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Messaggi del 26/03/2011

IL MIO GIARDINO

Post n°660 pubblicato il 26 Marzo 2011 da atapo
 

 

Dans le jardin d'mon père

les lilas sont fleuris

tous les oiseaux du monde

y viennent faire leur nid...”

(canzone popolare francese)

 

Il desiderio di raccontare del mio ciliegio ha spalancato una porta dei ricordi...anzi, non una porta, ma un cancello, quel cancello di ferro che si apriva un po' cigolando se qualcuno “dava il tiro”...era l'ingresso nel giardino della mia famiglia, “IL GIARDINO DEI FINTI CONTINI” , come lo chiamavamo, io e il mio fidanzato, nel nostro primo lessico familiare quando ormai l'età e la scolarizzazione ci permettevano di fare simili irriverenti paragoni.

Ma com'era questo giardino? Ne ho tante immagini mentali e nelle foto di famiglia, ancora in bianco e nero, che conservo ed ogni tanto riguardo con affetto, se ne vedono spesso degli angoli dietro alle persone: come un puzzle della mia infanzia tutte queste immagini si dovrebbero combinare tra loro, ma qualcosa manca sempre...e poi ad ogni stagione assumeva aspetti diversi, cambiavano i colori, le macchie di verde...come tanti giardini che si susseguivano e si ripetevano ciclicamente da un anno all'altro.

Appena entrati da quel cancello, prima di arrivare alla casa, c'era uno spiazzo di cemento rettangolare: sul lato sinistro una fontanella col rubinetto e subito dopo, alta circa un metro, una vasca di acqua scura per i muschi che si erano formati sulle pareti interne. Nell'acqua si intravedevano a nuotare i “pesci rossi”, non graziosi pesciolini, ma bestioni enormi e nemmeno tutti rossi, ma anche chiazzati di bianco, oppure neri. Io credo che la loro stazza considerevole fosse dovuta all'abbondanza del cibo, portato dal vento, che gli cadeva nella vasca così all'aperto. Inoltre io e i miei cugini contribuivamo abbondantemente al loro vettovagliamento condividendo con quei mostri guizzanti ogni tipo di merenda, anche se le mamme ci raccomandavano di stare lontani dall'acqua della vasca...

Sul lato destro dello spiazzo una lunga e larga panca di cemento, contornata da vasi di piante verdi. Quali piante? Ho in mente queste macchie di verde. Ricordo fioriture di oleandri, nelle foto ho intravisto dell'edera e delle foglie larghe e grandi, ma non saprei dire di più.

In fondo, la caratteristica di questo giardino è proprio il suo rimescolarsi di tante piante diverse, fra quelle nei grandi vasi, quelle nelle grandi aiuole, che più che aiuole erano veri e propri piccoli campi dove mio nonno (il padrone assoluto di tutto, che “si era fatto” la casa e il giardino) faceva piantare tutto quello che gli passava per la mente.

Dallo spiazzo potevo andare lungo un vialetto cementato verso destra, tra due di queste aiuole: in una troneggiava l'albero dei cachi e in autunno mi offriva un coloratissimo bottino di foglie che a scuola suscitavano l'ammirazione della maestra e le fornivano materiale per le nostre copie dal vero...Attorno cespugli vari, qualche ortaggio e molte piante di roselline rampicanti.

Nell'altra aiuola invece c'era un grande albero di fichi, che arrivava fino al primo piano: allora i fichi non mi piacevano, tutto quello spiaccichio quando cadevano a terra e tutte quelle vespe sempre lì attorno mi innervosivano...Oltre a questo fico antipatico, in quell'aiuola erano stati piantati tanti fiori e in ogni stagione aveva un aspetto diverso: cominciavano i tulipani, le giunchiglie, i giacinti, poi rose di ogni colore , gerani, oleandri, fino ai settembrini e, verso la fine dell'anno, i crisantemi: il nonno ne raccoglieva, li avvolgeva nei giornali vecchi e li portava al cimitero sulle tombe di sua moglie e di uno dei suoi figli, morto giovane. Certo, tra i fichi e tutti quei fiori...oltre alle vespe, era un affollamento di api, calabroni, farfalle, scarabei, lucertole e ogni tipo di animaletto diurno e notturno: già, le lucciole nelle notti d'estate...che meraviglia!

Il vialetto continuava fino ad un' ultima aiuola nascosta di fianco alla casa, tutta destinata alle coltivazioni “utili”: prezzemolo, aglio, insalate...

Tornando allo spiazzo dell'entrata, a fianco della vasca partiva un vialetto che andava verso sinistra, poi arrivava fin dietro la casa ad un altro slargo. Appena all'inizio, leggermente inclinato sulla vasca, il famoso ciliegio.

Nell'aiuola di fronte a quella del ciliegio la pianta regina era un roseto rampicante che era cresciuto a dismisura appoggiandosi al muro davanti della casa: bellissimo anche questo, in maggio, attorno alla data del mio compleanno, produceva una quantità enorme di fiori: erano rose Tea, tutte sfumate dal giallo all'arancio al rosa carico, profumatissime.

Da questa parte del giardino ancora rose, insieme a cespugli di peonie e alle bordure delle aiuole formate dalle “spade”, come le chiamavamo noi bambini, cioè gli iris. Sul lato della casa un altro rampicante: un glicine dal viola tenue che faceva come un porticato ombroso sopra il vialetto. Continuando verso il retro della casa ai fiori si sostituivano un po' di ortaggi e qualche albero da frutto: ricordo raccolte di pere, di susine...

Ma in nessuna aiuola mancavano le viti: sopra a tutti questi fiori e queste piante infatti correvano e si spandevano, appoggiandosi ai tronchi, ai pali e ai fili di ferro, i tralci nodosi e contorti formando un vigneto di un miscuglio di uve diverse: bianche, nere, moscato, chicchi grossi, chicchi piccoli, tutte da mangiare, da regalare, da lasciare agli uccelli e agli insetti. E per merito di questo pergolato che copriva, più o meno fitto, la maggior parte del giardino d'estate era una meraviglia di ombra e di frescura.

Dietro alla casa, in fondo, c'era una costruzione malandata, buia e polverosa: un po' deposito, un po' laboratorio: naturalmente piena di pericoli e proibitissima per noi bambini finchè eravamo piccoli, ma da più grandi diventò un rifugio dove a volte, segretamente, tentammo di allevare e addomesticare i gattini randagi.

Già, perchè un giardino simile attirava tutti i gatti del quartiere, oltre ai due “domestici”, uno mio e uno di mia zia, che lo abitarono per diversi anni. Poi il nonno portò il coniglio Giorgio, che si era ambientato benissimo e si difendeva a morsi dai nostri tentativi di socializzare, cioè trattarlo come un gatto. Poi ci fu la tartaruga: questa era quasi addomesticata, rispondeva ai miei richiami ed arrivava in velocità buttandosi giù dai muretti che delimitavano le aiuole. Così si ruppe il carapace ed io glielo aggiustai col nastro adesivo...

Intimamente unito a tutto questo caos...ehm, giardino, c'era un uomo: Pozzi, si chiamava di cognome, il nome non lo so, lo chiamavamo solo Pozzi. Arrivava quando c'erano lavori da fare, dissodare, potare, legare le viti, dare il verderame, forse era un giardiniere, forse solo un contadino. Era un omino non tanto alto, anziano, rosso e grinzoso come un neonato, con due occhi azzurri che sembravano due pozze limpide, due enormi mani scure e nodose di chi ha passato una vita a trafficare con la terra. Con queste manone aggeggiava tra i rami con attrezzi affilati, appuntiti, a volte si tagliava ma non se ne preoccupava: sputava sopra la ferita, la sfregava un po' e riprendeva il lavoro come niente. Io e mio fratello ci fermavamo a guardarlo lavorare e io inorridivo a queste cure primitive, immaginandomi infezioni che gli avrebbero procurato una triste fine. Lui parlava solo in dialetto bolognese, ci raccontava...ma noi piccoli ne capivamo la metà. Ci era però molto simpatico e quando in famiglia sentivamo la frase “Domani arriva Pozzi” eravamo contenti: sapeva essere amico dei bambini, col suo modo di fare affettuosamente rustico.

Nonostante le cure e le attenzioni di Pozzi, qualche “abusivo” spuntava nel giardino: in primavera nuvole di nontiscordardime e qualche pratolina, in autunno, nelle zone più ombrose, ciuffi di ciclamini: questi non li aveva di certo fatti piantare mio nonno, non erano piante “nobili”: beh, io ero contenta di questa occupazione abusiva, come se non bastasse quello che c'era...

Insomma, non credo ne esistano molti di luoghi simili e questo mi ha dato un imprinting: continuo ad amare i giardini selvaggi...

Non voglio mettere immagini qui...non ce ne sono più di questo giardino...non esiste più...

Non sono brava come Cronin a descrivere (vedi post ), ma spero che siate riusciti un po' ad immaginarlo, questo mio GIARDINO DEI FINTI CONTINI...

 
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