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Per scrivere questo post mi ci vorrebbe l'aiuto di elio e spero che passi di qui e magari dica la sua, anche in friulano, purchè con traduzione a fronte. Ora, ai miei profani occhi la proposta di Roberto Antonaz, assessore regionale alla cultura del Friuli Venezia Giulia, non ha nulla di scandaloso. L'idea di introdurre l'insegnamento (facoltativo) della lingua friulana nelle scuole della regione mi sembra per lo meno interessante. Un po' perchè condivido l'assunto di fondo: una lingua non può sopravvivere se non è parlata e scritta. Una lingua, per l'appunto, quale il friulano è non solo per glottologi e studiosi, ma anche per la nostra legislazione. Un po' perchè mi sembrerebbe il giusto complemento all'impegno che la comunità friulana profonde nella promozione e nella tutela del suo idioma. |
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Te la sei cercata :-)
Sono fondamentalmente contrario a questa proposta, così come a quelle ad essa contrapposte. Ne avevo già scritto nel commentario ad un post che avevo scritto un paio di settimane fa. Il friulano non può essere parlato e scritto. O meglio ognuno può scriverlo, ma scrive quello che lui parla. Ci sono anche siti internet scritti in friulano, ma non sottostanno ad uno standard, come invece necessariamente sarebbe per una scuola dove tutto questo fosse codificato. Abbiamo differenze di friulano parlato tra colleghi, nel mio posto di lavoro. Le avevamo anche tra compagni di classe, a scuola.
Inoltre l'uso del friulano come lingua veicolare pone delle difficoltà che sarebbero superate nel modo in cui lo vengono nel parlato comune. Come in italiano, di fronte ad un significato mai esistito prima, si usa una parola inglese o una sua storpiatura (per esempio, materizzatore), ed il conio di una parola specificatamente italiana da usare al suo posto sarebbe una forzatura staccata dalla dinamica di una lingua, allo stesso modo nel parlato friulano abbondano le parole italiane friulanizzate. Dove a cambiare sarà più che altro la desinenza, per adeguarla a quelle nostre tipiche. Così per insegnare le materie scolastiche sarebbe ben poco il friulano "verace" utilizzabile. Questa lingua (o dialetto: non mi frega quale sia la definizione appropriata) ha una radice che già da molto tempo ha cominciato ad essere contaminata dalla lingua dell'occupante di turno. Così ha perso la matrice che conia i nuovi termini, e si è agganciata ad altre. Non esiste una tradizione scientifico-culturale friulana di alto livello. Per cui per insegnare matematica (per esempio) è impossibile non ricorrere ad una quantità abbondante di terminologia non originale.
Ci sono diverse posizioni in merito. C'è chi ha il "terrore" di perdere l'identità, ed è favorevole all'insegnamento a prescindere. Cioè senza valutare le controindicazioni. Ci sono quelli che considerano questa cosa uno spreco di risorse privo di risultato. Ci sono i politici che usano questi argomenti senza crederci, per accalappiare voti. Illy e la sua giunta, checché ne dicano i loro sondaggi, mi sembrano in calo di consensi in Friuli (non nella cosiddetta Venezia Giulia). E già non erano mai andati forte. Forse ci sono anche politici che ci credono ma, per dirla in due parole, inseguendo una chimera. Una di quelle idee vaporose che sanno di come sarebbe bello se, o con cui trastullarsi l'intelletto. Penso che Illy non sappia niente di friulano. Non della lingua, ma della gente. Antonaz ci deve andare poco lontano. Certe cose mi sanno un po' come quando l'Italia prima cancella dalla faccia della terra il Südtirol, trasformandolo in Alto Adige, e poi "concede" l'uso del tedesco alla "minoranza linguistica". Cioè lo cala dall'alto, stabilendo come deve funzionare quella minoranza, ma senza curarsi di conoscerla. Lo scopo della difesa di una minoranza è la salvaguardia dei suoi valori peculiari. I valori trovano nella lingua il veicolo trasmissivo. La lingua da sola, portata da chi quei valori non li possieda, non veicola niente. Noi oggi non possiamo ragionare da antichi romani solo imparando il latino. Se lo stato accettasse di fare del Friuli una regione amministrativa a sé stante, non incorporata e governata dalla Venezia Giulia (che è un'invenzione a tavolino), quella sarebbe la volta in cui la difesa della minoranza comincerebbe ad essere credibile. Probabilmente a scuola si scriverebbe in italiano e si parlerebbe in friulano. Come fanno tutti quelli che vivono qui, tra di loro, negli ambienti in cui non sia d'obbligo l'uso parlato di una lingua ufficiale. Per questo è anche ridicolo (secondo me) che si possano scrivere gli atti in friulano. Ché chi non sa leggere l'italiano è sicuramente analfabeta, e non sa leggere neppure il friulano. E se se lo fa leggere, trattandosi di atti, sarà scritto in un linguaggio che non esiste in alcuna realtà. La mia posizione sull'insegnamento è quella che descrivo qui. Ma non è chiusa, perché la questione ha una sorta di complessità, e riguarda la visione di dinamiche del futuro che non è detto che si possano cogliere correttamente. Ovviamente escludo dalla mia potenziale revisione le posizioni dei politici interessati pro domo loro.
Detto tutto questo, penso che i friulani abbiano da tempo perso la capacità all'autodeterminazione in campo politico-territoriale. A causa della morfologia del territorio, molto probabilmente, di qui sono passati tutti i vari "barbari". Ma "siamo" (io non c'ero) stati anche sotto veneti, austriaci, francesi, italiani. Anche in questo sta la nostra identità. Quando ci furono movimenti autonomisti, ci furono parallelamente anche indigeni "vassalli" degli occupanti. L'esterofilia esiste da sempre, qui, anche se nell'ultimo decennio, o forse negli ultimi due, mi pare di aver visto un recupero sincero dell'identità. E nel complesso, questa "maturata" abitudine ad essere gestiti da altri, ha forse indotto la cultura stessa di qui a non saper farsi carico di una propria autonomia. Quando questa venisse concessa (!), coloro che la ottenessero tenderebbero a litigare su questioni veniali, come fossero di principi basilari. Mettiamo che la regione (come ente amministrativo) dicesse al Friuli: vedete un po' voi, mettetevi d'accordo, sentitevi tra voi, e poi presentatevi qui con un comitato da voi eletto, e che ci presenti una proposta di legge sull'uso del friulano in Friuli, senza limitazioni da parte nostra, solo come piace a voi purché con una regola di gestione univoca. Avete dodici mesi di tempo. Penso che quelli che si ergerebbero a conducatori di questa iniziativa si scontrebbero tra di loro su questioni di valore minimo, in rapporto al vantaggio di sdoganare il parlato in tutti gli ambiti, cioè di restituirgli la sua collocazione. Ed arriverebbero a far scadere il termine senza una proposta, o con una proposta "stupida". Quando si è trattato di trovare un nome alternativo al Tocai (vino bianco), non si è stati capaci di tirar fuori un nome migliore di Friulano (!), e con la necessità del supporto di amministrazioni regionale e nazionale (sorvoliamo però sul perché è stato necessario cambiargli il nome). Trovare un nome decente a quel vino era una necessità, tutto sommato, principalissimamente dei viticoltori che lo producono, e dell'indotto. Quindi secondo me stava prima di tutto a loro trovare un nome. Cioè la convenienza era prima di tutto loro. Ma non ne sono stati capaci. Uno propone una cosa: all'altro non piace. Alla fine sembrano contenti quando qualcuno, esterno, gli trova un nome che non soddisfa nessuno di loro.
Da qui viene che la gestione della lingua a scuola, ed in tutti gli ambiti pubblici, "debba" essere decisa e gestita da fuori. Da un lato perché c'è chi si accapparra il potere su questa regione (il Friuli), ovvero lo stato italiano e la sua emissaria regione Friuli Venezia Giulia (che non è il Friuli tout court, ma è solo il nome convenzionale di un ente amministrativo, e non ha una sua storia alle spalle), sfruttando l'incapacità friulana di autogestirsi. Dall'altro, in un cerchio vizioso, perché appunto il Friuli è incapace di autogestirsi. Infatti se così non fosse, non sarebbe stato tanto difficile avere solo friulani ai posti che contano in regione. Invece quando i friulani ci sono, sono quelli che definisco, nei miei discorsi da osteria, filoveneti.
Battute a parte, sarà che io abito in una zona - mi si passi il termine - imbastardita dal punto di vista dialettale, tanto che il tenere in vita alcune espressioni (a me care perchè fanno parte della lingua di famiglia) diventa sempre più complesso, sarà che trovo sempre fonte di arricchimento anche la cultura delle lingue locali, però io tendo a favorire ogni iniziativa a loro supporto.
Tu argomenti e bene e io prendo atto delle tue osservazioni, anche da queste parti il dialetto (la lingua, fai come vuoi) cambia sensibilmente nell'arco di pochi chilometri, tanto da rendersi sgradevole (così dicono i vecchi) alle orecchie di quello dell'altra zona.
Poi ci sono tutte le ragioni storiche e politiche alle quali tu fai cenno e quelle sono innegabili.
Concedimi un'attenuante: dopo un soggiorno nei Paesi Baschi, dove l'entità e l'identità sono valori da salvaguardare, mi è rimasto un vizio di forma :)
Grazie, comunque, davvero.