Creato da SandaliAlSole il 29/07/2005

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III EEE... se fosse, semplicemente, scuola?

Post n°1655 pubblicato il 02 Settembre 2007 da SandaliAlSole
 

Sulla Terza Pagina del Corriere di oggi, Paolo Di Stefano riporta l'analisi proposta dalla rivista Giudizio Universale sulla nuova scuola. La scuola dalle tre i alle tre e, titola il numero 26 della pubblicazione, con una analisi in due parti. Nella prima, definita da Di Stefano destruens, si esaminano i risultati della scuola delle tre I, Internet, Impresa e Inglese, evidenziandone i limiti. Nella seconda, la pars construens, si lancia un nuovo modello, quello delle tre E, basato su Etica, Educazione, Emozione. Dove l'Etica è o dovrebbe essere l'aiuto ai più deboli, l'Educazione riprende i precetti di Don Milani e della Scuola di Barbiana, e l'Emozione è l'ascolto dei sentimenti,anche attraverso pratiche come il circle time.
Utopia contro pragmatismo, sintetizza Di Stefano e io la trovo una sintesi efficace. Mi piace, sì mi piace una scuola che torna a parlare di valori. Nel contempo, tuttavia, mi rendo conto quanto questo parlare finisca per amplificare la cesura tra la teoria e la pratica. Tra il sarebbe bello che e il si fa quel che si può. E così, mentre altrove si discute sulle vocali, a Milano si parla di nomine in ritardo per 1.200 cattedre, di valzer dei presidi e di edilizia scolastica allo sfascio. Compro una vocale?

Al momento tutta l'inchiesta su Giudizio Universale non è ancora disponibile online. Qui, però, c'è l'articolo di Paolo Di Stefano.

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Commenti al Post:
elioliquido
elioliquido il 02/09/07 alle 22:04 via WEB
Internet Inglese Impresa sono materie di scuola. Dietro di esse si vuole/voleva smerciare una cultura berlusconista e "di destra". Etica Educazione Emozione non sono materie di scuola, e le possono "insegnare" (non si insegnano indottrinando, ma mostrando-si) anche insegnanti di Internet Inglese Impresa. Ma poi gli insegnanti di internet etici ed emozionali non servirebbero a niente, se la scuola fosse il solo ambiente in cui considerare valori queste tre E. Se le tre I non hanno funzionato sotto il principato di b, è anche perché si trattava della solita boutade elettorale. Sarebbe stato forse sufficiente poterle finanziare adeguatamente, ma quello del principino era un principato di serie B, sempre con la spia della riserva accesa, sempre con le tasche senza il becco di un quattrino. Ma del resto guardare al fallimento delle tre I porta fuori strada in merito alle tre E. Non è poi neanche che mi piaccia molto questo slogan delle tre E: sembra scimmiottare l'altro cui si contrappone. Porta fuori strada perché, se anche ci fossero stati i soldi (anche se il paese fosse stato refrattario, coi soldi si sarebbero ottenuti maggiori risultati apparenti, che sono quelli che risultano poi nelle statistiche, come risulta che una squadra vince il campionato del mondo anche se avvantaggiata da arbitri corrotti, senza gloria e non corrispondentemente ai valori messi in campi), il problema di etica, educazione, emozione, si porrebbe lo stesso. E si pone fuori dalla scuola. La frase finale dell'articolo, abbiamo smesso di credere all'idea che l'adulto possa e debba educare il giovane, non mostra che la deficienza sta nella scuola, ma si trova a monte. Non sto accusando. Però penso che se manca qualcosa alla società nel suo insieme, se essa si è persa nei corridoi dei centri commerciali, il modo in cui possa essere riportata in carreggiata da una sua stessa emanazione (qual è la scuola) è una faccenda delicata. Ci sono dei genitori che mandavano i figli a messa la domenica, ma loro non ci andavano.
 
elioliquido
elioliquido il 02/09/07 alle 22:09 via WEB
Faccio un'aggiunta o.t. stimolato dalla lettura di Di Stefano: Con quale metro si afferma che gli insegnanti hanno paga da miserabili? E i dipendenti ospedalieri, allora? E i dipendenti dei supermercati? E quelli delle piccole imprese private? Forse si ha una sorta di moto di pietà, carità, o quel che è, nei confronti dei lavavetri ai semafori. Ma poi nessuno ci penserebbe a rinunciare a parte di quello che ha lui per loro. Voglio dire non elargendo, dove l'iniziativa, il potere di farlo, sta a lui, ma alla fonte. Perché poi chi scrive che gli insegnanti prendono poco, forse prende di più, anche molto di più di un insegnante, ma i colloqui con i suoi superiori, i colloqui che trattano "di soldi", puntano solitamente (o sempre) ad ottenere di più per sé. E se io voglio di più, qualcun altro avrà di meno. Questo è un discorso parziale, dove guardo solo ad un aspetto e non tocco il resto. Cioè non sto insinuando che lo statu quo è la condizione giusta. Però voglio dire che si puntano molti diti in molte direzioni, ma poi quando si tratta di farsi gli affari propri, l'emisfero sinistro non sa cosa pensa l'emisfero destro. Allora sarebbe il caso di ri-conoscersi, e puntare qualche dito di meno, in attesa di riverificare se le proprie posizioni corrispondono a quello che si pensa e si è. Nei documentari naturalistici si vede che le bestie, che hanno una coscienza limitata (quando ne hanno), non sono né gratuitamente cattive, né idealiste fino al punto di non poter sostenere 24 su 24 un proprio pensiero (che non hanno).
 
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