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Messaggi di Dicembre 2018

L'ANNO CHE VERRA'

Post n°1582 pubblicato il 31 Dicembre 2018 da atapo
 

QUASI  PREMONIZIONE



 

Diversamente dagli anni passati non mi ero attivata per tempo e nemmeno all'ultimo momento per decidere come passare la fine dell'anno.
Il teatro era stata spesso una buona soluzione, ma quando ho cominciato ad interessarmi per i biglietti ho scoperto che i posti del 31 per gli spettacoli che potevano interessarci erano già tutti esauriti.
Avevo trovato qualcosa di alternativo: una cena non troppo cara seguita da uno spettacolo di circo (senza animali): quando mio marito si è deciso a dirmi che poteva andare... ecco che è comparso il messaggio: posti esauriti pure lì, accidenti ai suoi tempi eterni indecisi!
In un circolo c'era la tombola, con intermezzi musicali, ma la tombola gli mette tristezza, dice.
Pazienza! Vediamo che films ci sono in giro, magari dopo una buona pizza...
Nel frattempo, cioè dal giorno di Natale, io ho cominciato ad avere un raffreddore e una tosse potentissimi che mi hanno massacrato tutti i giorni scorsi, da cui sto riemergendo a fatica: per  il film forse avrei fatto ancora in tempo a guarire, o quasi.
Per fortuna non stavo più troppo male il 28 quando sono venuti a trovarci la coppia di nostri amici bolognesi e siamo riusciti ad andare in montagna per mostrargli la nostra casa, passando una giornata piacevole ed anche soleggiata perchè lassù, dopo aver attraversato le nuvole, il sole era stupendo e l'aria purissima. Mi sarebbe proprio dispiaciuto rinunciare a quella bella giornata insieme!
Però anche una sala cinematografica era a rischio, non si può tormentare con la tosse gli altri spettatori.
Invece mentre io guarisco mio marito si ammala e da ieri è uno straccio: senza febbre, ha i miei stessi sintomi, ma passa dal letto alla poltrona davanti alla televisione. Mi pare, se devo dire la verità, che la stia prendendo molto sul tragico, ma sembra che gli uomini siano così: un po' di malessere e sono k.o.
Oppure è un sistema furbo per togliersi dalle incombenze. In ogni caso anche il progetto PIZZAeCINEMA va a farsi benedire, tanto lui ora non ha nemmeno fame.
Così passeremo una serata TUTTO.DIVANO.E.FILM.IN.TV, da vecchietti come ormai siamo.
Da un pezzo non ci accadeva, eravamo riusciti sempre a trovare qualcosa fuori casa. In fondo mi dispiace che lui stia ancora male, non mi dispiace però questa conclusione che in un certo senso per noi è "alternativa", avendo sempre cercato di evitarla.
Sarà tutto più soft, più calmo, più meditativo.
C'era un perchè se non mi affannavo a cercare teatri e compagnia, il mio inconscio lo sapeva...

Ecco, forse è in questo un primo insegnamento: dovrei lasciarmi andare di più, affannarmi di meno, ascoltare di più il mio istinto senza l'ansia di avere sempre tutto sotto controllo. Tanto ciò che deve accadere accade lo stesso. Così allora dovrà essere l'anno che verrà.

Quello che sta finendo non è andato male. Abbiamo viaggiato molto... anche se non siamo andati molto lontano! Mi riferisco a tutti i viaggi lungo l'Appennino per cercare la casetta in montagna, che ci ha impegnato tempo ed energie, con illusioni e delusioni, ma finalmente con un risultato. Così abbiamo scoperto luoghi piacevoli che ci hanno lasciato la voglia di ritornarci... e sono a un passo da casa! Questo nuovo progetto ha ravvivato le energie e lo stare insieme tra me e il marito, aumentato i momenti "nostri", ci siamo ritrovati attorno ad un nuovo sogno comune come non ci accadeva da tempo.

Per il resto, paiono risolti certi problemi di salute e certe complicazioni nella gestione nipoti, il teatro mi ha sempre divertito parecchio e dato soddisfazioni, che dovevo avere di più dal 2018?
Questo anno passato mi ha portato anche una sorpresa che mai avrei immaginato all'inizio: mi ha fatto ritrovare, attraverso i social, un' antica amicizia di scuola, di quando ero a Bologna. Come accade spesso, tutto avrebbe potuto esaurirsi in alcune comunicazioni del tipo: "Che sorpresa!... come ti va?... che hai fatto in questi 50 anni?... che fai ora?" e all'inizio associavo questo ritrovarsi alla canzone di Guccini "Incontro", perchè a volte questi incontri non sono positivi, scopri che la vita ha dato prove dure, oppure che la persona ritrovata non corrisponde più ai tuoi ricordi...

Invece non è stato così, l' "incontro" meriterebbe un'altra canzone che non esiste, che raccontasse quanto è piacevole rivivere ricordi e una città comuni, scoprire dopo tanto tempo quante affinità ancora ci possano essere, di quanti argomenti si possa parlare anche solo per lettera e scambiarsi idee, esperienze, suggerimenti, nella consapevolezza che ci siamo ritrovati non solo per quel che restava di noi due ragazzini, ma per ciò che siamo diventati ora, parecchio adulti e già nonni, e che ci ha permesso di riscoprire e riprendere la nostra amicizia. Così la mia città natale ora è diventata più viva e presente di quanto lo fosse dopo tanti anni che sto a Firenze e, anche se molti parenti e conoscenti a Bologna non ci sono più, adesso so che là ho una nuova persona di riferimento e ne sono lieta.

Ecco, vorrei che il 2019 continuasse su questo tono: tranquillo e positivo, non mi serve niente di più. Ultimamente ho ripreso a scrivere nel corso di scrittura creativa e so che scriverò ancora parecchio: sarebbe il massimo se riuscissi anche a completare certe mie scritture che ho a mezzo nel computer, che così lasceranno tracce di me e del mio tempo ai miei discendenti. Poi ci sarà da attrezzare la casa in montagna e, finalmente, da andarci a prendere il fresco... Chissà che il prossimo ferragosto io riesca a scrivere da lassù!
Non voglio pensare ad altro: che sia quel che dovrà essere, ma che lo sia senza troppa sofferenza e  che io riesca a ritrovare in ogni avvenimento una luce di positività...
Che sia bello e sereno questo passaggio di anno anche per tutti voi amici lettori, e che continui così anche per il resto del 2019.

BUON ANNO !

 
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IL GIORNO DOPO

Post n°1581 pubblicato il 26 Dicembre 2018 da atapo
 

TUTTO  SECONDO  COPIONE

 

in attesa

 

Passato il Natale. Come è andato? Tutto secondo copione, come dico nel titolo.
Non lo dico in senso negativo o annoiato, ma sono contenta dei non imprevisti negativi, della buona salute di tutti, dell'allegria e della confusione dei bambini che si godono giustamente la loro festa.
Quest'anno il nostro Natale di famiglia è tornato alla bella abitudine dell'incontro la sera della vigilia per la cena dei bimbi-Natale, titolo del nostro lessico familiare inventato da mio figlio quando i nipotini erano diventati due e … si facevano notare e sentire. Ora che sono cinque tutto è moltiplicato naturalmente!
Nel 2017 ci fu la sorpresa poco simpatica che il parroco iniziava la veglia natalizia con la messa alle 21,30, mio marito non voleva mancare e non si riusciva a tornare in tempo da Montelupo, dove, in casa di mio figlio, ci sarebbe stata la cena. Così rinviammo tutto al 26, ma l'atmosfera era diversa, mancava la magia del Natale in arrivo…
Io da tempo avevo detto a mio marito che non mi era piaciuto, che si poteva andare a messa il giorno di Natale e non sciupare il nostro incontro familiare. Penso che saremmo arrivati a uno scontro (poco natalizio purtroppo), poi il parroco ha spostato quest'anno la veglia alle ore 22 e mio marito ha detto che ce l'avremmo fatta, anche correndo il rischio di arrivare un po' in ritardo.  Così risolta la faccenda abbiamo ripreso la nostra bella tradizione:
la decisione collettiva del menù e la suddivisione dei piatti da cucinare fra le tre famiglie;
il mio extra, ormai diventato anch'esso tradizione: la preparazione di un quantitativo industriale di biscotti di pastafrolla per i bambini e un bel po' anche per me e mio marito;
le grandi manovre per far arrivare i regali e nasconderli subito per il Babbo Natale della mattina del 25 ognuno a casa propria;
il mettere sotto l'albero un pacchettino per ciascuno da aprire la sera della vigilia dicendo: - Babbo Natale aveva troppi pacchi, qualcuno l'ha già lasciato…- ;
il ritrovarsi giocattoli sparpagliati per tutta la casa e, al momento di andar via, doverli ricercare e dare ad ogni bambino i giocattoli giusti da riportare a casa sua;
i “mi piace” e i “non mi piace, non lo mangio” distribuiti fra tutti i minorenni, i secondi soprattutto di Martino che in quanto a gusti alimentari è una disperazione;
il ritrovarsi però tutti d'accordo e ben disposti davanti al dolce;
ma per poterlo mangiare devono cantarci o recitarci una canzone o una poesia natalizia imparata a scuola, la Diletta insieme a me ha cantato anche “petit papa noel” in francese, che le avevo insegnato in un giorno di babysitteraggio e lei ha imparato rapidissimamente;
la distruzione di alcuni segnaposto da parte di Cesare, ma a due anni si può perdonare;
il tentativo di fotografare tutti i pargoli insieme sul divano, per preparare poi il calendario del 2019, come gli altri anni: impresa disperata, tutti vogliono fare i pagliacci e in ogni foto c'è almeno un bambino che si muove, così tra una marea di scatti a stento se ne trova uno decente;
la distribuzione e l'apertura (finalmente) dei pacchetti, per i piccoli e per gli adulti: confusione incredibile, vorrebbero collaudare tutto subito, ma ormai è ora di andare a dormire in attesa del Babbo Natale più serio e abbondante della mattina dopo.
Poi i nonni ripartono, arrivano alla veglia un po' in ritardo, ma non penso proprio che sia un peccato grave.
Dopo la messa, al rientro, ecco i primi graditi auguri di Natale, tra mail e cellulare e mi soffermo un po' a rispondere in notturna…
Però io il 25 mi ritrovo con un forte mal di gola e tosse: un contagio da Cesare che era stato ammalato la settimana precedente ed io mi ero accollata le ore che non potevano fare le babysitter, poi le conseguenze di veglia e messa nella chiesa piena di umidità…
Cesare ora sta bene, io invece no, spero di non rovinarmi i prossimi giorni in cui dovremmo incontrare altri amici e parenti che non vediamo da tanto, volevamo andare con loro alla casa in montagna, anche solo per un rapido passaggio.
Così il giorno di Natale lo passo in casa, tra attività di tutto riposo e  messaggi di auguri insieme alle ultime notizie sul gradimento dei regali da parte dei nipoti.
Diletta ha commentato la bambola Rapunzel che ha trovato il mattino sotto l'albero: - E' il regalo più bellissimo che volevo!.-
E Martino viene nel pomeriggio a caricare canzoni sull'I-phone nuovo con l'aiuto del nonno. Dice che starebbe volentieri anche a casa nostra: sfido, nella sua casa piccolissima ci dev'essere una grande confusione, maggiore del solito, fra tutti e quattro più i genitori, più i giocattoli nuovi!
E le vacanze sono appena iniziate!

 
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MEMORIA e RACCONTO

Post n°1580 pubblicato il 24 Dicembre 2018 da atapo
 

IL  FRUSCIO  DEL  NATALE

 

 

A Bologna c'è ancora la grande fiera di Santa Lucia sotto il portico dei Servi, dove i Bolognesi da più di due secoli vanno a comperare tutto ciò che serve per il presepe, l'albero e gli addobbi.
Fu al mio primo Natale che i miei genitori comprarono le prime tre figurine per il presepio di famiglia, quelle essenziali: la Natività. Allora erano fatte di cartapesta, negli anni successivi ad ogni dicembre compravamo qualche statuina nuova.
Io aspettavo con gioia le passeggiate alla fiera di Santa Lucia, ci guadagnavo sempre un croccante o un bastoncino di zucchero colorato e crescendo cominciavo ad avere voce in capitolo anche nella scelta delle statuine.
Commentavo con papà, che era più appassionato della mamma in queste cose, i colori, le espressioni, anche i prezzi visto che col passare degli anni alla cartapesta si andava sostituendo la plastica, ma noi volevamo mantenere la caratteristica del nostro presepio e le statuine che ci sarebbero piaciute, quelle di cartapesta, arrivavano a costare molto per le nostre tasche.
Ogni personaggio aveva il suo nome: il Pastore, il Dormiglione, la Lavandaia, la Patoèa (così chiamavo da piccina una delle prime statuine che avevo scelto, una donna con un agnellino in braccio). Nel nostro presepio non ci furono mai Re Magi, troppo costosi, ma uno strano personaggio in abbigliamento più orientale degli altri io lo consideravo un re magio, lo collocavo lontano dalla grotta e lo avvicinavo pian piano fino al giorno dell'Epifania.
Una vera opera d'arte era ogni anno in casa nostra la costruzione del presepio, quasi sempre la vigilia di Natale e verso sera, perché papà aveva un negozio e chiudeva tardi, non c'era a quel tempo l'orario ridotto della vigilia.
Per i miei genitori diventava un progetto architettonico, prendevano molto sul serio questo lavoro e vi si dedicavano con impegno.
Cercavano in casa una base adatta, la volevano grande e quasi sempre la scelta cadeva sul ripiano del cassettone che si trovava nella stanza in cui dormivo io.
Non era quella veramente la mia camera, noi abitavamo una casa molto piccola, il locale in questione in realtà serviva da ingresso e per mezzo di una tenda era stato separato un angolo in cui stavano il mio letto e un comodino. Il cassettone si trovava nella parte ingresso, quindi un presepio costruito lì sopra, soprattutto se monumentale, sarebbe stato ben visibile e avrebbe attirato le meraviglie e i complimenti di tutti gli ospiti che passavano da casa nostra durante le festività. E di questo l'artista, cioè papà, ne sarebbe andato molto fiero.
Dunque papà cominciava, con la mamma come aiutante ed io quasi solo spettatrice, perché tutto ciò che occorreva era o troppo fragile o troppo pericoloso per una bambina piccola.
Con la carta-roccia innalzava una vera e propria struttura di paesaggio, grotte, montagne, pilastri che sorreggevano una volta rocciosa. Sullo specchio del cassettone come sfondo erano attaccati con mille precauzioni il cielo e un fondale di paesaggio desertico. Con altrettante precauzioni erano seminascoste in punti strategici le lucine che si potevano accendere ad intermittenza.
Ogni anno il presepio veniva fuori diverso, secondo l'estro di papà, le rotture della carta-roccia e il quantitativo di muschio che eravamo riusciti a raccogliere nei prati e nei boschi ancora vicini al nostro quartiere di periferia.
Per questa impresa occorrevano alcune ore e presto veniva il momento in cui io dovevo coricarmi nel lettino dietro la tenda. 
Avrei dovuto dormire, ma come era possibile se lì accanto, oltre la tenda, i miei genitori stavano lavorando al presepio?
La lampada principale della stanza era spenta, restavano accese solo le lucine da sistemare, al massimo una abat-jour. Io con gli occhi sbarrati seguivo sul sipario della tenda e sul soffitto  le loro ombre in movimento, intravedevo la struttura del presepio che si faceva sempre più alta, più complessa, più scura nella penombra. Con la fantasia immaginavo le loro azioni: “fanno la capanna… mettono il pastore… la lavandaia… metteranno l'agnellino accanto a Gesù?”
Loro sussurravano per non disturbarmi, talvolta distinguevo qualche parola:
- Ancora un po' di muschio…  ecco, va bene così… un chiodino qui… fai piano che la bimba dorme…-
E quasi di continuo mi arrivava il fruscio della carta-roccia appallottolata, poi sagomata, della paglia  sistemata, delle statuine tolte con delicatezza dalla carta di giornale in cui erano avvolte.
Tutti questi rumori leggeri mi elettrizzavano, mi applicavo a riconoscerli uno per uno e ad accompagnarli alle ombre in movimento come se unissi un sonoro alle immagini di un film. Mi ostinavo a restare sveglia, volevo partecipare con la fantasia alla costruzione del capolavoro.
Quegli stessi lievi rumori però mi cullavano e pian piano mi facevano addormentare prima della conclusione dello spettacolo.
La mattina del 25 dicembre la mamma veniva a svegliarmi, apriva la tenda, mi prendeva in braccio e finalmente potevo ammirare in tutta la sua bellezza il capolavoro di quel Natale: era sempre una sorpresa, ogni anno diverso e sempre differente da ciò che io mi ero immaginata la sera precedente, prima di addormentarmi dietro la tenda.

Questo raccontino l'ho preparato per il corso di scrittura creativa autobiografica, che sto frequentando. Qualcosa c'era già stato qui, tanto tempo fa, ho ripreso e sistemato...

Lo dedico a chi passa di qua a leggere, insieme ai più affettuosi auguri di

BUON  NATALE !

 
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CHE FESTA !

Post n°1579 pubblicato il 20 Dicembre 2018 da atapo
 

BELLE  NOTIZIE

 

 

Dopo gli anni della dirigente pazza che aveva proibito tutto, soprattutto ogni festeggiamento per paura delle responsabilità e della burocrazia, finalmente i tempi sono cambiati e questo è il secondo anno in cui all'istituto comprensivo in cui io insegnavo e in cui ora i miei nipotini frequentano le scuole si è svolta con impegno e allegria la festa di Natale nella piazza principale di zona, in un'atmosfera gioiosa come da anni non si vedeva.
Il quartiere ha sovvenzionato le merende ai bambini, i clown per i giochi di magia, l'impianto stereo che diffondeva la musica, ogni scuola ha allestito un banco per vendere i lavoretti fatti dai bambini e dalle maestre, mamme volonterose (“mamme in vendita” si sono definite) hanno aiutato le maestre a gestire gli affari. C'erano proprio dei begli oggetti quest'anno, anche lì si vedeva l'allegria e la partecipazione…

 


 

Il ricavato servirà per acquistare materiali per la scuola, come da tradizione. Insomma, pare che l'Istituto stia rinascendo dopo un periodo oscuro, anche i docenti li ho ritrovati più sereni.

Naturalmente io non sono mancata: una nipotina alla scuola materna e due alla scuola primaria esigevano la presenza dei nonni… Di più, il nipote più grande è in quinta (mamma mia come corrono gli anni!) e partecipava ad un concerto di canti accompagnati dal suono di flauti, tastiere e chitarre del progetto di continuità: i bambini di quinta insieme a quelli di prima media.
Ho rivisto con tanto piacere i miei vecchi colleghi… chi è rimasto… ormai stanno andando in pensione, ogni anno qualcuno manca, è passato a miglior vita… quella dei pensionati!
Dicevo a mio marito che guardandomi attorno dopo tutti questi anni ormai non vedo più chi sia stato mio scolaro: gli ultimi che ebbi sono alle superiori o all'università e non tornano certo alla festa di quartiere, i primi ormai sono diventati genitori, è più facile che qui si ritrovino i loro figli…
Appena detto questo mi sono sentita chiamare: ecco le ragazzine marocchine che ebbi nel corso di teatro in francese, che accompagnavano i fratellini più piccoli! Grandi abbracci e scambi di notizie: sono brave a scuola, diventeranno operatrici socio sanitarie.
Poco dopo noto un signore che mi fissa: quegli occhi li conosco… è un mio alunno del primo anno in cui insegnai a Firenze! Classe prima B, anno 1981/82! Calcolate un po' l'età…

Lo ebbi solo per quell'anno, ma lui si ricorda bene di me, mi racconta della sua vita, mi fa vedere la foto di suo figlio che ha 10 anni: un bellissimo bambino dagli occhi a mandorla, perché la moglie è cinese! E' nata in Italia, da una famiglia dei primi Cinesi che si stabilirono in zona. Così la lingua d'origine un po' l'ha perduta, ora mandano il bambino alla scuola pomeridiana di cinese che c'è nel quartiere, perché è importante coltivare le radici e per questi bambini è un valore importante per il loro futuro.
Che belle notizie… non si poteva concludere meglio il mio pomeriggio di festa scolastica!

 
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IL NOSTRO DICKENS

Post n°1578 pubblicato il 16 Dicembre 2018 da atapo
 
Tag: teatro

 

SPIRITI E FANTASMI


 


 

I ragazzi over 65” del mio quartiere, piccola compagnia teatrale di cui anch'io faccio parte, ieri sera ha proposto il suo spettacolo natalizio nel teatrino di un'associazione locale.

Stavolta era una lettura scenica, cioè drammatizzata: con pochi elementi e oggetti, pochi e semplici accessori d'abbigliamento che caratterizzavano i personaggi e le situazioni ecco narrata la celebre storia di Charles Dickens: “Canto di Natale”.

Ridotta, naturalmente, però basata sul testo originale, per non togliere la ricchezza e il fascino della scrittura dickensiana nelle parti scelte.

Fantasmi illuminati abilmente dalla luce di una torcia o avvolti in mantelli neri facevano davvero impressione, l'attore che impersonava l'avido signor Scrooge aveva un vocione aspro e cattivo molto convincente.

Io avevo il compito importante di essere il primo lettore, l'inizio della storia deve essere presentato in modo accattivante per stimolare l'interesse del pubblico. Ero anche nella piccola parte di uno dei signori che chiedono la beneficenza, poi facevo il secondo spirito, quello del Natale presente: dovevo mettermi in testa una ghirlanda natalizia e… tenerla bene in bilico, cosa non semplice perché sulla mia testa di dimensioni ragguardevoli questa ghirlanda riusciva solo ad appoggiarsi… Ma è andata bene, non è caduta!

Infine facevo parte di alcune coppie che dovevano ballare il valzer e, al momento giusto, dovevo scoppiare in una sonora risata di allegria per la gioia della festa. E qui mi sono proprio divertita, sia a ballare sia a ridere… ci ho messo il massimo impegno e il risultato ha soddisfatto me e pare anche il pubblico, perché dopo qualcuno mi ha detto che la risata era piaciuta molto!

Il teatro, non molto grande, era affollato, c'erano i nostri amici e parenti e gente del quartiere, tra cui abbiamo rivisto conoscenti che non incontravamo da anni.

Insomma, una serata piacevole, conclusa con gli auguri tra spumante, panettoni e pandori.

Pare che il “Canto di Natale” quest'anno vada di moda, si sta recitando in vari teatri cittadini importanti, sia in versione per gli adulti, sia per bambini: a questo punto mi piacerebbe proprio vederne qualcun altro, così potrò dire senza ombra di dubbio:

- Noi siamo stati i migliori!-


 

 
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IL RACCONTO

Post n°1577 pubblicato il 12 Dicembre 2018 da atapo
 

PENNAC e IL PROGETTO EUROPEO

 


 

Come detto nel post precedente, ecco il raccontino entrato nell'antologia.

E' lo sviluppo e il miglioramento di un testo molto più breve che avevo scritto anni fa e che aveva già vinto un premio ad un altro concorso... a quanto pare non è da buttar via!

 

PROGETTO  EUROPEO

Mi sono lasciata coinvolgere dall'entusiasmo del dirigente scolastico e così eccomi coinvolta in questo progetto europeo.
E' inutile, non riesco a dire di no, le esperienze innovative mi attirano sempre… e attirano anche gli studenti: io mi ci calo dentro fino in fondo e li coinvolgo, lavorano di più, imparano e non se ne accorgono nemmeno. Quando poi, come in questa occasione, nel progetto è compresa la corrispondenza con coetanei di altri paesi e lo scopo finale saranno i viaggi di scambio, loro in Italia e noi nel loro paese, allora è proprio il massimo. I ragazzi si impegnano come se dovessero preparare un esame di maturità e in realtà quel viaggio che faranno sarà il loro vero esame di maturità, perché dovranno mettersi in gioco in una settimana lontani dalla famiglia.
Tutto questo non è un lavoro da poco anche per noi insegnanti: lasciando da parte le noie e le complicazioni della burocrazia, delle relazioni e dei documenti da preparare, il resto è una scoperta e una prova interessante anche per gli adulti. Noi professori conosciamo persone nuove, cioè i nostri colleghi stranieri e ad ogni età l'esotico interessa, colpisce, a volte affascina.

Stavolta il progetto ci ha messo in contatto con una scuola nientemeno che di Parigi, la città più desiderata, carica di storie e di sogni, potente stimolo all'immaginazione! E sarà là il nostro viaggio!
Abbiamo un tema comune: la cucina tipica delle nostre due città, dovremo scambiarci ricette, origini e storia di qualche manicaretto, magari prevedere anche qualche assaggio quando ci incontreremo di persona.
Per quelle fortune che capitano raramente, non so per quali vie i colleghi parigini conoscono bene il famoso scrittore Daniel Pennac, lui spesso viene in Italia, è di origini italiane e gli capita di essere invitato nel nostro paese ora in un convegno, ora in una fiera o iniziative simili.
Proprio in questo periodo è qui, così ha fatto una puntata nella mia scuola, a Firenze, giusto un paio di giorni, per darci una mano nell'organizzare il nostro progetto di scambio, perché è stato insegnante anche lui e chi entra in questo lavoro ci resta col cuore tutta la vita, anche quando scende dalla cattedra.
Che onore e che emozione! Lui è simpatico, affabile, alla mano, si lavora bene insieme e il primo giorno trascorre veloce tra i piatti della cucina toscana, solo virtuali però, perché ci sono da puntualizzare le programmazioni, le attività, le ricerche…allora si discute e si riempiono scartoffie.
Tra la bistecca alla fiorentina, il peposo e il gelato alla crema Buontalenti le nostre tradizioni culinarie vengono messe in gioco, ma il giorno successivo è urgente l'esigenza di passare dalle parole ai fatti e… vuoi far mancare all'ospite così illustre un giro turistico per una delle città più belle e famose del mondo, Firenze che non ha nulla da invidiare a Parigi?

Hanno incaricato me di fargli da cicerone, così stamattina di buon'ora siamo partiti, in autobus perché il parcheggio in centro città è una follia, la giornata è bella e piena di sole, dal fiume arriva un vento gradevole, le vecchie pietre dei monumenti famosi sembrano tirate a lucido, in questa stagione di fine autunno è anche finita la ressa fastidiosa dei turisti… tutto concorre a rendere Firenze ancora più bella, come se la città avesse capito e volesse a tutti i costi vincere il confronto con la Parigi del nostro ospite, non solo in campo gastronomico.
Daniel (ormai lo chiamo così: il famoso scrittore non mi mette più soggezione, è diventato per me un collega interessante e interessato, socievole e arguto ed è un piacere stare con lui) ascolta le mie spiegazioni da guida turistica, scatta foto, si sofferma a contemplare gli angoli più caratteristici e gli edifici più importanti come se volesse immagazzinarli dentro la mente… chissà, forse riemergeranno in un prossimo romanzo? Penso al signor Malaussene e alla sua famosa saga: perché non potrebbe capitare a Firenze, in una prossima avventura?

Le campane del duomo hanno suonato da un pezzo il mezzogiorno, abbiamo camminato tanto tra palazzi, ponti e musei, ora siamo davvero affamati.
Le pizzerie e le paninoteche mordi-e-fuggi abbondano e in certe vie hanno sciupato l'atmosfera della città, non è questo che voglio offrire a Daniel, ma qualcosa di vivo e di autentico, degno di essere poi ricordato e magari ricercato in un suo prossimo viaggio.

Allora lo guido in una vecchia stradina del centro storico, stretta e tortuosa tra gli antichi palazzi così alti che il sole riesce a stento a farsi vedere per poche ore lassù fra i tetti e le torri.
Un po' appartata c'è una trattoria, poco turistica, dove conto di fargli apprezzare l'anima gastronomica della città. 
-Che dici Daniel, potrebbe capitare qui anche monsieur Malaussene?-
Così gli dico spingendo la porta a vetri per entrare: ci arriva alle orecchie il mormorio e il rumore di stoviglie degli altri avventori, ci arriva alle narici un profumo gradevole diffuso nell'aria, il condensato delle migliori portate offerte dalla casa.
Il cameriere ci fa accomodare velocemente ad un piccolo tavolo d'angolo, da cui possiamo godere la vista di tutta la sala e intravedere, oltre una porta da saloon, i cuochi che si danno da fare in cucina e i tegami fumanti.
Letto il menù, dopo l'ordinazione non c'è da aspettare molto.
Affrontiamo i crostini misti, per cominciare: quello spruzzato d'olio col pomodoro a pezzetti e una spruzzata di basilico, quello ai funghi, visto che siamo in stagione, quello  con l'impasto di fegato e milza che è il più saporito e tipico fiorentino, da gustare per ultimo, dato il suo sapore deciso e caratteristico..
Poi arriva, nella ciotola di coccio, una calda e sontuosa ribollita dai tanti colori di verdure, che profuma ancora di più con l'aggiunta di un filino d'olio nuovo. Non manca tra gli ingredienti il cavolo nero, che ha già preso la prima gelata ed esprime al massimo il suo sapore arricchendo tutta la zuppa.
Il collega sembra soddisfatto, i suoi occhi ridenti diventano due fessure mentre gusta tutto questo. Ora la conversazione fra noi è sospesa, è rinviata alla fine di ogni portata nell'intervallo di attesa della successiva.
Nei tavoli attorno gli altri avventori sono quasi tutti operai e impiegati fiorentini, probabilmente abitudinari qui per il loro pranzo di mezzogiorno: la trattoria è molto defilata dai classici percorsi turistici e forse è meglio così, riesce a mantenere l'atmosfera e il gusto di un mondo tranquillo in cui si può godere della buona cucina. Alcuni mentre mangiano si accalorano nella conversazione, intrecciano storie e confidenze a battute spiritose, magari in vernacolo. Daniel li guarda, non capisce bene questa lingua che pare italiano, ma non lo è del tutto, sembra incuriosito. A tratti sorride con fare un po' sornione...
E voilà, arriva il secondo: le fettine di lesso con la salsa verde. E' un piatto semplice della cucina casalinga, ma molto gustoso. Abbiamo evitato la bistecca alla fiorentina: se l'avessimo scelta le porzioni enormi ci avrebbero riempito impedendoci di assaggiare altro.
Un bicchiere di Carmignano DOC abbiamo scelto per accompagnare il tutto, Daniel lo sorseggia lentamente, è silenzioso, pare stia meditando…Io taccio e penso che forse gli sta venendo un'ispirazione per una nuova storia.
Ma è al dessert, mentre intinge i Cantuccini di Prato nel vin santo, che monsieur Pennac comincia a raccontarmi: “Quando Malaussene arrivò a Firenze....”

 
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DOVE ERO

Post n°1576 pubblicato il 09 Dicembre 2018 da atapo
 

A  ROMA

Una giornata a Roma, di corsa. Io avrei voluto approfittare dell'occasione e starci almeno due giorni, meglio tre approfittando del fine settimana così festivo. E' da tanto che non vado a Roma e là ci sono ancora luoghi belli che non ho mai visto... e musei... e mostre...
L'ho proposto al marito, ma lui ha fatto orecchie da mercante: sarebbe venuto molto volentieri con me, era contento dell'occasione, ma ... vediamo di sbrigarcela in un giorno...
E' già tanto che abbia accondisceso al viaggio in treno (solo un'ora e mezzo con le Frecce), perchè gli ho detto che non avrei assolutamente accettato il viaggio in auto, il traffico, il rischio code, il rischio nebbia, l'incognita parcheggi.
Ma cosa c'era a Roma di così importante?
Dunque, avevo partecipato ad un concorso letterario dal titolo "Racconti a Tavola". Sono stata selezionata per la pubblicazione in un'antologia dallo stesso titolo. A Roma, come in due altre città per me meno comode, hanno organizzato tre serate per la premiazione di noi autori vincenti.
E' la prima volta che vinco una gara simile, figuriamoci se volevo mancare!
E allora via, con una Freccia e un libro da leggere in viaggio! La premiazione si svolgeva nel pomeriggio in una libreria di un quartiere di prima periferia, a noi sconosciuto; c'era tutto il tempo di un viaggio ad orario comodo, un pranzetto tipico romano e una passeggiata fino al luogo dell'appuntamento.
E così è stato, con l'aggiunta di uno splendido sole, un venticello gradevole e la temperatura mite.
La trattoria che avevo trovato su internet è molto semplice, ma all'altezza della descrizione on line e abbiamo mangiato piatti locali molto gustosi spendendo veramente poco. Poi abbiamo percorso alcune strade per arrivare all'appuntamento. Il quartiere ha per la maggior parte palazzine con diversi piani e case popolari costruite all'inizio del novecento, fino agli anni trenta, alcune portano la data di costruzione scolpita sul portone. La maggior parte sono ben tenute e restaurate: mi sembrava di fare un viaggio nel tempo, un tempo che storicamente parlando fu parecchio triste, mi tornava in mente il film "Una giornata particolare" con Sofia Loren e Marcello Mastroianni...
Comunque tutto l'insieme era gradevole dal punto di vista architettonico.

 

 

Se però abbassavo gli occhi... L'IMMONDIZIA o LA MONNEZZA per dirla in lingua locale!

Cassonetti straripanti, montagne di sudicio accanto, angoli di strade o giardinetti pubblici con accumuli di sacchetti semiaperti o rotti, per terra di tutto, intero o a pezzetti: era meglio guardare bene dove si mettevano i piedi. Insomma, una vera schifezza. Sono noti i problemi della gestione della città eterna ed io li toccavo con mano... anzi, meglio che non li toccassi affatto! Forse l'essere una zona periferica rendeva tutto ancora più trascurato, peccato perchè sarebbe stata proprio graziosa.
Infine è arrivata l'ora della premiazione: per ogni autore l'organizzatore aveva preparato un breve riassuno di circa 20 righe per presentare il racconto ed è stata un'idea originale, perchè gli "indizi" lanciati erano sempre un po' misteriosi e invogliavano alla lettura dei testi completi vincitori, pubblicati nell'antologia.
Quando è arrivato il mio turno, dopo questa presentazione, la consegna del diploma, la foto di rito, ho avuto un piccolo momento extra: l'organizzatore ha detto a tutti che gli era rimasta una gran voglia di sapere a quale trattoria fiorentina mi fossi ispirata nel mio racconto, così magari poteva andarci se fosse passato da Firenze... Ho risposto che la trattoria raccontata era un po' un riassunto di varie trattorie, ma soprattutto avevo in mente "Da Marione" in via della Spada, ho fatto volentieri un po' di pubblicità... dove ho sempre mangiato bene!

C'era anche fra i premiati un istituto alberghiero di Catania, diversi ragazzi avevano scritto racconti sulla mitologia legata alle ricette tipiche e una rappresentanza di loro erano presenti, con una professoressa e la dirigente. Ecco, questo mi ha dato molta soddisfazione, come ex insegnante.
Alla conclusione della cerimonia, l'organizzatore ha anticipato che in maggio vorrebbe fare una lettura pubblica di parti dei nostri racconti... sapete dove? A Bologna, sulla terrazza di un'antica porta! E io cercherò assolutamente di non mancare...

Siete per caso curiosi di leggere il mio raccontino premiato?

Lo metterò nel prossimo post...

 
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NOSTALGIA

Post n°1575 pubblicato il 03 Dicembre 2018 da atapo
 
Tag: memoria

CARO  AMICO  TI  SCRIVO

 


 

Bologna quest'anno tra gli addobbi natalizi per le strade ha messo, luminose, le parole di una famosa canzone di Lucio Dalla lungo la strada del centro città in cui l'artista abitava. Sui giornali e sui social non si contano le foto dell'accensione di queste luci, con una folla numerosissima, i Bolognesi sono molto affezionati a Lucio.
Anch'io sono rimasta colpita, direi quasi commossa, per questa iniziativa.
E quella strada, via d'Azeglio, mi ha fatto ricordare quando ero piccola…
Io e papà spesso la domenica pomeriggio facevamo una passeggiata in centro a guardare le vetrine. Eravamo poveri, non ci saremmo mai sognati di entrare a fare acquisti in certi negozi di certe strade, però ci piaceva passeggiare e fermarci davanti a quelle più belle, per osservare, commentare, sognare anche un poco, che non costa nulla.
Via d'Azeglio era una delle mie preferite, perché circa a metà c'era (non so se c'è ancora) un enorme negozio di giocattoli con diverse vetrine, da far sognare ogni bambino. Io mi fermavo tanto tempo lì davanti, con le mani e il naso appiccicati al vetro, a osservare minuziosamente tutto, ma soprattutto le bellissime bambole, da quelle classiche a quelle all'ultima moda: durante la mia infanzia comparvero le bambole di plastica morbida, quelle coi capelli pettinabili, le prime Barbie, i bambolotti neonati che facevano prodigiosamente un sacco di cose; piangevano, parlavano, facevano pipì.
Poi c'erano tutti i corredi necessari per accudire simili meraviglie ed io volevo controllare tutto, ma proprio tutto, anche se ero quasi certa che a casa mia non sarebbero entrati però… speravo tanto che la Befana (arrivava lei a quei tempi nella mia famiglia) una volta tanto sarebbe stata generosa come lo era con un'amichetta vicina di casa, di famiglia molto benestante, che chissà come riusciva spesso ad avere ciò che io potevo solo ammirare nelle vetrine.
Papà era molto paziente e non ricordo mi abbia mai detto: -Andiamo, su, è tardi.- Conversava con me, ascoltava  le mie fantasie e i miei desideri, mi diceva le sue preferenze… in fondo era rimasto un po' bambino anche lui.
Questo non accadeva solo a Natale, ma durante tutto l'anno. Però verso Natale l'atmosfera era più dolce e magica. E tornavo da quelle passeggiate contenta, come se quei giocattoli li avessi comperati per davvero: in un certo senso, ci avevo giocato anch'io, anche se solo con la fantasia…
Così rivedendo in foto quella strada e ripensando ai miei ricordi mi sono un po' commossa.

Mi capita spesso ultimamente se per qualche motivo trovo riferimenti alla mia città di nascita, vorrei ritrovarla rivedendola un po' di più e un po' più spesso. Forse la “colpa” è anche un poco di quel mio antico compagno di scuola con cui ho ripreso i contatti, che abita ancora a Bologna: ci scriviamo ogni tanto, mi dà notizie del passato e del presente, mi rievoca fatti, persone e luoghi e a me fa molto piacere.
Ultimamente mi ha mandato questo video ed è stato un dono che ho molto gradito...


 
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