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CIAO GENNAIO

Post n°1588 pubblicato il 31 Gennaio 2019 da atapo
 
Tag: cronaca

 

LA NEVE DELLA MERLA

 


 

Stavolta la merla a cui sono dedicati gli ultimi tre giorni di gennaio ha voluto lasciare la sua traccia e, dopo la pioggia dei giorni scorsi, oggi ha nevicato anche a Firenze!

I monti attorno erano già imbiancati da ieri l'altro e io mi sarei anche accontentata, invece stamattina, mentre in autobus andavo in piscina, perchè quando sono uscita c'era sì la nebbia, ma a tratti si intravedeva il sole ed io non volevo perdere la lezione di ginnastica in acqua... ecco, dall'autobus i primi grossi fiocchi sempre più fitti, così quando sono scesa alla fermata ho solo attraversato la strada e preso l'autobus in direzione opposta che mi ha riportato a casa. Non volevo correre rischi di scivolare, nel pomeriggio dovevo tornare dal dentista e con la neve i rischi di un'uscita al giorno sono più che sufficiente.

Così ho avuto il resto della mattinata a disposizione e... ho tirato un po' il fiato!

Sta continuando il ritmo forsennato di impegni previsti e imprevisti con cui ha esordito questo 2019 e io non so più come rigirarmi.

I gruppi di teatro (in quello "Over 65" abbiamo dovuto preparare a casa dei testi scritti ed altri se ne preannunciano), il corso di scrittura autobiografica che esige i compiti a casa e ci vogliono ore per scrivere, correggere, migliorare... La piscina: ho ripreso in gennaio se no la schiena si lamenta! I nipotini: oltre le ore concordate di babysitteraggio a casa loro, hanno voglia di venire a casa mia, tra i libri e i giochi dei nonni e dopo la scuola capita che mia figlia mi telefoni: -Ci siete? Possiamo fare un salto? I bimbi chiedono di venire da voi...-

Come si fa a dire di no? Ma quattro bambini per casa esigono attenzioni... e merende!

Da dicembre ci si è messo anche il dentista: è un lavoro lungo, ma indispensabile, una o due volte la settimana, fra andata e ritorno il pomeriggio se ne va.

Stamattina in fondo non è stato un male che la nevicata mi abbia convinto a restare a casa. Le ore sono comunque volate troppo in fretta, di tutto ciò che dolevo fare poco è stato smaltito, ma almeno sono rimasta tranquilla al calduccio e ho anche avuto più calma per pensare ... a come organizzare tutto il resto!

Mi dispiace che anche qui a scrivere e a leggere ultimamente io sia piuttosto latitante, ma spero abbiate capito la situazione. A dire il vero, non è che la mia vita in questo periodo sia particolarmente emozionante, da meritare scritture approfondite: è un tran tran affollato, ma abbastanza nella norma.

Credo non sia una cattiva idea di mettere qui, ogni tanto, qualche raccontino autobiografico di quelli che scrivo per il corso: almeno li sfrutto, in qualche modo, mi sembra che i precedenti siano stati graditi.

Dunque presto ne leggerete un altro...

 

 
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WHY NOT ?

Post n°1587 pubblicato il 26 Gennaio 2019 da atapo
 

NO  ENGLISH

 

 

Nell'istituto comprensivo frequentato dai miei nipoti (lo stesso in cui insegnavo io) dopo le vacanze di Natale sono finalmente arrivate le proposte dei corsi extracurriculari.
Si tratta di attività proposte dopo l'uscita alle 16,30 per i bambini della scuola primaria e dell'infanzia, un incontro alla settimana che dura un'ora e mezza, si può trattare di canto, attività motorie o artistiche, lingue straniere, dipende dalle disponibilità e competenze degli insegnanti. Qualcuno forse ricorda che per diversi anni dopo che andai in pensione anch'io vi avevo partecipato, col mio teatro in francese… I genitori pagano una quota che in pratica è il compenso per l'insegnante, in modo che la scuola non impegni gli scarsi fondi ministeriali.
Questo è pesante per i bambini dopo otto ore di scuola? Dipende da come si organizza: è chiaro che a quell'ora si devono proporre attività leggere e attraverso il gioco, non dev'essere una prosecuzione dello stile scolastico…
Purtroppo partono sempre tardi, ora a fine gennaio, e durano poco più di due mesi perché verso la conclusione dell'anno scolastico tutti sono già stanchi.

Non so perché non inizino prima, a novembre, ci sarebbero tempi più distesi, all'interno dei gruppi ci si conoscerebbe meglio e, secondo me, le attività sarebbero più produttive e raggiungerebbero risultati più incisivi e interessanti. Difficoltà organizzative? O forse è il non ritenere queste proposte, molto auspicate dai genitori, abbastanza importanti e formative da meritare un impegno temporale adeguato? Mah, non voglio indagare …

I miei nipoti più grandi quest'anno si sono iscritti così: Martino (in quinta) all'approccio alla lingua cinese, Damiano (in seconda) al canto corale. Entrambi avevano scelto anche inglese, che doveva essere diviso in due gruppi, uno per le seconde e terze classi, l'altro per le quarte e quinte.
Però abbiamo appena saputo che nei due gruppi di inglese non si è raggiunto il numero di iscritti necessario per attivare il corso (cioè per pagare l'insegnante), quindi NIENTE INGLESE.
Io ho pensato: possibile che in questo caso non si potessero unire i due gruppi, farne uno solo con tutti i bambini dalla seconda alla quinta? Quando tenevo il corso di francese erano tutti insieme, dalla prima alla quinta: ci sono canti, giochi, storie, scenette e altro che si possono benissimo proporre a bambini di età diverse insieme, anzi, era sempre una situazione stimolante, si creavano rapporti nuovi rispetto a quelli di classe, aiuti reciproci, disegni o testi preparati a piccoli gruppi… E abbiamo raggiunto risultati interessanti e soddisfacenti, nelle mie lezioni di scolastico c'era il meno possibile, ciò che facevamo era vivere insieme delle situazioni attraverso una lingua diversa.
Mi viene il dubbio maligno che chi avrebbe insegnato inglese non fosse affatto in quest'ottica, che volesse proporre attività più strutturate, più scolastiche… forse schede, esercizi da qualche libro… e allora per forza sarebbe difficile gestire bambini di età diverse… ma dopo le 16,30, sai che noia e che stanchezza!
In conclusione, niente inglese quest'anno, purtroppo.

 
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LA STRADA PICCOLA

Post n°1586 pubblicato il 18 Gennaio 2019 da atapo
 

 

NONNA NATA”

 


 

Il più piccolo dei miei nipotini, Cesare, tocca a me se io e mio marito siamo i babysitter di turno per andare a riprendere i quattro all'uscita dalle scuole.

Quando all'asilo nido io entro nella stanza dove i cuccioli di due anni aspettano di essere “prelevati” giocando o ascoltando l'educatrice che legge qualche libretto, appena mi vede si illumina tutto e scatta a venirmi incontro, c'è un bel saluto affettuoso, poi mi guida al suo armadietto da cui preleva tutto l'abbigliamento invernale per uscire.

Ritorniamo a casa a piedi, lentamente, dieci minuti di strada e il rito è sempre il medesimo: pestacchia le foglie cadute e si diverte al loro rumore, guardiamo se ci sono le nuvole, se passa il treno, poi comincia a cercare se c'è qualche cane a passeggio col padrone, se c'è in giro qualche gatto randagio che frequenta una piccola gattaia organizzata nell'angolo del giardino pubblico. E come è scrupoloso nel cercarli! Controlla sotto le siepi, dietro alle auto, dove ci sono le mangiatoie con le crocchette, esamina dal marciapiede tutto il prato. E' facile che se ne vedano e allora li ammira tutto soddisfatto, ma non si avvicina troppo. E' un po' timoroso, non ha avuto, come i suoi fratellini, la bella convivenza col gatto Beto, che morì pochi mesi dopo la sua nascita, non si azzarda ad accarezzare i gatti che incontra. Però gli piacciono, li studia a distanza, poi quando li salutiamo e riprendiamo il cammino ripete tutto soddisfatto: “Gatto… miao miao...”

Prima di arrivare a casa ci sono alcuni alberi con tante piccole bacche rosse sui rami e cadute per terra. Io gli avevo detto: -Quelle sono la pappa degli uccellini.- E un giorno è rimasto a bocca aperta, senza fiato per la meraviglia quando sui rami ha davvero visto gli uccellini che svolazzavano e beccavano le bacche!

La nostra passeggiata del ritorno è tutta una scoperta, poi entriamo in casa e ci godiamo ancora alcuni minuti da soli, in cui mi fa vedere qualche giocattolo, prima che arrivi la sorellina dalla scuola materna e, dopo una mezz'ora, i due fratelli più grandi dalla scuola elementare. E a quel punto c'è una bella confusione ed io, insieme a mio marito, dobbiamo dare ascolto a tutti.

Cesare si è affezionato moltissimo a me: dice mia figlia che quando sa che verranno a casa mia è sempre molto contento, che all'asilo se lo va a prendere qualche babysitter o a volte anche la mamma mette il muso. Una volta si era arrabbiato coi genitori per non so quale motivo, allora è andato alla porta di casa e tentava di aprirla dicendo: - Io vado dalla nonna Renata.- ed è rimasto a lungo a dare pugni alla porta prima di arrendersi, dopo la promessa che sarebbe venuto da me il giorno dopo.

Stamattina mi è stato detto che al momento dell'uscita per l'asilo ha chiesto se si poteva andare dalla nonna Renata, prendendo con sé anche la volpe di peluche che gli ho regalato, e si è rassegnato solo quando mia figlia è riuscito a convincerlo che non poteva perché i nonni dormivano ancora.

Chissà come mai questo affetto… io non faccio niente di particolarmente seduttivo nei suoi confronti, forse dentro di me sento molto forte la tenerezza per questo cucciolo giunto così inaspettato e… travolto dalla confusione che gli fanno attorno i tre fratelli maggiori! A volte penso che sia stato l'imprinting di quei primi mesi in cui quasi ogni giorno lui e la sua mamma venivano a casa nostra per il pranzo, in fondo con noi lui ha vissuto a lungo, molto più degli altri fratelli, che sono sì affezionati a noi nonni fin da quando erano piccoli, ma nessuno in modo così evidente.

Devo stare attenta a non viziarlo, ma anche a non deluderlo.

Intanto, da poco tempo ha iniziato a chiamarmi col mio nome: sono “Nonna Nata”.

 
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RICORDI

Post n°1585 pubblicato il 11 Gennaio 2019 da atapo
 
Tag: memoria

Ho già partecipato a diverse lezioni del corso di "scrittura creativa autobiografica" e mi è venuta un'idea: potrei continuare a mettere qui ogni tanto qualcuno dei raccontini che scrivo, come ho fatto già per Natale... In fondo arricchirebbero la serie dei testi nel tag MEMORIA. E spero che per qualche lettore possono essere piacevoli...

Dunque ecco a voi qualcosa in tema con la stagione, tipicamente invernale:

 

P.Bruegel, Paesaggio invernale

IL  TEMPO  DELLA  NEVE

Mi svegliava un silenzio insolito e una luminosità livida che filtrava dalle persiane chiuse.
Io capivo subito: la neve, finalmente!
Mi alzavo e correvo dietro ai vetri a guardare il mio giardino nella sua nuova veste: le forme erano cambiate, quasi irriconoscibili, ricoperte dal manto bianco e spesso.
Veloce mi vestivo e facevo colazione, poi di corsa fuori. L'aria del mattino era pungente, ma io  volevo assolutamente toccare la neve. Mi piacevano quei contrasti tra la morbidezza che appariva alla vista e la fragilità quasi di vetro soffiato, che si spezzava subito quando affondavo la mano nella neve appena caduta per raccoglierne una manciata. Mentre si scioglieva fra le dita, queste diventavano sempre più ghiacciate nonostante i guanti di lana.
Potevo attardarmi poco, perché dovevo correre a scuola e avrei passato quella mattina meno attenta del solito alle lezioni, pensando a ciò che mi aspettava nel pomeriggio.
Subito dopo pranzo la mamma mi ricopriva bene: pantaloni di panno pesante, calzettoni di lana grossa, scarponcini,  cappotto, guanti a manopola, passamontagna e sciarpa. Io di solito non amavo il pizzicore di tutta quella lana, soprattutto il passamontagna in cui mi sentivo soffocare e la sciarpa che, tesa davanti alla bocca, mi faceva solletico al naso, ma in quell'occasione sopportavo stoicamente, perché poi…via con le due amiche del cuore verso il “castellaccio”!
Il quartiere si stava spandendo su per le colline, dove finivano le strade asfaltate proseguivano delle carrarecce che si inoltravano tra prati, campi e boschi. Una di queste saliva in una specie di vallata fino ad arrivare ad una antica villa recintata, chiamata appunto “il castellaccio”.
Uno dei versanti era boscoso, ma l'altro era tutto un prato d'estate e d'inverno diventava una magnifica pista per le slitte: ripida in alto abbastanza da prendere velocità, più dolce il pendio in basso, così da agevolare la frenata e l'arrivo senza incidenti.
In quei pomeriggi nevosi pareva che tutti i bambini del quartiere si fossero dati appuntamento lì, sul versante bianco erano piccole sagome colorate e vocianti sempre in movimento: veloci a scendere sulle slitte, più lenti nel risalire a zigzag affondando nella neve ai lati della pista, che diventava sempre più larga e più levigata. Le slitte allora erano tutte di legno, io non ne possedevo una, ma le mie amiche sì, erano di famiglie più benestanti, mi facevano salire dietro a loro e a volte mi lasciavano anche guidare.
Ah, che bello! Quell'improvviso leggero senso di vuoto che si sente alla partenza, come un decollo, poi la velocità che aumenta, l'aria fredda che punge il viso con mille piccoli spini (perché la sciarpa la toglievo subito per sentirmi più libera), la durezza del legno un po' dolorosa ad ogni sobbalzo, il puntare strisciante dei talloni sulla neve ghiacciata quasi a graffiarla al momento di rallentare…
L'ebbrezza della velocità, poi lo sforzo della risalita trascinando la slitta, per non scivolare affondavo nella neve più soffice, senza far caso se entrava negli scarponcini, così che i piedi presto si bagnavano, ma non me ne accorgevo nemmeno. Lo stesso per le mani, le manopole diventavano fradicie in fretta.
Chi non trovava posto in slitta e doveva aspettare il suo turno rischiava il congelamento: allora ecco i saltelli, il battere le mani l'una contro l'altra, il buttarsi o rotolarsi nella neve fino a sentirsene avvolti come da una coperta, era sempre meglio che stare in piedi immobili.
Restavamo lì fino al tramonto, talvolta riprendeva a nevicare, ma noi continuavamo imperterriti nel nostro ritmo di salita, discesa, risalita e ci sentivamo campioni olimpionici.
Più tardi, a casa, dovevo spogliarmi quasi completamente  e la mamma stendeva gli indumenti bagnati appesi sulla stufa a legna, brontolando e minacciando che senz'altro mi sarei ammalata. Io solo allora avvertivo tutto il freddo accumulato e mi accostavo il più possibile alla stufa rovente, a volte infilavo mani e piedi dentro al forno per qualche minuto, il viso mi diventava rosso e lo sentivo di fiamma.
Dopo alcuni anni il “castellaccio” non ci bastava più: scoprimmo e ci impossessammo del “campino”, che in realtà era un pendio molto più ampio e ripido del precedente in un'altra zona del quartiere. Eravamo adolescenti, pronti a sfide temerarie: il campino era più pericoloso, disseminato di cespugli da evitare, o da finirci in mezzo, in basso c'erano un fosso e lo scavo profondo per le fondamenta della nuova chiesa.
Io ora portavo gli stivali alti di gomma, i pantaloni grossi della tuta che usavo a scuola per educazione fisica, due maglioni sotto una vecchia e stretta giacca a vento ereditata da chissà quale parente. Finita l'era del passamontagna soffocante, usavo cuffie di lana morbida che lasciavano uscire i capelli lunghi. Avevo amici nuovi, gli approcci e i corteggiamenti tra ragazzi e ragazze spesso consistevano nelle palle di neve infilate di sorpresa dentro al collo della giacca, da dietro e il gelo scendeva velocemente lungo la schiena, bisognava togliere la giacca, scrollarla bene…intanto si rabbrividiva dal freddo.
Neppure allora possedevo la slitta, ma riuscivo sempre a trovare chi me la prestava, ero diventata abile nella guida, direi spericolata.
 Tra gli amici ce n'era uno esuberante e simpatico, che mi offriva volentieri la sua slitta ed era ancora più spericolato di me: su quelle piste ci divertivamo molto insieme, ci sentivamo campioni evitando ogni cespuglio, fermandoci a pochi passi dal fosso. La velocità ci faceva sobbalzare e quasi volare su certi dossi, prendevamo forti colpi contro il legno duro della slitta che ci procuravano lividi al fondo schiena e all'interno delle ginocchia e nei giorni seguenti dolevano al solo sfiorarli, ma di cui andavamo fieri come ferite sul campo di battaglia.
Lui in realtà era innamorato di me, nel suo impegnarsi in quelle acrobazie c'era un ingenuo  tentativo di seduzione, ma non raggiungeva il risultato sperato, perché io in quel periodo avevo nel cuore un altro ragazzo, un compagno di scuola timido e intellettuale, che, ahimè, abitava dall'altra parte della città e non poteva raggiungermi per accompagnarmi in quelle  imprese.
I pomeriggi passati così continuavano per diversi giorni, finché la neve diventava una poltiglia sporca che ci infangava ad ogni caduta e il viscido del fango affiorante rendeva ardue le risalite.
A malincuore ci dovevamo rassegnare: la stagione era finita. Facevamo progetti per l'anno successivo, forse finalmente anche a me avrebbero comperato la slitta, dopo tanto tempo che insistevo…
Ma quell'anno fu l'ultimo che vide le mie prodezze: diventai grande e così anche i miei amici, cambiammo interessi e impegni, la spensieratezza di quei pomeriggi non ritornò più .

 
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SOTTOTONO

Post n°1584 pubblicato il 06 Gennaio 2019 da atapo
 

AL  VIA



Fine delle feste natalizie… molto sottotono...
...passate più o meno sempre raffreddati e malridotti: non un cinema, né un teatro, né un ristorantino con mio fratello e sua moglie che sono venuti a Firenze tre giorni, ne hanno approfittato per godersi i nipotini che non vedevano da due anni qui e a Montelupo. A casa nostra sono stati due mezze giornate, tutte di relax e gli andava bene lo stesso, hanno detto, tra chiacchiere e rievocazioni del passato, ma per i pasti mi sono dovuta dare da fare, perché mio marito non se la sentiva di andare a mangiare al ristorante. Bella goduria!
Per fortuna mi ero ritagliata quel pomeriggio a girare in centro, tanto per cambiare aria… e per fortuna non ci eravamo persi la giornata con gli amici bolognesi.
Insomma, io stasera sono un po' malinconica, è scivolato via tutto così in fretta senza che mi senta soddisfatta né rilassata… e domani saremo di nuovo nella completa follia: subito il dentista, la ripresa del gruppo di teatro con gli anziani, martedì tutta la mattinata all'ospedale per dei controlli medici.
E, ciliegina sulla torta, domani e dopodomani ci sono scioperi nella scuola, si saprà solo domattina quanti e quali dei nipoti potranno entrare e in quali turni,  se al mattino o al pomeriggio, quindi sono allertate le baby sitter ma anche noi nonni negli orari in cui le babysitter non sono disponibili.
In conclusione, non ho affatto voglia di riprendere questa NORMALITA', sono stanca come prima di Natale se non di più.
Nuovo anno, stanchezza vecchia! E cerco di non pensare ad altre faccende che so già essere in attesa prossimamente... Avrei solo voglia di dormire, sdraiarmi sul divano avvolta in una coperta e immergermi nella lettura di qualche romanzo avvincente che mi faccia entrare in nuovi mondi e nuove avventure, invece è meglio stirare, riordinare, cercare di dare una sistematina alla casa approfittando di questa forzata clausura, così che poi per qualche settimana si possa vivere di rendita, visto che sarà già faticoso riprendere la routine ordinaria.
Avremmo bisogno di quelle due settimane di stacco al caldo delle Canarie o da qualche altra parte, ma quest'inverno abbiamo deciso di rinunciarvi, non sapendo ancora come rimarranno le nostre finanze dopo la sistemazione della casa in montagna. Pensavo che per una volta potevamo fare a meno della fuga al caldo, invece adesso non ne sono più sicura, sentendomi così stanca, ma ormai è tardi, bisogna resistere qui, sperando che il freddo di gennaio non si faccia troppo agguerrito e non ci porti malanni peggiori.

 
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L' INIZIO

Post n°1583 pubblicato il 02 Gennaio 2019 da atapo
 

AUGURI  e  BACI

 

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A inizio d'anno il rosso porta fortuna, ciò che è piccolo e tondo porta soldi (dicono)...

Allora che c'è di meglio che inaugurare il 2019 con una foto scattata nel mio giardino, dove le nandine sono uno spettacolo di colori e di grappoli di bacche rosse!

Sono diventate molto belle e colorate: col freddo le foglie hanno preso tonalità di rosso, giallo, arancione oltre che verde chiaro e scuro, una meraviglia e una grande vivacità! E non cadranno, resteranno così per tutto l'inverno, le bacche forse saranno cibo per gli uccellini.

Come potete vedere nel box qui accanto, anche i mesi del 2019 ho deciso di illustrarli con BACI, nell'arte: ne avevo trovati tanti, era un peccato non continuare...

E  c'è sempre tanto bisogno di baci, di sentimenti buoni, di amore...

(I baci del 2018 li potete trovare tutti insieme sul mio profilo)

 
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