Sconfinando

Del controllo e della censura

Al di là dell'oggettivo e del soggettivo dispiacere per la cancellazione del blog di Polystyrene, mi vengono in mente un paio di considerazioni che partono da questo mondo-blog per poi estendersi a comportamenti più generali. Quando ci iscriviamo a questa piattaforma, è vero e incontestabile, accettiamo una serie di regole che probabilmente non ci prendiamo troppo la briga di leggere, dandole per scontate. Consapevolmente o inconsapevolmente, tuttavia, accettiamo anche una clausola che dà facoltà a chi amministra questa community di rimuovere contenuti considerati non rispettosi delle regole stabilite. E su questo punto credo che ci sia poco da sindacare. L'alternativa è migrare verso altre piattaforme.
Il punto centrale, tuttavia, è comprendere come la regola venga applicata e con quale discernimento. La sensazione che io ho avuto, è che di fronte all'infrazione, chi amministra la community si sia comportato come la mamma che, in un momento di rabbia per un divieto non osservato, prende il giocattolo dalle mani del bambino e lo getta direttamente in pattumiera. Incurante del valore intrinseco dell'oggetto, incurante del valore soggettivo dell'oggetto per il bambino, incurante del contraccolpo educativo che questo gesto può avere. Incurante, soprattutto, dell'effetto che otterrà. Negativo, nella maggior parte dei casi, dal momento che il bambino vivrà il gesto della madre come un atto di profonda ingiustizia.
Vorrei andare un pochino oltre, visto che già ieri sera, nei vari blog si è partiti dal confronto tra alcune situazioni nelle quali la mannaia degli amministratori non ha fatto la sua comparsa e altre (come nel caso di Poly) nelle quali si è configurato come minimo un eccesso di zelo. Non ne faccio una questione di delazione, puntando il dito contro questo o quell'episodio, contro questo o quel caso, che del resto sono sotto gli occhi di tutti. Voglio partire dal principio che se una regola c'è e se io per altro quella regola ho accettato, quella regola devo rispettare. Ma anche chi quella regola deve far rispettare ha qualche dovere.
Prima di tutto di utilizzare un minimo di discernimento, applicando quello che gli anglosassoni chiamano il buon senso del padre di famiglia. Altrimenti è solo burocrazia.
In secondo luogo, avvisare chi è in violazione del suo errore e delle conseguenze che una sua reiterazione potrebbe avere. Altrimenti è solo accanimento.
Resta la spiacevole sensazione (ma questa è dietrologia) che altre motivazioni hanno guidato la decisione degli amministratori. Un senso di fastidio nei confronti di una espressione forse troppo forte e libera in un mondo edulcorato. Spero che così non sia. Altrimenti sarebbe censura.