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Messaggi del 18/03/2011

IL MIO GIAPPONE

Post n°657 pubblicato il 18 Marzo 2011 da atapo
 

 

SAYONARA

Quando accadono tragedie così enormi, tra l'angoscia delle immagini che ci avvicinano alla disperazione di chi è stato colpito, uno dei primi pensieri spesso va ai conoscenti e a chi è loro caro: qualcuno di loro ha legami con quella parte di mondo così lontana e ferita? E' tutto a posto? O la morte e il dolore ci diventano ancora più drammaticamente vicini?

Io personalmente non ho legami col Giappone e con i Giapponesi...almeno così credevo, finchè in questi giorni dal fondo della memoria non sono riaffiorati alcuni ricordi, alcune sensazioni delicate e gentili come quelle che spesso ci provengono da questo lontano paese ed ora mi chiedo dove saranno, cosa staranno facendo quelle due persone che ho incontrato, abbastanza casualmente, molto tempo fa...


Ero ragazzina, sui 15-16 anni, in una afosa estate bolognese piena di eventi culturali per passare insieme le calde serate. Quella era una “serata giapponese” organizzata da non so quale associazione, si trattava di accogliere una delegazione mi pare di studenti giapponesi in visita, con the, proiezioni, discorsi ufficiali e serata danzante. Ingresso libero per la cittadinanza (tanto la città era svuotata, erano tutti al mare)

Mio padre ed io, accomunati dalla curiosità, eravamo andati. Gli ospiti giapponesi erano invitati a socializzare con i Bolognesi, un ragazzo giapponese si sedette al nostro tavolo e, per tutta la serata, non mi lasciò un istante, servendomi premurosamente the e pasticcini, invitandomi ad ogni danza. Carino...sì era carino, magari un po' bassetto per i miei gusti di allora, ma io ero lusingata di questo corteggiamento...che tanto non avrebbe avuto grandi progressi, vista la presenza di mio padre (che comunque non era troppo preoccupato, data l'estrema improbabilità di un seguito alla storia) e soprattutto viste le difficoltà di comunicazione verbale: io non so il giapponese, non sapevo nemmeno l'inglese con cui lui cercava di avviare un minimo di conversazione, anzi mio padre, anche se pochissimo, mi aiutava a capire, comunque tra scarse parole, gesti e sorrisi dignitosi la serata procedeva...fino ad una richiesta di scambio di indirizzi al momento del sayonara (addio? arrivederci?) Questo incontro e questo corteggiamento entrò subito nel patrimonio delle storie di famiglia, con commenti tipici dell'epoca e della mentalità: “Poteva essere un buon partito, se viene a viaggiare in Italia certo avrà denaro, diventerà una persona importante...”

E qualche tempo dopo mi arrivò una sua cartolina, immagine di non so più quale città, parole gentili che ricordavano con piacere quella serata d'estate. Alla quale io risposi con un' altrettanto gentile cartolina di Bologna.


 

Molti anni dopo, mi trovavo ad Avignone per il mio primo corso e soggiorno in Francia. Con una collega insegnante stavamo in casa da un signore che faceva l'affittacamere. Fra gli studenti di tutte le età e di tutte le parti del mondo che abitavano con noi, con i quali ci ritrovavamo per le colazioni e le cene, un giorno arrivò una ragazza giapponese, che frequentava un corso di francese al nostro stesso istituto. Piccola, graziosa, seria e silenziosissima, fu per una settimana una presenza particolare: non la sentimmo mai pronunciare una parola, rispondeva con un sorriso ai saluti, con cenni del capo, qualche gesto timido e sguardi spauriti ai tentativi di conversazione del nostro loquace e simpatico padrone di casa. Quando si alzava dal tavolo spariva nella sua camera senza alcun rumore e non la si vedeva più. Io e la mia collega, da brave italiane, avremmo anche voluto socializzare, ma era impossibile...ci chiedevamo come si comportava durante il corso di francese, diverso dal nostro, lei era tra i principianti e noi a quelli più difficili. Però, un po' ironizzando, ammiravamo il suo coraggio, per aver attraversato mezzo mondo senza sapere una parola oltre il giapponese e, forse, senza aver nemmeno mai pronunciato una parola...

La mattina della nostra partenza, già con le valigie, mentre salutavamo sulla porta il nostro padrone di casa, improvvisamente lei uscì dalla sua stanza, ci si avvicinò e tra qualche inchino mise in mano a me e alla mia amica qualche cosa di piccolo, poi, prima ancora che ce ne rendessimo conto, muta e silenziosa come sempre, scivolò di nuovo nella sua stanza e richiuse la sua porta.

Nel palmo delle nostre mani c'erano due piccole gru di carta colorata, fatte ad origami.

Ho conosciuto poi il significato di queste gru...

E in questi giorni, quando ciò che è successo mi ha aperto la porta ai ricordi, vorrei far volare anch'io delle piccole gru...e che arrivassero a destinazione...e che trovassero sana e tranquilla la mia silenziosa compagna di studi...ed anche un ragazzo lontano e gentile ...



 

 
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