e chi invece ha tentato una didattica diversa, partecipata e adeguata alla situazione generale di stress dei ragazzi: l’esperienza è talmente fuori dall’ordinario che c’era davvero molto spazio per inventare e proporre del nuovo.

Ho pensato a volte se mi fossi trovata io in questa situazione, senz’altro avrei impegnato tutte le mie energie per far vivere agli alunni esperienze educative che fossero il più gratificanti possibile, che lasciassero buoni ricordi di questi pessimi mesi. Sarei stata davvero insegnante a tempo pienissimo, già lo ero in quel lavoro ormai lontano quando c’erano in ballo progetti o percorsi particolari, le sfide mi hanno sempre attirato… Di questo si lamentava in quegli anni il marito, chissà come avrebbe reagito in un periodo come questo… meglio non pensarci.

Così divisa tra il sollievo che non mi sia toccata e un briciolo di rimpianto per questa avventura pedagogica-didattica che lascio tutta ai colleghi ancora in servizio, mi sono limitata a leggere con partecipazione e talvolta emozione gli articoli, i commenti, i messaggi e le lettere sui social di insegnanti e genitori, a scoprire con gioia e ammirazione diverse interessanti e coinvolgenti esperienze delle classi, a seguire ciò che accadeva dai miei nipotini.

Nelle loro classi, in realtà, non ci sono state grandi esperienze innovative.

Quando eravamo da Riccardo ho sentito, dalla stanza accanto, alcune lezioni in collegamento: come se fossero in aula, un gruppetto di 7-8 bambini (erano divisi a gruppi in diversi collegamenti) e la maestra che spiegava e interrogava. Poi arrivavano la mail con le indicazioni dei compiti e Riccardo ha imparato a fotografarli col tablet e a inviarli alle insegnanti. So che per inglese ha creato un breve video insieme al suo papà.

Da mia figlia è stato molto più complicato: prima della pandemia aveva sempre rifiutato di mettere in casa il collegamento veloce, usavano il telefonino per collegarsi in famiglia, i bambini non usavano computer, per scelta dei genitori che volevano tenerli lontani da quel mondo, solo Martino nei suoi ultimi compleanni aveva ricevuto da noi nonni prima il tablet poi il computer. Appena in tempo! Ma ora dovevano utilizzarlo in quattro bambini (anche la materna steineriana mandava fiabe e canzoni per i due piccoli) e pure mia figlia era a lavorare da casa. Era complicatissimo, così sono riusciti ad avere un pc anche dalla scuola e si sono convinti a mettere il collegamento veloce. Ma restavano gli orari dei collegamenti di ognuno da ricordare, l’assistenza ai più piccoli, solo Martino è diventato autonomo rapidamente e, a undici anni, è stato davvero bravo.

Mia figlia è diventata matta in questi mesi, ora è distrutta dalla stanchezza. Suo marito ha continuato a lavorare, sembrava dovesse andare in cassa integrazione, ma il compito che ha nella ditta è rimasto essenziale quindi doveva assicurare la presenza. Se questo dal punto di vista economico è stato un bene, era però fuori tutto il giorno, aveva contatti con i clienti quindi c’era la paura di contagiarsi nonostante le massime precauzioni, mia figlia a casa era sola per le faccende domestiche e scolastiche.

Mi dice che la maggior parte dei professori di Martino ha un po’ tirato a finire il programma: spiega-interroga e via, ora si accorge che Martino ha diverse cose non capite, durante l’estate bisognerà riprenderle.

Chi ci ha rimesso di più è stato Damiano, in terza primaria. Il suo carattere schivo e introverso ha accresciuto i problemi: era appena riuscito a superare le difficoltà dovute al cambiamento di scuola, le nuove maestre iniziavano a conoscerlo nelle sue potenzialità un po’ particolari, il trovarsi con lo schermo in mezzo lo ha richiuso nel suo relazionarsi con gli altri, gli insegnanti non riescono a capirlo e a valorizzarlo. Questo mi rattrista e mi preoccupa.

Sono molto in ansia per settembre, temo che non verranno trovate soluzioni intelligenti e rispettose dei ragazzi, il loro presente e il loro futuro verrà sempre dietro le motivazioni politiche ed economiche… si arriverà a rovinare una generazione?

Spero che i fatti mi smentiscano, ma, devo confessarlo, in questo momento mi sento proprio pessimista. Penso che, oltre a medici e infermieri, anche i bambini siano stati eroi, a continuare il loro impegno scolastico in queste condizioni.

 

 
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