Così mangiò Zarathustra

Woody Allen biografia | MYmovies.it

Me lo possono raccontare malignamente in tutti i modi, incesti compresi. Ma io non cambierò idea: per me Woody Allen resta un genio, e poco importa se dagli ultimi film è scomparsa la scintilla dei capolavori che lo resero famoso worldwide. Perché la sua mente, a 88 anni suonati, è ancora in grado di affascinare il lettore che da un libro esige sì qualità ma anche divertimento. Prova ne sia lo stralcio a seguire tratto dal racconto Così mangiò Zarathustra, inserito nella raccolta Pura anarchia:

“Niente di più della scoperta di un inedito di un grande pensatore riesce a mandare in fibrillazione la comunità degli intellettuali e a far schizzare a destra e a sinistra i professoroni, rendendoli pressoché identici a quei corpuscoli che si osservano in una goccia d’acqua sotto la lente di un microscopio. Durante un recente soggiorno a Heidelberg, dove ero andato a procurarmi alcune rarissime cicatrici da duello del XIX secolo, mi sono imbattuto proprio in un tesoro del genere. Chi avrebbe mai pensato all’esistenza del Libro delle diete di Friedrich Nietzsche? Nonostante la sua autenticità possa apparire ai soliti tromboni leggermente dubbia, la maggior parte di coloro che hanno studiato l’opera sostiene che nessun altro pensatore occidentale è mai arrivato tanto vicino a conciliare Platone e Nathan Pritikin.

[…]

Come sappiamo, per secoli il soglio pontificio ha considerato il panino al tacchino piccante come il massimo della licenziosità; molti sandwich furono banditi e divennero commestibili solo dopo la Riforma. Risalgono ad alcuni dipinti religiosi del XIV secolo le prime scene di dannazione in cui gli obesi vagano per l’Inferno, condannati allo yogurt e alle insalate. Gli spagnoli erano particolarmente crudeli: durante l’Inquisizione, un uomo poteva finire al rogo per aver farcito un avocado con la polpa di granchio. Nessun filosofo si avvicinò alla soluzione del problema del peso e del senso di colpa finché Cartesio non separò il corpo dalla mente: a questo punto, il corpo poteva rimpinzarsi, mentre la mente pensava: e chi se ne frega, tanto non sono io. Ma la grande domanda della filosofia rimane: se la vita è priva di significato, come la mettiamo con la pastina a forma di lettere dell’alfabeto?”

Ipse dixit: “Che sollievo sapere, finalmente, che l’universo non è più un mistero. Cominciavo a pensare di essere io, il problema“. Dio ti benedica, umanissimo anarchico.

300.000 baci queer

300.000 mila baci: intervista a Luke Edward Hall e Seán Hewitt

Sono 40 i racconti di amori queer risalenti all’epoca greca e latina proposti dal poeta Séan Hewitt e dall’artista  Luke Edward Hall in 300.000 baci. Racconti d’amore queer dal mondo antico. A leggerli, ci si perde nella loro bellezza e universalità. Con un po’ di fortuna qualcuno prima o poi riuscirà a spiegare ai più riottosi che non c’è differenza tra amore queer e amore etero. Perché amore è trascendenza e genitalità trasversale.

«e Achille tra loro diede inizio al compianto,
mettendo le mani sterminatrici sul petto del suo compagno,
e gemendo sempre, come un leone dalla bella criniera
al quale un cacciatore ha rapito i cuccioli
nella selva fitta, e lui si angoscia d’esser giunto tardi»

Iliade XVIII, 316-319

“Se i tuoi occhi di miele, Giovenzio,
mi fosse lecito baciare,
migliaia di volte io li bacerei
e non potrei esserne mai sazio,
anche se più fitta di spighe mature
fosse la messe dei miei baci.”

Catullo, Carme 48

seán hewitt e luke edward hall

Séan Hewitt e Luke Edward Hall

E Volo volò in un cielo punteggiato di nuvole

Tutto è qui per te'. Fabio Volo incontra i suoi lettori

In cima alle classifiche di vendita da qualche settimana, e destinato a restarci almeno fino agli albori del nuovo anno, Fabio Volo non delude mai i suoi lettori. In verità non deluderebbe neppure il lettore più esigente se solo questi, accantonando i pregiudizi legati a critiche un po’ feroci che si susseguono da anni all’indirizzo del tuttofare bresciano, avesse la bontà di leggere Tutto è qui per te. Lo scettico occhialuto, tutti i lettori sono occhialuti dopo i trenta, non vi troverebbe la narrazione preconfezionata di una generazione, ma il racconto di più amori resi come solo la buona letteratura sa fare. E per convincersene, basta dare un’occhiata all’Intro:

«Sei già a Parigi?»

«Sono arrivato ieri.»

«Piove?»

«Non ancora.» Ho guardato fuori dalla finestra, il cielo era punteggiato di nuvole. «Questa mattina mentre mi facevo la barba ho capito una cosa.»

Aspettava che continuassi.

«Ho capito che in questi anni mi sei mancata. Mi sei mancata come persona, nella vita. Sai quante cazzate in meno avrei fatto?»

Ha riso. «È per questo che mi hai chiamata?»

«Il motivo è un altro. Domani mattina troverai un’auto sotto casa con un biglietto aereo per raggiungermi. Non devi pensare a niente, ho già pensato a tutto io.»

«Tu sei pazzo.»

§

Un’unica obiezione da lettrice attenta: come fa il cielo a essere “punteggiato di nuvole”? Capisco che dirlo punteggiato di stelle sarebbe stato banale ma, pure immaginando un cielo a pecorelle, non sarebbe stato comunque un azzardo assimilare gli ovini acquei a dei punti? Ovviamente, questa è la considerazione di una persona che non è a proprio agio con la trascendenza visionaria e che per contro ama mettere i puntini sulle i.

BAUMGARTNER cinico quanto basta per innamorarsene

Paul Auster: American fiction's Mr Cool | Life

“Eccolo, l’inizio di tutto, si dice, il primo incidente della giornata, che ha scatenato tutti gli altri di questa giornta di continui incidenti, ma mentre guarda ancora il pentolino di alluminio carbonizzato all’altro capo della stanza, i suoi pensieri si allontanano piano piano dai capitomboli da mimo di stamane e tornano al passato, il lontano passato che balugina ai confini della memoria e, un pezzo minuscolo alla volta, gli torna tutto in mente, il mondo perduto di Allora, ed eccolo lì, nel suo corpo di quasi ventunenne, studente universitario povero in canna nell’Upper-Upper West Side di Manhattan che s’incammina nella luce di un pomeriggio di fine settembre alla ricerca di qualche oggetto per il primo appartamento in cui abbia mai vissuto da solo, diretto da Goodwill in Amsterdam Avenue a comprare tutte le stoviglie usate e di seconda scelta che riuscirà a far entrare nel pensile del suo microscopico angolo cottura, ed ecco il negozio squallido ma stracolmo con le pareti ingiallite e la luce debole dei neon dove aveva visto per la prima volta Anna, la ragazza dagli occhi lucenti, onniveggenti, che aveva sì e no diciotto anni e studiava anche lei da quelle parti. Non avevano scambiato nemmeno una parola, giusto un paio di sguardi per studiarsi, valutare i possibili pro e contro di quello che poteva essere o non poteva cominciare a succedere se fosse cominciato a succedere qualcosa, un piccolo sorriso lei, un piccolo sorriso lui, ma non c’era stato altro, e lei se ne era andata nel pomeriggio di settembre mentre il signor Timido era rimasto lì da bravo asino che era ed è tuttora, e aveva finito per comprare quella schifezza di pentolino d’alluminio, che gli era costato dieci centesimi e non lo aveva più lasciato per tutti quegli anni finché stamane non è andato definitivamente distrutto.

Erano passati otto mesi prima che la incontrasse di nuovo, ma ovviamente si ricordava di lei, e per motivi che ancora gli sfuggono, anche lei si ricordava di lui, e così era iniziata, era iniziata poco alla volta finché cinque anni dopo si erano sposati e lui aveva cominciato la sua vera vita, la sua sola e unica vita, che era durata fino a nove estati fa, quando lei era corsa incontro ai cavalloni di Cape Cod imbattendosi nell’onda mostruosa e feroce che le aveva spezzato la schiena e l’aveva uccisa, e da quel pomeriggio, da quel pomeriggio – no, si dice Baumgartner, non ci devi pensare, stronzo patetico che non sei altro, stringi i denti e stacca gli occhi da quel pentolino, coglione, o ti strozzo con le mie mani”.

Paul Auster, Baumgartner

Benché la prosa sia troppo liquida per incontrare il mio gusto, nondimeno Paul Auster affabula. E paradossalmente riesce nell’intento attraverso un personaggio che non fa nulla per essere simpatico. Anzi. Trenta pagine sono poche per dire che questo libro entrerà a far parte della rosa dei miei preferiti di sempre, ma il Baumgartner dall’ironia leggera e mai corrosiva è il vicino di casa che mi piacerebbe avere.

Micro letteratura messicana

Alberto Chimal, lo fantástico y “La Distante” (Ediciones El Naranjo) | MiauBlog

83 romanzi in 103 pagine, una manna dal cielo per il lettore svogliato e distratto. Ma non bisogna lasciarsi ingannare dalla compressione linguistica, ed è lo stesso autore di  83 romanzi, Alberto Chimal, a mettere sull’avviso: i mondi narrati sono minuscoli sulla pagina ma si dilatano nell’immaginazione.

Non comprerò questo libro perché amo i romanzi fiume e i saggi monstre. Ma in rete ho trovato qualcosa che dà conto dell’immediatezza narrativa di Chimal.

«Cadeva in trance nel tempio, parlava in altre lingue e ripeteva (senza che nessuno lo capisse): “Devo andare in bagno”».

«Creatore affaticato cede universi usati, con o senza abitanti».

«Più di quattro romanzieri convenzionali farebbero bene a buttare nella spazzatura, tutti assieme, nove dei loro undici romanzi di 748 pagine; ma non osano».

Questa, invece, dal titolo Indivisi, la incornicerei:

«A metà del quarto bicchiere i due diventarono uno».