Creato da atapo il 15/09/2007
Once I was a teacher
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MAHATMA GANDHI
"Vorrei che tutte le culture del mondo
potessero circolare liberamente intorno alla mia casa.
"Ma rifiuto che una sola di queste possa travolgere la mia esistenza."
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Messaggi di Giugno 2020
"LETTERA A UNA PROFESSORESSA"
Il mese sta finendo e quasi dimenticavo le due parole sul libro che ho messo qui a fianco per il mese di giugno. E dire che ultimamente la scuola è stata molto presente nei miei pensieri, seguo con interesse, apprensione e sconforto il susseguirsi di ipotesi e trovate per la riapertura di settembre... Soltanto da oggi si comincia a sentir parlare di fondi per poter formare classi meno numerose, trovare spazi adeguati, assumere insegnanti invece di abolire posti... e i tempi di attuazione sono ristretti!
Cosa direbbe Don Milani se fosse ancora vivo? Oh, avrebbe molto da ridire. Come sono ancora attuali le sue parole, anzi quelle dei ragazzi della scuola di Barbiana!
Lessi "Lettera a una professoressa" nel 1970, poco dopo la sua uscita: fu una folgorazione, mi aprì gli occhi, diventò il "vangelo" del mio voler essere insegnante. Ero appena diplomata dall'Istituto Magistrale, dove non si era neppure accennato ai movimenti che stavano svecchiando e cambiando la scuola, i "programmi" si erano fermati a Dewey e poco più oltre, diciamo il dopoguerra. Io ero autodidatta, proseguivo da sola a leggere, a studiare e scoprivo meraviglie, mi si chiarivano tante cose, avrei voluto insegnare in questo modo... Invece le scuole dove capitavo a fare le prime supplenze erano così lontane, all'antica, praticamente uguali alla scuola elementare che avevo frequentato io dieci anni prima. E io non vedevo l'ora di avere una mia classe, dove avrei fatto la rivoluzione...
Non fu solo questo il mio "vangelo", insieme ci fu un altro libro, quello che metterò il mese prossimo.
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SOLSTIZIO
Ho guardato a lungo il tramonto stasera, o stanotte ormai perché è il giorno più lungo dell’anno e il cielo a ovest scivola lentissimamente sulle strisce dei colori: azzurro brillante in alto, azzurro sempre più chiaro verso l’orizzonte e sfuma sul giallo, l’arancione, il rosso che si incupiscono sempre di più, fino al buio che non è totale, ma resta penombra ancora a lungo.
Questo è l’inizio della notte di mezza estate, quando fa bel tempo.
A me piace guardarlo, tutti gli anni, come se scivolassi fisicamente dentro l’estate, insieme al sole che scivola sotto l’orizzonte. E’ un’atmosfera di attesa, romantica e un po’ ansiosa, quest’anno in particolare: è più difficile fare progetti, mi vengono in mente soltanto sogni irrealizzabili e desideri che restano negli angoli della mente e del cuore, insieme a ricordi ormai troppo passati.
La musica li culla, la musica si accompagna bene ai momenti di passaggio, di ritualità rassicurante, è giusto che proprio oggi sia la Festa della Musica. Io ho voluto ascoltare in diretta un bel concerto organizzato dall’Istituto Francese sulla piazza e mandato su facebook, e questa unione di musica e Francia mi ha fatto ricordare la prima Festa della Musica a cui ho partecipato.
Era l’anno 2000, io ero in Francia col progetto Comenius e insegnavo per quindici giorni in una scuola primaria a Vesoul, vicino a Besançon. Allora questa festa non c’era in Italia, esisteva soltanto là. La mia collega francese mi trascinò fino a notte fonda per le strade e le sale della città, dove dappertutto qualcuno faceva musica, di tutti i generi: classica, corale, folk, etnica, rock… suonata, cantata, spettacolarizzata… Era una sarabanda, fu un’indigestione di note, una serata superba e incredibile!
Poi pian piano tutta Europa aderì a questa manifestazione, negli anni scorsi spesso anch’io uscivo, mi godevo varie occasioni… Stavolta nulla.
Ricordo, ascolto on line, sogno guardando il tramonto bellissimo e, in fondo, spero. Benvenuta estate!
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LA CONCLUSIONE E L'INIZIO
Su whatsupp mi è arrivata la foto di un bel ragazzo biondo, seduto su un muretto, con aria un po’ assorta, pensieroso: è mio nipote, figlio di mio fratello, la foto gliel’ha scattata stamattina la sua mamma, poco prima che entrasse a sostenere l’esame di maturità.
Poi è arrivato il messaggio con la sentenza: MATURO… e tanti punti esclamativi!
E io mi sono commossa, come spesso mi capita in questi mesi quando leggo o ascolto di faccende di scuola, ora di esami, di giovani che hanno il loro “rito” di passaggio in un momento così delicato e differente dagli anni precedenti, e speriamo che resti l’unico nella storia.
Bene, è andata! Stasera chiamerò, nel pomeriggio avrà giustamente festeggiato con i familiari più stretti, avrà contattato gli amici… per la vecchia zia ci sarà tempo.
Mentre aspetto, mi è venuto in mente che questo nipote iniziò la sua carriera scolastica proprio quando io iniziavo questo blog e avevo parlato di lui alle prese coi primi quaderni… ho ritrovato il post, con l’aiuto del box qui accanto “Recherche du temps perdu”: eccolo, era QUI.
E ora, carissimo nipote, comincia la vita vera! AUGURI!
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AUTOBIOGRAFIA
Un aspetto positivo nella quarantena c'è stato, per me: finalmente ho terminato la mia autobiografia, ho sistemato i capitoli e... udite udite: l'ho stampata!
Il mio sogno nel cassetto: lasciare tracce di un tempo lontano, di un altro secolo e di un altro mondo, ai miei figli e nipoti.
"Sono convinto che ogni essere umano è nato per scrivere un libro, e per nient'altro. Un libro geniale o un libro mediocre, non importa, ma colui che non scriverà niente è un essere perduto, non ha fatto altro che passare sulla terra senza lasciare traccia."
(da Trilogia della città di K. di Agota Kristof)
Ecco, il mio libro l'ho scritto; alcune storie le avevo raccontate qui, negli anni passati, e qualche amico mi suggeriva di raccoglierle. L'idea mi aveva stuzzicato, per questo avevo seguito il corso di scrittura autobiografica all'università dell'età libera, poi ho proseguito da sola, lentamente e anche con un po' di fatica... soprattutto nel ripensare e ricostruire certi momenti e certi passaggi. Avevo deciso che avrei raccontato fino ai 30 anni, quando sono venuta a Firenze, sarebbe stata solo la mia vita a Bologna.
E' stato un lavoro grosso su me stessa, come se fossi andata in analisi. Cosa ho concluso? Forse ora mi accetto un po' di più...
Poi ho affrontato l'autopubblicazione: l'impaginazione, la copertina (avrei voluto comporla io, ma era a pagamento, io non avevo affatto voglia di spenderci sopra oltre il minimo e una delle copertine proposte in effetti mi è parsa proprio adatta), tutta la serie di operazioni per mandarlo in stampa, compresa la definizione del prezzo (ma lo comprerà mai qualcuno?), l'ordine di un buon numero di copie, perchè ho fatto un elenco delle persone a cui voglio regalarlo; tutto questo attraverso "Ilmiolibro", sito di autopubblicazioni.
Infine l'attesa del corriere, con un po' di emozione... era un pacco grosso, questi corrieri spesso sono così maldestri... allora ho deciso di non uscire da quando ho letto la fatidica frase "in consegna".
E' arrivato! Poco fa! Che scatolone pesante! Ma non ho sentito il peso di portarlo dal cancello fin dentro casa, l'emozione ha moltiplicato le forze!
Sfogliarlo... ritrovare TUTTO... come sono contenta!
Una delle IMPRESE della mia vita, considero tutto questo!
E ora "L'aria buona del giardino" è ufficialmente nato, è come un mio primo figlio di carta e sta iniziando la sua vita attraverso chi lo leggerà...
Chi era quello scrittore che diceva che i libri sono come i figli? Non lo ricordo proprio in questo momento, ma ho sempre pensato che fosse una bellissima frase.
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FINITA !!!
sembra proprio Martino, col ciuffo così
In Toscana la scuola è finita mercoledì. Diverse scuole hanno organizzato incontri all’aperto almeno per le ultime classi, per gli alunni che dopo questo anno terribile non si danno l’appuntamento a settembre, perchè si lasciano per il corso di studi successivo. Pareva tutto proibito, le responsabilità, i pericoli… Ma sarebbe stata una crudeltà privare i ragazzi di questo ultimo momento che diventa un rituale da conservare nei ricordi della vita, ora che all’aperto tutto è abbastanza normale, con le dovute precauzioni. Così anche varie classi intermedie l’hanno fatto e so di altre che si ritroveranno nelle pizzerie all’aperto.
In questi mesi io ho seguito con molto interesse, insieme all’apprensione, al dispiacere, alla rabbia spesso, le vicissitudini della scuola. La passione per il mio antico lavoro di maestra si univa alle cronache raccontate e vissute dal vivo relativamente alle traversie dei miei nipotini e dei loro genitori, coinvolti nella DAD (didattica a distanza). Mi pare proprio che, tra gli enormi problemi che l’Italia ha avuto e continua ad avere, la scuola e la vita dei nostri ragazzi siano state ben poco tenute in considerazione, e neppure ora, in previsione del rientro a settembre, abbiano il riguardo necessario.
Le lezioni si fanno davanti al computer! Facile a dirsi, ma la scuola è molto di più. Soprattutto per i più piccoli l’incontro di persona, il contatto fisico, l’operatività pratica sono fondamentali per un rapporto sano con gli apprendimenti: si impara insieme in un coinvolgimento fisico totale, immersi nella dimensione sociale.
Le difficoltà tecnologiche hanno complicato ancora di più: chi non aveva le attrezzature adatte e ha dovuto aspettare giorni e giorni perché la scuola fornisse computer in comodato, chi deve condividere i PC di casa con i familiari (genitori al lavoro, altri fratelli), i più piccoli devono essere affiancati da un adulto che si occupi del collegamento, della trasmissione dei compiti, degli “incidenti” durante i collegamenti.
E gli insegnanti sono stati “buttati” in questa avventura spesso senza avere le competenze adeguate, che si sono dovuti procurare rapidissimamente e non tutti ce l’hanno fatta: penso soprattutto ai più anziani. Per loro l’orario di lavoro è diventato infinito, si leggono testimonianze che riportano una fatica enorme nel rintracciare documenti adatti, esaminarli, usarli, preparare lezioni adeguate ai mezzi e alla situazione. Certamente c’è chi ha fatto di più e chi di meno, chi si è limitato a svolgere allo schermo ciò che avrebbe ugualmente fatto in presenza e chi invece ha tentato una didattica diversa, partecipata e adeguata alla situazione generale di stress dei ragazzi: l’esperienza è talmente fuori dall’ordinario che c’era davvero molto spazio per inventare e proporre del nuovo.
Ho pensato a volte se mi fossi trovata io in questa situazione, senz’altro avrei impegnato tutte le mie energie per far vivere agli alunni esperienze educative che fossero il più gratificanti possibile, che lasciassero buoni ricordi di questi pessimi mesi. Sarei stata davvero insegnante a tempo pienissimo, già lo ero in quel lavoro ormai lontano quando c’erano in ballo progetti o percorsi particolari, le sfide mi hanno sempre attirato… Di questo si lamentava in quegli anni il marito, chissà come avrebbe reagito in un periodo come questo… meglio non pensarci.
Così divisa tra il sollievo che non mi sia toccata e un briciolo di rimpianto per questa avventura pedagogica-didattica che lascio tutta ai colleghi ancora in servizio, mi sono limitata a leggere con partecipazione e talvolta emozione gli articoli, i commenti, i messaggi e le lettere sui social di insegnanti e genitori, a scoprire con gioia e ammirazione diverse interessanti e coinvolgenti esperienze delle classi, a seguire ciò che accadeva dai miei nipotini.
Nelle loro classi, in realtà, non ci sono state grandi esperienze innovative.
Quando eravamo da Riccardo ho sentito, dalla stanza accanto, alcune lezioni in collegamento: come se fossero in aula, un gruppetto di 7-8 bambini (erano divisi a gruppi in diversi collegamenti) e la maestra che spiegava e interrogava. Poi arrivavano la mail con le indicazioni dei compiti e Riccardo ha imparato a fotografarli col tablet e a inviarli alle insegnanti. So che per inglese ha creato un breve video insieme al suo papà.
Da mia figlia è stato molto più complicato: prima della pandemia aveva sempre rifiutato di mettere in casa il collegamento veloce, usavano il telefonino per collegarsi in famiglia, i bambini non usavano computer, per scelta dei genitori che volevano tenerli lontani da quel mondo, solo Martino nei suoi ultimi compleanni aveva ricevuto da noi nonni prima il tablet poi il computer. Appena in tempo! Ma ora dovevano utilizzarlo in quattro bambini (anche la materna steineriana mandava fiabe e canzoni per i due piccoli) e pure mia figlia era a lavorare da casa. Era complicatissimo, così sono riusciti ad avere un pc anche dalla scuola e si sono convinti a mettere il collegamento veloce. Ma restavano gli orari dei collegamenti di ognuno da ricordare, l’assistenza ai più piccoli, solo Martino è diventato autonomo rapidamente e, a undici anni, è stato davvero bravo.
Mia figlia è diventata matta in questi mesi, ora è distrutta dalla stanchezza. Suo marito ha continuato a lavorare, sembrava dovesse andare in cassa integrazione, ma il compito che ha nella ditta è rimasto essenziale quindi doveva assicurare la presenza. Se questo dal punto di vista economico è stato un bene, era però fuori tutto il giorno, aveva contatti con i clienti quindi c’era la paura di contagiarsi nonostante le massime precauzioni, mia figlia a casa era sola per le faccende domestiche e scolastiche.
Mi dice che la maggior parte dei professori di Martino ha un po’ tirato a finire il programma: spiega-interroga e via, ora si accorge che Martino ha diverse cose non capite, durante l’estate bisognerà riprenderle.
Chi ci ha rimesso di più è stato Damiano, in terza primaria. Il suo carattere schivo e introverso ha accresciuto i problemi: era appena riuscito a superare le difficoltà dovute al cambiamento di scuola, le nuove maestre iniziavano a conoscerlo nelle sue potenzialità un po’ particolari, il trovarsi con lo schermo in mezzo lo ha richiuso nel suo relazionarsi con gli altri, gli insegnanti non riescono a capirlo e a valorizzarlo. Questo mi rattrista e mi preoccupa.
Sono molto in ansia per settembre, temo che non verranno trovate soluzioni intelligenti e rispettose dei ragazzi, il loro presente e il loro futuro verrà sempre dietro le motivazioni politiche ed economiche… si arriverà a rovinare una generazione?
Spero che i fatti mi smentiscano, ma, devo confessarlo, in questo momento mi sento proprio pessimista. Penso che, oltre a medici e infermieri, anche i bambini siano stati eroi, a continuare il loro impegno scolastico in queste condizioni.
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A DISTANZA DI SICUREZZA
Firenze, parco delle Cascine, il Piazzale dell'Indiano
Ogni giorno almeno un temporale, anzi una bomba d’acqua. Tanto per rendere più GRADEVOLE il nostro riabituarci ad uscire e a rendere la vita il più normale possibile!
I “Ragazzi over 65”, insieme alla loro giovane regista, avevano una gran voglia di incontrarsi per un saluto prima dell’estate. Dopo i trionfi delle trecciaiole fino a febbraio, a ridosso della pandemia, ogni attività teatrale è stata sospesa e i contatti erano rimasti su Whatsapp, con saluti, auguri, qualche invio di foto e filmati. Ma dal vivo, insieme, è un’altra cosa.
Dato che vicino a noi c’è il parco più grande di Firenze, le Cascine, rimasto deserto in questi mesi ed ora, appena avuta la libera uscita, valvola di sfogo per tanti, l’appuntamento era lì, nel punto estremo più vicino, tra le aiuole e gli alberi del famoso Piazzale dell’Indiano, dove fu sepolto un giovane principe dell’India morto a Firenze nel XIX secolo, il quale, in quanto principe, doveva riposare in eterno alla confluenza di due fiumi e proprio lì il torrente Mugnone si getta nell’Arno. Una delle tante storie poco conosciute tra gli immensi tesori di Firenze.
Ma il nostro appuntamento di vecchietti, nato ultimamente in stagione già temporalesca, venerdì scorso si era dovuto rinviare causa maltempo. Restava oggi, la conferma ce la saremmo scambiata alle 14, perché alle 11 nel nostro quartiere ormai si andava in barca, da tanto che pioveva. Il nostro ottimismo è stato premiato, alle 14 il vento stava spazzando via le nuvole che erano tornate bianche, non più grigie scure.
Così ci siamo ritrovati, tutti con la mascherina d’ordinanza; stavamo in cerchio, ognuno alla giusta distanza dall’altro, come quelle classi che in questi giorni si ritrovano nei giardini pubblici per un ultimo giorno di scuola al tempo del Covid: in fondo anche noi siamo scuola, scuola di teatro! Stiamo tutti bene, e per fortuna nelle nostre famiglie non ci sono state tragedie. Ci siamo raccontati questi mesi, i timori, le esperienze, le rinunce a viaggi e vacanze da pensionati, i problemi superati, un po’ con discorsi seri, un po’ mettendoci dell’ironia o buttandola sul comico per farci qualche risata.
La giovane regista è riuscita a continuare on line alcuni suoi corsi di teatro con i ragazzi, così non ha perso il lavoro, anzi era contenta di aver sperimentato nuovi metodi attraverso la tecnologia, e questo ci ha rallegrato, perché il settore dello spettacolo è stato tra i più penalizzati e il lavoro dei giovani è ancora più difficoltoso.
La malinconia di ciò che stiamo perdendo è rimasta in secondo piano, maggiore era la gioia di stare bene insieme. Il sole e il vento ci accarezzavano, tutti eravamo contenti. Ci siamo dati appuntamento in autunno, dove e in che modo ancora non ne abbiamo la più pallida idea, ma… faremo di tutto per esserci!
E sono tornata a casa leggera.
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SFUMATURE DI ROSSO
Accarezzo con un colpo d'occhio il mio giardino in questi giorni, mi fa stare bene, mi sento alleggerita dal verde e dal rettangolo di cielo sopra la testa, penso che è come una goccia di medicina se ora non si può parlare di viaggi e vacanze...
E scopro...
In questi giorni tutto ciò che è fiorito è di colore rosso, per caso, naturalmente, i nostri pollici più o meno verdi non lo avevano di certo programmato! Ma il rosso ha mille sfumature.
Sul muretto più vicino a casa ci sono i geranei rossi, un tipo più sobrio, uno più verso il fucsia.
Una pianta grassa più in là ha innalzato lunghi steli con infiorescenze rosso pallido.
Lungo la recinzione l'oleandro che nella casa vecchia cresceva stentato, avvelenato dal traffico della strada, qui dopo cinque anni di alterne vicende, tra gelate, siccità e le mie potature fatte non ad arte, ma a "sentimento" perchè di potature non me ne intendo affatto, ora è un folto cespuglio alto come me e per la prima volta è completamente ricoperto di fiori rosso scuro.
Poi c'è il melograno in piena fioritura: un'esplosione di rosso squillante, che ci fa sperare in un'abbondante produzione di frutti.
Di fronte al melograno sono maturi i primi lamponi: ne ho già raccolti (e mangiati, insieme ai nipotini), non maturano tutti insieme, ci accompagneranno a lungo, ingabbiati in una rete per tenere lontani gli uccelli.
Anche tra l'erba c'è qualcosa di rosso: tante palline che assomigliano a fragole, "fragole matte" le chiamo io, le foglie sono identiche a quelle delle fragole, ma i frutti, nati da fiorellini gialli, non credo proprio siano commestibili. I semi sono stati portati dal vento.
Insomma, tutte queste "zone rosse" fanno un bel vedere, neanche fossero state create apposta da uno di quei giardinieri-paesaggisti che ora vanno di moda.
Era il mio sogno segreto: riuscire ad ottenere, nel giardino, un succedersi di fioriture durante l'anno che si armonizzassero bene insieme, ma non mi sono mai impegnata in questo senso, sarebbe uno studio da cominciare da zero. Ora, per un po', è capitato.
E in casa, in un vaso, ci sono alcuni rami delle mie rose William Lobb che si stanno aprendo; ho chiesto a mio marito di portarmene dalla montagna, lui l'ha fatto, ma ha detto che saranno i primi e gli ultimi, perchè tagliarli è stata un'impresa, tutte quelle spine li rendono inattaccabili.
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“Rosa è una rosa è una rosa...”
(Geltrude Stein, 1913)
Il Covid aveva proibito i viaggi e, per lungo tempo, anche i lavori di ristrutturazioni edilizie: unendo le due proibizioni a noi era stata bloccata la possibilità di continuare (e soprattutto finire) i lavori nella casa in montagna. Dopo la sosta invernale mio marito era andato una volta a fine febbraio, poi stop. E se non finisce lui l’impianto elettrico al primo piano i muratori non possono tornare a tinteggiare le pareti.
Appena riaperte le “frontiere” provinciali (per fortuna Firenze e il paese di montagna sono nella stessa regione!), io ricordai al marito che era il caso di darsi una mossa, prima che i muratori si impegnassero in lavori più grossi da altre parti, chissà quanti gliene erano rimasti a mezzo! Però la malasorte si è accanita e abbiamo passato alcune settimane in ansia per le coliche renali del marito, finché la situazione non si è normalizzata niente montagna, naturalmente! Per fortuna i muratori sono ancora lì che ci aspettano, ma solo da poco lui si è fidato a salire e a passare un giorno intero lassù a lavorare.
- Prima o poi vengo anch’io. - gli ho detto - Voglio vedere a che punto siete.- Ma mi interessava anche godermi un po’ di primavera lassù.
Il PRIMA è capitato presto, quando al ritorno serale di venerdì il marito si è accorto di aver dimenticato lassù gli asparagi e le fragole che aveva comperato al piccolo supermercato locale: prodotti a chilometri zero!
Che fare? Lasciarli là fino a lunedì? Peccato farli sciupare, soprattutto le fragole sono delicate…
Gli ho proposto di salire insieme sabato, ma con calma, non per lavorare, per fare una gita, passare un po’ di tempo tranquilli all’aria buona e recuperare la spesa. E così abbiamo fatto, con partenza nel primo pomeriggio appena dopo pranzo. Avevamo invitato anche figli e nipoti, ma erano tutti insieme a Montelupo per una grigliata in giardino: siamo stati molto contenti del loro ritrovarsi.
Il tempo dapprima un po’ grigio poi si è schiarito e lassù era davvero molto bello e luminoso, l’aria fine e leggera: la casa ora all’interno sembra un’altra, con i muri di tutti i piani ripuliti, livellati, imbiancati. Quando io avevo iniziato a raschiare le pareti, quasi un anno fa, in alcune stanze erano riaffiorate, sull’intonaco più antico dell’inizio del 900, delle decorazioni floreali che, se avessimo avuto un ricco conto in banca, sarebbe stato interessante mantenere e far restaurare… ma è stato tutto grattato via e ricoperto dal bianco. Pazienza. In una stanza però abbiamo mantenuto un arco di mattoni sopra la finestra, che si era rivelato togliendo l’intonaco. Già mi sembra di respirare meglio, la sento più abitabile, anche se il materiale da lavoro è sempre sparso dappertutto… ma spero sia ancora per poco!
La meraviglia della primavera è all’esterno: il bosco di robinie sul versante dietro è fiorito di fitti grappoli bianchi, il prato è punteggiato di fiorellini colorati tra cui il giallo dei ranuncoli spadroneggia. Anche il sambuco ha i suoi grappoli bianchi e i lamponi iniziano a maturare; peccato che davanti sia cresciuto il solito muro impenetrabile di ortiche, che l’estate scorsa dovetti “abbattere”.
Nel terreno terrazzato davanti alla casa da diversi mesi abbiamo accettato la proposta di un uomo che abita lì vicino, il quale ha sfoltito i polloni che ormai creavano una boscaglia, facendo respirare gli alberi principali, e in una parte sta facendo l’orto. Ci sono patate, fagioli, pomodori, insalate… quando in estate andremo lassù darà qualcosa anche a noi.
Gli avevamo detto di lasciare l’alberello di agrifoglio e alcuni alti cespugli: uno di lillà e altri di rose, che non avevo mai visto fiorite: stavolta finalmente era la stagione giusta e ho scoperto che uno è di roselline selvatiche bianche leggermente rosate, l’altro è stato una vera sorpresa: ha grandi rose di colore rosso quasi fucsia con un numero incredibile di petali, sembrano palloncini, sono strapiene di spine, non avevo mai visto una varietà simile! Il profumo è intenso, quasi con una punta di limone, tutto l’insieme è davvero affascinante, un po’ misterioso lì, in un semplice orto di montagna: un fiore simile starebbe bene in un giardino di principi…
Naturalmente appena tornata a casa ho cercato su internet notizie su questa strana rosa partendo dalle immagini: prima ho scoperto che fa parte delle rose “centifolia”, varietà “rose antiche”, ma avevo dubbi sul nome, perché c’erano diverse foto somiglianti. Poi ho avuto un colpo di fortuna: su una rivista in casa, in un articolo su una donna che coltiva fiori ecc ecc. c’era proprio la foto della MIA rosa, inequivocabile coi suoi petali affollati, il suo colore carico e le sue spine fino sulle brattee che proteggono i boccioli, ma, soprattutto, c’era il nome: rosa William Lobb. Così poi ho cercato le notizie a colpo sicuro: varietà creata in Francia alla metà del XIX secolo, una pianta robusta (per fortuna, dico io), una pianta “inquietante” viene definita in un articolo.
Senz’altro affascinante, come sarà finita lassù? Chi l’avrà messa? Da quanto tempo? Il cespuglio è parecchio grande. Ah, se potesse raccontarmi la sua storia!
Mi piacerebbe provare a farla attecchire anche nel giardino qui a Firenze, chissà che non ci provi, tra l’erba ne ho scoperti alcuni piccoli getti appena nati.
Non vedo l’ora di tornare lassù a rivederla, è la stagione di piena fioritura e fiorisce solo una volta, dopo andrà un po’ potata… sono rimasta sedotta da questa signora enigmatica e affascinante.
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